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venerdì 29 giugno 2012
considerazioni-sulle-recenti-operazioni repressive in umbria
Come storicamente è sempre accaduto nei momenti di crisi, il Potere prende di mira gli Anarchici, per mettere a punto una strategia della tensione, che impedisca il radicarsi nel territorio di proteste di massa contro un ordine sociale sempre più ingiusto. Pertanto, la Confederazione Cobas denuncia l’operazione repressiva nei confronti delle dieci persone arrestate nella notte tra il 12 ed il 13 Giugno 2012 in Italia, in Spagna ed in Germania, nonché delle 24 indagate, di cui 6 in Grecia. Ancora una volta, alcuni elementi ci inducono a pensare che si tratti di una montatura dello Stato: - la sproporzione esistente tra i reati contestati : costituzione, direzione e partecipazione ad un’associazione con finalità di terrorismo, eversione e programmazione di campagne terroristiche ed una parte del materiale sequestrato: bulbi di lampadine, bulloni e altro utilizzati appunto per confezionare ordigni esplodenti; - il fatto che vengano chiamati in causa anche due Anarchici già in carcere in Svizzera ed in Germania, perché si ritiene che, con i complici liberi in Italia, avessero progettato campagne terroristiche, dettandone tempi, obiettivi, documenti e sigle di rivendicazione. Soprattutto, le nostre considerazioni sono rafforzate dall’esame delle precedenti tappe della repressione in questa Regione. A) L’1 Aprile2004, furono arrestati Moreno Pasquinelli, Alessia Monteverdi, una Compagna turca, Er Avni e Maria Grazia Ardizzone; quest’ultima colpevole, secondo il mandato di cattura, di aver contratto: “matrimonio con Er Avni allo scopo di favorirne l’insediamento sul territorio italiano e sottraendolo al pericolo di espulsione dal territorio dello Stato.” Moreno Pasquinelli ebbe addirittura l’imputazione di: ” … partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo anche internazionale e di eversione dell’ordine democratico”. In realtà, dopo molti anni, fu nuovamente contestato un reato associativo, che persegue, di fatto, delle opinioni e non dei reati specifici. È bene ricordare che questa prassi repressiva affonda le sue radici nel Codice Rocco, varato in piena epoca fascista, proprio per stroncare sul nascere ogni forma di protesta sindacale e politica. Iin ogni caso, l’infondatezza delle suddette accuse fu dimostrata dal fatto che, il 24 Aprile dello stesso anno, i tre arrestati italiani furono rilasciati per mancanza di indizi, mentre i due Turchi rimasero in carcere. Evidentemente, il Tribunale del riesame non ritenne che i “pericolosi terroristi” costituissero un rischio. B) Il 23 Ottobre 2007, a Spoleto, 108 uomini armati, 4 elicotteri, ROS dell’ Antiterrorismo incappucciati, agli ordini del Generale Giampaolo Ganzer, arrestarono 5 giovani : Michele Fabiani,, Fabrizio Reali Roscini, Dario Polinori, Andrea Di Nucci, Damiano Corrias. L’ipotesi di reato per tutti fu la seguente: “ ART. 270 BIS, del codice penale, costituivano, organizzavano, partecipavano, a un gruppo di ispirazione “anarchico-insurrezionalista” denominato COOP-FAI, in Spoleto, dal Marzo 2007 ad oggi” . L’11 Maggio 2011, la sentenza del la Corte d’Assise di Terni ha smontato l’impianto accusatorio del PM Manuela Comodi rispetto al reato associativo, che prevede almeno tre persone, poiché ne sono state condannate solo due, Michele Fabiani ed Andrea Di Nucci, ed a pene più lievi (Fabiani: 3 anni ed 8 mesi, Di Nucci: 2 anni e 6 mesi) di quelle richieste dalla pubblica accusa: 9 anni per Fabiani, 8 anni per Di Nucci. Gli altri due imputati, Dario Polinori e Damiano Corrias, sono stati invece assolti dal reato associativo per non aver commesso il fatto. C) Il 28 Febbraio 2010, all’aviosuperficie di Terni centinaia di Antifascisti contestarono con una decisa, ma pacifica, manifestazione i neofascisti di Casapound, che, sotto la copertura della sigla “Istinto rapace”, stavano tentando di organizzare un corso di paracadutismo, grazie al sostegno della Rotkopf di Viscardo e Riccardo Paganelli. Nonostante tutte le cronache della manifestazione riportassero tensione politica, ma assenza di violenza, … l’allora Questore Domenico Gregori emise 11 avvisi orali contro altrettanti Antifascisti, accusati di fare attività politica e definiti, con quel provvedimento, socialmente pericolosi. … A seguito di quella mobilitazione, la Questura si concentrò sulla pratica repressiva contro gli Antifascisti, denunciandone due per stampa clandestina (!), perché distribuivano - per la scadenza del 25 Aprile e della Liberazione dal Nazifascismo - un volantino della RAT (Rete Antifascista Ternana) sottoscritto da ben 25 tra associazioni, Sindacati di base e Partiti. Il giudice ha, poi, accolto il ricorso contro l’impianto accusatorio e la pratica repressiva della Questura e con la sentenza del 25/05/11 ha sancito l’inconsistenza dell’accusa di stampa clandestina. Pure gli avvisi orali sono stati in parte revocati. Infine, è stata fissata per l’Ottobre del 2012 la nuova data per l’udienza del processo a carico di 4 Compagni, rinviati a giudizio per lancio di fumogeni durante la suddetta manifestazione. D) Il 19 Maggio 2012, allo stadio di Terni si è giocata una partita amichevole tra la “vecchia” e la “nuova” Ternana, allo scopo di raccogliere fondi, per acquistare un ventilatore artificiale da donare al Reparto UTIN dell’Ospedale di Terni. Alcuni aderenti all’Associazione Primidellastrada, che avevano festeggiato l’evento con dei fuochi d’artificio, sono stati denunciati dalla Digos di Terni. Se ci spostiamo a Perugia il quadro non cambia. E) Il 16 Marzo 2012, la Questura di Perugia, su segnalazione della Digos, ha emesso 25 denunce per alcune delle numerose persone, che il 3 Marzo scorso avevano occupato i binari della stazione FS di Fontivegge. L’iniziativa era stata lanciata in concomitanza con la grande manifestazione No Tav, tenutasi lo stesso giorno a Roma ed al culmine di una settimana di mobilitazione nazionale. I reati contestati sono: l’interruzione di pubblico servizio e la violazione delle disposizioni di ordine pubblico attraverso il “travisamento”. Tra le/i denunciate/i ci sono anche due minorenni. F) Aprile 2012 In relazione ad una manifestazione organizzata, il 30 Novembre 2010, all’epoca della Controriforma della Scuola di Mariastella Gelmini, 37 persone, in maggioranza dell’Università, sono convocate dalla Questura, per essere messe al corrente delle ipotesi di reato a loro carico: