Se siete insegnanti o i genitori di bambini di 10 anni e
abitate nei dintorni di Roma, nella scorsa primavera potreste aver ricevuto una
comunicazione: INVALSI aveva selezionato proprio il vostro istituto per
partecipare ad un’indagine OCSE sulla misura delle competenze socio-emozionali
dei bambini italiani. Come già accaduto per lo studio esplorativo sulla
prontezza scolastica di bambini di 4-5 anni (progetto INVALSI
VIPS) il sito ufficiale dell’INVALSI non riporta alcuna informazione.
Soltanto navigando nella sezione ”Amministrazione trasparente” (come dire,
laddove non è possibile farne a meno per obblighi di legge), si ritrovano
alcuni acronimi chiaramente collegati all’OCSE: “OECD- SSES” o “OCSE -LSEC”.
Sono progetti che prevedono la valutazione di alcuni tratti della personalità
di bambini e adolescenti (6, 10, 12 e 15 anni). Nel rapporto “Skills for social
progress”, l’OCSE menziona la “necessità di sviluppare/promuovere un bambino
“talentuoso, motivato, determinato e socievole”, che “affronterà meglio le
tempeste dell’esistenza, avrà prestazioni lavorative migliori e, di
conseguenza, una vita di successo”. Secondo un altro documento OCSE: “la
maggior parte dei dati in letteratura sulla salute mentale e il benessere
emotivo[..] riguardano adolescenti, ma non esaminano bambini al di sotto dei 12
anni [..]. Risulta difficile, in quel caso, acquisire il consenso dei genitori
a partecipare.”. Per questo “sarà estremamente utile sviluppare indicatori o
indagini capaci di cogliere meglio lo stato di benessere emotivo, in maniera
comparabile tra paesi differenti, specie su bambini più piccoli”. L’utopia
economico-pedagogica è evidente: costruire un mondo di personalità
perfettamente comprensibili, classificabili, prevedibili. Solo un bambino sano
e felice darà luogo ad una famiglia armoniosa e stabile. Incrociando i dati di
famiglie, studenti, scuole e territorio, sarà possibile identificare “le
pratiche genitoriali e gli ambienti familiari domestici che favoriscono le
character skills”, i curricoli scolastici e le metodologie pedagogiche più
efficaci, oltre che le “risorse delle comunità [capaci] di arricchire la
società e produrre cittadini attivi”. Ma torniamo a noi. Possiamo pensare che
una circolare scolastica basti per informare le famiglie su un progetto che
studia i tratti psico-comportamentali di bambini e adolescenti? Il nostro
Ministro conferisce all’INVALSI un mandato istituzionale talmente ampio da
permettergli di decidere unilateralmente l’adesione a ricerche di tipo
psicometrico di ogni sorta? Ma, soprattutto, esistono punti di contatto,
raccordi o eventuali progetti futuri che colleghino le misurazioni delle
competenze socio-emozionali svolte su campioni di studenti italiani ai test
INVALSI nazionali?
Questo post è il primo dei tre dedicati alla nuova
“misura” delle soft skills messa in piedi dall’OCSE e avallata dall’INVALSI. La
seconda parte qui.
Se siete insegnanti o i genitori di bambini di 10 anni e
abitate nei dintorni di Roma, nella scorsa primavera potreste aver ricevuto una
comunicazione.
L’INVALSI potrebbe aver selezionato proprio il vostro
istituto per partecipare ad un’indagine internazionale di cui probabilmente non
eravate a conoscenza. Non dubitiamo che le scuole scelte si siano
adoperate diligentemente a fornire “delucidazioni” (vedi figura) riguardo a
quello che – di punto in bianco – voi e i vostri studenti (o figli) sareste
stati invitati a fare. È un meccanismo ormai consolidato da anni, al quale gli
insegnanti e i presidi sembrano non fare nemmeno più caso: INVALSI chiama,
scuola risponde. Sembra proprio che l’Organizzazione internazionale per lo
Sviluppo e la Cooperazione Economica (OCSE) e il nostro Istituto di valutazione
abbiano avviato un’indagine sulla misura delle competenze socio-emozionali dei
bambini italiani[1].
