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lunedì 24 marzo 2014

Le tante “dualità” del nuovo ministro della Difesa. Dall’approccio in ambito geostrategico a quello tecnologico una doppia rappresentazione della realtà

La stampa italiana ed estera è andata in delirio per la notizia che l'Italia taglierà ulteriormente l'ordine dei suoi F-35 fino a dimezzarlo. Ma la realtà è un pò diversa. Grandi tagli potrebbero essere in arrivo. O non potrebbero

23 marzo 2014 - Rossana De Simone
Il visconte dimezzato
Il 12 marzo il nuovo ministro della Difesa Roberta Pinotti ha esposto al Senato le linee programmatiche del suo dicastero con una introduzione che ricorda la bipolarizzazione del sistema internazionale post-1945 in due blocchi antitetici e contrapposti.
Lo ha fatto a proposito della crisi in Ucraina “l’Occidente non può arretrare sul rispetto di principi fondamentali dell’ordine internazionale, ma deve anche saper utilizzare con intelligenza gli strumenti di persuasione di cui dispone”.
Se proprio voleva far riferimento al rispetto dei principi fondamentali dell’ordine internazionale da parte dell’Occidente, avrebbe dovuto ricordare che i governi della Nato non avevano neanche tentato di sostenere una legittimità sul piano del diritto quando decisero l’intervento armato nel Kosovo. Nel 1999 l'uso della forza è stato legittimato con argomenti esclusivamente morali, per finalità umanitarie, aggiungendo di fatto nell’ordinamento internazionale, il concetto di guerra umanitaria a quella difensiva, comunemente accolta come l’unica lecita. Con la stessa motivazione umanitaria l’Italia ha partecipato alla missione di guerra per rimuovere la leadership politica libica eppure il ministro Pinotti sostiene che “l’Italia giudica inaccettabile ogni aggressione che minacci l’integrità territoriale o l’indipendenza di uno Stato sovrano”.
Il doppio binario usato dall’Italia nell’interpretare l’art.11 della Costituzione si è visto anche nel caso dell’ammissione della Palestina, con voto favorevole anche dell’Italia, come Stato osservatore presso l’ONU il 29 novembre 2012.
“Dal comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri si apprende che l’Italia, in coordinamento con altri partner europei, ha chiesto al presidente Abbas “di astenersi dall’utilizzare l’odierno voto dell’Assemblea generale per ottenere l’accesso ad altre Agenzie specializzate delle Nazioni Unite, per adire la Corte penale internazionale o per farne un uso retroattivo”. Desta stupore che si chieda ad un’entità, che abbiamo implicitamente riconosciuto come stato, di astenersi dal partecipare alle organizzazioni internazionali, che sono il sale della cooperazione tra Stati e ne promuovono la pacifica convivenza. Lo stesso stupore suscita che si chieda alla Palestina di non adire la Cpi. A parte che non si può fare un uso retroattivo della Cpi. Poiché il principio di non retroattività è uno dei cardini dello Statuto, suggerire alla Palestina di non aderire alla Cpi - per il timore che questa chieda alla Corte di giudicare su eventuali crimini internazionali commessi dai governanti israeliani - finisce per corroborare il sospetto che la Corte, la cui effettività è scarsa (una sentenza in dieci anni!), sia uno strumento a senso unico, non attivabile nei confronti degli stati occidentali e dei loro alleati. Tra l’altro i caveat posti dal governo italiano sono in contraddizione con l’art. 11 della Costituzione, che dovrebbe guidare gli orientamenti di politica estera, non solo in materia di ripudio della guerra, ma anche in relazione alla promozione delle organizzazioni internazionali (leggi le istituzioni specializzate delle Nazioni Unite), alla risoluzione pacifica delle controversie internazionali (leggi Cig) e alla giustizia tra le Nazioni (leggi Cpi)” (Natalino Ronzitti, Il significato della Palestina all’Onu).
La relazione del ministro, che rimanda alla scrittura di un nuovo Libro Bianco l’elaborazione compiuta della “ridefinizione del quadro strategico di riferimento per lo strumento militare, gli obiettivi di efficacia e di efficienza che esso dovrà conseguire, i lineamenti strutturali e organizzativi che dovrà assumere", ha portato alla luce altre dualità secondo cui l’intervento armato all’estero o all’interno del paese deve intendersi come “polizia di stabilizzazione”.