manifestazione non autorizzata, in quanto l’ultima parte del percorso da Piazza IV Novembre alla stazione di Fontivegge non era stata concordata con la Questura, nonché interruzione di pubblico servizio, essendo che in centinaia occuparono alcuni binari. G) Sempre nell’Aprile del 2012, “Perugia Today” scrive: “ … un’inchiesta … racconta di nuovi particolari emersi nella vicenda di Aldo Bianzino, il falegname di Pietralunga, che per la Procura di Perugia, che archiviò l’ipotesi di omicidio, morì per cause naturali nella prigione di Capanne nel 2007”. Infatti, nelle udienze tenutesi per giudicare la guardia carceraria Gianluca Cantoro, ritenuto responsabile di omissione di soccorso, falso e omissione di atti d’ufficio e condannato a Marzo a un anno e mezzo con pena sospesa, è emerso, tra l’altro, che alcune lastre non erano di Aldo Bianzino, bensì di un’altra persona, vanificando, così, gli sforzi tesi al raggiungimento della verità. Infatti, l’archiviazione si era basata sull’esistenza di un aneurisma, che venne documentato dai consulenti del pm Anna Aprile e Luca Lalli in una minuta documentazione del 2008, nella quale furono mostrate le parti smembrate del cervello di Bianzino e un’altra immagine di sezione di un cervello con, cerchiata in rosso, la “malformazione” vascolare aneurismatica origine del sanguinamento. Ma, durante un’udienza, la dottoressa Aprile ha spiegato ai magistrati che i medici legali non avevano “riscontrato l’aneurisma, ma abbiamo riscontrato dei vasi con delle caratteristiche alterate, che ben si correlano con l’ipotesi di una rottura, diciamo, spontanea”. Insomma, quella immagine cerchiata in rosso era nulla più che letteratura medica. Di fronte a questa, peraltro necessariamente sintetica, ricostruzione degli episodi di “ordinaria” repressione nella “verde e rossa” Umbria, noi invitiamo sia le più diverse aree della Sinistra non istituzionale, sia tutte le forze politiche ed i singoli cittadini, che hanno a cuore la Democrazia e la Costituzione, frutto della Resistenza, a mobilitarsi contro quello che sembra essere il Progetto complessivo, in cui si inscrivono i vari episodi: fare di questa Regione un laboratorio, in cui si sperimentano quelle nuove tecniche repressive, di cui questo agonizzante sistema capitalistico ha un bisogno disperato. Attraverso teoremi, che non contestano reati specifici, ma le idee, si vuole limitare l’agibilità politica, eliminare il conflitto sociale e politico, intimidire coloro che portano avanti le lotte di massa nel territorio. Confederazione Cobas Umbria, 20 di Giugno 2012
martedì 26 giugno 2012
la Cassazione esclude la stabilizzazione ed il risarcimento del danno..per i precarila Cassazione esclude la stabilizzazione ed il risarcimento del danno..per i precari
Corte di Cassazione – Sentenza n. 10127 del 20 giugno 2012
Successione di contratti a termine: la Cassazione esclude la stabilizzazione ed il risarcimento del danno....estratto della sentenza...ancora una volta richiamato il principio della " cassa" dello Stato...aspettando il pieno regime dell'articolo 81 della costituzione....che dire? Questa sentenza annienta tutte le vittorie in primo grado, ribadisco il concetto che se i lavoratori non comprenderanno che il diritto del lavoro deve esser riscritto con la lotta, stiamo freschi...però ora come ora l'unica cosa che mobilita è il calcio!
Il sistema del reclutamento del personale della scuola, di cui al d.lgs. n. 297 del 1994 e successive modificazioni ed integrazioni, è escluso dall’ambito di applicazione della normativa dei contratti a termine prevista per i lavoratori privati.
Tanto precisato mette conto di rilevare che lo speciale regime del reclutamento del personale scolastico cd. precario si articola in un sistema di supplenze regolato dall’art. 4 della legge n. 124 del 1999.
Il sistema delle supplenze in parola rappresenta un percorso formativo-selettivo, volto a garantire la
migliore formazione scolastica, attraverso il quale il personale della scuola viene immesso in ruolo in virtù di un sistema alternativo a quello del concorso per titoli ed esami e vale a connotare di una sua intrinseca “specialità e completezza” il corpus normativo relativo al reclutamento del personale scolastico.
migliore formazione scolastica, attraverso il quale il personale della scuola viene immesso in ruolo in virtù di un sistema alternativo a quello del concorso per titoli ed esami e vale a connotare di una sua intrinseca “specialità e completezza” il corpus normativo relativo al reclutamento del personale scolastico.
A tale sistema di reclutamento non sono certo estranee indifferibili esigenze di carattere economico che impongono -in una situazione di generale crisi economica e di deficit di bilancio facenti parte del notorio- risparmi doverosi per riscontrarsi nel sistema di reclutamento in esame, come detto, una seria prospettiva del riconoscimento di un lavoro a tempo indeterminato.
Il descritto quadro normativo rappresenta un insieme di fonti che valgono, per la loro completezza, organicità e funzionalizzazione, a costituire un corpus speciale autonomo disciplinante la materia del reclutamento del personale in ordine al quale, non trovando applicazione, come innanzi rilevato, il D.Lvo n. 368 del 2001 -emanato in attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES- va verificata la conformità alla detta direttiva.
Sotto tale profilo il corpus normativo disciplinate il reclutamento del personale, nel consentire la stipula di contratti a tempo determinato in relazione alla oggettiva necessità di far fronte, con riferimento al singolo istituto scolastico – e, quindi, al caso specifico-, alla copertura dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre, ovvero alla copertura dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre, ovvero ancora ad altre necessità quale quella di sostituire personale assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro, riferendosi a circostanze precise e concrete caratterizzanti la particolare attività scolastica costituisce “norma equivalente” alle misure di cui alla clausola 5 n.l, lett. da A) a C) dell’accordo quadro di cui alla Direttiva del Consiglio Ce 1999/70/CE del 28 giugno 1999.
Rileva, altresì, ai fini di cui trattasi, quale fattore oggettivo, relativo all’attività scolastica, lo stretto collegamento tra la necessità di ricorrere alla supplenza e la ciclica variazione in aumento ed in diminuzione della popolazione scolastica e la sua collocazione geografica.
