Esiste una norma, nella Scuola, poco applicata, ma che garantisce dei principi fondamentali per l'affermazione della libertà d'insegnamento. Nel rispetto della nostra Costituzione, uno su tutti, l'articolo 33, dell' articolo 13 della Carta Europea dei Diritti, dell'articolo 7 comma 2 del DLgs 165/2001, dell'articolo 1 e 395 del dlgs.297 del 1994, esistono le opzioni metodologiche di “minoranza”.
La funzione docente è a livello ordinamentale intesa come esplicazione essenziale dell’attività di trasmissione della cultura, di contributo all’elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità. E dunque, ai docenti e' garantita la liberta' di insegnamento intesa come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente. L'esercizio di tale liberta' e' diretto a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalita' degli alunni.
La scuola opera, o meglio dovrebbe operare, non solo in modo collegiale, ma soprattutto nel rispetto della minoranza. Ed è questa che la differenza da una tipica gestione aziendalista. Le diverse opinioni, le diverse valutazioni, le diverse posizioni, non sono resistenze da dover demolire, o mettere a tacere, ma la vera forza della scuola. Perché sono uno stimolo alla crescita, alla critica, alla formazione culturale.
L'articolo 1 del DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 8 marzo 1999, n. 275 afferma che ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di tutte le sue componenti, il piano triennale dell'offerta formativa, rivedibile annualmente.
Il piano e' il documento fondamentale costitutivo dell'identita' culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa e organizzativa che le singole scuole adottano nell'ambito della loro autonomia. Il Comma 14 articolo 1 della legge 107 2015 che modifica l'articolo 3 del DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 8 marzo 1999, n. 275 afferma che : “il piano è coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi, determinati a livello nazionale a norma dell'articolo 8, e riflette le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della programmazione territoriale dell'offerta formativa. Esso comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, valorizza le corrispondenti professionalità e indica gli insegnamenti e le discipline tali da coprire: (omissis)”.
Da ciò discende che quando viene fatta valere la detta opzione, questa non potrà che essere inserita obbligatoriamente nel Piano dell'Offerta Formativa Triennale, detto PTOF, senza che si possa esercitare un voto positivo o negativo, purché si tratti di opzioni conformi non contrarie alla Legge, come è ovvio che sia.
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