La legalizzazione delle unioni civili
 tra persone dello stesso sesso e delle convivenze di fatto sia tra 
persone dello stesso sesso che da persone di sesso diverso, introdotta 
nella legislazione italiana dalla legge 20 maggio 2016, n. 76, comincia a
 produrre gli effetti anche sulla concessione dei permessi di cui 
all'art. 33, comma 3, della legge 104/92 e sul congedo straordinario ex 
art. 42, comma 5, del decreto legislativo 151/2001, fruibili dai 
lavoratori per assistere parenti disabili in situazione di gravità.
La
 circolare n. 38 del 27 febbraio 2017 dell'Inps fornisce - alla luce 
delle disposizioni di cui alla predetta legge n. 76/2016 e della 
sentenza della Corte costituzionale n. 213 del 5 luglio 2016 – le 
istruzioni operative relative appunto alla concessione ai lavoratori 
dipendenti del settore privato (applicabili seppure indirettamente anche
 a quelli del comparto pubblico, ivi compreso il personale scolastico, 
ndr) dei predetti permessi e congedi. 
Prima di fornire le 
istruzioni operative la circolare richiama opportunamente l'attenzione 
alla norma di cui all'art. 1, comma 20, della legge 76/2016 che, con 
riferimento alle unioni civili, dispone che «al solo fine di assicurare 
l'effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli 
obblighi derivanti dall'unione civile tra persone dello stesso sesso, le
 disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni 
contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque
 ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei 
regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi,
 si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone
 dello stesso sesso. Le suddette disposizioni non si applicano invece 
alla convivenza di fatto che si crea tra due persone maggiorenni unite 
stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza 
morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o 
adozione, da matrimonio o da unione civile».
Sempre in premessa la
 circolare ricorda inoltre che la Corte costituzionale con la sentenza 
n. 213 del 5 luglio 2016 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale 
dell' art. 33, comma 3, della legge 104/92 nella parte in cui non 
include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire dei permessi 
ex art. 33, comma 3, della legge 104/92.
I permessi di cui al più 
volte citato art. 33, comma 3 («tre giorni mensili retribuiti ai 
lavoratori dipendenti che prestino assistenza al coniuge, a parenti o ad
 affini entro il secondo grado – con possibilità di estensione fino al 
terzo grado – riconosciuti in situazione di disabilità grave ai sensi 
dell'art. 3, comma 3, della legge 104 stessa»), si legge nella 
circolare, possono essere fruiti sia dal componente dell' unione civile 
che presti assistenza all'altra parte, sia dal convivente che presti 
assistenza all'altro convivente. Fermo restando il principio del 
referente unico legittimato a fruirne, i permessi possono essere 
concessi, in alternativa, in alternativa, alla parte dell'unione civile,
 al convivente di fatto, al parente o all'affine entro il secondo grado.
 E' inoltre possibile concedere il beneficio a parenti o affini di terzo
 grado qualora i genitori o il coniuge/la parte dell'unione civile/il 
convivente di fatto della persona con disabilità in situazione di 
gravità abbia compiuto i 65 anni di età oppure siano affetti da 
patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. Sul rapporto di 
affinità c'è tuttavia un importante precisazione: non sussiste tale 
rapporto tra una parte dell'unione civile o della convivenza di fatto e i
 parenti dell'altra parte dal momento che l'articolo 78 del codice 
civile che ne prevede la costituzione non è stato richiamato 
espressamente dalla legge n. 76/2016.
 Quanto al congedo 
straordinario di cui all'art. 42, comma 5, del decreto legislativo 
151/2001( un massimo di due anni nell'arco della vita lavorativa per 
assistere un parente convivente disabile in situazione di gravità), esso
 può essere fruito, si legge tra l'altro nelle istruzioni operative 
contenute nella circolare dell'Inps, solo dai soggetti uniti civilmente,
 secondo il seguente ordine di priorità :
1. il soggetto dell'unione civile convivente con quello disabile in situazione di gravità;
2.
 il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, del soggetto disabile
 in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di
 patologie invalidanti dell'altro soggetto dell'unione civile 
convivente;
3. uno dei figli conviventi della persona disabile in 
situazione di gravità, nel caso in cui la parte dell'unione civile 
convivente ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o
 effetti da patologie invalidanti;
4. uno dei fratelli o sorelle 
conviventi della persona disabile in situazione di gravità nel caso in 
cui la parte dell'unione civile convivente, entrambi i genitori ed i 
figli conviventi del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da 
patologie invalidanti;
5. un parente o affine entro il terzo grado
 convivente della persona disabile in situazione di gravità nel caso in 
cui i soggetti di cui ai punti 1, 2, 3 e 4 siano mancanti, deceduti o 
affetti da patologie invalidanti.
Con un messaggio del 21 dicembre
 2016 l'istituto di previdenza aveva comunicato che a decorrere dal 5 
giugno 2016, per effetto di quanto dispone l'art. 1, comma 20, della 
legge 76/2016, ai fini del riconoscimento del diritto alle prestazioni 
pensionistiche e previdenziali (es. pensione ai superstiti, integrazione
 al trattamento minimo, maggiorazione sociale, successione iure proprio,
 successione legittima, ecc.) e dell'applicazione delle disposizioni che
 le disciplinano, il componente dell'unione civile è equiparato al 
coniuge.
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