Con riferimento, poi, alla domanda del ricorrente a vedersi riconoscere il diritto al risarcimento del danno subito, va affermato che la sua infondatezza è corollario della mancanza di un abuso del diritto nel succedersi di detti contratti. Tale conclusione, infatti, si presenta obbligata per ricavarsi al di là di ogni dubbio, come in precedenza evidenziato, sia dalla normativa statale che da quella comunitaria la piena legittimità del reclutamento del personale scolastico articolato sulla successione di pur numerosi contratti a termine, ravvisandosi un abuso del diritto nel caso – non ricorrente di certo nella controversia in esame – in cui si sia in presenza di supplenze annuali o temporanee al di fuori delle condizioni legislativamente previste.
mercoledì 13 giugno 2012
CONSIDERAZIONI A CALDO SUL TERREMOTO ANTI-ANARCHICO CON EPICENTRO LA PROCURA DI PERUGIA
immagine tratta dal libro-inchiesta "la strage di stato" |
La prima notizia che dobbiamo dare, dato che il Comitato 23 Ottobre nasce nel 2007 come gruppo di solidarietà con le vittime dell’ “Operazione Brushwood” – la dobbiamo ai tanti che ci stanno scrivendo, telefonando, che sono venuti persino a casa a sincerarsi – è che nessuno dei 4 giovani spoletini ancora sotto processo per l’indagine cominciata con il blitz dell’ottobre 2007 si trova fra gli arrestati,né fra gli indagati a piede libero, né fra le decine di perquisiti.
Questa notte/mattina c’è infatti stata un’ondata di arresti di anarchici, ancora una volta diretta dal pm di Perugia Manuela Comodi e dal capo dei ROS Ganzer. Gli arrestati sarebbero 10, ci sarebbero in tutto 24 indagati e 40 perquisizioni. Un’operazione con carattere internazionale, con 6 indagati in Grecia, 2 arresti rispettivamente in Svizzera e Germania.
Non sappiamo ancora quali saranno le reazioni delle vittime di questa ennesima ondata repressiva, non entriamo quindi nel merito per non danneggiarli. Ci limitiamo ad osservare alcuni elementi che non vanno certo nella direzione degli inquirenti.
In primo luogo i protagonisti nel blitz. Manuela Comodi è lo stesso pm che nel 2007 ha ordinato l’arresto di 5 giovani spoletini. Condannati senza prove e con mille contraddizioni (siamo in attesa del processo di appello) a pene molto inferiori (da 1 a 3 anni, contro richieste di 9) e in un quadro accusatorio decisamente ridotto rispetto alle accuse. Manuela Comodi è anche il pm che ha arrestato due anarchici a Orvieto e Perugia nel 2009, poi scarcerati dalla Cassazione, smentendo il teorema del magistrato. Oggi è tornata alla carica e fra gli arrestati ci sarebbero anche quei due giovani, ancora una volta perseguiti. Manuela Comodi è anche il magistrato clamorosamente uscito sconfitto nel cosiddetto “processo Meredith” e finito nell’occhio del ciclone per le spese pazze e le consulenze inutili della Procura di Perugia. L’altro protagonista è il Generale dei ROS, Giampaolo Ganzer. Condannato a 14 anni per spaccio internazionale di stupefacenti e prescritto, per scadenza termini, per traffico internazionale di armi, secondo l’accusa "119 kalashnikov, 2 lanciamissili, 4 missili e munizioni". Quando un’operazione giudiziaria porta la firma di personaggi dal profilo più che discusso, la credibilità già in partenza è segnata da un enorme punto interrogativo.
In secondo luogo, notiamo la similitudine con il modo di procedere della stampa “amica” (dei ROS, ovviamente). Alcune settimane fa la pagina locale del Messaggero e della Nazione annunciavano “piste umbre” per l’agguato ad Adinolfi. Il Messaggero si spingeva addirittura a mettere i nomi, alcuni dei quali poi finiti fra gli arrestati. Le veline sono pubblicate da Italo Carmignani. Puntualmente arriva il blitz. La stampa scrive: “sono gli stessi dell’agguato ad Adinolfi”. Ma nelle carte l’attentato di Genova non è nemmeno nominato. Francamente ci sembra un film già visto. Anche nel 2007 i giornali scrissero “gli stessi delle bombe a Prodi”, ma non c’entrava nulla. Le stesse veline, gli stessi giornalisti, gli stessi giornali … finirà anche questa volta a tarallucci e vino? La credibilità di questa stampa ha ormai lo stesso credito di quella degli inquirenti. Cioè quasi nullo.
Il terzo elemento lo traiamo dalle accuse. Ancora una volta viene contestato l’articolo 270 bis, ovvero l’associazione sovversiva. Un reato inventato dal ministro fascista Rocco negli anni ’30 e che ancora non è stato abolito. Bisogna fare una battaglia di civiltà contro i reati associativi. Non a caso paesi come la Francia, non certo in mano ai comunisti né tanto meno agli anarchici, ancora si rifiutano di estradare gli indagati di reati associativi. Il reato associativo punisce le idee, prevede incrementi di pena non per il reato in sé ma per la sua natura politica. E’ un rimasuglio della giurisdizione fascista che va superato. In un periodo di sociopatico giustizialismo, anche a sinistra, la battaglia contro il 270 bis è coraggiosamente contro corrente.
In attesa di saperne di più, facciamo notare che degli 8 arrestati in Italia, ben 4 sono umbri o comunque sono stati anni nella regione. E’ ora che questa regione si liberi di ogni atto di forza, anche e soprattutto se viene da chi lo fa in nome della sicurezza. Non vogliamo più vedere volare all’alba gli elicotteri dei Carabinieri sopra la testa e vedere uomini armati nelle strade.
Facciamo appello alle forze di movimento della regione per dire basta alla repressione, l’Umbria non è terra per le azioni militari dei ROS.
La crisi ha prodotto reazioni di ogni tipo, proteste di piazza, danneggiamenti contro chi è stato ritenuto responsabile dell’impoverimento, suicidi e perfino sequestri di persona. La caccia all’anarchico è solo un palliativo, servirà forse a rinverdire l’immagine di Ganzer e Commodi, ma non potrà nascondere le reazioni di chi è disperato o ha deciso di dire basta.
