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giovedì 30 marzo 2017
Gasdotto, la protesta approda in Umbria: annunciata manifestazione nazionale
Gasdotto, la protesta approda in Umbria: annunciata manifestazione nazionale: La protesta per il nuovo gasdotto dall'Azerbaijan all'Italia, noto anche come Tap, approda anche in Umbria. Per domenica 2 aprile 2017 è annunciata una manifestazione nazionale nella sala convegni del Parco Regionale di Colfiorito, 'luogo simbolo - si legge in un comunicato che port...
sabato 25 marzo 2017
IMPORTANTE SENTENZA DEL TRIBUNALE DI TERNI SULLA COMPETENZA DISCIPLINARE DEI PRESIDI CHE LA LEGGE LIMITA ALLA SOLA CENSURA
IMPORTANTE SENTENZA DEL TRIBUNALE DI TERNI SULLA COMPETENZA
DISCIPLINARE DEI PRESIDI CHE LA LEGGE LIMITA ALLA SOLA CENSURA
presidi podestà nella scuola azienda di confindustria ... |
A Terni i Cobas della scuola hanno patrocinato un'importanze vertenza sulla competenza disciplinare dei
dirigenti scolastici che spunta l'arma della ritorsione e del ricatto disciplinare
contro i docenti chiarendo che il
dirigente non può sospendere per motivi disciplinari e che la sua competenza
disciplinare si limita alla censura.
La vertenza riguarda due docenti dell’ITT Allievi Sangallo di Terni, F.C. e S.M. che si sono rifiutati di frequentare l'anno
scorso i corsi di formazione per la
sicurezza organizzati fuori dall’orario di servizio. Dopo una denuncia
penale (archiviata dalla magistratura) la
dirigente pretendeva di sanzionare con 10 giorni di sospensione dal servizio e
dallo stipendio i due docenti con un provvedimento disciplinare da “scontare”
alla ripresa dell' a.s. a settembre 2016.
I
docenti ricorrevano contro il provvedimento al Tribunale di Terni con il
patrocinio dei COBAS della scuola difesi dall'avvocato Gabriella Caponi e
chiedevano la sospensiva del provvedimento disciplinare per incompetenza
disciplinare del dirigente che veniva ordinata a settembre dal Tribunale di
Terni in attesa della sentenza. A settembre dunque i due docenti
prendevano regolarmente servizio.
La sentenza n. 85/2017 del 22 marzo 2017
della Giudice Gabriella Piantadosi del Tribunale di Terni -pur
non entrando nel merito della questione riguardante i corsi di formazione sulla
sicurezza- ha stabilito che le
competenze disciplinari dei dirigenti scolastici si devono limitare alla sola
censura.
In particolare la Giudice dopo aver
analizzato la normativa vigente ribadisce che "Ai sensi della normativa
da ultimo richiamata la competenza del dirigente scolastico è limitata,
dunque, alle sanzioni di minore gravità per le infrazioni per le quali “è
prevista” l’irrogazione di una sanzione inferiore alla sospensione dal
servizio con privazione della retribuzione per più di dieci giorni." Cioè la
censura.
Conclude “che il dirigente scolastico che ha adottato la
sanzione non era competente ad irrogarla, con conseguente illegittimità della
stessa”. Inoltre il MIUR viene condannato al pagamento delle spese.
Un bel risultato di valenza generale contro
quei dirigenti dal provvedimento facile, che da più forza alle battaglie per
una scuola democratica, orizzontale dove convivano e si confrontino diverse
pratiche educative e relazionali, contro i tentativi di standardizzare la
didattica e limitare i diritti dei lavoratori della scuola e la libertà di
insegnamento garantita dall’art. 33 della Costituzione
Dalla promulgazione della legge Brunetta
per il pubblico impiego, abbiamo assistito ad una preoccupante mutazione
antropologica di tanti ex colleghi già trasformati dalla precedente legge
Bassanini da presidi a dirigenti scolastici. Spesso, per gestire le nefaste
riforme che stanno cercando di trasformare la scuola pubblica da luogo di
formazione della cittadinanza e del pensiero critico a centro di obbedienza e addestramento
al lavoro precario, una sorta di delirio
autoritario ha caratterizzato le pratiche di molti presidi-podestà che tentano
di intimidire chi, tra i docenti e gli ATA, pratica e rivendica libertà di
insegnamento e diritti nella scuola pubblica e contrasta le derive aziendaliste
ed il ritorno alla peggiore scuola classista.
