i sindacati "rappresentativi" mentre trattano per il contratto e le prebende |
Le notizie (accreditate) che circolano sulle trattative per il rinnovo del
CCNL Scuola, ci dicono che l'Aran, l'agenzia pubblica che rappresenta il
governo nelle relazioni sindacali, ha presentato ai sindacati una proposta che
non è azzardato definire "provocatoria" nei confronti della delegazione
sindacale e "offensiva" nei confronti dei lavoratori.
Dopo 9 anni di
blocco contrattuale, il governo pare non essere in grado di mantenere neanche
il misero impegno del 30/11/2016 e l’aumento di 85 euro lordi "medi",
presentandosi con in mano 73 euro lordi, spalmati in tre anni: a regime, non
più di 30/35 euro mensili netti.
"In compenso", propone di aumentare
il carico di lavoro e inglobare nell'orario obbligatorio (a parità di
retribuzione) attività attualmente aggiuntive, non obbligatorie e retribuite
(poco) extra.
La bozza proposta dal governo
Nel dettaglio, l'Aran propone:
- l'accorpamento delle ore per le attività funzionali alla didattica: non
più 40+40 ore al massimo, ma 80 ore obbligatorie;
- che l'attività di Tutor interno per l’Alternanza Scuola Lavoro diventi un
adempimento dovuto non retribuito, al pari della preparazione delle lezioni,
della correzione delle verifiche e dei rapporti con le famiglie;
- che la formazione obbligatoria prevista dalla legge 107/15 sia non
retribuita e fuori dall'orario di servizio (oltre che interamente basata sulla farlocca ideologia delle competenze e della primazia del mercato);
- che le attività per il Potenziamento dell'offerta formativa e quelle
Organizzative e amministrative diventino obbligatorie: se il DS chiama un docente
a collaborare per fare parte dello staff di presidenza, per la somministrazione
dei test Invalsi, per l'orientamento degli alunni o per le ore di recupero, a
prescindere dalla remunerazione delle stesse, il docente non potrà rifiutarsi.
Come se tutto questo non fosse già sufficientemente provocatorio e
offensivo, l'Aran propone di introdurre la valutazione della performance
individuale e di modificare il codice disciplinare, introducendo nuove
fattispecie di comportamenti sanzionabili con la sospensione dal servizio e
dallo stipendio sino a dieci giorni, con sanzioni che possono essere comminate
– grazie al cosiddetto Decreto Madia (Dlgs 75/2017) – direttamente dal
Dirigente Scolastico (prerogativa non riconosciuta a nessun altro dirigente del
Pubblico Impiego). Per esempio, sarà sanzionabile lo scambio sui social media
di messaggi non “coerenti con le finalità educative” dei docenti con i
propri alunni o con i genitori degli alunni .
La reazione dei sindacati al tavolo delle trattative
Di fronte a questa evidente provocazione, come stanno reagendo i sindacati
“maggiormente rappresentativi” che partecipano alla trattativa? La reazione
ufficiale dei quattro maggiori sindacati (CGIL, CISL, UIL e SNALS) è stata
affidata a tre comunicati stampa unitari, uno per ciascuno degli incontri
realizzati sinora (1, 2, 3). Da tali comunicati,
si evince che non ci sono state controproposte organiche alle proposte del
governo da parte delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative,
se si eccettua quella che riguarda le relazioni sindacali (condivisa
anche da GILDA). La sensazione è che i quattro sindacati che firmano i
comunicati unitari abbiano fatto proprio il motto popolare siciliano secondo
cui “la parola migliore è quella che non si dice”.. Fuor di metafora, dai
comunicati ufficiali promanano giudizi “generici”, per lo più blandamente
critici, sulle proposte esaminate, senza che in tali giudizi siano
riconoscibili in modo incontrovertibile le posizioni da cui non si intende
recedere: quei precisi paletti, per intenderci, senza i quali si ritiene
impensabile la sottoscrizione di un accordo. D’altro canto, quel poco che viene
detto non pare sufficiente a tranquillizzare gli animi, soprattutto se si
considera che, in mancanza di una controproposta organica con i paletti di cui
sopra, il compromesso al ribasso appare l’esito (disastroso) più probabile.