COMITATO 23 OTTOBRE – 13/06/2012
martedì 12 giugno 2012
una pioggia di 416 reclami/istanze di rimborso
Campagna di Obbedienza Civile,
applicare i referendum sull’acqua, rispettare la volontà popolare
una pioggia di 416 reclami/istanze di rimborso
Stamattina 12 giugno alle 10, ad un anno esatto dal referendum contro la privatizzazione dell’Acqua, il Comitato provinciale di Terni per l’acqua bene comune, ha consegnato, presso la sede di via 1° maggio 65, all’Amministratore Delegato Graziano Bernardi e al Direttore Generale Paolo Rueca del SII, servizio idrico integrato, 320 richieste da Terni e Narni di rimborso della quota del 7% delle bollette dell’acqua per la mancata eliminazione dalle bollette dell’acqua della “remunerazione del capitale” in attuazione del referendum sulle tariffe idriche. Inoltre da Orvieto sono state spedite altre 96 richieste di rimborso per un totale, in questa prima fase, di 416 famiglie che, nella sola provincia di Terni, chiedono l’applicazione dei risultati referendari ed il conseguente storno, del 7% delle bollette pagate dopo il luglio 2011.
Durante la consegna c’è stato un lungo confronto tra il comitato referendario e l’A.D. del SII, cui sono stati esposti i motivi del comitato referendario e delle centinaia di cittadini ricorrenti e la lotta perché l’acqua sia un bene comune e non una merce per fare profitti. All’incontro erano presenti Carla Chicchiero e Franco Coppoli del comitato ternano e Valter Tracchegiani di Narni.
Il secondo quesito del referendum, al quale hanno partecipato quasi 27 milioni di cittadini, dei quali oltre il 95% ha votato Sì, ha abrogato dalla tariffa idrica la “Remunerazione del capitale investito”, nonostante ciò SII non si è adeguata e i ternani hanno continuato a pagare sino al dicembre 2011 una BOLLETTA dell’ACQUA che comprendeva quella voce, corrispondente al 7%, il cui costo è stato “spostato”, da gennaio ’12, nella bolletta, aumentata del 6,22%. Ciò non è legale ed i cittadini, obbedendo alla legge ed aderendo alla campagna di obbedienza civile, hanno sporto reclamo e chiesto il rimborso di quanto non dovuto.
Si è determinato un grande interesse per la campagna, una grande sorpresa e rabbia, nel momento che le persone accedono all’informazione della mancata attuazione dell’esito referendario.
Per questo motivo invitiamo tutti i cittadini ad aderire alla campagna di obbedienza civile che continua ed a chiedere il rimborso delle bollette per l’importo corrispondente alla “remunerazione del capitale” pari al 7% l’anno 2011.
Il modulo si scarica dal sito http://referendumacquaterni.blogspot.it/
infotel Terni 347 3044857, Narni 3356437407, Orvieto 3285430394
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Lun 17-20 Cobas, via del Lanificio 19, Terni
lunedì 11 giugno 2012
LAVORO, articolo 18: LA TRUFFA DEL REINTEGRO
Non avrei mai pensato di rivolgere al presidente Monti e al ministro Fornero la stessa domanda (retorica) tante volte fatta a B&C: ma ci siete o ci fate?
E invece… L’art. 14 comma 7 del ddl sulla riforma del lavoro (Tutele del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo) dice: “il giudice che accerta la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (sarebbe il licenziamento per motivi economici) applica la medesima disciplina di cui al quarto comma del medesimo articolo” (il reintegro ). E, poco più avanti: “nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo, il giudice applica la disciplina di cui al quinto comma”. Che consiste nel dichiarare “risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condannare il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva” (l’indennizzo).
TUTTO RUOTA intorno a due paroline: “manifesta insussistenza”. Cosa vogliono dire? In linguaggio comune è semplice: il fatto posto alla base del licenziamento non esiste; perciò il lavoratore va reintegrato nel posto di lavoro, poche storie. Ma, per un giurista, insussistenza senza aggettivi è cosa diversa dall’insussistenza “manifesta”. Il giurista si chiede: ma perché questi hanno sentito il bisogno di scrivere che l’insussistenza deve essere “manifesta”? Un fatto o sussiste o non sussiste; quanto sia complicato accertare che esista non incide sulla sua esistenza, solo sulla difficoltà della prova.
Per capirci meglio, un assassino va condannato sia che lo si becchi con il coltello sanguinante in mano, sia che la sua responsabilità emerga dopo un complicato lavoro di indagine (movente, alibi, testimonianze etc). Dunque, pensa il giurista, questi hanno scritto “manifesta insussistenza” proprio per differenziare questi casi da quelli in cui c’è l’insussistenza semplice; e per differenziare il trattamento conseguente, reintegro nel primo caso, solo indennizzo nel secondo.
Come tecnica legislativa non è una novità. Quando, in un processo, si solleva un’eccezione di illegittimità costituzionale, il giudice la accoglie solo quando la questione non è “manifestamente infondata”. Se è sicuro che la legge è conforme alla Costituzione, respinge l’eccezione. Insomma, solo quando il giudice ha qualche dubbio sulla costituzionalità della legge (o, naturalmente, quando è sicuro che sia incostituzionale), chiede alla Corte costituzionale di valutare. Ne deriva che la Corte non riceve tutte le questioni di illegittimità costituzionale ma solo quelle che i giudici ritengono “non manifestamente” infondate. Può darsi che tra le altre, quelle che il giudice ha respinto (sbagliando), ce ne fossero di fondate; ma la loro fondatezza non era “manifesta”; e quindi…
Tornando all’art. 18, siccome i criteri di interpretazione giuridica delle leggi questi sono (art. 12 del codice civile), ne deriva che il giudice potrà reintegrare il licenziato solo quando, da subito, senza indagini, senza prove, “manifestamente ”appunto, è sicuro che il motivo economico non sussiste. Se invece dubita, se per decidere deve acquisire prove, allora niente reintegro. E cosa al suo posto? Ma è chiaro, l’indennizzo. E infatti Monti-Fornero lo dicono espressamente: “nelle altre ipotesi”, cioè quando l’insussistenza del motivo economico va accertata con una normale istruttoria dibattimentale (prove, testimonianze, perizie), quando dunque non è “manifesta”, di reintegro non se ne parla. Magari alla fine salterà fuori che il motivo economico non c’è; ma, siccome è stato necessario un vero e proprio processo per rendersene conto, niente reintegro, solo un po’ di soldi.
