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venerdì 4 aprile 2014

Congedo biennale: sul concetto di convivenza…



il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con Lettera circolare del 18 febbraio 2010  Prot. 3884 ha
affermato:


“pervengono allo scrivente numerose rimostranze da parte di soggetti  (figli di portatori di handicap grave) ai quali le Agenzie dell’INPS negano il  beneficio in questione nel presupposto che tali soggetti, pur avendo la residenza  nello stesso Comune e allo stesso indirizzo (identità di stabile e numero civico)  del disabile da assistere, non condividono lo stesso appartamento.
Al riguardo, come è noto, il fine perseguito dalla normativa che si occupa dei  permessi per coloro che assistono soggetti disabili – ribadito anche dalle  sentenze additive della Corte Costituzionale su questa materia – risiede nella  tutela psico-fisica del disabile e il suo fondamento è ravvisabile nei principi di  solidarietà sociale di rango costituzionale in materia di salute e famiglia.
Del resto, è di tutta evidenza che la residenza nel medesimo stabile, sia pure in  interni diversi, non pregiudica in alcun modo l’effettività e la continuità  dell’assistenza al genitore disabile.
Ancorare, quindi, la concessione del diritto esclusivamente alla coabitazione  priverebbe in molti casi il disabile della indispensabile assistenza atteso che, il  più delle volte, gli aventi diritto hanno già conseguito una propria indipendenza.
Pertanto, al fine di addivenire ad una interpretazione del concetto di  convivenza che faccia salvi i diritti del disabile e del soggetto che lo  assiste, rispondendo, nel contempo, alla necessità di contenere possibili  abusi e un uso distorto del beneficio, si ritiene giusto ricondurre tale  concetto a tutte quelle situazioni in cui, sia il disabile che il soggetto  che lo assistite abbiano la residenza nello stesso Comune, riferita allo  stesso indirizzo: stesso numero civico anche se in interni diversi.
Pertanto, se nella “premessa” e nelle intenzioni  il Ministero sembra “permissivo” e  “estensivo” (… la concessione del diritto esclusivamente alla coabitazione  priverebbe in molti casi il disabile della indispensabile assistenza atteso che, il  più delle volte, gli aventi diritto hanno già conseguito una propria indipendenza) poi però “chiude” con una limitazione molto chiara: stesso numero civico anche se in interni diversi.
Stesso numero civico…
La Circolare Dipartimento della Funzione Pubblica n. 1 del  febbraio 2012 ritorna sulla questione affermando:
Il diritto al congedo è subordinato per tutti i soggetti legittimati, tranne che per i genitori, alla sussistenza della convivenza. Questo requisito è provato mediante la produzione di dichiarazioni sostitutive, rese ai sensi degli artt. 46 e 47 d.P.R. n. 445 del 2000, dalle quali risulti la concomitanza della residenza anagrafica e della convivenza, ossia della coabitazione (art. 4 del d.P.R. n. 223 del 1989). In linea con l’orientamento già espresso in precedenza, al fine di venire incontro all’esigenza di tutela delle persone disabili, il requisito della convivenza previsto nella norma si intende soddisfatto anche nel caso in cui la dimora abituale del dipendente e della persona in situazione di handicap grave siano nello stesso stabile (appartamenti distinti nell’ambito dello stesso numero civico) ma non nello stesso interno. Sempre al fine di agevolare l’assistenza della persona disabile, il requisito della convivenza potrà ritenersi soddisfatto anche nei casi in cui sia attestata, mediante la dovuta dichiarazione sostitutiva, la dimora temporanea, ossia l’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 223 del 1989, pur risultando diversa la dimora abituale (residenza) del dipendente o del disabile. Le amministrazioni disporranno per gli usuali controlli al fine di verificare la veridicità delle dichiarazioni (art. 71 del citato d.P.R. n. 445 del 2000).
Se sei convivente con il familiare (cosa facilmente dimostrabile) ma vivi in altra città puoi fruirne.

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