Approfondiamo.
Come già accaduto per un altro studio esplorativo (test
sulla prontezza scolastica di bambini di 4-5 anni,
progetto INVALSI VIPS) il sito ufficiale dell’INVALSI non riporta
alcuna informazione a riguardo. Non se ne parla nella sezione “indagini
internazionali”, dove ci aspetteremmo di trovarlo insieme alle prove PISA-OCSE
gestite dall’Istituto. Non se ne parla nella sezione “ricerche nazionali”, pur
essendo il progetto rivolto anche a studenti, scuole e famiglie italiane. Non
se ne parla nella sezione dedicata ai finanziamenti europei, in cui forse
avremmo potuto trovarne notizia (con quali fondi sarà finanziato?). Niente.
Soltanto navigando nella sezione ”Amministrazione
trasparente” (come dire, laddove non è possibile farne a meno per obblighi di
legge), tra i bandi di selezione di collaborazioni esterne, si ritrovano alcuni
acronimi incomprensibili ma chiaramente collegati all’OCSE. Si ricercano
esperti per l’affidamento di incarichi connessi a non precisate indagini “OECD-
SSES” (proprio quella di Fig.1) o “OCSE -LSEC”[2]. Guidati da queste due arcane sigle,
proviamo a capirci qualcosa.
Cercando in rete[3] sembrerebbero due i progetti
OCSE ai quali l’Italia aderisce tramite INVALSI – e dunque Ministero
dell’Istruzione – senza alcuna condivisione pubblica[4]. Entrambi i progetti prevedono la
valutazione di alcuni tratti della personalità di bambini e adolescenti (6, 10,
12 e 15 anni).
Questo post è dedicato alle socio-emotional skills (o soft
skills) -le competenze socio-emozionali – e alla loro conquista
dell’istruzione, ed è organizzato in tre parti.
1) Nella prima parte, proveremo a fare una sintesi
degli studi OCSE-INVALSI che intendono misurare le competenze socio-emozionali
(socio-emotional skills, character skills) su bambini e adolescenti
italiani.
2) Nella seconda parte, vedremo che le soft skills sono
interpretate, da una certa letteratura scientifica, come sempre più
determinanti e correlate allo sviluppo cognitivo, al successo lavorativo e a
particolari comportamenti da adulti, ritenuti socialmente desiderabili.
3) Infine, nella terza parte, proveremo noi ad
ipotizzare una correlazione: quella tra i recenti trend di ricerca
internazionali- che ci vedono coinvolti – ed alcuni quesiti del questionario
studente degli ultimi test INVALSI 2018.
Parte 1
Le emozioni targate OCSE-INVALSI: gli studi sulle socio-emotional
skills.
Nel 2014 ha fatto scalpore una
lettera inviata ad Andreas Schleicher,
direttore del Dipartimento Education and Skills dell’OCSE e del
programma PISA, i test sulle competenze dei 15enni in circa 80 paesi nel mondo.
Diversi scienziati e ricercatori manifestavano profonda preoccupazione per la
crescente ingerenza dei risultati e delle classifiche con gli esiti dei test
sulle politiche e sulle pratiche scolastiche di ogni paese. Un vero e proprio “PISA shock” per i sistemi di
istruzione, una competizione
educativa globale. Tra i numerosi rischi evidenziati dagli studiosi in
quella lettera, uno era quello di portare l’istruzione a focalizzarsi solo su
un ristretto numero di aspetti misurabili in maniera quantitativa, tralasciando
aspetti non quantificabili: lo sviluppo morale, civico, artistico o sociale.
Ebbene, mai mettere in dubbio la capacità di costruire indicatori o test
psicometrici, per i tecnici dell’OCSE: “misurare le competenze sociali ed
emozionali è arduo, ma possibile e affidabile”[5], ci assicurano.