DA QUI DERIVANO TRE CONSEGUENZE MICIDIALI:
LA PRIMA:
Il reintegro per motivi economici non ci sarà mai. Davvero si può pensare che un’azienda licenzi con motivazioni che da subito, senza alcun dubbio, “manifestamente”, si capisce che sono una palla? Se anche la motivazione economica è infondata, sarà certamente motivata bene; e quindi sarà necessario un normale processo, come si fa sempre. Solo che, a questo punto, l’insussistenza del motivo economico, anche se accertata, non è “manifesta”; e il lavoratore non potrà essere reintegrato.
Il reintegro per motivi economici non ci sarà mai. Davvero si può pensare che un’azienda licenzi con motivazioni che da subito, senza alcun dubbio, “manifestamente”, si capisce che sono una palla? Se anche la motivazione economica è infondata, sarà certamente motivata bene; e quindi sarà necessario un normale processo, come si fa sempre. Solo che, a questo punto, l’insussistenza del motivo economico, anche se accertata, non è “manifesta”; e il lavoratore non potrà essere reintegrato.
LA SECONDA:
I giudici saranno in un mare di guano. Perché, in alcuni casi, l’insussistenza del motivo economico ci sarà; ma, per essere sicuri, un po’ di istruttoria va fatta. Un giudice non può dire: “È così’”. Deve motivare perché è così; e per questo è necessaria l’istruttoria. Ma, se la fa, addio reintegro. Mica male come dilemma.
I giudici saranno in un mare di guano. Perché, in alcuni casi, l’insussistenza del motivo economico ci sarà; ma, per essere sicuri, un po’ di istruttoria va fatta. Un giudice non può dire: “È così’”. Deve motivare perché è così; e per questo è necessaria l’istruttoria. Ma, se la fa, addio reintegro. Mica male come dilemma.
LA TERZA:
A seconda dell’interpretazione che il giudice darà del concetto “manifesta insussistenza” gli diranno che è uno sporco comunista o uno sporco capitalista. Della serie: “Se la mente del giudice funziona, la legge è sempre buona” (Snoopy sul tetto della sua cuccia). “Certo che con questi giudici…; anche le leggi migliori, che il sindacato si è ammazzato per ottenerle (o che il governo si è dannato per scriverle), non funzioneranno mai. La responsabilità per gli errori dei magistrati, ecco quello che ci vuole”.
A seconda dell’interpretazione che il giudice darà del concetto “manifesta insussistenza” gli diranno che è uno sporco comunista o uno sporco capitalista. Della serie: “Se la mente del giudice funziona, la legge è sempre buona” (Snoopy sul tetto della sua cuccia). “Certo che con questi giudici…; anche le leggi migliori, che il sindacato si è ammazzato per ottenerle (o che il governo si è dannato per scriverle), non funzioneranno mai. La responsabilità per gli errori dei magistrati, ecco quello che ci vuole”.
Ma, a questo punto: davvero Camusso & C, Bersani & C, a tutto questo non ci hanno pensato? O si sono accontentati di una (finta) dimostrazione di forza, del tipo: “Abbiamo costretto il governo etc etc; guardate come siamo bravi”?
di Bruno Tinti ( Magistrato)
Vedi anche
Un NO strategico alla riforma del lavoro
sabato 9 giugno 2012
ILLEGGITTIMO IL RIDIMENSIONAMENTO DELLE SCUOLE
Con sentenza depositata il 7 giugno dalla corte costituzionale n. 147/2012 si riconosce l'illegittimità dell'intervento legislativo di luglio, art 19 comma 4 del decreto legge 98 del 2011 , che obbligava le regioni ad accorpare gli istituti comprensivi sotto i 1000 alunni, e le scuole superiori con meno di 600 alunni .
La corte riconosce il ricorso presentato da alcune regioni sostenendo che in questa materia lo stato, in base all'art 117 e 118 della cosituzione non può emanare norme che nel dettaglio riorganizzano le scuole, mentre questi interventi, come sottolineato dalle regioni che hanno fatto ricorso alla corte costituzionale, sono di competenza regionale.
La corte invece riconosce legittima la non assegnazione dei dirigenti scolastici, come prevista dal decreto di luglio ,alle strutture sottodimensionate,in quanto i dirigenti, essendo dipendenti statali, possono essere distribuiti con norme legislative statali.
giovedì 7 giugno 2012
Nessuna (con)FUSIONE, difendere il posto di lavoro!
In questi giorni a Terni si fanno sempre più allarmanti le preoccupazioni dei sindacati per quanto riguarda la decisione che la Commissione Antitrust della Commissione Europea dovrà prendere in merito alla fusione tra Inoxum e la finlandese Outokumpu, in vista dell'incontro - previsto lunedì prossimo - con l'amministratore delegato di TK-Ast M. Pucci, condannato in primo grado a 13 anni e 6 mesi nel processo per la strage di Torino del dicembre 2007 in cui hanno perso la vita 7 nostri compagni di lavoro.
Appare ormai palese la volontà da parte del colosso tedesco dell'acciaio di delocalizzare al più presto la produzione, dopo l'incidente di Torino, che ha fortemente compromesso l'immagine dell'azienda nel nostro Paese. Un piano avviato sin dal 2005 che prevedeva: la chiusura del sito torinese, la cui produzione di inox andava a vantaggio (momentaneo, visti i risultati) del sito ternano, poi rimandato per l'incendio di Krefeld (che distrusse completamente 2 linee produttive senza che vi fosse alcun ferito), che dirottò inaspettatamente a Torino la produzione momentaneamente persa in attesa della ricostruzione degli impianti.
Come lavoratori non possiamo che prendere le difese dei lavoratori ternani e di tutto quel tessuto produttivo strettamente legato, a cui va tutta la nostra solidarietà e vicinanza in questo delicato momento, nonostante l'azienda abbia sempre lavorato per tenere ben separati i due stabilimenti, ennesima dimostrazione di quanto i padroni, per quanto vogliano apparire rassicuranti, partecipi alle sorti della città e dei lavoratori, dietro le quinte lavorano per perseguire il loro vero obiettivo, il profitto.
Ci rivolgiamo quindi a tutti i lavoratori ternani e dell'indotto, rsu e ai sindacalisti più combattivi, ai singoli cittadini, affinché spingano i vertici sindacali a prendere posizioni forti e battagliare contro qualsiasi misura che leda gli interessi dei lavoratori. Cosa che peraltro i lavoratori dell'acciaieria di Terni hanno già fatto con grande forza e determinazione in passato, a difesa del posto di lavoro. E' necessario vigilare sulle scelte del gruppo e agire con risolutezza, senza farsi prendere in giro dai "pompieri di turno" (imparare dagli errori altrui: a Torino i sindacalisti che inducevano alla calma e alla ragione contro le misure più "energiche" prospettate dai lavoratori, erano quelli con il posto di lavoro già in caldo assicurato dalla TK) e, quando necessario, adottare misure che sono "illegali" (del resto Governo e Istituzioni non esitano a rompere la legalità quando devono difendere i loro interessi di cricca), ma del tutto legittime, come l'occupazione dello stabilimento.