L’operazione “Mare Nostrum” (spot pubblicitario del marchio dell'industria militare italiana) e l'Agenzia europea Frontex (responsabile per aver esposto migranti a trattamenti proibiti durante la missione RABIT come sentenziato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo), diventano missioni civili che salvaguardano la vita in mare dei migranti.
Anche il finanziamento della tecnologia dual-use diventa “fare sistema” utile per il paese, omettendo però che questa consentirà di perseguire al meglio gli obiettivi del Piano nazionale della ricerca militare. E’ documentato nell’accordo del gennaio 2014 fra il Segretariato generale della difesa e il Consiglio nazionale delle ricerche, che il più importante ente di ricerca del nostro Paese si pone quale interlocutore privilegiato di Segredifesa nello svolgimento dei compiti istituzionali inerenti alla ricerca tecnologica nei settori difesa e sicurezza.
Non è un segreto che “nel campo della ricerca tecnologica riferita al settore degli armamenti, Segredifesa svolge una funzione di valutazione e indirizzo, che consiste nel recepire e coordinare le idee e le proposte provenienti anche dalla società civile (università, centri di ricerca, industrie) e dall’interno della stessa Difesa, integrandole nel Pnrm, che rappresenta – in questo specifico campo – il corrispondente del Programma nazionale di ricerca (Pnr) gestito dal Ministero dell’università e della ricerca (Miur)”. http://www.difesa.it/Primo_Piano/Pagine/20140123_Difesa_CNR.aspx
“Dovremo essere trasparenti, dovremo includere nel ragionamento la società civile, e dovremo fare presto”. Per realizzare questo intento il ministro dovrebbe evitare di comunicare messaggi incongruenti ed evitare il ricorso a metafore assurde per risolvere l’aspetto schizofrenico della sua comunicazione “Guai se passa l'idea che la Difesa sia un bancomat da cui prelevare liberamente”. Sino ad oggi gli italiani sono stati il bancomat della Difesa, e il ministro della Difesa non si può presentare come attore neutrale perché è di parte, e non può produrre messaggi dimezzati una volta in linea con gli interessi delle Forze armate e dell’industria della difesa, e l’altra in linea con le aspettative di una società civile che ripudia le guerre di aggressione.
http://www.difesa.it/Primo_Piano/Documents/Linee%20programmatiche%20del%20Ministro%20della%20difesa%2012%20marzo%202014%20MASTER%20Vdef.pdf
La scelta strategica di avviare l’eliminazione del confine fra ambito civile e ambito militare, tra sicurezza e difesa, ha prodotto dei veri e propri mostri. “Il modello di Difesa nazionale è ben lontano da quello che dovrebbe essere in realtà, soprattutto se comparato, per esempio, a quello americano in cui Difesa Civile e Protezione Civile coincidono”. (Il ruolo delle nuove tecnologie di informazione e comunicazione nella cooperazione civile e militare per la gestione delle crisi e delle emergenze, Università di Pisa).
E’ un fatto che l’evoluzione delle tecnologie nel campo delle telecomunicazioni e dell’informatica ha prodotto una trasformazione strutturale nel sistema di produzione e del prodotto nell’industria commerciale come in quella bellica. Ma ha anche offerto gli strumenti per una Cooperazione Civile-Militare nella gestione delle crisi al limite della guerra, nei casi di calamità naturale, controllo del territorio, ripristino della sicurezza in un’area definita a “rischio” (come definito a livello dottrinale in ambito ONU, europeo e NATO. In ambito ONU si è istituito un Ufficio apposta denominato “Affari Umanitari”).
Allo stesso modo, e ricalcando il modello statunitense, la politica della difesa è diventa uno strumento della politica della sicurezza e, quindi, della politica estera. (Convegno "1982-2012: trent'anni di missioni all'estero": La missione in Libano segnò infatti l’inizio di un nuovo corso non solo per la politica militare, ma per la stessa politica estera italiana.
