Il vademecum della confindustria sull’alternanza scuola-lavoro merita 
senz’altro un volantino: che aspettiamo a leggere i decreti attuativi ed altro 
quando tanto le direttive sono già scritte lì?
Confindustria ha annusato l’affare e ci si è buttata a pesce: 
leggere in particolare pag 39-40 dove ci sono le 10 richieste della 
confindustria. I giornali hanno dato spazio alla più banale (la n. 10, lo status 
dello studente in alternanza) ma i nodi sono: chi paga e chi intasca 
(ovviamente, nell’ordine, lo stato e le imprese, sotto forma di sgravi fiscali 
ed incentivi, punto 1 e punto 9), chi si assume l’onere del lavoro di supporto 
(la scuola, punto 2 e 4: nella legge 107 la formazione sulla sicurezza è 
attribuita al tutor aziendale e non alla scuola), chi si prende i meriti 
(l’impresa, punto 3) chi “assume la regia” (testuale) dell’operazione (sedi 
territoriali della confindustria, punto 6). Quanto agli studenti devono avere 
ben chiaro che devono assoggettarsi con docilità e quindi ben tre punti 
incardinano l’alternanza nell’esame di stato e nel voto finale (punti 5-7 e 
8)
Più chiaro di così!!! 
Spulcialndo qua e là: 
 1 – come’era bello quando si imparava a bottega!  (pag. 9):
 Alternare studio e lavoro come metodologia per un apprendimento 
efficace
non è una novità di per sé. In Europa è una prassi diffusa, in Germania 
è
un sistema consolidato e di riferimento internazionale, ma in fondo 
esso
non è che un derivato moderno del modello di apprendistato della 
bottega
cinquecentesca italiana da cui molto deriva della nostra capacità di 
maker
creativi. 
leggete poi pag. 12-13 dove dicono che l’alternanza in qualche modo deve 
“permeare la didattica”, cioé deve riuscire a modellare la scuola sulle esigenze 
dell’impresa.
pag 19: spiegano cosa sono i laboratori territoriali per 
l’occupabilità
 Per incrementare il collegamento scuola-impresa-territorio sarà 
possibile
attivare i “laboratori territoriali per l’occupabilità” che consentiranno 
alle
imprese, alle università e agli enti pubblici, di collaborare con le scuole 
per
orientare le attività formative verso settori strategici del Made in Italy 
e
per fornire servizi propedeutici all’inserimento del giovane nel mercato 
del
lavoro. I laboratori, costituiranno spazi di incontro tra scuola e 
territorio
dove sperimentare nuovi percorsi di “didattica laboratoriale” che 
sarà
possibile attivare anche in reti di scuole e nei poli 
tecnico-professionali.
Aperti anche al di fuori dell’orario scolastico, i laboratori 
potranno
contribuire a contenere l’alto tasso di abbandono scolastico (17% 
media
nazionale con punte del 25,8% al Sud) e a fare della scuola un punto 
di
riferimento nella realtà sociale e produttiva di un territorio.
pag. 19 gli insegnamenti opzionali:
 Si apre, infine, anche la possibilità di modificare il curriculum dello 
studente
attraverso l’inserimento di insegnamenti opzionali nel secondo biennio 
e
nell’ultimo anno, insegnamenti che saranno finalizzati all’orientamento 
e
all’accesso al mondo del lavoro. In questo caso il contributo delle 
imprese
potrebbe essere di grande supporto alla scuola, sia nell’individuazione 
delle
materie da inserire, sia nello svolgimento delle attività degli 
insegnamenti
stessi.
pag. 21 un’opportunità per la scuola:
 L’alternanza scuola-lavoro non è una nuova disciplina che si aggiunge 
alle
1.056 ore di insegnamento che ogni studente è già chiamato ad 
affrontare
nelle scuole secondarie di secondo grado. È una nuova metodologia
didattica che comporta un ripensamento della stessa funzione 
educativa,
formativa e socializzante della scuola nel suo rinnovato rapporto con
l’impresa. Non è possibile introdurre l’alternanza scuola-lavoro con
successo senza modificare la struttura organizzativa, l’impianto didattico 
e
il modello pedagogico della scuola italiana.
pag. 22: ancora sull’opportunità per la scuola
L’attenzione all’employability permette alla scuola di aumentare il suo 
prestigio e il suo ruolo socio-economico
nel territorio e le fornisce anche un’opportunità per realizzare in 
concreto
l’autonomia scolastica e per valorizzare gli insegnanti più aperti e 
motivati
al mondo produttivo.
pag. 29 le azioni concrete da fare nelle scuole per favorire il cambiamento 
(pag. 29-30) tra cui:
 5 - organizzare e realizzare nei primi mesi di scuola azioni 
specifiche
di formazione per tutti i docenti al fine di rivedere la struttura
organizzativa delle discipline, rivisitando le consolidate 
metodologie
trasmissive del sapere nell’ottica di percorsi sviluppati per
competenze e integrati con esperienze lavorative reali o simulate;
6- organizzare nei “dipartimenti disciplinari” una progettazione
dell’azione formativa con obiettivi definiti, competenze da far
raggiungere agli studenti, tempi e modalità didattiche, al fine di
poter poi individuare le azioni da svolgere a scuola o in azienda per
il raggiungimento delle skills richieste.

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