La fabbrica appartiene ai lavoratori ternani che all'interno di esso hanno speso, in oltre un secolo di attività, lacrime, sudore e sangue!
Del resto i nomi Thyssen e Krupp non sono nuovi ad atrocità perpetrate nei confronti dei lavoratori: la costruzione dei cannoni (Alfred Krupp) che hanno fatto scempio di milioni di lavoratori nelle due guerre mondiali, il decisivo finanziamento all'ascesa del nazismo (Fritz Thyssen) in chiave antioperaia, sostenuti da altri lungimiranti "magnati" dell'industria tedesca (Bosch, Siemens, Bayer. Per letture più ampie ed argomentate rimandiamo alla lettura de L'(ir)resistibile ascesa di Hitler di K. Gossweiler, Zambon editore e infine la strage di Torino del 2007, senza dimenticare i 3 lavoratori morti a Terni dal 2008 a oggi.
Contro l'arroganza dei padroni contrapporre solidarietà e organizzazione di classe, contro la sfiducia che questo sistema sostiene e promuove in ogni forma e ad ogni livello opporre fiducia in noi stessi e nelle nostre capacità, nella mobilitazione e nel coordinamento tra gli organismi che già oggi si battono contro la deriva in cui ci trascina il capitalismo in declino e per questo sempre più brutale, per la costruzione di una società realmente democratica, ossia che metta al centro gli interessi dei lavoratori e delle loro famiglie (la maggior parte della popolazione).
La difesa, con ogni mezzo, del posto di lavoro, utile e dignitoso per tutti: la sola soluzione possibile (e necessaria) per uscire dalla crisi.
Solidarietà agli operai di Terni e alle loro famiglie!
La strage di Torino insegni: agire prima che sia troppo tardi!
Comunicato Stampa Ex lavoratori ThyssenKrupp Torino, 06/06/2012
lunedì 4 giugno 2012
Il profitto dei padroni, il vero epicentro di tutti i disastri
Ancora una volta ci ritroviamo, dopo l’alluvione che ha colpito la Liguria lo scorso novembre e il terremoto che ha devastato l’Aquila e provincia nel 2009, a dover esprimere vicinanza e solidarietà alle famiglie dei lavoratori duramente colpite nei giorni scorsi dal terremotato in Emilia-Romagna.
Sempre più evidenti appaiono, alla luce di questi tragici eventi, i legami tra crisi economica e, di conseguenza, ambientale, che accomuna queste calamità: scarso rispetto delle norme che regolano le costruzioni antisismiche, Amministrazioni Comunali che non adottano adeguate misure di sicurezza e di evacuazione in caso di rischio sismico o di calamità naturali in generale (sempre più prevedibili), ripresa dell’attività produttiva anche in quei casi in cui il ripetersi delle scosse di assestamento, dovute allo sciame sismico, era sotto gli occhi di tutti e presagiva al peggio.
Ma, come si sa, con la scusa di preservare produttività e occupazione, tutto diventa lecito: anche mettere a repentaglio la vita dei lavoratori, quando in ballo vi sono interessi economici da salvare.
Così a rimetterci la vita sono sempre i lavoratori, ricattati e costretti a lavorare, come successo in Emilia in questi giorni, in capannoni già danneggiati e resi pericolanti dal sisma.
E i risultati di queste scelte criminali non si sono fatti attendere: 24 morti, in gran parte lavoratori, travolti dal crollo di quei capannoni che dovevano essere agibili e sicuri.
Mentre la terra ancora tremava già ai cancelli delle fabbriche apparivano sinistri cartelli in cui si intimava ai lavoratori di riprendere prontamente il lavoro, pena la messa in libertà o la detrazione delle ferie. Ma le misure contro i lavoratori che i padroni adotteranno non si limiteranno soltanto a queste intimidazioni: chissà quante aziende, con il pretesto dei danni subiti dal sisma, coglieranno l’occasione per delocalizzare le produzioni, facilitati in questo compito anche dal credito negato da parte delle banche. Niente crediti, niente ripresa…
Un accorato appello quindi a lavoratori, cittadini, rsu, sindacalisti combattivi della Ducati, della Ferrari e della CNH e delle altre numerose aziende di quel ricco territorio a mobilitarsi prontamente con ogni mezzo per spingere anche i vertici sindacali ad impedire questi scempi. Sicuramente non mancherà loro il sostegno e la solidarietà dei lavoratori e delle popolazioni di tutto il Paese. Sono loro che, con la necessaria mobilitazione popolare, possono e devono imporre invece, misure propositive e alternative a quelle dei soliti speculatori.
Mentre a Roma si sono dilapidate montagne di denaro pubblico nelle sobrie celebrazioni del 2 giugno e contemporaneamente, a Milano, il Comune spendeva 3 milioni di euro per l’ospitalità al Papa, ci chiediamo se non era meglio, per risparmiare risorse economiche preziose, trasmettere in tv la registrazione del 2 giugno celebrato lo scorso anno e destinare parte dei volontari utilizzati per l’accoglienza al Pontefice (ben 7000) ad aiutare ed alleviare le sofferenze e i disagi patiti dalle popolazioni colpite dal sisma in Emilia.
Queste parate, messe in piedi l’una per ricostruire un’unità nazionale (la Festa della Repubblica) ai minimi storici e l’altra quella spirituale (la visita del Papa), ancora più messa in discussione dalle lotte interne al Vaticano a cui assistiamo in questi giorni, ricordano molto gli sfarzi, oggi anacronistici, delle corti imperiali in piena decadenza: fasti e sontuosità nei palazzi e miseria e povertà per le strade. Sia il Pontefice che il Pres. Napolitano avrebbero tutto il potere, le risorse e i mezzi per adottare misure concrete e risolutive per affrontare questa e altre emergenze: altro che l’elemosina di 500000 euro o la “vicinanza morale” e le preghiere offerte dal Papa e dal Presidente della Repubblica! E’ semplicemente una questione di volontà.
