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lunedì 3 aprile 2017

La scuola italiana migliore d’Europa: riduce il gap tra i ricchi e poveri

Nonostante venti anni di tagli e attacchi alla libertà di insegnamento l’indagine Ocse su una quarantina di paesi dei cinque continenti promuove il nostro paese: le differenze sociali sui banchi, guardando ai risultati degli alunni in diverse materie, si annullano. L’istituzione funziona, almeno per i meno abbienti che finiscono per aver voti uguali a chi arriva da famiglie laureate o benestanti

Nel 2000 la scuola italiana era la migliore d’Europa: riduceva il gap tra i ricchi e poveri. Poi sono arrivati i nipotini di Attila: Berlinguer, De Mauro, Moratti, Fioroni, Gelmini,Giannini e Fedeli e la scuola oscilla tra l'opificio e il carcere...


La scuola italiana migliore d’Europa: riduce il gap tra i ricchi e poveri Sorpresa: la scuola italiana funziona, almeno per gli allievi meno abbienti. E meglio di quanto non accada nei sistemi scolastici di tante altre realtà europee e del mondo. Questa volta il confronto internazionale condotto dall’Ocse consegna a presidi e insegnanti italiani due buone notizie. E solo una cattiva notizia, che però è condivisa con quasi tutte le nazioni oggetto del focus pubblicato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico: uscendo dalla scuola le differenze si accentuano. Il titolo dello studio è significativo: “Come si comportano alcune coorti di studenti dell’indagine Pisa nell’indagine successiva sulle competenze degli adulti Piaac?”. In altre parole: come varia il gap tra studenti svantaggiati e compagni più fortunati nel corso della vita, dopo il diploma, in termini di abilità in Lettura e Matematica?
Per contabilizzare le differenze di performance in Lettura e Matematica dei quindicenni di una quarantina di paesi e economie dei cinque continenti, che ogni tre anni partecipano all’indagine Pisa (Programme for International Student Assessment), con lo stesso gap riscontrato tra i soggetti di 25/27 anni di età che partecipano all’indagine Piaac (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) sulle capacità in Lettura e Matematica degli adulti, gli esperti dell’Ocse hanno messo a punto un indice. Scoprendo che dopo il diploma le differenza di prestazione tra studenti avvantaggiati (con almeno un genitore laureato e con oltre 100 libri a casa) e svantaggiati (con meno libri e genitori con un livello di istruzione più basso) crescono in tutti e 20 i paesi oggetto dello studio, tranne che in Canada, Stati Uniti e Korea. Anche in Italia.
Dallo studio “emerge in modo abbastanza chiaro il fatto che, dato l’allungamento della vita lavorativa e della fine della sicurezza di percorsi lineari della vita lavorativa, le competenze e soprattutto lo sviluppo delle competenze lungo la propria vita siano importantissime”, spiega Francesca Borgonovi, che ha partecipato alla stesura del focus. “Tuttavia, il mondo del lavoro, la formazione professionale e l’università – conclude l’esperta Ocse – non sono in grado di alleviare le differenze tra classi sociali che emergono alla fine della scuola dell’obbligo anzi tendono a rinforzarle”. Ma il risvolto positivo è che nel Belpaese la scuola riesce a tenere abbastanza vicini i risultati degli studenti con opportunità di partenza molto diverse. Più di quanto non accada all’estero.
L’indice che descrive la sperequazione in termini di preparazione tra soggetti più e meno fortunati, riguardo alle competenze linguistiche dei quindicenni, vale per l’Italia 0,45 mentre a livello Osce sale a 0,48. Per la Danimarca è pari a 0,64 e per la Germania sfiora il valore di 0,49. In altri termini, la scuola italiana è più inclusiva di quanto si pensi e riesce a supportare meglio i soggetti meno fortunati.
Una caratteristica che viene confermata anche dopo il diploma. Perché, fin quando gli studenti frequentano la scuola il divario si mantiene entro livelli relativamente bassi. Ma a 27 anni, sempre riguardo alla cosiddetta literacy, in Italia il divario si amplifica anche oltre la media Ocse: 0,67, in Italia, e 0,61 a livello internazionale. Confermando che nel Belpaese la scuola riesce ad attenuare le differenze socio-economiche di partenza. Caratteristica che, con valori diversi, si mantiene anche riguardo alla Matematica: quella che gli inglesi chiamano la numeracy.

La “Buona scuola”? Un miracolo … retroattivo

Alberto Baccini “La scuola italiana migliore d’Europa: riduce il gap tra i ricchi e i poveri”. Questo il titolo con cui La Repubblica 29/3/2017 ha dato notizia di una ricerca OCSE appena pubblicata. Un titolo che è un vero assist per la ministra Fedeli che scrive: “I dati pubblicati dall’Ocse ci dicono che la scuola italiana è una scuola inclusiva, capace di supportare le studentesse e gli studenti che partono da condizioni più svantaggiate.” Segue anche Matteo Renzi che commenta: “La notizia più bella riguarda la scuola visto che oggi l’OCSE ci promuove”. Peccato che gli unici dati del rapporto OCSE riferibili alla scuola siano quelli dell’anno 2000! Quando era ministro dell’istruzione Tullio De Mauro, le scuole secondarie inferiori si chiamavano ancora scuole medie e c’era ancora la scuola elementare.  Possiamo quindi affermare con certezza che i dati OCSE commentati dalla Ministra e da Matteo Renzi, non dicono proprio nulla sulla scuola italiana di oggi. A meno che non si sia verificato un miracolo retroattivo, e la “Buona scuola” abbia migliorato l’inclusività delle scuole elementari e medie italiane nel 2000.
“La scuola italiana migliore d’Europa: riduce il gap tra i ricchi e i poveri”. Questo il titolo con cui La Repubblica29/3/2017 ha dato notizia di una ricerca OCSE appena pubblicata.

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