COBAS SCUOLA TERNI
lunedì 20 marzo 2017
mercoledì 15 marzo 2017
martedì 14 marzo 2017
link utili per docenti ed ATA
ATA
Bando ATA 24 mesi, pubblicazioni degli Uffici Scolastici Regionali. Aggiornato con Veneto
Il nuovo Codice dei Contratti spiegato alla segreteria scolastica: indicazioni pratiche ed checklist procedurali per attuare correttamente la disciplina
DOCENTI
Esami di Stato 2016/17: guida alla compilazione domanda commissario esterno, scheda ES-1. Modalità e tempistica
Bonus 500. Istruzioni Miur per somme spese tra il 1° settembre e il 30 novembre. Autocertificazione entro il 28 aprile
Assegno universale figli, 4 miliardi di costi legati all’ISEE
Esami di Stato, circolare sulla creazione delle commissioni in zone colpite da eventi sismici
Unioni civili sì, convivenza no, i diritti per l'assistenza ai disabili
La legalizzazione delle unioni civili
tra persone dello stesso sesso e delle convivenze di fatto sia tra
persone dello stesso sesso che da persone di sesso diverso, introdotta
nella legislazione italiana dalla legge 20 maggio 2016, n. 76, comincia a
produrre gli effetti anche sulla concessione dei permessi di cui
all'art. 33, comma 3, della legge 104/92 e sul congedo straordinario ex
art. 42, comma 5, del decreto legislativo 151/2001, fruibili dai
lavoratori per assistere parenti disabili in situazione di gravità.
La
circolare n. 38 del 27 febbraio 2017 dell'Inps fornisce - alla luce
delle disposizioni di cui alla predetta legge n. 76/2016 e della
sentenza della Corte costituzionale n. 213 del 5 luglio 2016 – le
istruzioni operative relative appunto alla concessione ai lavoratori
dipendenti del settore privato (applicabili seppure indirettamente anche
a quelli del comparto pubblico, ivi compreso il personale scolastico,
ndr) dei predetti permessi e congedi.
Prima di fornire le
istruzioni operative la circolare richiama opportunamente l'attenzione
alla norma di cui all'art. 1, comma 20, della legge 76/2016 che, con
riferimento alle unioni civili, dispone che «al solo fine di assicurare
l'effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli
obblighi derivanti dall'unione civile tra persone dello stesso sesso, le
disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni
contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque
ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei
regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi,
si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone
dello stesso sesso. Le suddette disposizioni non si applicano invece
alla convivenza di fatto che si crea tra due persone maggiorenni unite
stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza
morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o
adozione, da matrimonio o da unione civile».
Sempre in premessa la
circolare ricorda inoltre che la Corte costituzionale con la sentenza
n. 213 del 5 luglio 2016 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale
dell' art. 33, comma 3, della legge 104/92 nella parte in cui non
include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire dei permessi
ex art. 33, comma 3, della legge 104/92.
I permessi di cui al più
volte citato art. 33, comma 3 («tre giorni mensili retribuiti ai
lavoratori dipendenti che prestino assistenza al coniuge, a parenti o ad
affini entro il secondo grado – con possibilità di estensione fino al
terzo grado – riconosciuti in situazione di disabilità grave ai sensi
dell'art. 3, comma 3, della legge 104 stessa»), si legge nella
circolare, possono essere fruiti sia dal componente dell' unione civile
che presti assistenza all'altra parte, sia dal convivente che presti
assistenza all'altro convivente. Fermo restando il principio del
referente unico legittimato a fruirne, i permessi possono essere
concessi, in alternativa, in alternativa, alla parte dell'unione civile,
al convivente di fatto, al parente o all'affine entro il secondo grado.
