Secondo la sentenza del tribunale de La Rijoa la Chiesa cattolica fu complice di crimini contro l’umanità durante la dittatura militare in Argentina tra 1976 e il 1983
La Chiesa argentina è stata giudicata complice della dittatura militare nella repressione contro los rojos, dagli anni che vanno dal golpe militare del 1976 al 1983.
Nello specifico dell’ultima sentenza, l’istituzione religiosa risulta collusa con i militari Luciano Benjamín Menéndez, Luis Fernando Estrella e Domingo Benito Vera, assassini dei sacerdoti Carlos de Dios Murias e Gabriel Longueville.
I due preti, che appartenevano al Movimiento de Sacerdotes del Tercer Mundo, – nato da una costola del movimento evangelico Teologia della Liberazione - nel Luglio del 1976, furono sequestrati nella loro chiesa, torturati e uccisi.
Gli assassini sono stati condannati all’ergastolo un paio di mesi fa, da un tribunale de La Rioja, provincia del Nord del Paese.
Le motivazioni della sentenza, pubblicate in questi giorni, puntano il dito contro la Chiesa Cattolica, considerata complice della dittatura militare, che fece scomparire 30.000 giovani argentini.
Jorge Videla, fedele Soldato della Chiesa
Nella sentenza di condanna per i responsabili militari della zona, i magistrati hanno chiarito che esisteva in tutto il Paese un piano del regime in collaborazione con le alte gerarchie ecclesiastiche, per eliminare i preti scomodi:
“Non si trattò di fatti isolati e fuori contesto, attuati per moventi particolari.
Al contrario, chiaramente, l’assassinio di Murias e Longueville deve essere interpretato precisamente nel contesto di un piano sistematico per l’eliminazione di oppositori politici.
(…) Certamente i membri del popolo di Dio, così come la società argentina in generale, si aspettano da un’istituzione così significativa come la Chiesa cattolica, un atteggiamento di più nitido e chiaro ripudio dei meccanismi e di chi, in un modo o nell’altro permise e consentì la realizzazione di fatti gravissimi come quelli che giudichiamo adesso”.
Questo è ciò che si legge nelle motivazioni della sentenza.
Nel Novembre del 1975, durante una visita alla base aerea de Chamical, nella zona di La Rioja, il provicario castrense Victorio Bonamín disse che il popolo, ribellatosi allo sfruttamento disumano dei latifondisti, aveva commesso peccati talmente gravi che si potevano redimere solo con il sangue.
Questo era il clima che si respirava in quegli anni.
Gli appartenenti al Movimiento de Sacerdotes del Tercer Mundo assassinati
Durante la dittatura (preparata sin dagli Anni Cinquanta, come scrive Horacio Verbitsky, nel suo libro ‘L’isola del silenzio, dalla Chiesa cattolica argentina, in combutta con l’Opus dei, P2, potere economico, militari, politici”) i preti progressisti, che idealmente avevano aderito alle istanze democratiche della Teologia della Liberazione, si trovarono non solo a dover contrastare i terratenientes (latifondisti) ed i militari, ma anche “l’indifferenza” della loro stessa gerarchia.
In realtà, nella storia del Sudamerica i militari furono solo degli esecutori.
I mandanti furono, come scrive John Perkins nel suo libro “Confessioni di un sicario dell’economia”, coloro che stavano all’apice di un sistema creato per lo sfruttamento delle risorse umane e naturali: finanza, corporation, Chiesa cattolica.
Il papa Giovanni Paolo II con il generale Gualtieri e L’ammiraglio Jorge Anaya nel 1982 in una visita durante la guerra delle Malvianas
Secondo i giudici, che hanno dettato la storica sentenza, José Camilo Quiroga, Jaime Díaz Gavier y Carlos Julio Lascano, la scomparsa dei due preti della provincia di La Rioja, non fu «un fatto isolato», ma «parte di un piano sistematico di eliminazione degli oppositori politici».
I sacerdoti Carlos de Dios Murias e Gabriel Longueville «facevano parte di un gruppo della Chiesa considerato nemico» e pertanto dovevano essere eliminati.
La Chiesa, secondo la sentenza, sapeva e lasciò fare.
Nel giro di poche settimane, tra Luglio ed Agosto del 1976, furono assassinati in provincia di La Rioja anche monsignor Pedernera e il vescovo Enrique Angelelli.
In questo modo la Chiesa decapitò la cupola del pensiero evangelico cattolico dell’area.
La Chiesa di Roma, scrive il giornalista argentino HoracioVerbitsky, non fu solo complice passivo della tragedia dei desaparecidos, ma autore attivo:
«Laghi (il nunzio apostolico del Vaticano in Argentina N.d.R.) non agiva di sua iniziativa.
La Santa Sede appoggiava la relazione speciale tra il suo ambasciatore e Massera”; (“L’isola del silenzio”).
«… i valori cristiani sono minacciati dall’aggressione di una ideologia che è rifiutata dal popolo.
Per questo ognuno ha la sua quota di responsabilità, la Chiesa e le Forze Armate: la prima sta inserita nel Processo e accompagna la seconda, non solamente con le sue preghiere, ma anche con azioni in difesa e promozione dei diritti umani e la patria …»; (Nunzio papale, Monseñor Pío Laghi, 27/06/76).
