DEMOCRAZIA NELLA SCUOLA
LA CHIUSURA DEL CERCHIO
chiamare tutti alla mobilitazione contro l’espropiazione della democrazia anche nella scuola
LA CHIUSURA DEL CERCHIO chiamare tutti alla mobilitazione contro l’espropiazione della democrazia anche nella scuola
La didattica, il rapporto intersoggettivo alunno-docente, la vita sociale della scuola italiana hanno subìto una radicale trasformazione sull’onda dei movimenti, connotati da un denso antiautoritarismo, cresciuti sul finire degli anni 60. La ricaduta normativa di tali movimenti produsse una virata nell’istituzione scolastica italiana producendo dal 1973 a seguire un corpus di 6 leggi che vanno sotto il nome di Decreti Delegati: hanno segnato l’ingresso della democrazia, della cooperazione, della compartecipazione e della sperimentazione nella nostra scuola. In vero il movimento li ha fortemente contestati individuando in essi il tentativo istituzionale di ingabbiare, di svuotare, di stravolgere la spinta destrutturatrice delle lotte studentesche, ma indubbiamente hanno segnato una svolta che ha segnato e segna in profondità il cambiamento nel fare scuola con la presenza degli Organi Collegiali attraverso cui passerà una buona parte della decisionalità nella gestione del sistema scolastico periferico. Questa è l’accusa sottesa agli insegnanti e più in generale alla scuola di sessantottina memoria contro cui si sono scagliati i ministri Moratti e Gemini, con il codazzo di giornalisti, giornali e metre a pensè di tutti gli orientamenti politici. E’ stato il ministro dell’istruzione Luigi Berlinguer del 1° governo Prodi nel lontano 1996 a prendere la scuola pubblica per le corna dando l’avvio a quel processo di trasformazione strutturale che ha come obiettivo la mutazione antropologica dello studente - cittadino in cliente – utente di un servizio erogato secondo i principi aziendali e privatistici con la finalità di ottenere un prodotto finito [lo studente – addestrato] capace di essere duttile e flessibile, al passo con le esigenze della produzione nell’epoca del just in time, superando d’un balzo le peculiarità del sistema educativo italiano.Mentre in quasi tutti i paesi del mondo l’accesso alle professioni avviene attraverso rapporti diretti con il mondo delle professioni e con l’esercizio pratico del mestiere all’interno del curriculum, in Italia il momento della formazione è costantemente rinviato..Fattore determinante per la crescita della professionalità è il contesto lavorativo, che assume forte vocazione formativa soprattutto in sistemi come quello statunitense e giapponese..In tale visione, un grado soddisfacente di responsabilità presuppone una adeguata formazione culturale, supportata da una corretta filosofia ed etica del lavoro”. “L’istruzione e la formazione sono considerate investimenti strategici vitali per il futuro successo dell’impresa..Purtroppo l’insegnamento e la formazione sono sempre considerate dai governi e dagli organi decisionali come un affare interno..L’industria ha una modestissima influenza sui programmi didattici..Gli insegnanti hanno una insufficiente comprensione della realtà economica, degli affari e della nozione di profitto”
Berlinguer fu dimesso da ministro dalla rivolta degli insegnanti contro l’introduzione della gerarchia/meritocrazia nella professione docente [forse per l’ultima volta nella scuola l’egualitarismo è stato il collante di una lotta vincente] ma la filosofia che sottendeva la sua riforma della scuola aveva già messo forti radici capaci di svilupparsi rizzomaticamente fino a produrre, pur con resistenze e momenti di lotta importanti, quei cambiamenti che si era prefissata. La trasformazione è stata imposta modificando i cicli scolastici, le discipline d’insegnamento, i tempi d’apprendimento, le modalità di verifica degli apprendimento, il tutto forzato e giustificato dalle direttive europee, dal progressivo decadimento del successo scolastico anche in riferimento agli standard europei ed internazionali. La progressiva introduzione dell’INVALSI quale strumento di rilevazione e misurazione delle conoscenze e competenze ha segnato la determinata volontà di, appunto, destrutturare tutto il peculiare percorso formativo italiano per ricondurlo dentro gli alvei delle esigenze e delle compatibilità proprie del contemporaneo modo di produzione. In questo quadro la legge Aprea, licenziata con parere favorevole di tutti gli schieramenti parlamentari, vuole segnare un punto di non ritorno nella struttura del sistema scolastico italiano, con una istituzionalizzazione della privatizzazione oltre che nella gestione delle scuole anche nelle pratiche didattiche [vedi di seguito scheda].
