Sebbene un po' schematico, è un punto di vista assolutamente
legittimo. La lunga tradizione di quest* compagn*, dalle solide fondamenta
leniniste e anti-staliniste (infatti, insieme a Trotsky e agli anarchici, furono
i primi a denunciare l'inversione dei fini della Rivoluzione di Ottobre, operata
da Stalin e dai suoi sgherri) garantisce che certi comportamenti di piazza
non sono appannaggio di «minoranze estremiste e avventuriste», formula con cui
si occulta il problema reale dell'impiego della forza (che facilmente sconfina
nella violenza), ineludibile invece per chiunque voglia seriamente
fuoriuscire da questo finalmente comatoso modo di produzione capitalistico. E'
questa eccedenza (talvolta paradossalmente biasimata) che costituisce il motore
della costruzione del comune!
cobasterni
Quanto è
avvenuto in pomeriggio [15 ottobre 2011] e sta avvenendo in serata a Roma nel
corso della manifestazione contro la "dittatura della finanza" e per
la "democrazia reale" merita
una nostra immediata presa di posizione anche se i dati di cui disponiamo sono
al momento quelli di cronaca.
Un fiume di
manifestanti invade Roma dal Sud e dal Nord
La
manifestazione, che si svolge a livello nazionale, è stata promossa dal
"coordinamento 15 ottobre" e si ispira ai motivi che nella stessa giornata
vengono agitati in centinaia e centinaia di città del mondo (1). I motivi si
compendiano nel rifiuto dello "strozzinaggio finanziario" e nella richiesta di
una "democrazia pulita" contro l'affarismo corrotto del personale politico di
governo e di opposizione.
Nella
capitale affluiscono decine e decine di migliaia di giovani e giovanissimi, da
ogni parte d'Italia; di donne, di lavoratori, di studenti e ricercatori, di
disoccupati e pensionati, di immigrati. Alle 14.30 P.za della Repubblica, punto
di concentramento del corteo, è gremita di manifestanti (singoli o in gruppo);
di formazioni centri sociali comitati territoriali; di antagonisti radicali,
autonomi, pacifisti; di giovani a viso coperto e di giovani avvolti nel
tricolore (2). Nella piazza si ritrovano, accomunate dalla volontà di protestare
contro il governo le banche lo Stato, forze sociali e politiche alquanto
differenti e tra di loro conflittuali. Il concentramento è già imponente quando
continua ancora l'afflusso dei nuovi arrivati. Si parla di 200.000-300.000
manifestanti.
La piazza è
uno spaccato del malcontento sociale e delle divisioni politiche. La massa dei
manifestanti è mossa al suo interno da orientamenti eterogenei e non può
esprimere che gli umori e i comportamenti propri di ogni spezzone o componente.
Il corteo non può quindi avere alcuna unità di movimento né tanto meno una
pratica comune.
Il corteo si
spacca nel punto di confluenza in direzione della "zona rossa"
Il
percorso del corteo concordato dal coordinamento col questore aveva per tragitto
via Cavour - Fori Imperiali - Labicana - P.za San Giovanni. E doveva passare a
debita distanza dalla cosiddetta "zona rossa"; cioè da Comune - Palazzo Chigi -
Presidenza della Repubblica - Banca d'Italia (Palazzi del potere). Si sapeva che
su questo tragitto non c'era accordo tra le maggiori forze partecipanti. L'area
"democratica pacifista" mirava a condurre la manifestazione in modo festoso e a
terminarla con un comizio finale a P.za San Giovanni per offrire una sponda
anti-berlusconiana al "Pd" e compari. L'area "antagonista radicale" mirava
invece a canalizzare la protesta verso la zona rossa e a manifestare contro i
"Palazzi del potere". Il questore, che aveva collocato il grosso delle forze di
polizia a protezione della zona rossa, temendo che l'ala antagonista del corteo
prendesse questa direzione, sbarrava tutti gli accessi ai manifestanti per
costringerli a seguire la testa del corteo in direzione del Colosseo e di P.za
San Giovanni. Quindi il percorso previsto è un tragitto obbligato contro ogni
possibile"deviazione".
