Cambiano i governi, cambiano i ministri, ma a viale Trastevere non si  respira aria di novità e non si intravede alcuna inversione di rotta  che miri ad una seria politica di investimenti finalizzata alla  riqualificazione di tutto il settore dell’Istruzione Pubblica. La Scuola  Pubblica Statale Italiana da anni versa infatti in condizioni di  estrema difficoltà a causa delle miopi e dissennate politiche  scolastiche dei precedenti governi ed in particolare dei provvedimenti  legislativi dell’ultimo governo Berlusconi, rispondenti essenzialmente a  logiche di carattere economico che hanno portato dal 2008 al taglio di  150.000 lavoratori tra docenti ed Ata .
  Situazione particolarmente delicata e perciò degna di una riflessione  lucida e ragionata da parte del neoministro Profumo e del suo staff, ma  del tutto disattesa come si evince dalle repentine e fumose  dichiarazioni  dello stesso e dai primi provvedimenti intrapresi, in  linea con le scelte economiche del nuovo governo tecnico, destinate ad  aggravare la situazione già caotica della scuola pubblica. Il ministro  Profumo infatti, lungi dal proporre un necessario rifinanziamento ed il  ritiro dei tagli frutto della riforma Gelmini, ha invece ventilato, “per  dare spazio ai giovani”, l’idea di un concorso per un numero esiguo di  posti, reso ulteriormente modesto dall’aumento dell’età pensionabile;  modalità di reclutamento che tra l’altro pone attualmente in discussione  i diritti acquisiti dai precari presenti nelle graduatorie ad  esaurimento e di quanti lavorano nella scuola pubblica da anni.  L’attuale governo ha inoltre proposto, nel “decreto Semplificazioni”, il  potenziamento dell’autonomia scolastica attraverso la creazione di reti  territoriali di scuole e la definizione di un organico di rete,   provvedimenti allarmanti che, in linea con il progetto di Legge Aprea,  sembrano prefigurare la chiamata diretta dei presidi, primo passo verso  la privatizzazione della scuola pubblica. Chiamata diretta che rischia  di diventare una inaccettabile realtà in Lombardia, dove la proposta di  legge presentata dal presidente Formigoni, prevede espressamente che “a  partire dall’a.s. 2012/2013  le istituzioni scolastiche statali possono  organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi al fine  di reclutare personale docente necessario a svolgere le attività  didattiche annuali” e che “è ammesso a partecipare alla selezione il  personale docente del comparto scuola che conosca e condivida il  progetto e il patto per lo sviluppo professionale, che costituiscono  parte integrante del bando di concorso di ciascun istituto scolastico”.  Progetto di carattere regionale che tuttavia non può non rimandare  direttamente al più generale “profumo” di aziendalizzazione annusato fin  dai primi interventi pubblici del Ministro e dai provvedimenti  economici del nuovo Governo tecnico.
  Di fronte a tali dichiarazioni e proposte, i lavoratori del  Coordinamento dei precari della Scuola e di altre variegate realtà,  riunitisi in un’assemblea nazionale molto partecipata a Roma il 15  gennaio scorso, rilanciano la lotta in difesa della Scuola Pubblica  Statale in quanto bene comune e prima ed imprescindibile garanzia di  reale democrazia.
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