Il territorio verso cui l’Organizzazione ha diretto la sua
imponente colonizzazione è il pianeta delle “soft skills”[6]. Competenze socio-emotive o non cognitive:
quei particolari “set”[7]di atteggiamenti, comportamenti,
manifestazioni della personalità che si afferma di poter misurare. D’altra
parte, il termine soft skills serve proprio a rimarcare la
distinzione con tutto ciò che non è hard skills: abilità cognitiva di tipo
linguistico, numerico o grafico-analitico, ad esempio. Per le hard skills l’OCSE
si è attrezzata da tempo. 18 anni di valutazioni globali a colpi di test PISA
da Finlandia a Singapore hanno oramai contribuito a far assimilare l’idea che
si possano misurare e confrontare (proprio come il peso, l’ altezza e il
giro-vita) le competenze matematiche, linguistiche e scientifiche dei 15enni di
tutto il mondo. Le hard skillsrappresentano il passato. Il futuro è
delle soft skills.
Basta scorrere il sito dell’OCSE per rendersene conto. Il
tema delle competenze socio-emozionali è vastissimo e tentacolare. Occupa
decine e decine di resoconti, brochures, executive summaries o
video sparsi tra le varie sezioni dell’OCSE – Education. Il Centro di ricerca ed innovazione
educativa dedica diversi studi alle soft skills: l’indagine
sulle Socio
Emotional Skills, o su “I bambini
del 21esimo secolo”, per citarne solo due. Nell’ambito del progetto
di ricerca sull’educazione e progresso sociale, ad esempio, un contributo
dal titolo quasi beffardo ammonisce: “Promessa e paradosso: Misura
delle competenze non cognitive e dell’impatto sull’istruzione”.
Nel rapporto “Skills for social progress” [8] , si racconta che nel 2014, durante
un “meeting ministeriale OCSE informale”[9] tenutosi in Brasile, diversi policy
makers e Ministri dell’Istruzione di alcuni paesi membri abbiano concordato
sulla “necessità di sviluppare/promuovere un bambino completo (whole
child) con un set equilibrato di competenze cognitive, sociali ed emozionali”.
Un bambino “talentuoso, motivato, determinato e socievole”, che “affronterà
meglio le tempeste dell’esistenza, avrà prestazioni lavorative migliori e, di
conseguenza, una vita di successo”[10].
“La personalità conta”, ribadisce ancora l’OCSE nel 2017[11]. E’ per questo che va studiata, misurata
e messa a valore. Non esiste alcun set cristallizzato di attitudini o
inclinazioni, anzi. Alcune soft skills sono duttili specie nei primi
anni di vita. “Skills beget skills”[12]: le competenze generano competenze. Un
prezioso capitale individuale e sociale, che si accumula e cresce in maniera
virtuosa, a patto che si intervenga tempestivamente ed in maniera appropriata,
per suscitare le giuste competenze. Fin dalla prima infanzia.
Nel 2018, nell’ambito della ricerca sui “Bambini del 21°
secolo”, un rapporto sul benessere emotivo degli adolescenti[13] ci offre una chiave di lettura
apparentemente inconfutabile e di tipo medico-psicologico. La tesi
dell’Organizzazione internazionale (in estrema sintesi) sembra essere questa: i
nostri ragazzi sono sempre più fragili e problematici[14]; scuola, famiglia e ambiente hanno un
impatto determinante sul benessere dei giovani; all’OCSE, a famiglie ed
educatori, sta certamente a cuore il loro star bene, fondamentale per l’intera
società. Ergo, è necessario promuovere strategie e strumenti per intervenire
e migliorare il benessere dei piccoli. Ma come si misura il benessere? Con
appositi strumenti per la valutazione delle competenze socio-emotive, ad
esempio. E’ questa la catena di inferenze sostenute che, a partire
da una “diagnosi” (i ragazzi manifestano malessere sotto diverse forme) assunta
come dato A-storico, A-politico e non contestualizzato socio-geograficamente, porta
dritti a concordare con la “terapia” OCSE. Ossia essere in grado di misurare,
classificare e comparare su scala globale le competenze socio-emozionali di
bambini e adolescenti, per poi intervenire per incrementarle.
Prima è meglio è, si sottolinea: “la maggior parte dei dati
in letteratura sulla salute mentale e il benessere emotivo[..] riguardano
adolescenti, ma non esaminano bambini al di sotto dei 12 anni [..].