L’ambasciatore americano Raul Castro ed il Nunzio Apostolico Pio Laghi, assistono spensierati a una partita di tennis a Buenos Aires (1978)
Quando, durante un incontro con il Papa, Massera goffamente si scusò, perché gli squadroni della morte avevano assassinato alcuni sacerdoti ed alcune suore a Buenos Aires, Paolo II, visibilmente impacciato, rispose che si trattava di «episodi superati».
Inoltre, la Chiesa argentina in combutta con CIA, Forze Armate, Aviazione e Marina, preparò il golpe criminale.
Fu sempre la Chiesa cattolica a prescrivere ai militari le modalità di assassinio dei prigionieri politici, che venivano gettati dagli aerei ancora vivi; la Chiesa cattolica, attraverso i propri cappellani militari, convinse i marinai reticenti ed angosciati, a torturare e ad uccidere i desaparecidos, facendo dire loro dai preti in divisa militare che «separare l’erba buona da quella cattiva» era un precetto biblico da applicare senza nessun timore.
In Argentina, dagli Anni Cinquanta in poi, prelati, cardinali, vescovi, papi, fecero a gara per incoraggiare l’odio verso i ‘sovversivi’, tra i quali, come dice la sentenza dei giudici di La Rijoa, vi erano numerosi religiosi, che appartenevano in gran parte ai movimenti popolari cristiani, che volevano che il messaggio evangelico evocato dal Concilio Vaticano Secondo si tramutasse in giustizia sociale.
Teologia della liberazione Montoneros, Movimiento de Sacerdotes del Tercer Mundo, furono alcuni dei movimenti cattolici nati in quegli anni.
Le due religiose francesi Alice Domon e Léonie Duquet,
fotografate all’E.S.M.A. dopo il loro sequestro
e prima di venire torturate, uccise e fatte sparire
Chiesa cattolica, potere economico, militari, politici, Cia, dalla fine degli Anni Cinquanta, prepararono la logistica, indottrinarono ed addestrarono i loro uomini con un fine preciso e lucido: eliminare la parte migliore del paese che, secondo loro, voleva:
«… sovvertire l’ordine cristiano, la legge naturale o il progetto del Creatore».
Per fare questo, la Chiesa argentina, appoggiata dalle gerarchie vaticane, al grido di “Dio è giusto”, non esitò a legittimare la tortura, gli assassinii, e le sparizioni di migliaia di esseri umani:
«Quando la Chiesa si sente minacciata nella sua stessa esistenza, cessa di essere soggetta a principi morali. (…) tutti i mezzi sono benedetti: inganno, tradimento, violenza, prigionia e morte», questo è ciò che facevano imparare a memoria a preti e militari nei corsi di ‘Guerra controrivoluzionaria’, dove molti docenti erano dei prelati cattolici.
«A volte, la repressione fisica è necessaria, è obbligatoria e come tale lecita»; (Monsignor Miguel Medina, Aprile 1982).
I giudici ricordano che le autorità ecclesiastiche argentine non mossero un dito per fermare la carneficina neppure davanti alle persecuzioni sofferte dai sacerdoti vicini ad Angelelli, scomparso in un misterioso incidente automobilistico, considerato poi un assassinio, mentre trasportava i documenti, che informavano sulle persecuzioni e che sono serviti oggi come prova nei processi.
“Página 12”, il quotidiano progressista di Buenos Aires, che segue con attenzione i processi contro i criminali della dittatura, ha rivelato tempo fa dell’incontro tra i vertici della Conferenza Episcopale argentina e l’allora dittatore Jorge Videla, nel 1978.
In quell’occasione, quando si parlò dei desaparecidos, il cardinale Juan Aramburu commentò che «il problema è cosa rispondere perché la gente smetta di fare supposizioni».
Quindi, il problema non stava negli assassinii di massa, ma come nascondere la verità sui desaparecidos.
A quanto pare il rapporto ambiguo tra Chiesa cattolica e dittatura continua ad esistere.
I giudici sostengono, nella loro sentenza, che ancora adesso le autorità cattoliche hanno «un atteggiamento reticente» verso chi vuole scoprire i crimini.
Lo stesso parroco della parrocchia in cui furono sequestrati i due sacerdoti assassinati ha tentato di impedire l’ingresso nella sua chiesa ai giudici, sostenendo fossero in corso «esercizi spirituali», nonostante la visita fosse stata ampiamente annunciata.
Scrivono i giudici nella sentenza:
«I membri del popolo di Dio, così come il resto della società argentina si aspettano oggi da un’istituzione cosi importante come la Chiesa cattolica un ripudio chiaro e nitido a chi permise che si perpetrassero i gravissimi crimini che conosciamo».
Se i giudici fanno questo appello significa che la Chiesa cattolica vuole continuare a coprire i propri crimini in tutti i modi possibili.
Inoltre, come per i mafiosi italiani, la Chiesa non ha mai scomunicato i criminali argentini.
«I membri della Giunta Militare saranno glorificati dalle generazioni future»; (Monsignor Bonamín, marzo 1981). *