Ma, come
sempre avviene quando entrano in campo forze incontrollabili, gli schemi
saltano. Appena il corteo si muove iniziano i primi dissidi e scontri interni
tra manifestanti mascherati che intendono compiere azioni di forza e
manifestanti contrari. In via Cavour gruppi di giovani rompono le vetrine di
alcuni negozi e di qualche banca e danno fuoco ad alcune auto parcheggiate. I
manifestanti contrari lanciano epiteti offensivi contro di loro e invocano
l'intervento della polizia che procede ai primi arresti (3). Quando il corteo
giunge in Largo Corrado Ricci l'ala antagonista cerca di forzare gli sbarramenti
di polizia per tentare di raggiungere la "zona istituzionale". Tutte le vie laterali
sono sbarrate e la zona si rivela impenetrabile. La polizia carica e spinge i
manifestanti a seguire il corteo di testa per P.za San Giovanni. Il corteo si
spacca e si frantuma in tanti pezzi. In via Labicana un troncone di decine di
migliaia di manifestanti si dirige al Circo Massimo e poi a San Lorenzo. Quindi
a circa metà del tragitto cambia l'assetto e la composizione del
corteo.
Un corteo
così vasto ed eterogeneo non può darsi alcun servizio d'ordine
La
spaccatura del corteo se è esplosa con le cariche della polizia non è dipesa da
queste cariche bensì dalla contrapposizione tra antagonisti e pacifisti. Non è
che mancassero i servizi d'ordine. Ogni spezzone aveva il suo servizio d'ordine,
che spesso è intervenuto per scacciare i giovani mascherati. Ma dietro ogni
spezzone - più o meno organizzato - si interpongono migliaia di manifestanti
senza alcun legame con quelli che li precedono e li seguono. Un corteo come
questo del 15 ottobre non poteva avere, per la sua eterogeneità e ampiezza,
alcun proprio servizio d'ordine; e i servizi d'ordine delle componenti
organizzate non hanno potuto attuare alcun coordinamento. Quindi la forza
complessiva dell'antagonismo, e in particolare la sua radicalità, non poteva
essere controllata dall'interno; e peraltro le cariche della polizia hanno agito
da moltiplicatore.
Per ciò che
sta avvenendo in queste ore nessuno può fustigare i giovani, che hanno rotto
vetrine, bruciato cassonetti o vetture lungo il percorso del corteo (anche se
queste azioni non sono propedeutiche al processo rivoluzionario), in quanto
espressioni di rivolta incontrollabile. Vanno per converso biasimati e
condannati proprio quei manifestanti che hanno rampognato questi giovani al
grido "vergogna vergogna",
applaudendo poi alle cariche della polizia (4).
La battaglia di
P.za San Giovanni
Alle 16.30
comincia la fase più intensa e più dura di scontri. La parte del corteo che
giunge in P.za San Giovanni viene attaccata da poliziotti carabinieri
finanzieri. Le forze dell'ordine caricano e indietreggiano a replica pressando i
manifestanti contro gli edifici. I manifestanti reagiscono alle cariche e
contrattaccano coi cubetti del selciato (5). Un blindato dei carabinieri che
ritarda a indietreggiare viene accerchiato e incendiato. I due militari che lo
occupano vengono fatti uscire e mandati via.
Dopo
l'incendio del blindato le forze dell'ordine impiegano gli idranti ed effettuano
spaventosi caroselli in mezzo alla folla dei manifestanti. È tutta la piazza che
insorge e che ha il sopravvento sulle forze dell'ordine. Alla battaglia
partecipa non solo l'antagonismo radicale ma la gioventù rivoltosa italiana
presente in gran numero (6). La calma torna in piazza alle 18.30; mentre gli
scontri si prolungano in via Merulana per spegnersi alla Stazione
Termini.
Terminiamo
la cronaca della manifestazione col bilancio degli scontri. Al momento si
contano più di 100 feriti ricoverati in ospedali, di cui una trentina agenti. Ci
sono circa 20 fermati, in gran parte meridionali. La polizia ha imposto
ai "pronto soccorso" di
identificare i ricoverati. Ed ha avviato il setaccio attraverso schedari e
immagini di "antagonisti" presenti e assenti.
Passiamo ora a valutare il significato degli avvenimenti.
Considerazioni
conclusive
Salvo
ulteriori approfondimenti degli avvenimenti in corso possiamo trarre le seguenti
considerazioni operative e insegnamenti.
1°) La
manifestazione, risultato di svariate iniziative mobilitative, è per la sua
ampiezza varietà estensione territoriale uno spaccato del malcontento sociale.
È, altresì, nella sua componente "radicale" un indice di sviluppo della
guerra sociale contro la guerra statale totale, in particolare contro le ultime
misure banditesche prese dal governo a protezione delle banche. È, ancora, per
il livello di scontro che ha dimostrato l'episodio politico più importante del
2011 (e della giornata sul piano internazionale).
