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giovedì 14 marzo 2013

Sarà processato il preside che chiede soldi alle famiglie

Chiedere soldi alle famiglie degli alunni, per finanziare iniziative didattiche ulteriori rispetto a quelle curriculari, è illegittimo. A meno che non si tratti di contributi volontari o erogazioni liberali. Pertanto i dirigenti che pretendono tali versamenti dai genitori (e minacciano sanzioni nei confronti dei figli se non lo fanno) incorrono nella responsabilità disciplinare.

Lo ha ricordato il ministero dell'istruzione con una nota a firma del capo dipartimento, Lucrezia Stellacci, emanata il 7 marzo scorso. Il problema sta assumendo dimensioni talmente rilevanti da indurre l'amministrazione centrale ad intervenire. Così da indurre i direttori regionali a conformarsi alla direttiva emanata da loro diretto superiore, che peraltro è titolare del potere disciplinare nei loro confronti. E si tratta di situazioni talmente gravi che il dipartimento, con la stessa nota, ha dovuto impartire direttive anche alla direzione generale del bilancio, per imporre ai revisori dei conti delle istituzioni scolastiche di «operare, nell'ambito delle ordinarie procedure, specifici ed accurati controlli in merito alle modalità di richiesta, gestione e rendicontazione dei contributi delle famiglie». É già la seconda volta che il dipartimento si vede costretto ad intervenire. Segno evidente dello scorso grado di vigenza delle disposizioni a suo tempo impartite. E dunque, per risolvere definitivamente la questione, l'amministrazione centrale ha ricordato ai dirigenti scolastici che eventuali ulteriori segnalazioni che dovessero pervenire al dipartimento, su vicende analoghe, saranno tempestivamente rappresentate ai direttori regionali ai fini dell'avvio dei relativi procedimenti disciplinari. Insomma, questa volta al ministero dell'istruzione hanno perso la pazienza , al punto tale da minacciare sanzioni disciplinari. Il dipartimento, inoltre, ha stigmatizzato i comportamenti di taluni presidi che, nonostante la legge preveda l'iscrizione d'ufficio degli alunni della scuola dell'obbligo alle classi del corso, impongono ai genitori di presentare nuovamente l'iscrizione, peraltro in formato cartaceo. E colgono l'occasione per imporre, di fatto, il versamento di ulteriori somme non dovute. A questo proposito, l'amministrazione centrale ha ricordato che, anche se le richieste di contributi discendono da delibere del consiglio di istituto, tale organo non è titolare di alcun potere impositivo. E dunque, il versamento di contributi non può che essere di natura volontaria. Quanto alle modalità dell'invito da rivolgere alle famiglie, il dipartimento ha fatto riferimento alla nota 312 del 20 marzo 2012. Il provvedimento chiarisce che i contributi non possono essere chiesti per finanziare le attività curriculari e, in ogni caso, la destinazione dei medesimi dovrà essere previamente comunicata alle famiglie. Così da consentire alle medesime di scegliere anche solo alcune delle attività proposte in luogo di altre. Evitando così richieste di contributi indistinti. Nella nota 312, inoltre, il ministero raccomanda alle scuole di informare le famiglie della possibilità di detrarre dalle imposte i contributi, così come previsto dall'art.13 della legge 40/2007. Resta ferma in ogni caso la gratuità dell'istruzione, che è un diritto costituzionalmente tutelato. E che fino al compimento dell'obbligo non prevede nemmeno il versamento di tasse. Tasse che possono essere pretese solo per gli ultimi due anni delle scuole superiori, fatte salve le ipotesi di esonero.

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