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venerdì 28 giugno 2013

La decadenza della scuola italiana

L’Italia è “l’unico paese dell’area dell’Ocse che dal 1995″, si legge nel rapporto, “non ha aumentato la spesa per studente nella scuola primaria e secondaria”. Anche se, secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, il risparmio di risorse non pregiudica l’efficienza della scuola: c’è poco da stare allegri, perché significa che la situazione non peggiora, ma nemmeno migliora. Anzi, il numero dei laureati rimane tra i più bassi, cala la percentuale di diplomati che accede all’università, le classi si fanno più affollate con maggior carico per ogni docente. scuola
L’Ocse ha aggiornato i suoi dati sullo stato dell’arte della scuola. L’Italia anche stavolta non ne esce bene. Gli insegnanti sono mediamente più anziani e meno pagati rispetto agli altri paesi, mentre calano i laureati e vengono investite sempre meno risorse pubbliche.
In questi ultimi due decenni abbiamo assistito a una lenta agonia della scuola pubblica. Sono stati anche due decenni in cui con un governo di centrodestra è stata approvata l’entrata in ruolo dei docenti di religione (scelti dai vescovi ma pagati dai contribuenti, tutti) e con un governo di centrosinistra è stato riconosciuto un ruolo pubblico alla scuola privata (un discreto ossimoro).
Pd, Pdl, Scelta Civica, la stessa ministra dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza si sono tutti spesi, nel recente referendum bolognese, per la necessità di continuare a erogare contributi alla scuola privata, anche laddove mancano fondi per garantire che sia rispettato il dettato costituzionale, che impone che la scuola pubblica sia un diritto da garantire a chiunque la richieda. I dati Ocse sono stati accolti con indifferenza. Sembra proprio che vogliano solo perseverare nei loro progetti confessionali.
La redazione UAAR

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