Risulta difficile, in quel caso, acquisire il consenso dei genitori a
partecipare..”[15]. Per questo “sarà estremamente utile
sviluppare indicatori o indagini capaci di cogliere meglio lo stato di
benessere emotivo, in maniera comparabile tra paesi differenti, specie
su bambini più piccoli”[16] .
I due studi OCSE-INVALSI che coinvolgono i bambini italiani
Nella cornice appena schematizzata si collocano i due
studi ai quali il nostro paese aderisce, in stretta relazione tra loro:
a) il primo è l’indagine OCSE- SSES (Study of Social
and Emotional Skills) già avviata (si riveda la figura 1) che
misurerà le cosiddette “big five
skills” (su cui torneremo in seguito) di bambini di 10 anni e
ragazzini di 15;
b) il secondo è l’indagine OECD-LSEC (Longitudinal
study of Socio-Emotional skills in the Cities), mirata a valutare alcune soft
skillsselezionate[17] su bambini di 6 e 12 anni, e
partirà a breve.
Proviamo a sintetizzarli uno per uno.
a) L’indagine
OCSE-SSES, per la quale l’INVALSI ha avviato proprio di recente la procedura
di selezione di un esperto, è lo “studio delle competenze
socio-emotive degli studenti”, ed è già partita (Fig. 2) [18].
L’INVALSI ha contattato i presidi, i presidi gli insegnanti
e, infine, i genitori e gli studenti selezionati. Obiettivo: misurare
particolari soft skills a 10 e 15 anni.
Disegnata e progettata a partire dal 2017, l’indagine SSES
si concluderà nel 2020[19]. Bambini, genitori, insegnanti e
presidi sono e saranno coinvolti (presumibilmente nelle fasi successive)
attraverso questionari a cui rispondere esprimendo il loro grado di
“sintonia” (dal totale disaccordo al totale accordo su una scala
di Likert 5 livelli) [20] con una serie di affermazioni, che
misureranno particolari competenze emotive. I dati, raccolti in modo
triangolare[21] (studente, scuola, famiglia),
renderanno più efficace – perché multiprospettica – la misura delle
personalità. Le soft skills oggetto dell’indagine si riconducono a
quelle che la letteratura[22] chiama “big five”(Fig.3)[23] , di cui parleremo a più riprese
nelle altre parti del post.
Performatività, regolazione delle emozioni, collaborazione,
apertura mentale, impegno con gli altri. Questi i 5 macro-domini indagati: le “dimensioni
di base di una personalità normale”[24], secondo l’OCSE. Da ciascuna di
esse fioriscono “caratteristiche della personalità di ordine secondario, o
sfaccettature”[25], che permettono misurazioni più
accurate. Alle big five, nello schema immaginato dall’Organizzazione e dai
paesi partecipanti allo studio, sono state aggiunte tre competenze “composte”[26]: pensiero critico, metacognizione,
autoefficacia[27].
La tassonomia di competenze culturali, psicologiche e
comportamentali, proposta con gentilezza e a colori, rappresenta il
“lato buono e umano” del liberismo scolastico. Nessuno stupore, quindi, nello
scoprire che “pensiero critico” diventi l’ennesima competenza da misurare. Un
pensiero per assurdo definito “critico”, messo fuori gioco dal quadro stesso in
cui è collocato, che va quindi subito abituato a non criticare e non
dissentire. Piuttosto, a rispondere nel modo giusto ai questionari. Il criterio
di interpretazione di cose e fatti educativi, siano essi cognitivi o
emotivi, oramai è uno solo: quello della quantificazione in vista di un
obiettivo di performance. Che si tratti di matematica o di “pensiero
critico”, appunto, non fa drammaticamente più alcuna differenza.