Siamo in tempi di spending review, quella nel settore militare, così come già previsto dalla riforma dello strumento militare varata nel 2012, riguarda la riduzione degli organici civili e militari entro il 2024 con trasferimento del personale presso altre amministrazioni, e la contrazione del 33% delle strutture territoriali anche tramite soppressioni e accorpamenti (caserme e presidi militari).
Ma non solo. Forse. In varie interviste il ministro Pinotti ha dichiarato “capisco che tutti si facciano la domanda sul finanziamento degli F35, perché nell'immaginario collettivo si tratta di un caccia bombardiere e fa pensare a un velivolo di aggressione. E’lecito immaginare che si può ripensare, si può ridurre, si può rivedere. Il tutto nel rispetto del ruolo del Parlamento e delle sue prerogative, così come previsto anche nella stessa legge delega 244 del 2012. Quando io ho detto che si può rivedere e tagliare, non pensavo solo agli F35. Io ho usato tre verbi: ripensare, rivedere e ridurre e credo che questi verbi saranno applicati a tutti i programmi di spesa, non solo a quelle nel campo della difesa”.
Se nell’immaginario collettivo il caccia bombardiere F-35 svolge un ruolo d’attacco, in quello della neo ministro i progettisti della Lockheed Martin l’hanno pensato per tosare l’erba.
“Stabilire la superiorità aerea nell'attuale complesso contesto di sicurezza globale richiede una capacità e versatilità senza precedenti che solo l'F-35 Lightning II può offrire.
Concepito a metà degli anni 1990 con tre versioni, l'F-35 rappresenta il culmine di oltre 50 anni di sviluppo tecnologico dei velivoli da combattimento. Progettato per dominare i cieli, l'F-35 unisce le caratteristiche di 5° generazione tecnologia stealth per eludere i radar, velocità supersonica ed estrema agilità, con il più potente e completo pacchetto di sensori integrati, rendendolo un aeromobile superiore a qualsiasi altro combattente nella storia”.
http://www.lockheedmartin.com/us/products/f35.html
Il 6 marzo presso l’Air Force Plant 4 di Fort Worth in Texas, un F-35 ha volato con i componenti alari prodotti da Alenia Aermacchi: “Per anni, Alenia Aermacchi ha dimostrato la propria capacità di produrre componenti avanzati sia per velivoli civili sia per aerei militari ad elevate prestazioni” ha affermato Debra Palmer, Vice President Lockheed Martin e General Manager dello stabilimento FACO (Final Assembly and Checkout) in Italia. “Quanto la Società sta realizzando nell’ambito del programma F-35 Lightning II è un’ulteriore conferma del suo ruolo di leadership in un ambito altamente specializzato della produzione di velivoli”.
http://www.aleniaaermacchi.it/it-IT/Media/News/Pagine/Alenia-Aermacchi-wing-components-make-first-F-35-flight.aspx
Pochi giorni dopo siti web inglesi e americani pubblicavano la notizia che l’Italia starebbe pensando di tagliare il numero degli F-35. “Italia e F-35: che cosa sta realmente accadendo?”
La stampa italiana ed estera è andata in delirio per la notizia che l'Italia taglierà ulteriormente l'ordine dei suoi F-35 fino a dimezzarlo. Ma la realtà è un pò diversa. Grandi tagli potrebbero essere in arrivo. O non potrebbero. Nel partito del premier Renzi e del ministro della difesa c’è chi vorrebbe dimezzare l'acquisto degli F-35 fino a 45.
L’articolo ci informa che oltre i 6 velivoli già ordinati con i lotti 6 e 7, i 4 del lotto 8 sono scesi a 2 mentre nel lotto 9 si è passati da 4 a 3 (1 F-35B, 2 F-35A). Nell’ulteriore lotto 10 il numero è stato ridotto da 6 a 4 e in quello 11 da 6 a 5. L'ordine del LRIP (lotto) 8 dovrebbe essere siglato in estate mentre l'ordine LRIP 9 in autunno. I lotti 8, 9, 10 e 11 sono quelli realisticamente più colpiti dalla riduzione della spesa annunciata per i prossimi tre anni. Ritardare l'acquisto di diversi aerei è ovviamente un risparmio a breve termine, per cui la domanda è se questo ritardo sarà sufficiente a raggiungere gli attuali obiettivi di spesa, o se il piano verrà cambiato ancora.
http://ukarmedforcescommentary.blogspot.com/2014/03/italy-and-f-35-what-is-actually.html
I commenti non si fermano solo ai dati e ai conti economici. Nell’articolo pubblicato il 9 febbraio “Italian Lawmakers Consider New Cuts to JSF Purchase” di Tom Kington di defensenews, si legge che una fonte interna al Partito Democratico annunciava la preparazione di un documento politico da approvare in parlamento che chiedeva il taglio degli F-35 da 90 a circa 45.
