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lunedì 23 aprile 2012

NUOVA PRATICA DELLA POLIZIA IN UMBRIA: DENUNCIARE E PUNIRE

La confederazione Cobas dell'Umbria ritiene gravissimo il comportamento della Questura di Perugia  che ha denunciato 37 tra studenti, ricercatori precari e docenti (tra cui una militante dei Cobas) per aver partecipato alla manifestazione “non autorizzata” del 30 novembre 2010 contro l’approvazione della legge Gelmini. Se a Terni la Questura si è di fatto schierata con i fascisti, denunciando -dopo un’inchiesta su 35 persone durata un anno - quattro antifascisti per la manifestazione pacifica e di massa contro Casapound del 31 gennaio 2009, a Perugia viene attaccato e limitato pesantemente il diritto a manifestare.

Sembra che la polizia in Umbria si appresti ad affrontare la crisi valorizzando il suo ruolo di cane da guardia del potere: a Perugia si denunciano decine di persone per cercare di bloccare le lotte, a Terni denunce e avvisi orali (misure di intimidazione usate contro la criminalità organizzata) contro chi fa attività sociale ed antifascismo, a Spoleto siamo alla farsa nella persecuzione degli antagonisti, su teoremi costruiti dai ROS di Ganzer ed avallati dalla magistratura locale.


In questo contesto di forti tagli ai diritti, ai salari, alle pensioni, ai servizi fondamentali ed alla scuola pubblica ( con 8 miliardi di € di tagli alla scuola, 150.000 “licenziamenti” di precari tra docenti ed ATA e lo smantellamento dell’Università) la polizia di Stato esprime al peggio le proprie pratiche repressive tentando di intimidire chi manifesta la propria opposizione allo stato della crisi e dei banchieri. Farebbe quasi ridere -se la cosa non coinvolgesse decine di persone con un chiaro tentativo di intimidazione- denunciare decine di persone per aver manifestato -pacificamente tra l’altro- la propria opposizione alla distruzione dell’Università.

In occasione dell’uscita del film DIAZ che ci rammenta le pesanti responsabilità repressive della Polizia e  “la più grave limitazione di massa dei diritti civili avvenuta in Europa dopo la fine della seconda guerra mondiale” (Amnesty International), nei giorni in cui viene messa in dubbio la perizia medica su Aldo Bianzino ricordiamo alle  “forze dell’ordine” ed alla magistratura che dovrebbero essere garanti della costituzione democratica ed antifascista e chiediamo ai cittadini, alle associazioni e alle istituzioni se sia pensabile una gestione così politica e contro le libertà fondamentali perpetrata dalle questure umbre in contrasto con la storia democratica e partecipativa della nostra regione. L’Umbria rifiuta la lettura repressiva e poliziesca dei movimenti sociali.

 CONFEDERAZIONE COBAS  - UMBRIA

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