La scuola in mano al governo: il disegno di legge di cui nessuno parla
di Marina Boscaino, Il fatto quotidiano
È bene che tutta la scuola stia in ascolto per provare a recuperare in breve tempo risposte plausibili ad un interrogativo che si è diffuso nelle ultime ore. Orizzonte Scuola, Edscuola, media caratterizzati da un’indiscussa affidabilità di informazione sul nostro sistema scolastico, sulle politiche e gli atti normativi ad esso relativi,riportano la notizia di un disegno di legge delega su Istruzione, Università e Ricerca presentato dal ministro Maria Chiara Carrozza durante il cdm dello scorso venerdì, che pare dovrebbe essere riesaminato nelle prossime sedute.
Nel caso la notizia fosse confermata, si tratterebbe di un disegno di legge delega, collegato alla legge di Stabilità e, in quanto tale, sarebbe certamente approvato,senza adeguata discussione su una materia incandescente. La discussione sui collegati passa ovviamente in subordine, il dibattito parlamentare e l’attenzione dei media saranno centrati essenzialmente sulla legge di Stabilità. I disegni di legge collegati alla legge di stabilità normalmente sono sottratti al dibattito parlamentare;in questo peraltro si tratterebbe non solo di una legge approvata senza un reale dibattito, ma di una legge che delegherebbe al Governo (e quale Governo!) la revisione dei procedimenti «relativi allo stato giuridico e al trattamento economico del personale della scuola»; «la precisa definizione dei rapporti tra le diverse fonti di disciplina pubblicistica e negoziale» che riguardano i dipendenti, gli organi collegiali della scuola, «con il mantenimento delle sole funzioni consultive e il superamento di quelle in materia di stato giuridico del personale e di quelle rientranti nelle materie di competenze regionali», le reti di scuole e «la riforma organica del reclutamento del personale docente, che garantisca la tutela delle diverse categorie dei soggetti abilitati, mantenga l’equilibrio tra le assunzioni per concorso, anche con l’introduzione di una selezione all’ingresso dei corsi di studio abilitanti, e gli scorrimenti di graduatoria, fermo restando il rigoroso rispetto del principio del merito, e consenta lo smaltimento del precariato». Ce n’è per tutti: stato giuridico, salari, riforma degli organi collegiali, collegati ad una legge di Stabilità che – peraltro – procrastina il blocco dei contratti, non rinnovati da 4 anni.
Se tutto fosse confermato, se Carrozza davvero riproponesse il testo in Consiglio dei ministri (pare che la discussione sia stata rimandata per la complessità e la vastità dei temi) si determinerebbe una esplicita dichiarazione di guerra tra governo delle larghe intese e mondo della scuola. Si tratterebbe di un atto gravissimo, non solo per la questione salariale. Si delegherebbero al governo i temi strategici dello stato giuridico; del reclutamento. E significherebbe che (nonostantel’inequivocabile e netto rifiuto della scuola al Pdl Aprea Ghizzoni e – soprattutto – nonostante le garanzie che il Pd in campagna elettorale a più riprese ha espresso rispetto ad un’ampia consultazione del mondo della scuola sulla questione della democrazia scolastica e della eventuale revisione degli organi collegiali) questo governo, di cui il Pd fa parte, e il ministro, che dal Pd proviene, imporrebbero con metodi autoritari e antidemocratici interventi che andrebbero ad attentare ai fulcri vitali del nostro lavoro, della nostra professione e professionalità, alla libertà di insegnamento, alla partecipazione, al pluralismo, alla equiordinazione dei diversi organi nel governo degli istituti scolastici.
Sarebbe una scelta suicida, incomprensibile persino per chi è abituato da anni a constatare la devastazione che intenzionalmente e trasversalmente si opera sulla scuola dello Stato. Una scelta che minerebbe quel minimo di credibilità che qualcuno di noi (i più ottimisti) ancora attribuisce al partito che avrebbe dovuto – una promessa mancata da sempre – raccogliere l’eredità di coloro che in anni lontani si sono battuti per garantire al nostro sistema scolastico il rispetto dei principi che l’hanno reso quel veicolo di pensiero divergente, di emancipazione, di crescita etica e culturale per futuri cittadini consapevoli che ancora – nonostante tutto – prova ad essere.
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