E' inoltre possibile concedere il beneficio a parenti o affini di terzo
grado qualora i genitori o il coniuge/la parte dell'unione civile/il
convivente di fatto della persona con disabilità in situazione di
gravità abbia compiuto i 65 anni di età oppure siano affetti da
patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. Sul rapporto di
affinità c'è tuttavia un importante precisazione: non sussiste tale
rapporto tra una parte dell'unione civile o della convivenza di fatto e i
parenti dell'altra parte dal momento che l'articolo 78 del codice
civile che ne prevede la costituzione non è stato richiamato
espressamente dalla legge n. 76/2016.
Quanto al congedo
straordinario di cui all'art. 42, comma 5, del decreto legislativo
151/2001( un massimo di due anni nell'arco della vita lavorativa per
assistere un parente convivente disabile in situazione di gravità), esso
può essere fruito, si legge tra l'altro nelle istruzioni operative
contenute nella circolare dell'Inps, solo dai soggetti uniti civilmente,
secondo il seguente ordine di priorità :
1. il soggetto dell'unione civile convivente con quello disabile in situazione di gravità;
2.
il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, del soggetto disabile
in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di
patologie invalidanti dell'altro soggetto dell'unione civile
convivente;
3. uno dei figli conviventi della persona disabile in
situazione di gravità, nel caso in cui la parte dell'unione civile
convivente ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o
effetti da patologie invalidanti;
4. uno dei fratelli o sorelle
conviventi della persona disabile in situazione di gravità nel caso in
cui la parte dell'unione civile convivente, entrambi i genitori ed i
figli conviventi del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da
patologie invalidanti;
5. un parente o affine entro il terzo grado
convivente della persona disabile in situazione di gravità nel caso in
cui i soggetti di cui ai punti 1, 2, 3 e 4 siano mancanti, deceduti o
affetti da patologie invalidanti.
Con un messaggio del 21 dicembre
2016 l'istituto di previdenza aveva comunicato che a decorrere dal 5
giugno 2016, per effetto di quanto dispone l'art. 1, comma 20, della
legge 76/2016, ai fini del riconoscimento del diritto alle prestazioni
pensionistiche e previdenziali (es. pensione ai superstiti, integrazione
al trattamento minimo, maggiorazione sociale, successione iure proprio,
successione legittima, ecc.) e dell'applicazione delle disposizioni che
le disciplinano, il componente dell'unione civile è equiparato al
coniuge.
sabato 11 marzo 2017
LA TRUFFA DELL'ASL
*Riceviamo e pubblichiamo questa testimonianza di uno studente romano, frequentante un istituto tecnico di periferia, che ci racconta l’impressionante livello di indottrinamento raggiunto nelle scuole, in cui si cerca di convincere i giovani che precarietà, disoccupazione e assenza di diritti sul lavoro sono una “normalità” a cui doversi adeguare.
____
Sono uno studente di un istituto tecnico nella periferia romana e scrivo questo articolo per raccontarvi di come nelle scuole italiane si stia cercando in maniera più o meno velata di far passare l’alternanza scuola lavoro, e più in generale la “buona scuola” come un qualcosa di positivo per noi studenti. Un esempio lampante di questo lavaggio del cervello operato su noi studenti ce l’ho avuto nella mia scuola.