Contro la crisi economica, ambientale (e morale) in cui il profitto dei padroni ci sta trascinando occorrono misure immediate: a sostegno del lavoro e mirate ad una ricostruzione immediata delle zone colpite dalle calamità (non solo in Emilia) e del lavoro, utile e dignitoso per tutti, più in generale, specie per donne e giovani; un serio monitoraggio dei rischi in tutto il Paese; la bonifica di tutte le produzioni nocive e pericolose per la popolazione e la loro riconversione a produzioni utili e non dannose; una maggiore tutela del patrimonio urbanistico ed artistico, che oltre a rappresentare gran parte patrimonio della cultura mondiale è anche, per gli operatori del turismo e dell’indotto di quest’ultimo, una preziosa fonte di reddito.
Se non si comincia da subito l’opera di ricostruzione delle zone colpite si rischia il ripetersi del dramma dell’Aquila e della Liguria: prima indebolite e rese fragili dall’incuria, dalla speculazione edilizia e dalla devastazione ambientale, poi abbattute come castelli di carta dalla furia degli elementi e infine, dopo mille promesse di una pronta e migliore ricostruzione, puntellate (L’Aquila) alla meglio e così lasciate, in un limbo che fa venire rabbia al solo pensiero. In attesa di cosa? La ricostruzione promessa? O l’ennesimo sisma che mieta nuove vittime tra gli uomini già duramente provati e spazzi via definitivamente le già precarie costruzioni?
Prendere soluzioni immediate oggi, volte alla salvaguardia della dignità delle persone e del lavoro utile e dignitoso per tutti, significa salvare vite e insieme salvaguardare ambiente e posti di lavoro domani.
In definitiva dipende da noi.
Sempre più evidenti appaiono, alla luce di questi tragici eventi, i legami tra crisi economica e, di conseguenza, ambientale, che accomuna queste calamità: scarso rispetto delle norme che regolano le costruzioni antisismiche, Amministrazioni Comunali che non adottano adeguate misure di sicurezza e di evacuazione in caso di rischio sismico o di calamità naturali in generale (sempre più prevedibili), ripresa dell’attività produttiva anche in quei casi in cui il ripetersi delle scosse di assestamento, dovute allo sciame sismico, era sotto gli occhi di tutti e presagiva al peggio.
Ma, come si sa, con la scusa di preservare produttività e occupazione, tutto diventa lecito: anche mettere a repentaglio la vita dei lavoratori, quando in ballo vi sono interessi economici da salvare.
Così a rimetterci la vita sono sempre i lavoratori, ricattati e costretti a lavorare, come successo in Emilia in questi giorni, in capannoni già danneggiati e resi pericolanti dal sisma.
E i risultati di queste scelte criminali non si sono fatti attendere: 24 morti, in gran parte lavoratori, travolti dal crollo di quei capannoni che dovevano essere agibili e sicuri.
Mentre la terra ancora tremava già ai cancelli delle fabbriche apparivano sinistri cartelli in cui si intimava ai lavoratori di riprendere prontamente il lavoro, pena la messa in libertà o la detrazione delle ferie. Ma le misure contro i lavoratori che i padroni adotteranno non si limiteranno soltanto a queste intimidazioni: chissà quante aziende, con il pretesto dei danni subiti dal sisma, coglieranno l’occasione per delocalizzare le produzioni, facilitati in questo compito anche dal credito negato da parte delle banche. Niente crediti, niente ripresa…
Un accorato appello quindi a lavoratori, cittadini, rsu, sindacalisti combattivi della Ducati, della Ferrari e della CNH e delle altre numerose aziende di quel ricco territorio a mobilitarsi prontamente con ogni mezzo per spingere anche i vertici sindacali ad impedire questi scempi. Sicuramente non mancherà loro il sostegno e la solidarietà dei lavoratori e delle popolazioni di tutto il Paese. Sono loro che, con la necessaria mobilitazione popolare, possono e devono imporre invece, misure propositive e alternative a quelle dei soliti speculatori.
Mentre a Roma si sono dilapidate montagne di denaro pubblico nelle sobrie celebrazioni del 2 giugno e contemporaneamente, a Milano, il Comune spendeva 3 milioni di euro per l’ospitalità al Papa, ci chiediamo se non era meglio, per risparmiare risorse economiche preziose, trasmettere in tv la registrazione del 2 giugno celebrato lo scorso anno e destinare parte dei volontari utilizzati per l’accoglienza al Pontefice (ben 7000) ad aiutare ed alleviare le sofferenze e i disagi patiti dalle popolazioni colpite dal sisma in Emilia.
Queste parate, messe in piedi l’una per ricostruire un’unità nazionale (la Festa della Repubblica) ai minimi storici e l’altra quella spirituale (la visita del Papa), ancora più messa in discussione dalle lotte interne al Vaticano a cui assistiamo in questi giorni, ricordano molto gli sfarzi, oggi anacronistici, delle corti imperiali in piena decadenza: fasti e sontuosità nei palazzi e miseria e povertà per le strade. Sia il Pontefice che il Pres. Napolitano avrebbero tutto il potere, le risorse e i mezzi per adottare misure concrete e risolutive per affrontare questa e altre emergenze: altro che l’elemosina di 500000 euro o la “vicinanza morale” e le preghiere offerte dal Papa e dal Presidente della Repubblica! E’ semplicemente una questione di volontà.
Contro la crisi economica, ambientale (e morale) in cui il profitto dei padroni ci sta trascinando occorrono misure immediate: a sostegno del lavoro e mirate ad una ricostruzione immediata delle zone colpite dalle calamità (non solo in Emilia) e del lavoro, utile e dignitoso per tutti, più in generale, specie per donne e giovani; un serio monitoraggio dei rischi in tutto il Paese; la bonifica di tutte le produzioni nocive e pericolose per la popolazione e la loro riconversione a produzioni utili e non dannose; una maggiore tutela del patrimonio urbanistico ed artistico, che oltre a rappresentare gran parte patrimonio della cultura mondiale è anche, per gli operatori del turismo e dell’indotto di quest’ultimo, una preziosa fonte di reddito.
Se non si comincia da subito l’opera di ricostruzione delle zone colpite si rischia il ripetersi del dramma dell’Aquila e della Liguria: prima indebolite e rese fragili dall’incuria, dalla speculazione edilizia e dalla devastazione ambientale, poi abbattute come castelli di carta dalla furia degli elementi e infine, dopo mille promesse di una pronta e migliore ricostruzione, puntellate (L’Aquila) alla meglio e così lasciate, in un limbo che fa venire rabbia al solo pensiero. In attesa di cosa? La ricostruzione promessa? O l’ennesimo sisma che mieta nuove vittime tra gli uomini già duramente provati e spazzi via definitivamente le già precarie costruzioni?