Ma una seconda fonte diceva che il dibattito all'interno del partito era ancora in corso, e che il documento finale minacciava un taglio se l'Italia non riesce ad ottenere condizioni migliori sul programma. E’ probabile che vi sia una forzatura verso l’acquisto di più Eurofighter perché l’Italia spinge per l'integrazione della difesa europea. Sempre questa seconda fonte (di cui non si fa il nome) suggerisce che i risparmi alla Difesa potrebbero arrivare da tagli al programma di digitalizzazione dell’esercito che costa troppo e manca dell’interoperabilità integrata dagli standard della NATO.
Il 19 marzo Adnkronos manda la notizia: “La bozza preparata dai parlamentari del Partito Democratico in commissione Difesa alla Camera - che l'Adnkronos è in grado di anticipare - stronca non solo il discusso aereo ma anche la sua versione a decollo verticale, pensato per la
portaerei Cavour. Scanu: "Insostenibile spesa di 5,5 mld anno".
Dalla lettura del documento “Considerazioni conclusive sull’indagine conoscitiva sui sistemi d’arma” parrebbe che le ragioni della seconda fonte di defensenews siano prevalse all’interno del Partito Democratico. Si legge anche che “Il caccia multiruolo Typhoon, nella versione di attacco al suolo, non solo sarà prodotto, ma risulterà competitivo con il JSF della Lockheed. Questa versione dell'Eurofighter sarà messa a disposizione delle missioni UE, NATO e ONU da numerosi alleati europei (Austria, Spagna, Germania e Inghilterra, mentre la Francia utilizzerà la versione “Raphale”)”.
Questa frase contiene affermazioni controverse sia rispetto al caccia europeo EFA sia a quello statunitense F-35. Il consorzio Eurofighter permette a Germania, Italia, Spagna e Gran Bretagna, la possibilità di sviluppare dei cambiamenti utilizzando i propri velivoli e i centri di supporto nazionali. La Gran Bretagna aveva già finanziato integrazioni (AUSTERE) che ha permesso al velivolo di avere una prima capacità multiruolo (vedi campagna aerea di Libia nel 2011).
http://www.publications.parliament.uk/pa/cm201011/cmselect/cmpubacc/860/860we03.htm
In seguito anche gli altri paesi hanno potuto inserire nuove funzioni passando anche a capacità più complesse così come richiesto dai clienti. Il primo aereo italiano della tranche 3A comprende infatti le predisposizioni per la futura installazione del radar a scansione elettronica, modifiche al software, aggiornamenti al pod ACMI, capacità aria-suolo in grado di ampliare l’armamento. Il problema è che la Germania ha deciso di ridurre gli ordini futuri del caccia europeo da 180 a 143 annullando la versione da attacco al suolo (Tranche 3B). Hans-Peter Bartels, responsabile della Commissione Difesa del parlamento è andato oltre “sarebbe opportuno limitare la flotta di Eurofighter a 108 mezzi, quanto basta alle nostre necessità”.
Inoltre il “Raphale” non è una versione di qualche velivolo, ma un caccia costruito dalla Dassault francese che compete sullo stesso mercato dell’EFA. Se di variante si può parlare di deve riferire alla famiglia di missili scelta per l’EFA che oltre agli Storm Shadow (variante o meglio evoluzione del francese Apache costruito dal consorzio MATRA/BAE poi confluito in MBDA) oggi può trasportare anche il Taurus (concezione tedesco/svedese).
La parte riguardante l’F-35 è stranamente scarna se si pensa che è proprio quella che tutti si aspettavano per capire le motivazioni della proposta di una riduzione drastica del programma.