All’inizio del progetto di alternanza è stata indetta una conferenza tenuta da un personaggio con vasta esperienza internazionale nei campi più disparati, che ha ben pensato di passare la prima mezz’ora ad elencare le aziende con le quali ha collaborato nel corso degli anni (fra le quali spiccano General Electric e altre multinazionali), convinto di accreditarsi ai nostri occhi in questo modo. Una pomposa introduzione dedicata all’elogio di grandi multinazionali, tacendo però sul fatto che ai lavoratori di quelle aziende (nei quali noi studenti in alternanza dovremmo immedesimarci) spettano le briciole, mentre i padroni che le dirigono (con i quali non abbiamo nulla in comune) guadagnano centinaia di volte quanto i lavoratori che producono realmente la ricchezza.
Ci è stato poi mostrato un video (link) nel quale un uomo sulla trentina affermava che il mondo del lavoro è cambiato, giustificava licenziamenti di massa con la scusa dell’innovazione tecnologica, promuoveva il lavoro gratuito giovanile in nome del “fare esperienza” e del “nessuno ti regala niente”. Si fa passare la precarietà e lo sfruttamento sul lavoro non come una precisa scelta politica, ma come una sorta di “normalità”, come un processo ormai irreversibile. Si afferma che noi giovani dobbiamo inventarci un lavoro e diventare “imprenditori di noi stessi”. In altre parole, se il 40% dei giovani sono disoccupati è perché ragionano ancora con schemi obsoleti come quello del “posto fisso”, secondo il video.
Il messaggio che si vuole far passare è che dobbiamo accettare passivamente le logiche vigenti adesso, la logica dell’abbassamento del costo del lavoro, la logica della precarietà e dei voucher o quella dello sfruttamento in alternanza scuola-lavoro. L’azione messa in atto nelle scuole è chiara, non hanno nessuna intenzione di farci pensare che sia nemmeno lontanamente possibile un futuro diverso per noi, un futuro di stabilità. Ci raccontano già a scuola che l’unica chance di salvezza è quella dell’arrivismo a tutti i costi: nel video si parla anche di “diventare il migliore nel tuo campo per farti assumere”. Ecco che il lavoro non è più un diritto, ma una concessione che bisogna meritarsi vincendo una competizione contro tutti. E se non ci sta bene pazienza, dovremmo farcene una ragione perché “il mondo del lavoro è cambiato”.
Questo è quello che oggi ci viene insegnato a scuola. Una bella lezione introduttiva prima di mandarci a lavorare gratis per qualche azienda per svolgere le ore di alternanza scuola-lavoro obbligatoria, quasi come a volerci ricordare che d’ora in poi sarà sempre peggio. Io penso però che per quanto possano provarci, la realtà dei fatti peserà sempre più di quello che ci raccontano. Mentre la nostra generazione viene condannata alla precarietà e a un futuro senza diritti, di disoccupazione e sfruttamento, c’è qualcuno che da tutto questo ci guadagna e continua a fare profitti, proprio sulla nostra pelle. E allora invece di accettare questa realtà come l’unica possibile, c’è un’alternativa: quella di lottare per un futuro migliore, per il diritto ad avere un lavoro, una casa e una stabilità nel nostro futuro. Ma questo non ce lo insegnano a scuola, dobbiamo impararlo da soli. E a lottare si impara solo lottando.
G.B.
Fuga dalla scuola ventimila insegnanti in pensione nel 2017
Boom di pensionamenti nella scuola: il 50 per cento in più in appena dodici mesi. Secondo i dati provvisori forniti dal ministero dell’Istruzione, per il prossimo mese di settembre si profila una vera e propria fuga dalla cattedra. Il tutto, mentre la riforma Fornero comincia ad allentare la presa su maestre e professori, sempre più anziani. E chi può, lascia il posto ai colleghi più giovani.
«Che sistema scolastico è quello attuale? — si chiede Marilina Aiello, docente di Matematica in un liceo di Palermo — Non è certamente il treno che ho preso all’inizio della carriera. I continui cambiamenti in corso d’opera degli ultimi anni non fanno lavorare bene. Mancano indicazioni precise e ogni sei mesi c’è una novità. Per questo chi può va via».
