Di Giuseppe De Nicolao on 15 luglio 2015 at 13:39
Su Scuola24 (Sole 24 Ore) Attilio Oliva, il presidente dell’Associazione TreeLLLe rivela “quel che nessuno vi ha detto“, ovvero sgrana un rosario di fatti e statistiche che fotografano la «scuola che le proteste dei mesi scorsi hanno cercato in ogni modo di mantenere inalterata». A suon di «lo sapevate che …», Oliva afferma che la scuola italiana è quella che in Europa «ha più insegnanti in relazione al numero degli studenti», che la spesa rapportata al PIL è «in media europea» mentre la spesa per studente addirittura la supera. Peccato che le statistiche OCSE lo smentiscano punto per punto. Non per questo Oliva è meno adatto a presiedere un’associazione le cui tre “L” stanno per Life Long Learning. Un presidente che non verifica le fonti dei dati che cita e che non riporta correttamente neppure i numeri pubblicati dalla sua associazione: chi meglio di lui può testimoniare l’utilità, se non addirittura l’urgenza, di interventi educativi lifelong, anche e soprattutto per gli adulti?
Attilio Oliva, Presidente dell’Associazione TreeLLLe, nel suo articolo su Scuola24 non solo sgrana un rosario di dati inesatti, ma riesce a citare in modo errato persino i dati riportati nel documento “I numeri da cambiare”, pubblicato dalla stessa TReeLLLe.
L’Associazione TreeLLLe si autodefinisce così:
L’Associazione TreeLLLe – per una società dell’apprendimento permanente(Life Long Learning)- fondata nel 2001, ha come obiettivo il miglioramento della qualità dell’education (educazione, istruzione, formazione) nei vari settori e nelle fasi in cui si articola. TreeLLLe è un vero e proprio “think tank” che, attraverso un’attività di ricerca, analisi e diffusione degli elaborati offre un servizio all’opinione pubblica, alle forze sociali, alle istituzioni educative e ai decisori pubblici, a livello nazionale e locale.
Gli organi e i forum dell’Associazione includono note personalità del mondo imprenditoriale, politico, della cultura e delle professioni, tra cui: Luigi Berlinguer, Tullio De Mauro, Giuseppe De Rita, Domenico Fisichella, Angelo Panebianco, Luigi Abete, Umberto Eco, Sergio Romano, Domenico Siniscalco, Umberto Veronesi, Ferruccio De Bortoli, Giuliano Ferrara, Domenico Fisichella, Ezio Mauro, Luciano Modica, Carlo Rossella, Fabio Roversi Monaco, Marcello Sorgi, Giuseppe Valditara, Fedele Confalonieri, Gian Carlo Lombardi, Pietro Marzotto, Attilio Oliva, Marco Tronchetti Provera, Gian Felice Rocca
Per farsi un’idea dell’orientamento di TreeLLLe in tema di istruzione, si può leggere il testo dell’audizione sul DDL “La Buona Scuola” presso le Commissioni riunite Camera e Senato di giovedì 9 aprile 2015. Se dovessimo dirlo in quattro parole, “più realista del re” potrebbe essere la sintesi migliore della posizione di TreeLLLe sulla riforma.
1. Oliva alla prova del fact checking
Visto l’orientamento dell’Associazione, non sorprende più di tanto che il suo Presidente, Attilio Oliva, in data 10 luglio 2015 sia intervenuto su Scuola24 a sostegno della Buona Scuola con un articolo intitolato
Facendo ricorso alla figura retorica dell’anafora, Oliva ripete nove volte “Lo sapevate che …” al fine di dimostrare, dati e fatti alla mano, che
Questa è la scuola che le proteste dei mesi scorsi hanno cercato in ogni modo di mantenere inalterata, a profitto (forse) di chi ci lavora, ma non certo di chi ci studia e dovrebbe costruire qui il proprio futuro.
Nelle intenzioni dell’autore, la raffica di fatti e numeri dovrebbe convincere il lettore che quella che è andata in scena è stata una resistenza di retroguardia nei confronti di chi propone riforme basate su un esame oggettivo della realtà.
Eppure, un lettore appena meno sprovveduto della media, capisce che c’è qualcosa che non torna in quella raffica di “fatti” e numeri snocciolati senza mai citare una fonte che sia una.
