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venerdì 6 ottobre 2023

PRECARIATO E DIRITTI NEGATI

 
Comunicato dei Docenti Precari della Toscana

La scuola italiana è, di fatto, ancora alle prese con il problema del precariato. Anche nell’anno scolastico 2023/24 saranno circa duecentomila i docenti chiamati in cattedra con un contratto a termine. Assistiamo, ormai da troppo tempo, alla seguente successione di eventi: il governo di turno dichiara di voler procedere a diverse decine di migliaia di assunzioni; il MEF ne autorizza circa un terzo; a seguito dei concorsi, le assunzioni andate a buon fine raggiungono a stento la metà dei posti banditi. D’altra parte, ad oggi, rimane ancora aperta la questione della formazione degli insegnanti, specie di sostegno, la cui categoria registra la percentuale più alta di precari, mentre i posti disponibili in tutta Italia per la specializzazione sono nettamente insufficienti. La retribuzione degli insegnanti italiani resta la più bassa d’Europa; il recente aumento salariale, di poche decine di euro, è decisamente insufficiente e inadeguato alla crescente inflazione.

Se il precariato è quindi ben lontano dall’essere risolto, il conferimento delle supplenze è diventato ancor più opaco ed iniquo grazie all’algoritmo. Uno strumento informatico poteva essere un’ottima occasione per migliorare il processo di assegnazione degli incarichi annuali da GPS. In vigore da tre anni, ha invece ulteriormente leso i diritti degli studenti, delle famiglie, dei docenti.

Abbiamo individuato quattro punti sui quali occorre un intervento tempestivo, ferma restando l’urgenza di risolvere i problemi alla radice del precariato:

1. L’assegnazione degli incarichi annuali deve avvenire solo dopo aver concluso tutte le operazioni legate alle immissioni in ruolo e ad ogni altra fase precedente alla chiamata da GPS

Se l’assegnazione delle supplenze avviene prima che i colleghi neoimmessi decidano se accettare o meno l’incarico, si verifica un duplice problema: da un lato i neoimmessi risultano ancora nelle GPS, dall’altro le cattedre disponibili non sono tutte quelle realmente libere, perché i posti rifiutati da chi è chiamato al ruolo saranno assegnati solo in una tornata successiva. Più cattedre si liberano dopo le prime assegnazioni, più diventa difficile che le preferenze degli aspiranti, costretti a scegliere le scuole ben prima di conoscerne le vere disponibilità, siano rispettate. Il processo di nomina da GPS è, per questo, troppo opaco e poco intellegibile.

2. L’algoritmo deve ripartire dal primo docente ancora in attesa di un incarico ogni volta che una cattedra si rende disponibile

Questo è, a nostro avviso, il problema più grave legato al funzionamento dell’algoritmo. Se pure venisse accolta la proposta al punto uno, non si potrà mai evitare del tutto che nuove cattedre si liberino, per varie ragioni, dopo il primo turno di conferimenti. Pensiamo, per esempio, al ritardo col quale le certificazioni degli studenti con disabilità giungono, talvolta, alle scuole.

Assistiamo, ad oggi, ad un paradosso: anziché ripercorrere le GPS dal principio per individuare il docente con punteggio più alto che ha espresso una preferenza per la scuola dove la nuova cattedra si è resa disponibile, l’algoritmo scorre le graduatorie a partire dal primo docente non ancora preso in considerazione. In questo modo, chi ha un punteggio più basso è avvantaggiato rispetto a chi, pur avendo un punteggio superiore, era stato saltato perché non aveva indicato una scuola in cui, al primo turno, risultava disponibile una cattedra. Il docente in questione, per l’algoritmo, diventa un rinunciatario tout court e non ha praticamente più possibilità di essere associato ad alcuna scuola.

3. I posti su titoli di preferenza e di riserva devono essere indicati chiaramente

Nel pieno rispetto dei diritti e della privacy dei colleghi che si avvalgono dei titoli in questione, chiediamo che la procedura di assegnazione sia trasparente e comprensibile. Questo diminuirebbe drasticamente anche il numero di reclami presentati da parte degli aspiranti che non riescono e non possono comprendere la mancata assegnazione dell’incarico al quale credevano di essere chiamati.

4. I docenti a tempo determinato devono poter fruire degli stessi permessi retribuiti che si riconoscono ai colleghi di ruolo

Abbiamo particolarmente a cuore i permessi per la partecipazione a concorsi ed esami. Sono concessi fino ad otto giorni a tutti gli insegnanti, ma i permessi dei colleghi di ruolo sono retribuiti, mentre quelli dei precari no. Pensiamo, solo a titolo di esempio, ai docenti che impiegano tempo, soldi ed energie per frequentare i corsi per il sostegno (TFA): anche la scuola dovrebbe partecipare a questo investimento, almeno in minima parte, anziché lesinare sulla retribuzione di chi sceglie di specializzarsi.

È evidente che il modo in cui è stato progettato l’algoritmo e le attuali modalità di conferimento degli incarichi calpestano i diritti degli studenti, degli aspiranti nelle GPS e di tutti i lavoratori della scuola. Per questo, alle voci che in questi giorni si stanno levando da più parti per protestare contro queste gravi mancanze, uniamo la nostra, in attesa di risposte concrete ed immediate da parte delle istituzioni.

5. Lo stipendio dei docenti della scuola deve essere adeguato agli stipendi medi dei docenti del resto di Europa.

Un docente italiano con vari anni di anzianità percepisce uno stipendio medio di circa 30.700€ lordi annui che diventano 40.000€ circa a fine carriera; si collocano alle nostre spalle solo Lettonia, Slovacchia, Estonia, Grecia e Lituania. Laddove i colleghi francesi e spagnoli arrivano a circa 50.500€ a fine carriera, mentre i tedeschi partono da oltre 40.000€ per arrivare a fine carriera sopra i 70.000€. Cifre per noi inimmaginabili.


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