In poco più di un quindicennio, la scuola italiana è stata interessata da ben quattro importanti riforme: Berlinguer, Moratti, Gelmini, Giannini. Con slanci in avanti e passi indietro ad ogni cambio di esecutivo. E con i docenti costretti ad inseguire le novità. Si va via anche per “colpa” dei genitori? «Quelli che sanno tutto — spiega Antonietta Bartolomucci, 62 anni, insegnante di scuola dell’Infanzia in un istituto comprensivo del frusinate — sono in aumento, ma per fortuna parecchi genitori ancora si affidano alla scuola. Mi mancherà il rapporto con i bambini, ma sento che è venuto il momento di andare via: troppi alunni in classe, tutto troppo complesso. Per non parlare delle strutture che accolgono le sezioni, non sempre adeguate ».
A settembre, saluteranno definitivamente la cattedra 2.594 insegnanti di scuola dell’infanzia, 5.807 maestre di scuola primaria, 5.378 che insegnano alla media e 6.436 professori del superiore. In tutto, 20.215 docenti, il doppio del 2013 quando la legge Fornero entrò in vigore. L’anno scorso furono in 13.454 a passare la mano.
«Il dato numerico — dice Pino Turi, della Uil scuola — non mi meraviglia: la maggior parte degli insegnanti di oggi è stata assunta negli anni Ottanta e sta maturando i requisiti per andare in pensione. Ma restare nella scuola, oggi, non è facile».
«La fuga dalla scuola è un segnale profondo del disagio che il docente vive — aggiunge Lena Gissi, della Cisl scuola — La mortificazione alla quale è sottoposto il personale, produce indifferenza e disaffezione. Ora bisogna invertire la tendenza».
Con tutti questi pensionamenti il rischio è quello di trovarsi alla disperata ricerca di docenti da mandare in cattedra. Anche se dal ministero rassicurano: «Il grosso dei 63.712 posti del concorso 2016 deve ancora essere assegnato e ci sono ancora alcune graduatorie provinciali da svuotare. Stiamo inoltre già lavorando per il prossimo anno». Inoltre, i docenti più anziani di sempre (età media di 51,5 anni) si avvicinano ai requisiti della legge Fornero e aumentano le uscite. E per il 2018 sono previsti 30mila pensionamenti.
ASL Lavoro gratuito
In viaggio verso Roma ci siamo fermati ad un Autogrill per una breve sosta.
Avvicinandomi al bancone ho notato che la ragazza che mi stava per servire un caffè aveva sulla divisa il logo dell'alternanza scuola-lavoro.
La cosa mi incuriosisce, inizio a parlarle ed a farle tante domande su come funzionasse l'alternanza e mi racconta delle 150 ore da dover svolgere quest'anno, delle 8 settimane e delle 4 ore pomeridiane che passa in quell'autogrill.
La ringrazio per la chiacchierata e mi avvio all'uscita ed una volta giunto alla cassa non riesco a fare a meno di chiedere alla cassiera, una donna sui 40, un parere sulla studentessa al bar di poco prima.
Lei mi spiega la sua disapprovazione e le sue ragioni, mi racconta che c'è stato un taglio al monte orario dipendenti grazie alle ore-lavoro gratuite della buona scuola e che questo comporta una diminuzione degli stipendi.
Avvicinandomi al bancone ho notato che la ragazza che mi stava per servire un caffè aveva sulla divisa il logo dell'alternanza scuola-lavoro.
La cosa mi incuriosisce, inizio a parlarle ed a farle tante domande su come funzionasse l'alternanza e mi racconta delle 150 ore da dover svolgere quest'anno, delle 8 settimane e delle 4 ore pomeridiane che passa in quell'autogrill.
La ringrazio per la chiacchierata e mi avvio all'uscita ed una volta giunto alla cassa non riesco a fare a meno di chiedere alla cassiera, una donna sui 40, un parere sulla studentessa al bar di poco prima.