Le soft skills scelte soddisfano una serie di
requisiti fondamentali per l’OCSE, essenziali per uno studio di tipo
psicometrico su scala globale e cross-culturale:
sono sufficientemente ampie e bilanciate – come dire,
coprono l’intera gaussiana delle personalità umane, dal centro della campana,
abitato dai “normali”, alle code, dove vivono esseri vagamente disordinati,
problematici o bizzarri. Sappiamo bene che non tutti gli individui hanno le
stesse “capacità di accumulazione”;
hanno elevato valore predittivo nei campi più
disparati: ad esempio (II parte del post) pare che i ragazzi più
estroversi saranno con maggiore probabilità attenti alla loro attività fisica
da adulti; che chi è disponibile e aperto utilizzerà metodi contraccettivi o
non fumerà; che chi è coscienzioso da bambino, sarà un guidatore accorto,
mangerà bio e probabilmente non farà uso di droghe[28];
sono malleabili e comparabili, ovvero rispondono
ad interventi esterni mirati e permettono paragoni tra varie realtà culturali.
L’utopia economico-pedagogica che aleggia tra le centinaia
di pagine dei rapporti OCSE è evidente: costruire un mondo di personalità
perfettamente comprensibili, classificabili, prevedibili. E felici di
esserlo, nell’illusione competitiva secondo cui migliorare il proprio
“tornaconto” (benessere) significhi migliorarlo per l’intera società.
Passiamo al secondo studio.
b)
l’indagine OECD – LSEC , per la quale l’INVALSI ha selezionato due
esperti esterni nel 2018[29], è lo “studio longitudinale sulle
competenze socio-emozionali nelle città”, rivolto a un campione di bambini di 6
e 12 anni[30] di alcuni paesi aderenti. Le città
partecipanti sono riportate nella figura 4. (presenti Roma e Milano). La
cornice concettuale e gli obiettivi sono (figura 5) [31]: produrre “strumenti di misura” dei “processi
di sviluppo del carattere/personalità dei bambini”. Tutto sembra essere pronto[32]: dal 2019 partirà anche la misura
di alcune character skills a 6 e 12 anni: resilienza, rispetto,
assertività, creatività e responsabilità[33]
Successo, benessere nella vita, sviluppo cognitivo. Questi i
traguardi che la specola economica dell’Organizzazione – che tutto
vede e prevede – indica come vincenti per affrontare la turbolenta società del
nuovo secolo. Dalle character skills di ciascuno, dipende la società
tutta (vedi schema OCSE in Fig. 6).
Solo un bambino sano e felice darà luogo ad una famiglia
armoniosa e stabile. E tante famiglie armoniose e stabili genereranno insieme
una società prospera, equa, sicura e tollerante. Perché ciò si realizzi è
necessario uno sforzo da parte di tutti. L’indagine infatti[34], incrociando i dati di famiglie,
studenti, scuole e territorio, sarà in grado di identificare “le pratiche
genitoriali e gli ambienti familiari domestici che favoriscono le character
skills”, i curricoli scolastici e le metodologie pedagogiche più efficaci,
oltre che le “risorse delle comunità [capaci] di arricchire la società e
produrre cittadini attivi”.
Sembra quasi che l’incubo del “Collegio di Ingegneria
emotiva” di huxleyana memoria stia diventando realtà. Disponibilità 6, resilienza
3, performatività 2, collaborazione 4. Un brave new world popolato
da individui opportunamente “civilizzati” e catalogati: ALFA plus, ALFA,
BETA minus, DELTA, EPSILON. La società preconizzata dall’OCSE a
braccetto con l’INVALSI più che una Città del Sole richiama gli scenari delle
migliori distopie novecentesche. Più che un mondo, uno stabilimento,
un deserto senza passioni né conflitti: definitivamente pacificato (equo, nella
neolingua della Nuova Pedagogia Economica). A ciascuno la sua etichetta.
Il bunker OCSE-INVALSI
Per quel che sappiamo, l’Organizzazione internazionale non è
nuova ad azioni prive di reale confronto democratico con le comunità di
riferimento (vedi recente caso dei test
Baby-PISA, previsti per bambini di 4 e 5 anni). L’INVALSI, da parte sua, ha
già dato prova di opacità in precedenti occasioni (vedi progetto
VIPS sull’infanzia, già menzionato, o quanto denunciato dal prof.
Israel qui).
