Un
dirigente scolastico avvia un procedimento disciplinare contro Franco Coppoli,
un docente dell’Istituto per Geometri di Terni che la settimana scorsa ha
impedito l’irruzione in classe a una squadra di poliziotti con cane antidroga
che pretendevano di interrompere le lezioni e controllare gli studenti e l’aula
come se si trattasse del Bronx. L’insegnante, dopo aver accertato che non ci
fosse alcun mandato della magistratura, alla notizia che la polizia era stata “autorizzata”
dal dirigente scolastico ha espresso la sua totale opposizione all’interruzione
dell’attività didattica annunciando agli
agenti che -in caso di violazione dell’aula e della lezione- li avrebbe
denunciati per interruzione di pubblico servizio ed è riuscito ad ottenerne l’allontanamento
dalla classe in nome della libertà di insegnamento.
Qualche
giorno dopo la dirigente scolastica pro
tempore, Cinzia Fabrizi, ha iniziato un procedimento disciplinare contro il
prof. Franco Coppoli, trasmettendo gli atti all’Ufficio scolastico provinciale
di Terni e alla Direzione dell’Ufficio scolastico Regionale dell’Umbria. Questo
significa che la sanzione disciplinare pretesa è superiore ai dieci giorni di
sospensione. Siamo in attesa di ricevere le contestazioni di addebito per capire
cosa sia contestato al docente, a cui va la solidarietà dei Cobas. (Qui
il link con un’intervista al docente)
Il
caso non è isolato ma si inquadra all’interno di una operazione
mediatico-intimidatoria più vasta a livello nazionale, in quanto la presenza
della polizia nelle scuole viene segnalata in molte cìttà, indice di una
strategia mediatico, repressiva ed intimidatoria. La scorsa settimana in quattro
istituti superiori di Terni le lezioni, le verifiche, la normale attività
didattica sono state interrotte da poliziotti accompagnati da un cane antidroga
che hanno fatto irruzione nelle aule scolastiche, facendo uscire gli studenti,
controllandoli, perquisendoli e fermando qualche ragazzo.
E’
la prima volta si è assistito, dentro le nostre scuole, a scene che ricordano gli stati di polizia
più che le democrazie moderne o uno Stato di diritto. I comunicati stampa della
Questura di Terni affermano che durante il controllo sono state sequestrate
(sic!) “20 dosi di hascisc e marijuana”, quindi in totale dovrebbe trattarsi di
4 o 5 grammi al massimo su migliaia di adolescenti. La quantità è irrisoria e
non comprendiamo questo spiegamento di forze che ci sembra inopportuno, e gravissimo. Siamo sicuri che un
controllo su migliaia amministratori delegati di aziende, banchieri o politici
(ricordiamo l’inchiesta delle Iene di qualche anno fa) avrebbe dato ben altri
risultati, ma quello che rimane e vogliamo denunciare, è un operazione senza
alcun senso educativo, che viola gli spazi che i ragazzi dovrebbero vivere come
propri, che tenta di criminalizzare i giovani e che contro gli auspicabili
interventi di prevenzione e riduzione del danno propone la sola opzione
repressiva.
L’irruzione
nelle classi e l’interruzione dell’attività didattica si configura infatti come
una pesante violazione degli spazi educativi, come un tentativo di disciplinamento
dei giovani, cercando di far passare un messaggio che criminalizza ed
intimidisce gli studenti e distrugge o attacca pesantemente la specificità e
l’autonomia degli edifici scolastici.
Questo
spettacolo della forza e della repressione avviene inoltre a poche settimane
dal pronunciamento della Corte Costituzionale che ha sancito la totale
incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi, quella che ha riempito le
carceri di consumatori e piccoli spacciatori proprio equiparando le droghe
leggere a quelle pesanti. Mentre in Uruguay ed in molti stati USA ormai hascisc
e marijuana vengono legalizzati per scopi terapeutici o ricreativi a Terni si
scatena un’operazione mediatica di forza e potenza contro le giovani
generazioni, cercando di affibbiare agli adolescenti l’etichetta di drogati. Ci
chiediamo infatti quale sia la ratio educativa che sta dietro questa operazione
chiaramente intimidatoria, se non quella dell’educare alla disciplina ed alla
subordinazione prefigurando uno stato di polizia in cui i diritti diventano un
optional.
Invitiamo
i dirigenti scolastici ad evitare di far entrare, durante l’attività didattica,
la polizia a scuola, attivando eventualmente, con operatori professionali,
progetti di prevenzione e riflessione sui comportamenti adolescenziali.
Invitiamo
i docenti a lottare per difendere la libertà di insegnamento e l’autonomia
della scuola (quella vera…) e a rifiutarsi di interrompere le lezioni, visto
che l’operazione -a meno che non sia su mandato di un magistrato- si configura
come interruzione di pubblico servizio. Invitiamo i colleghi ad intervenire nei
casi critici attraverso strumenti educativi e relazionali e non certamente con
comportamenti repressivi che potrebbero rovinare il futuro, già nero, dei
nostri studenti.
Invitiamo
gli studenti a mobilitarsi contro la repressione ed ii tentativo di
criminalizzarli ed intimidirli in massa.
Le
nostre scuole non sono caserme o discariche sociali, difendiamo la libertà di
insegnamento, la libertà degli spazi educativi contro l’intrusione della
polizia nelle nostre aule.
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