Nella tradizione di Roars, abbiamo sottoposto a fact checking le affermazioni di Oliva che potevano essere messe a confronto con le statistiche dell’OCSE, scoprendo che, una dietro l’altra, non reggevano la verifica.
Il fact checking che segue, pur lontano dall’esaurire l’elenco delle affermazioni di Oliva di cui sospettiamo l’infondatezza, appare sufficiente a farci dubitare della cura usata nella stesura dell’intero articolo oltre che della diligenza del suo autore. Il quale, prima ancora di prefiggersi ambiziosi traguardi come il “miglioramento della qualità dell’education”, potrebbe più utilmente impegnarsi a migliorare la qualità dei suoi scritti.
Essere competenti e diligenti sono requisiti imprescindibili per essere interlocutori credibili nel dibattito pubblico su temi così importanti. Alla luce del suo articolo, duole dire che Oliva, anche senza entrare nel merito dei suoi pregiudizi ideologici, discussi altrove da Pietro Li Causi (“Oliva, la scuola italiana e Rieducational Channel“), ci sembra lontano dal soddisfare appieno questi requisiti.
2. Lo sapevate che?
Lo sapevate che …… la nostra scuola è quella che in Europa ha più insegnanti in relazione al numero degli studenti? Che il rapporto è di circa 1:11 contro 1:15?
No, non lo sapevamo e, a quanto pare, non lo sapeva nemmeno l’OCSE secondo la quale il rapporto non è 1:11 ma 1:12 e non è il più basso in Europa, tanto è vero che, per le scuole secondarie, la media europea è 1:12 e coincide quindi il dato italiano.
Nella scuola primaria, il rapporto italiano (1:12), pur inferiore a quello medio europeo (1:14), è comunque superiore a quello di Finlandia, Islanda, Lussemburgo, Polonia e Ungheria mentre è alla pari con Austria, Portogallo e Svezia.
Lo sapevate che …… l’età media dei nostri insegnanti è di oltre 55 anni, mentre nel resto di Europa si aggira su poco più di 40?
No, non lo sapevamo e, a quanto pare, non lo sapeva nemmeno l’OCSE secondo la quale l’età media degli insegnanti delle scuole superiori italiane è inferiore a 52 anni, mentre la media europea è decisamente superiore a 40 anni.
Se poi andiamo a verificare sul documento di TreeLLLe, “I numeri da cambiare“, vediamo che riporta solo l’età media degli insegnanti delle scuole primarie, limitatamente a cinque nazioni europee a cui si aggiungono gli USA. Anche in questo caso, l’età media degli insegnanti italiani non è 55, ma 47,7 anni, non molto superiore a quella in Germania (47,0 anni).
Cosa sembra aver fatto Attilio Oliva?
- Ha preso il dato italiano relativo alle scuole secondarie (52 anni);
- lo ha arrotondato a 55 anni;
- come confronto internazionale, invece che il dato relativo alle scuole secondarie, ha considerato quello delle scuole primarie;
- e per questo indicatore ha calcolato una “presunta media europea” basata su sole due nazioni, Francia e Regno Unito.
Non abbiamo la certezza assoluta che sia questa la spiegazione, ma è difficile trovare molti altri modi per arrivare a concludere che «l’età media dei nostri insegnanti è di oltre 55 anni, mentre nel resto di Europa si aggira su poco più di 40».
Se poi andiamo alla sostanza delle cose, l’elevata età media degli insegnanti ha un’ovvia spiegazione nelle recenti politiche di tagli, che non ci risulta siano state contestate da TreeLLLe.
Lo sapevate che …… che la nostra è la scuola d’Europa con più abbandoni (circa il 20%)
No, non lo sapevamo e, a quanto pare, non lo sapeva nemmeno l’OCSE, secondo la quale piu dell’80% dei giovani italiani sono destinati a completare la scuola secondaria. La percentuale italiana (84%) è superiore a quella di Svezia, Lussemburgo e Austria.
E non lo sapeva nemmeno l’Associazione TreeLLLe che nel suo documento “I numeri da cambiare” (introduzione di Gianfelice Rocca e Attilio Oliva) riporta il seguente grafico che, pur limitandosi a sole cinque nazioni europee, mostrerebbe che nel Regno Unito la percentuale di “abbandoni” (secondo la definizione di TreeLLLe) supera quella dell’Italia.