2°) I
giovani e giovanissimi "antagonisti", che si sono concentrati a Roma,
e non solo loro, sono consapevoli non solo di "non aver futuro" (acquisizione questa
raggiunta agli inizia degli anni novanta) bensì di avere un futuro di "schiavizzazione militarizzata". Essi
interpretano l'antagonismo come lotta, combattimento, scontro armato; e pensano
giustamente che senza raggiungere questo livello l'azione pratica non può avere
alcuna incidenza sui rapporti sociali. Per cui manifestare contro la dittatura
finanziaria ha senso solo se si colpiscono le banche, il potere, l'apparato di
violenza statale; e la loro legalità.
3°) Il
corteo è collassato perché era un miscuglio di opinioni e di pratiche eterogenee
e, per gli aspetti sostanziali, contrapposte. Se esso non ha tenuto non ha
tenuto perché la guerra tra le classi ha eliminato ogni possibilità di
conciliazione; e perché la pratica dello scontro e delle azioni violente
dissolve ogni ambivalenza.
4°) La
battaglia di P.za San Giovanni è l'episodio per ora più grande di guerra di
classe. Esso ha messo a nudo il dato di fatto che, nella complessità delle
relazioni e dei rapporti sociali, i campi sono due: o si sta col proletariato, o
si sta con la borghesia. E che le vie "intermedie" o "alternative" sono maschere del sistema
esistente.
5°) Alla
spaccatura di vetrine, incendi di vetture, scontri con le forze dell'ordine,
hanno cooperato migliaia di manifestanti. Gli "incapucciati", i giovanissimi vogliono una
prospettiva visibile altrimenti sfasciano tutto. Il potere ha paura delle nuove
generazioni, paura che il loro spirito di rivolta si traduca in violenza
rivoluzionaria e ne minacci le basi economiche e politiche
(7).
6°) In
conclusione il 15 ottobre romano non è un preludio di rivoluzione; è un momento
elevato di guerra di classe nei confronti del governo e dello Stato, nonché di
guerra civile nei confronti delle componenti pacifiste e legalitarie del
movimento. Esso innalza dunque l'asticella del livello di organizzazione
politica e del contenuto del programma rivoluzionario che bisogna approntare in
questa fase.
Fuori i manifestanti fermati e
arrestati!
Solidarietà ai manifestanti feriti!
Vigilanza contro lo scatenamento repressivo!
Abbasso i delatori!
(1) Il 15 ottobre
è una giornata di mobilitazione mondiale in quanto si sono svolte o sono in
svolgimento in circa 800 città di 80 Stati manifestazioni contro l'indebitamento
finanziario e le politiche di rigore da parte di disoccupati lavoratori
indignati della "debit generation".
(2)
Partecipano alla manifestazione i gruppi anarco-insurrezionalisti; i collettivi
napoletani di "Insurgencia" e
i "Disoccupati organizzati"; una
frazione dei centri sociali romani, fiorentini, genovesi, milanesi; il
movimento "Uniti per
l'Alternativa" (di Landini e Casarini) che cerca di captare
gli "indignati"; l'USB e i Cobas;
più tanti altri gruppi e soggettività di orientamento
marxista.
(3) Il primo
assalto a una struttura commerciale scatta alle 14.35 allorquando una
cinquantina di giovani fa irruzione nel supermercato "Elite" rifornendosi di viveri. Alle
16.15 gruppi mascherati di assaltatori fanno irruzione all'Agenzia delle Entrate
e al Ministero della Difesa; nonché alla chiesa dei santi Marcellino e
Pietro.
(4) Ancora
più biasimevole e stigmatizzabile la reazione di quel manifestante anziano che
prende a calci un ragazzo che in via Labicana ha assaltato l'agenzia
interinale "Manpower"; e la
cacciata dal corteo di quei ragazzi che nella stessa via hanno messo i piedi in
una edicola di oggetti sacri.
(5) Nel
contesto degli scontri un autocarro dei Cobas invita "i ragazzetti coi caschi a farla
finita" e per dare l'esempio 200 manifestanti sfilano a mani
alzate.
(6) Dalla
scritta "Acab", impressa su
automezzi e muri, che è la sigla dello slogan "tutti gli sbirri sono bastardi", si deduce la
presenza degli "ultras" delle
curve.
(7) La
polizia aveva un quadro aggiornato delle varie formazioni antagoniste che
sarebbero arrivate a Roma, ma non aveva adeguate cognizioni sul movimento dei
giovanissimi. Ora cercherà di colmare la "sorpresa" con un avvitamento del
controllo repressivo.
Milano ottobre 2011
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Edizione a cura di:
RIVOLUZIONE COMUNISTA
SEDE CENTRALE: P.za Morselli 3 - 20154 Milano
e-mail: rivoluzionec@libero.it
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