Lei mi spiega la sua disapprovazione e le sue ragioni, mi racconta che c'è stato un taglio al monte orario dipendenti grazie alle ore-lavoro gratuite della buona scuola e che questo comporta una diminuzione degli stipendi.
Esco dall'autogrill perplesso e contrariato, penso a quanto sia folle e falso questo paese, penso alla studentessa che sacrifica le sue passioni per quest'alternanza, penso ai lavoratori colpiti dalle conseguenze del lavoro gratuito.
Confido negli studenti e nelle loro energie,nei giovani, nella loro voglia di ribellarsi e rompere gli schemi di questa società!
Alternanza scuola lavoro: nessuno può essere obbligato a fare il tutor
Alternanza scuola lavoro: nessuno può essere obbligato a fare il tutor
– “Ma sono obbligato a fare il tutor? E’ delle domande più ricorrenti nella secondaria di II grado da quando la legge 107 ha imposto 400 ore di alternanza scuola lavoro nei tecnici e professionali e 200 ore nei licei.
Il fatto che la domanda venga posta ripetutamente, e che spesso non si sappia dove trovare la risposta, la dice lunga sul grado di improvvisazione con cui molte scuole rispondono alle nuove incombenze.
Nessuno dovrebbe essere “obbligato”, perché la normativa vigente non prevede alcun obbligo, anzi delinea una figura dalla specifica professionalità, considerata “strategica” per il buon esito dell’ASL.
La Guida operativa predisposta dal Miur nel 2015 è il riferimento fondamentale per la progettazione e organizzazione delle attività, nonché per la valutazione, certificazione e modulistica. E’ un documento di quasi 100 pagine, e forse per questo pochi lo hanno letto con attenzione.
Il tutor deve essere “designato dall’istituzione scolastica tra coloro che, avendone fatto richiesta, possiedono titoli documentabili e certificabili”. Deve possedere “esperienze, competenze professionali e didattiche adeguate per garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti dal percorso formativo”, lavorando in stretta collaborazione col tutor aziendale. Dovrebbe pure essere formato, visto che il Piano nazionale di formazione inserisce l’ASL tra le priorità delle azioni formative per lo sviluppo della capacità progettuale, di gestione, di valutazione e di certificazione delle competenze.
Il tutor dovrà essere retribuito, essendo un incarico aggiuntivo. Il compenso può essere definito anche in forma forfettaria dalla contrattazione di istituto, con risorse a carico del Fondo di istituto e/o delle somme assegnate alla scuola per le attività di alternanza, che a decorrere dal 2016 ammontano a100 milioni di euro annui per le scuole secondarie di secondo grado, come stabilito dalla legge 107 e come riportato nella Guida operativa sopra richiamata.
Una faq del Miur chiarisce inoltre che non è prevista la presenza obbligatoria del tutor scolastico in azienda durante lo svolgimento delle attività di alternanza. “I suoi compiti di assistere e guidare lo studente nei percorsi di alternanza e verificarne il corretto svolgimento possono essere svolti a distanza, oppure durante incontri organizzati presso la scuola. L’importante è che lo studente in azienda sia seguito dal tutor formativo esterno designato dalla struttura ospitante, che ha il compito di assistere il giovane nel suo percorso di apprendimento attraverso il lavoro”.
I compiti dei tutor interno ed esterno sono dettagliatamente indicati nella Guida operativa a pagina 33: dall’elaborazione del percorso formativo, all’assistenza e monitoraggio, alla valutazione “congiunta” degli obiettivi raggiunti e delle competenze progressivamente sviluppate dallo studente.
Il tutor interno ha anche il compito di rapportarsi agli organi scolastici preposti (dirigente scolastico, funzione strumentale, dipartimenti, collegio docenti, comitato tecnico scientifico o comitato scientifico), e di informare il consiglio di classe per fornire gli elementi utili alla valutazione finale dei risultati di apprendimento conseguiti.
Anna Maria Bellesia, La Tecnica della scuola, 10.3.2017