- Attilio Oliva, pur scrivendone l’introduzione, non legge i documenti dell’associazione che presiede;
- sì, li legge, ma li dimentica molto presto;
- nel leggere il grafico ha guardato solo il dato all’estrema sinistra (anno 2000), senza rendersi conto che quello più recente stava all’estrema destra (anno 2009).
Lasciando ai lettori l’ardua decisione di quale tra queste (o altre) spiegazioni sia la più plausibile, passiamo al prossimo “lo sapevate che?”.
Lo sapevate che …… il 95% degli studenti frequenta scuole statali mentre quelle paritarie chiudono l’una dopo l’altra, perché le famiglie non riescono a sostenerne i costi?
Questo ci sorprende di meno, mentre ci sorprende che a Oliva sia sfuggito che, nei test OCSE-PISA (di cui Oliva si fida), le scuole non statali ottengono risultati peggiori di quelle statali.
Lo sapevate che …… nelle varie indagini Pisa dell’Ocse, che riguardano circa sessanta paesi, le competenze degli studenti quindicenni italiani sono sempre risultate sensibilmente al di sotto della media?
Questo lo sapevamo e sapevamo anche che il dato non riflette presunte carenze del sistema scolastico nazionale, quanto piuttosto le disparità geografiche italiane. Per fare un esempio, nei test PISA di lettura del 2009, 13 regioni italiane stanno sopra la media OCSE e la Lombardia è preceduta solo da Corea, Finlandia e Canada.
Punteggi dei test PISA 2009 (Reading): confronto tra le regioni italiane e le altre nazioni. Le linee verticali sono proporzionali alla variabilità dei voti nella popolazione (±1,96 deviazioni standard).
Lo sapevate che …… tutte queste anomalie e ritardi non dipendono dalla lamentata carenza di risorse finanziarie, visto che la percentuale del Pil destinata alla nostra scuola è del 3%, cioè in media europea
No, non lo sapevamo e, a quanto pare, non lo sapeva nemmeno l’OCSE, secondo la quale la spesa italiana (3,1%) è decisamente inferiore a quella europea (3,6%).
Lo sapevate che …… soprattutto che il nostro “ costo per studente” è addirittura più alto? [della media europea]
No, non lo sapevamo e, a quanto pare, non lo sapeva nemmeno l’OCSE, secondo la quale la spesa italiana per studente è inferiore alla media europea sia per la scuola primaria (8.448 contro 8.482 USD) che per quella secondaria (8.519 contro 9.457 USD).
Lo sapevate che …… i nostri curriculi [sic] hanno un carattere enciclopedico (facile all’oblio) e una forte prevalenza delle materie cosiddette umanistiche rispetto a quelle scientifiche e tecniche?
No, non lo sapevamo che il plurale di “curriculum” fosse “curriculi” e nemmeno la Treccani lo sapeva.
Che sia una dimostrazione dell’inutilità di insegnare curricula enciclopedici a soggetti facili all’oblio? In effetti, sembra meglio che tali soggetti ripieghino su una formazione strettamente tecnica.
Nella speranza (forse vana) che, da grandi, non si improvvisino riformatori dell’istruzione scolastica senza nemmeno disporre dei mezzi culturali necessari per capire che quando si citano dei dati si devono verificare le fonti.
3. TreeLLLe, la lobby de noantri
Per qualche ragione che meriterebbe un’indagine più appofondita, nei maggiori quotidiani italiani il dibattito pubblico sull’istruzione è da tempo affidato a presunti esperti che si mostrano sistematicamente persone disinformate dei fatti e delle statistiche internazionali. Attilio Oliva con il suo articolo si è guadagnato un posto di rilievo nel (poco) prestigioso Olimpo di questi “maître à penser de noantri”. In particolare, in quanto a densità di dati inesatti, l’articolo di Oliva sembra aver polverizzato persino i famosi editoriali di Francesco Giavazzi, che fino ad ora detenevano un record che sembrava destinato ad essere non meno durevole del primato di Bob Beamon nel salto in lungo (il suo 8,90 metri rimase record del mondo per quasi 23 anni dal 1968 al 1991).
Lasciamo però da parte le appassionanti quanto oziose discussioni sui record e poniamoci piuttosto un interrogativo.
Sulla riforma della scuola e dell’università, quale credibilità hanno le ricette di chi scrive articoli che meriterebbero una bocciatura senza appello per gli errori fattuali e la scarsa padronanza della materia?
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