Organismi Geneticamente Modificati nella Scuola
E’ passato il 22 marzo 2012 alla VII Commissione della Camera. Esso prevede lo stravolgimento degli organi di governo della scuola e l’ingresso dei privati nei nostri Consigli d’Istituto. Considerando che in Parlamento non c’è attualmente quasi nessuna opposizione democratica, è possibile che venga approvato già a giugno – senza neppure discuterlo in aula, ma solo in commissione in quanto classificato come “non di rilevante importanza”- . Riassumiamo qui sotto alcuni punti chiave, quelli che riteniamo più distruttivi di una idea di scuola e di cittadinanza costruita negli ultimi decenni.
Autonomia statutaria
Ogni scuola dovrà elaborare il proprio statuto che regolerà “l’istituzione, la composizione e il funzionamento degli organi interni nonché le forme e le modalità di partecipazione della comunità scolastica, comprese le modalità di elezione, sostituzione e designazione dei propri membri.” In questo modo lo Stato rinuncia a definire degli standard minimi di democrazia e trasparenza nel governo delle Scuole. Ogni Istituto si configurerà secondo la realtà locale. Facile immaginare scuole padane, oppure confessionali, oppure un po’ camorriste. Speriamo siano maggioritarie quelle ispirate semplicemente alla cooperazione ed alla democrazia?
Consiglio dell’Autonomia
Oltre a docenti e genitori, due esponenti provenienti dalle “realtà culturali, sociali, produttive, professionali del territorio” potranno sedere nel Consiglio d’Istituto (ribattezzato Consiglio dell’autonomia) che potrà essere composto da un minimo di 9 ad un massimo di 13 membri (escludendo offensivamente il personale ATA). Chi saranno questi esponenti? Lo decide lo Statuto, vedi sopra. Speriamo bene?
Nucleo di autovalutazione
Un organo nuovo e strategico perché:
sarà disciplinato dal Consiglio dell’autonomia (vedi sopra);
potrà essere composto da 3 a 7 membri, designati dal Consiglio dell’autonomia su proposta del preside (lo staff di presidenza sarà spinto a forzare di fatto il Collegio dei docenti), e tra questi ci dovrà essere almeno un “membro esterno esperto”. Un altro! Nonostante il nome, il “nucleo” dovrà lavorare in raccordo con l’Invalsi e operare la propria valutazione sulla base degli strumenti di rilevazione forniti dall’INVALSI. Come a dire che questi 3 o 7 membri –già non te li vedi?- potrebbero pesantemente valutare per conto Invalsi i “risultati” dei loro colleghi. Alla faccia della collegialità e della libertà d’insegnamento. Speriamo bene? No, scioperiamo.
Consiglio dei docenti
Sostituisce il Collegio perdendo molte prerogative. Il nuovo organo, presieduto dal DS, viene sottomesso al Consiglio dell’autonomia il cui Statuto disciplina l’attività del Consiglio dei docenti e delle sue articolazioni (commissioni, consigli di classe, dipartimenti). Non basta. Al Collegio la prossima Legge Aprea vorrebbe togliere anche l’autonomia didattica: infatti il Piano dell’ Offerta Formativa, finora di sua piena competenza, dovrà essere redatto in base al Rapporto del nucleo di valutazione (leggi Invalsi) che “è assunto come parametro di riferimento per l’elaborazione del Piano dell’Offerta Formativa e del programma annuale delle attività”. Se il PdL Aprea diventerà legge, sancirà anche giuridicamente una micidiale sinergia tra abbandono della scuola pubblica, aggressività dei privati, pratica e didattica della competizione aziendalistica tra scuole, tra docenti e naturalmente tra alunni. La nuova governance intende dirigere il nostro fare scuola quotidiano perché risponda agli standard imposti dai mercati e veicolati da dirigenti, esperti esterni e nuclei di autovalutazione. E a costo zero.
CESP - COBAS SCUOLA del Veneto
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