Se andiamo a leggere il piano
triennale delle attività (2018-2020) del nostro Istituto di
Valutazione – o quelli precedenti –non troviamo alcun riferimento agli studi
internazionali dell’OCSE sulle soft-skills [35].
Le recenti indagini della diade OCSE-INVALSI appena
descritte partiranno, o proseguiranno, nella più assoluta mancanza di
pubblicizzazione e condivisione con la comunità scolastica, tranne, ovviamente,
per quelle scuole scelte nel campione italiano e presumibilmente all’oscuro
fino alla loro fortunosa selezione.
Quali altri genitori, insegnanti e presidi sono a conoscenza
del fatto che l’INVALSI selezioni istituti per partecipare a progetti OCSE di
misura internazionali delle soft skills dai 6 anni in avanti?
Possiamo pensare che una circolare scolastica basti per
informare le famiglie su un progetto che studia i tratti psico-comportamentali
di bambini e adolescenti?
Il nostro Ministro conferisce all’INVALSI un mandato
istituzionale talmente ampio da permettergli di decidere unilateralmente
l’adesione a ricerche di tipo psicometrico di ogni sorta? Non è
previsto alcun momento di confronto/informazione preventivo con la comunità
educativa, scientifica e la cittadinanza?
Quando si parla di obblighi di trasparenza – dando per
scontato che questi obblighi riguardino anche l’INVALSI – ci si riferisce
ai soli atti di selezione del personale? O esistono doveri e tempi
congrui di informazione, pubblicizzazione e visibilità di contenuti e
scopi delle azioni intraprese?
Ma soprattutto, e questo ci conduce alle parti successive
del post, esistono punti di contatto, raccordi o eventuali progetti futuri
che colleghino le misurazioni delle competenze socio-emozionali svolte su
campioni di studenti italiani ai test INVALSI nazionali?
[1] Una comunicazione analoga a quella
riportata in Fig. 1 si trova in rete sul sito di un istituto superiore. L’età
degli studenti coinvolti, come vedremo in seguito, è 15 anni: http://www.federicocaffe.gov.it/joomla/le-sedi/146-circolari-docenti-2017-18/3542-d320-del-10042018-ocse-indagine-internazionale-sulle-competenze-socio-emotive-study-on-social-and-emotional-skills-sses.html
[3] Sono stati presi in considerazione solo
i siti ufficiali degli istituti pubblici legati all’Istruzione in Italia (MIUR
e sue articolazioni locali, INVALSI, INDIRE) e la vastissima banca dati di
progetti OCSE. Esistono tanti altri progetti sull’apprendimento socio-emotivo,
non considerati perché distanti dal senso e dal contenuto di questo post. Ad esempio l’European
Assessment Protocol for children’s Socio emotional learning (EAP_SEL)
promosso dall’Unione Europea (nell’ambito del Life Long Learning Programme),
al quale l’Italia ha partecipato, come si legge qui:
http://ojs.pensamultimedia.it/index.php/sipes/article/viewFile/2663/2361 ,
oppure qui: http://www.fupress.net/index.php/formare/article/viewFile/19159/18594.
Si veda anche l’attività del Network europeo NESET (http://nesetweb.eu/en/ ) e il recente
rapporto (2018) curato da alcuni ricercatori italiani, qui: http://nesetweb.eu/wp-content/uploads/AR3_Full-Report.pdf .
[4] In campo educativo, si segnala un
recente quaderno di approfondimento della Loescher sul tema dell’educazione
socio-emotiva http://www.laricerca.loescher.it/la_ricerca_7/sorgenti/assets/basic-html/page6.html,
che tuttavia non cita gli studi dell’OCSE (solo un cenno a quelli europei),
soffermandosi sul nesso tra le competenze suddette e inclusione- integrazione,
senza affrontare eventuali conseguenze di un’applicazione di massa o su larga
scala di protocolli di misura della personalità infantile e adolescenziale
(correlazioni, ranking e comparazioni tra contesti e culture diversi, anche in
campo psicologico, come già avviene per le prove OCSE-PISA).