Non possono non destare allarme, infatti, i segnali offerti sull’intenzione,
condivisa dalle parti, di “favorire, come nelle attese di
tutti, una conclusione positiva e in tempi brevi del negoziato”, per
“giungere quanto prima alla firma
del contratto”: perché mai, sulla base dei segnali
smaccatamente “provocatori” del governo (modestissimi aumenti stipendiali
a fronte di un consistente aggravio del carico di lavoro obbligatorio e del
sostanziale recepimento in contratto delle pessime novità imposte
unilateralmente ai lavoratori con la mala scuola e il decreto Madia) si
auspica, da parte sindacale, una rapida sottoscrizione del contratto? Che
vantaggio potrebbero mai averne i lavoratori della scuola?
Preoccupazione e sconcerto tra i lavoratori della scuola
Le notizie che arrivano sulla trattativa governo-sindacati hanno –
naturalmente – creato allarme e malumore tra i docenti, che hanno trovato sfogo
nei canali di comunicazione informale costituiti dai social media. I sindacati
hanno provato a gettare acqua sul fuoco con dichiarazioni ufficiali alla
stampa, tanto rasserenanti nelle intenzioni quanto reticenti nella sostanza: “Siamo
alle prime schermaglie, la questione dell’orario non è stata affrontata”; “La
trattativa per il rinnovo del contratto è in corso”; “Nella bozza di cui si
parla in queste ore comunque non c’è alcun riferimento a un orario aggiuntivo
frontale didattico”. Nei canali informali, invece, i quadri dei sindacati
cosiddetti maggiormente rappresentativi, in comprensibile difficoltà di fronte
alla preoccupazione e alle domande allarmate degli iscritti, farneticano
di bufale e complotti orditi dai sindacati di base per screditare i grossi
sindacati ed “erodere iscritti”.. Bugie dalle gambe assai corte.
POSTILLA CRITICA
La storia recente non induce all’ottimismo: il pesce puzza dalla testa
Vedremo come procederà questa trattativa “alle prime schermaglie”, iniziata
veramente nel peggiore dei modi. Se guardiamo alla storia del sindacato degli
ultimi anni, però, c’è poco da stare tranquilli: gli accordi capestro
sottoscritti sono stati sempre propagandati come “grandi risultati” (basti
pensare a come è stato “sterilizzato” il diritto di sciopero nei cosiddetti
“servizi pubblici essenziali” con l’accordo dei “grandi sindacati”). Inoltre, i
sindacati confederali hanno mostrato, nei fatti, di essere più lo strumento di
folgoranti carriere personali (Mauro Moretti e Valeria Fedeli docent..) che baluardi dei diritti dei lavoratori, come
certificano i pessimi esempi offerti da alcuni capi storici, molto più attenti
agli affari propri che agli interessi legittimi dei propri rappresentati.
I tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil sono stati, in
questo senso, emblematici:
Raffaele Bonanni (segretario della
Cisl dall'Aprile 2006 al settembre 2014), sempre pronto a frenare il conflitto
negli anni bui dell'attacco ai diritti del lavoro, ha chiuso la sua carriera di
sindacalista con uno “stipendio” lievitato, in
pochi anni, da 118.186 euro a 336mila, “prodigio” che gli ha consentito di
andare in pensione con un assegno mensile di 8.593 euro lordi. È
notizia di questi giorni che sarà candidato “di prestigio” di Forza
Italia, alle prossime elezioni politiche.
Di Luigi Angeletti (segretario
generale della Uil addirittura per 15 anni, dal giugno 2000 al novembre 2014)
non si ricorderanno di certo le sue imprese di sindacalista a difesa dei
lavoratori, ma le crociere e i gioielli pagati con i
soldi del sindacato dei pensionati e del sindacato del pubblico impiego.
Di Guglielmo Epifani (segretario generale della CGIL dal
Settembre 2002 al novembre 2010) ricorderemo invece la sua profonda coerenza
politico-sindacale: dopo aver contribuito (con il suo assai tiepido sostegno)
a far fallire il quorum al referendum del 2003 per estendere le garanzie
dell'art.18 alle imprese con meno di 16 dipendenti (tra i promotori c’era anche
la Fiom Cgil), Epifani è passato in politica, nelle file del Partito
Democratico (di cui è stato per un breve interregno pure segretario). Eletto
deputato nell'attuale legislatura, ha coerentemente votato a favore del Jobs Act,
“riforma” che, tra le tante meraviglie, ha definitivamente eliminato l'ingombro
dell'articolo 18.
Sindacati “maggiormente rappresentativi”, what else
Nessun commento:
Posta un commento