Nel merito si afferma che al di là delle molteplici riserve tecniche e operative che fonti governative statunitensi sovente evidenziano, va osservato che “lo schema di accordo non garantisce, dal punto di vista della qualità e del valore, ritorni industriali significativi; non risulta contrattualmente garantita per le piccole e medie imprese nazionali l'acquisizione di commesse o sub commesse; a fronte degli investimenti impegnati per realizzare lo stabilimento di Cameri non risulta contrattualmente definito un prezzo per l'assemblaggio delle semiali che garantisca l'ammortamento del capitale investito e un ragionevole ritorno; l'occupazione che si genererà a Cameri non può considerarsi aggiuntiva rispetto a quella attualmente già impiegata nel settore aeronautico ma, solo parzialmente sostitutiva; le stime del costo del programma risultano caratterizzate da un indice di variabilità che non può convivere con le esigenze della nostra finanza pubblica; l'embargo sull'accesso ai dati sulla cosiddetta “tecnologia sensibile” determina un fattore di dipendenza operativa da istanze politico industriali statunitensi che risulta, al momento, non superabile tutte le stime dei costi non tengono conto di quelli aggiuntivi per l'armamento del velivolo. Le tante criticità che segnano questo programma inducono a rinviare ogni attività contrattuale, in attesa che siano chiariti i molti limiti che gli stessi organismi statunitensi non mancano di sollevare formalmente; e comunque l’insieme di queste considerazioni milita nella direzione di un significativo ridimensionamento degli schemi di accordo con la Lockheed Martin sul programma F 35”.
http://speciali.espresso.repubblica.it/pdf/f35_commissione_pd.pdf
Queste considerazioni non entrano nel merito della questione vera che ha dato l’avvio alla partecipazione italiana al progetto. E’ legittimo pensare che il documento, almeno per questa parte, sia solo una manfrina per chiedere più lavoro alla Lockheed Martin tramite il governo statunitense.
Nel report “Il programma F-35 in una prospettiva italiana” redatto dal Centro Studi Internazionale, si oppone una valutazione dei punti di forza e delle criticità del coinvolgimento italiano più articolata e sostanziata. Le conclusioni dello studio consigliano di continuare con il programma (costato già 2 miliardi di dollari) perché da un punto di vista militare, strategico e industriale, vi sono possibilità di trasformarlo in un successo piuttosto che in una sconfitta.
Le complicazioni emerse durante la fase di produzione e sviluppo del programma avrebbero dovuto
allarmare i parlamentari italiani già da qualche anno almeno per due motivi: il primo riguarda un progetto concepito intorno ad una serie di idee centrali funzionali al periodo della Guerra Fredda, che nel frattempo ha visto cambiamenti geostrategici importanti, in concomitanza con un profondo cambiamento del paradigma tecnologico. Ne risulta un caccia di attacco al suolo specializzato e progettato per missioni da guerra fredda, ma costruito con l’attuale base tecnologica. Una delle tante critiche ricevute da esperti analisti statunitensi è infatti quella che l’F-35 non è in grado di sopravvivere ad un conflitto ad alta intensità, ed è troppo costoso e sovradimensionato per un conflitto a bassa intensità. Rappresenta appunto tutto ciò che non funziona correttamente nel procurement militare estremamente burocratico degli Stati Uniti.
Il secondo riguarda le modalità con cui si è pensato di procedere con lo sviluppo e produzione del programma. La sovrapposizione delle due fasi ha moltiplicato il costo del velivolo parallelamente alla moltiplicazione dei problemi tecnici. Ciò ha prodotto un continuo aggiornamento dell’originale piano previsto dalla Difesa e dalla Lockheed Martin costretti a ridurre il numero degli F-35 da produrre annualmente. http://timemilitary.files.wordpress.com/2013/06/fig1.png
Negli anni il Pentagono ha collezionato più sconfitte miliardarie a cominciare dal programma Futuro Combat System (18,1 miliardi di dollari – programma del tipo il Soldato futuro italiano), l’elicottero RAH-66 ”Comanche” (7,9 miliardi di dollari) o il sistema satellitare NPOESS (5,8 miliardi di dollari) solo per fare alcuni esempi.