[5] OECD 2015 : “Skills for social
progress: the power of socio-emotional skills”, https://nicspaull.files.wordpress.com/2017/03/oecd-2015-skills-for-social-progress-social-emotional-skills.pdf,
pag. 36. Traduzione di chi scrive.
[6] Si veda OECD 2015, cit. box. pag.26 che
elenca le iniziative dell’OCSE nel campo del benessere e progresso sociale,
come vedremo strettamente collegati al tema delle soft skills.
[7] La categorizzazione nella letteratura
psicologico-comportamentale e in generale negli studi empirici o evidence-based del
settore è vastissima. Si rimanda ai paragrafi introduttivi dei tanti rapporti
OCSE segnalati per approfondimenti.
[8] OECD 2015 : “Skills for social
progress: the power of socio-emotional skills”, https://nicspaull.files.wordpress.com/2017/03/oecd-2015-skills-for-social-progress-social-emotional-skills.pdf
[9] Informazioni sul meeting OCSE sono
reperibili qui: http://www.oecd.org/site/espforum2014/#d.en.262008
[10] Tutti I virgolettati sono tratti dal
documento OECD 2015, cit. pag. 13. Traduzione di chi scrive.
[11]OECD 2017: “Personality matters: relevance
and assessment of personality characteristics”, OECD Education working papers
n. 157, 2017.
[13] OCSE 2018a: “Emotional well-being of
children and adolescents: Recent trends and relevant factors”, https://www.oecd-ilibrary.org/education/emotional-well-being-of-children-and-adolescents_41576fb2-en
[17] Alcune competenze indagate sono
riportate nella brochure illustrativa OCSE-LSEC a pag. 10 http://www.oecd.org/edu/ceri/LSEC%20infographics%20brochure.pdf
[19] Per una timeline del
progetto si veda qui: http://www.oecd.org/education/ceri/study-on-social-and-emotional-skills-timeline.htm
[20] Nelle sezioni #Anchoring
vignettes e #Behavioural indicators della parte di metodologia
studio SSES, si descrivono altri elementi di valutazione impiegati: “vignette”
di ancoraggio, che descrivono in maniera evidente situazioni concrete, più
facilmente comprensibili anche per soggetti provenienti da culture e paesi
diversi (per limitare il cosiddetto reference bias); indicatori di
comportamento, che si riferiscono a manifestazioni concrete di comportamenti
quotidiani della vita degli studenti (“Svolge i compiti per casa in tempo”,
“Salta le lezioni”, etc). http://www.oecd.org/education/ceri/study-on-social-and-emotional-skills-study-methodology.htm
[22] OCSE 2018b: “Social and emotional
skills for student success and well-being”, http://dx.doi.org/10.1787/db1d8e59-en pag.
10.
[23] Vedi presentazione pubblica Seminario
tematico INVALSI Soft skills e competenze chiave, 23/05/2018 http://www.istruzione.it/snv/allegati/2018/Slide%20Stringher%2023_05_2018_v3.pdf ,
pag 16.
[27] L’analisi di ogni singola competenza o
sottocompetenza della personalità “ideale” del 21° secolo è descritta nel
rapporto “Social and emotional skills for student success and well-being” (OCSE
2018b) pagg. 106 e seguenti, ad esempio, dove si riassumono le caratteristiche
delle competenze selezionate.
[30] L’OCSE proporrebbe di proseguire in
maniera longitudinale, fino al raggiungimento dei 25 anni da parte dei primi
studenti “valutati”, vedi Call For Tenders 100001311, pag. 9 e
16. http://www.oecd.org/callsfortenders/CfT%20100001311%20Longitudinal%20Study%20of%20Social%20and%20Emotional%20Skills%20in%20Cities.pdf .
[31] Brochure illustrativa OCSE-LSEC,
pag.2 http://www.oecd.org/edu/ceri/LSEC%20infographics%20brochure.pdf
[35] Risultano elencate a pag 6 del Piano
18-20, tra le attività di ricerca internazionali, tutte le prove OCSE PISA,
OCSE TALIS, IEA -TIMMS e IEA-PIRLS, alle quali parteciperemo nel triennio di
riferimento.
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