I dati mensili dell’Onu sugli sbarchi via mare mostrano che gli accordi con la Libia del ministro Minniti hanno prodotto risultati due volte più grandi della chiusura dei porti e della guerra alle Ong del ministro Salvini.
Il crollo degli sbarchi in Europa e in Italia
Secondo il resoconto riportato dal Wall Street Journal (in un articolo di Nektaria Stamouli) e ripreso anche dalla stampa italiana, i dati dell’Alto commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr) indicano per il 2018 un forte calo rispetto all’anno precedente degli sbarchi di persone via mare dal Mediterraneo in Europa. Gli arrivi via mare in Europa nel 2018 sono stati di poco inferiori a 115 mila, contro gli oltre 172 mila del 2017. Sono lontani gli anni del picco del 2015 e 2016. Il minor numero di sbarchi ha portato con sé una marcata riduzione del numero stimato dei morti e dispersi nel corso della traversata (da oltre 3.139 a meno di 2.267). I numeri riportati da Frontex sono un po’ diversi, ma nel complesso le cose sono andate come riportato dal Wall Street Journal.
Un secondo dato del rapporto Unhcr ha attratto in modo particolare l’attenzione dell’opinione pubblica italiana. Al netto calo del dato europeo per il 2018 ha infatti contribuito in modo determinante il crollo degli arrivi in Italia: i 119.369 arrivi del 2017 sono diventati 23.371 nel 2018, una parte dei quali si è riversata sulla Spagna che nel 2018 è diventata – con i suoi oltre 57 mila arrivi, metà del totale europeo e più del doppio degli arrivi dell’anno precedente – il principale paese di ingresso di immigrati via mare dall’Africa.
Il commento
Dopo i fatti, ecco i commenti. E qui le opinioni divergono tra il Wall Street Journal e almeno una parte della stampa italiana, soprattutto con riferimento alla primogenitura – di chi è il merito o la responsabilità – del calo degli sbarchi in Italia. Il quotidiano americano indica in modo equilibrato che il risultato è stato ottenuto soprattutto grazie agli accordi di cooperazione con il governo e i capi delle tribù in Libia (dal Wsj: “mostly via cooperation deals with the government and tribal chiefs in Libya, the main departure point for sea crossings to Italy”), ma anche dalla dura politica attuata dal nuovo governo che ha rifiutato (e continua a rifiutare, come si vede con la vicenda dei 49 migranti sospesi dall’Europa e dall’Italia nella barca Sea Watch) il permesso di sbarco a imbarcazioni di organizzazioni non governative che recuperano migranti dal mare. Il resoconto del pezzo del Wall Street Journal offerto da Daniele Capezzone – e ripreso da vari social network – si riferisce al pezzo del Wsj e alla ricerca dell’Onu come comprovante un effetto Salvini (“c’è stato un effetto Salvini, nel senso di un chiaro giro di vite legato alle scelte del ministro dell’Interno”) senza menzionare gli accordi di cooperazione che sono viceversa citati dal giornale americano come la parte più importante (l’avverbio “mostly” – cioè “soprattutto” – questo vuole dire) dei risultati ottenuti. Il punto è che gli accordi con i capi tribù – passo controverso e non privo di controindicazioni – sono da ascrivere a una differente primogenitura, quella del precedente ministro dell’Interno Marco Minniti, la qual cosa non è menzionata da Capezzone.
I dati mensili e un altro commento
I dati annuali delle Nazioni Unite sono la somma dei dati mensili, anche questi ricavabili dal sito Unhcr ma finora non considerati negli articoli scritti sull’argomento. Ed è proprio l’analisi della sequenza dei dati mensili a consentire un’analisi più attenta degli eventi e una più precisa attribuzione delle responsabilità di ciò che è accaduto. Bastano due grafici e una tabella riassuntiva. Il primo grafico mostra un confronto mensile degli sbarchi via mare in Italia tra il 2017 e il 2018. I dati da gennaio a maggio 2018 sono presumibilmente funzione delle politiche del ministro Minniti, mentre quelli da giugno a dicembre 2018 sono più direttamente riconducibili alle misure del ministro Salvini che è entrato nel suo nuovo ruolo proprio a partire dal primo giugno 2018. E qui i dati riassuntivi della tabella indicano che, nella prima parte del 2018, i flussi sono scesi da più di 60.228 a 13.430 (meno 46.798) rispetto al gennaio-maggio 2017, mentre tra giugno e dicembre 2018 sono sbarcate solo 9.941 persone in luogo delle 59.141 persone dello stesso periodo del 2017, con una riduzione di 49.200 persone.
Per completare il quadro si può usare un secondo grafico che mette a confronto i dati 2017 con quelli del 2016. Dal secondo grafico si vede come gli sbarchi della seconda metà del 2017 (a seguito degli accordi di cooperazione con la Libia, il primo dei quali è stato firmato il 2 aprile 2017) siano stati a loro volta nettamente inferiori a quelli dello stesso periodo del 2016.
Si possono a questo punto mettere insieme i pezzi. Dalla tabella che riassume i dati mensili raggruppati per periodi si può calcolare sia quello che possiamo chiamare l’effetto Minniti che l’effetto Salvini. L’effetto Minniti mostra un calo totale di sbarchi tra il 2016 e il 2018 di 108,865 persone (la somma del calo di 62,067 persone del 2017 rispetto al 2016 più i 46.798 dei primi cinque mesi del 2018) che rappresenta il 68,9 per cento del totale di 158,065 persone sbarcate in meno nel 2018 rispetto al 2016. L’effetto Salvini ha portato a un calo di sbarchi per 49,200 persone, corrispondente al 31,1 per cento del totale.
Fonte: elaborazione lavoce.info da dati Unhcr
Ad oggi, insomma, il calo degli sbarchi rispetto ai picchi del passato è attribuibile per circa due terzi al ministro Minniti e per circa un terzo al ministro Salvini. Cioè l’effetto Minniti vale due volte l’effetto Salvini, indipendentemente da come si valutino le politiche messe in atto dai due ministri. Ha fatto dunque bene il Wall Street Journal a scrivere quel “mostly” nel suo articolo. E ha fatto male La Verità (“cosiddetta” Verità, scriverebbe un noto governatore di una regione del sud Italia) a ospitare un pezzo che dava una valutazione distorta di quel che è avvenuto.
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