Il 22 marzo Bloomberg ha dato per l’ennesima volta la notizia che il GAO sostiene che i problemi del software sono persistenti e continuano a rallentare la consegna di velivoli al pieno di tutte le funzionalità previste, di più, il budget annuale per l’F-35 prevede un aumento da 12,6 miliardi circa a 15 comportando dei rischi rispetto ai vincoli di spesa esistenti.
http://www.bloomberg.com/news/2014-03-22/lockheed-martin-f-35-jet-s-software-delayed-gao-says.html
Il premier italiano Matteo Renzi durante una intervista ha dichiarato che “Il ministro (Pinotti) ha ragione a dire che risparmieremo molti soldi dalla Difesa:3 miliardi di euro, non tutti dagli F35, ma dal recupero delle caserme e dalla riorganizzazione delle strutture militari. Sugli F35 continuiamo con i programmi internazionali e una forte aeronautica ma quel programma sarà rivisto”, e che prima di pensare alla nomina dei vertici delle 5 grandi aziende di stato bisogna decidere quale sarà la strategia. In questi giorni l’amministratore delegato e direttore generale Alessandro Pansa e il presidente della holding della difesa Gianni De Gennaro, hanno messo mano alla governance di Finmeccanica accentrando presso la capogruppo le funzioni di indirizzo e controllo strategico delle aziende coinvolte. Da questo punto di vista il ministero dell'Economia e delle Finanze (Mef) e il ministero dello Sviluppo economico (Mise) hanno condiviso il piano strategico approvato dal consiglio di amministrazione di Finmeccanica che "prevede la concentrazione del gruppo nel settore dell'Aerospazio, Difesa e Sicurezza il quale, per sua natura, richiede significativi investimenti in Ricerca & Sviluppo, con ricadute tecnologiche, produttive ed occupazionali di elevato profilo per il Paese e per il suo ruolo a livello europeo ed internazionale. In questo quadro, il deconsolidamento delle attività nei trasporti deciso da Finmeccanica rappresenta un elemento essenziale per il successo di tale piano e inoltre costituisce una opportunità per aprire prospettive di sviluppo del comparto trasporti che facciano perno sul mantenimento sul territorio nazionale di centri di eccellenza e di importanti competenze”.
Rispetto agli annunci del premier Renzi e del ministro Pinotti, Pansa ha detto che il programma Eurofighter è molto importante per l'Italia in termini di ritorni industriali e tecnologici e che l'impegno del gruppo è quello di collaborare con il governo italiano perché Finmeccanica è esecutore intelligente delle decisioni prese per rafforzare la struttura della difesa del nostro Paese.
Nell’audizione del 20 marzo al Senato ha risposto ad una domanda dei senatori circa le ricadute per il gruppo qualora ci fosse un taglio del programma F35 affermando che il gruppo si è attrezzato al fine di consentire che l'esecuzione del programma permettesse un elevato livello di profittabilità' e un alto livello occupazionale. ''Riteniamo che sul piano industriale sia nostro compito fare di tutto per rendere compatibili le scelte di politica industria e di politica estera, che non spettano a noi, con lo sviluppo di competenze manifatturiere che non intendiamo perdere''.http://www.finmeccanica.com/documents/10437/10635912/body_Verbale_CDA_Modifiche_Statuto_Marzo_2014.pdf
Tornando a quel “è lecito pesare a una riduzione dell'impegno economico del governo sugli F35” della Pinotti è necessario ricordare che quel lecito è poi diventato ”ci servono l’Aeronautica e la difesa aerea?”
Invece di fare grandi annunci il ministro non potrebbe prima rispondersi da sola visto che è sua responsabilità tutto ciò che verte sulla Difesa, e poi riferirci qualcosa di chiaro e credibile?
Una decisione parlamentare, incredibilmente tardiva rispetto ai tempi e alle spese già consumati, dovrebbe vertere sul ruolo che l’Italia vuole avere nella politica estera e di difesa, allora se è vero quello che il ministro della Difesa ha affermato “ritengo sia utile operare per la valorizzazione di una peculiare capacità italiana, apprezzata in tutto il mondo, quella della cosiddetta polizia di stabilizzazione, funzione intermedia fra l’intervento militare e la tutela della sicurezza pubblica”, allora non dovrebbero esserci dubbi sulla sua cancellazione.

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