Prendere soluzioni immediate oggi, volte alla salvaguardia della dignità delle persone e del lavoro utile e dignitoso per tutti, significa salvare vite e insieme salvaguardare ambiente e posti di lavoro domani.
In definitiva dipende da noi.
Torino, 4 giugno 2012 Ex lavoratori ThyssenKrupp Torino
domenica 3 giugno 2012
TFA, aggiornamento faq
Il MIUR, sul sito Cineca, ha aggiornato le FAQ in merito ai Tirocini formativi Attivi. Disponibili altre 6 risposte che di seguito si riportano:
14. Gli studenti in sovrannumero devono sostenere le prove selettive?
No, gli studenti in sovrannumero non devono sostenere le prove selettive e pertanto non devono procedere all´iscrizione on-line. Potranno iscriversi seguendo le procedure amministrative dell´ateneo prescelto.
15. Chi è ammesso in sovrannumero? Sono ammessi in sovrannumero tutti coloro che rientrano nelle categorie previste dall´articolo 19 dal DM 11 novembre 2011, e che hanno sospeso la frequenza, senza alcuna limitazione temporale
16. L´assegno di ricerca è incompatibile con la frequenza di un corso TFA? L´assegno di ricerca non crea incompatibilità con la frequenza di un corso TFA.
17. Sono laureato in ingegneria dell´automazione L/S 29. Tale laurea non è prevista dal DM n. 22/05, né viene considerata titolo di accesso per l´iscrizione al TFA tramite il Cineca. Cosa devo fare?
Per le lauree non previste dal DM. n.39/98 e dal DM. n. 22/05 non è possibile l´iscrizione in quanto non sono state considerate "Titoli di ammissione". Pur tuttavia, se la laurea, nella fattispecie la L/S 29, è stata considerata equipollente ad altra laurea, già riconosciuta come titolo di accesso per una o più classi di concorso, la laurea o le lauree dichiarate equipollenti, alle lauree individuate come "Titoli di ammissione" dal DM. n. 39/98, dovranno in forza della dichiarata equipollenza, prevedere nel piano di studi i corsi annuali o semestrali prescritti dal citato DM. n. 39/98, ovvero i "requisiti minimi" in termini di CFU previsti dal DM. n.22/05.
18. Ogni classe di concorso richiede differenti lauree come titoli di accesso. Quando una laurea non è prevista nel DM 39/98, ed al contempo è dichiarata equipollente ad altro titolo di accesso per una determinata classe di concorso prevista dal citato decreto, si può essere ammessi a sostenere le prove di selezione per quella classe di concorso, essendo in possesso della laurea equipollente? Ogni classe di concorso ammette una o più lauree con specifici piani di studio, quali titoli di accesso per quella determinata classe di concorso. La laurea o le lauree dichiarate equipollenti, alle lauree individuate come "Titoli di ammissione" dal DM. n. 39/98, dovranno in forza della dichiarata equipollenza, prevedere nel piano di studi i corsi annuali o semestrali previsti dal citato decreto, ovvero i CFU previsti dal DM. n.22/05.
19. Sono laureato in Ingegneria Vecchio Ordinamento. Posso accedere alla classe A049?
In forza del D.M. n.354 del 10 agosto 1998, i laureati in ingegneria qualunque indirizzo, possono richiedere l´accesso alla classe di concorso:
47/A- Matematica, se lo specifico piano di studi seguito abbia compreso i corsi annuali (o quattro semestrali) di: analisi matematica I, analisi matematica II, geometria o geometria I, due corsi annuali (o quattro semestrali) tra i seguenti: geometria ed algebra o algebra ed elementi di geometria, calcolo delle probabilità, analisi numerica o calcolo numerico, e due corsi annuali (o quattro semestrali) di: fisica generale.
38/A - Fisica, se il piano di studi abbia compreso due corsi annuali (o quattro semestrali) di: fisica generale.
49/A, sempre relativamente ai laureati in ingegneria senza vincoli di indirizzo, se il piano di studi seguito abbia compreso i corsi annuali (o quattro semestrali) di: analisi matematica I, analisi matematica II, geometria o geometria I, due corsi annuali (o quattro semestrali) tra i seguenti: geometria ed algebra o algebra ed elementi di geometria, calcolo delle probabilità, analisi numerica o calcolo numerico, e due corsi annuali (o quattro semestrali) di: fisica generale.
Resta fermo quanto previsto per i laureati in ingegneria la cui laurea è valido titolo di accesso indipendentemente dal piano di studi seguito purché conseguita entro l´anno accademico 2000-2001.
dalla Gilda degli Insegnanti, 1.6.2012
Il numero degli alunni per classe e le norme da rispettare
Parlano molto chiaramente - su tali questioni - la recente Circolare Ministeriale dedicata agli organici di diritto per il prossimo anno scolastico e l'allegato schema di Decreto Interministeriale. Quest'ultimo, ad esempio, dichiara testualmente che «in presenza di più di due alunni con disabilità per classe, questa deve essere costituita con non più di 20 alunni». Una norma, questa, da tener presente specie nelle scuole superiori, dove troppo spesso si notano classi con più di 2 alunni con disabilità, che superano anche abbondantemente il tetto massimo di 20 alunni. Oltre a un'approfondita analisi della Circolare citata, proponiamo anche alcuni suggerimenti alle famiglie, per eventuali, immediate azioni davanti al proprio TAR di riferimento, per far rispettare le varie norme, sia rispetto al numero degli alunni che per le ore di sostegno
Il Ministero dell'Istruzione ha emanato il 29 marzo scorso la Circolare 25/12, concernente la formulazione degli organici di diritto per il prossimo anno scolastico 2012-2013. In essa viene immediatamente affermato il principio che l'organico di diritto non debba superare la somma dei posti in organico di diritto e di fatto dell'anno scolastico precedente, rinviando eventuali incrementi alla Circolare sull'organico di fatto, come ad esempio quelli relativi alle deroghe per i posti di sostegno, ciò che viene precisato nell'apposito paragrafo (pagina 19 della Circolare 25/12).
Riteniamo poi particolarmente importante che sin dall'inizio venga richiamato l'obbligo di attenersi alle disposizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 81/09, che contiene i tetti massimi per la formazione delle prime classi delle scuole di ogni ordine e grado. Va qui sottolineato che all'articolo 5, comma 2, quello stesso DPR stabilisce che «di norma» tutte le prime classi frequentate da alunni con disabilità «non debbono avere più di 20 alunni».
Il termine «di norma» consente per altro delle «eccezioni», previste dall'articolo 4 del medesimo DPR, per tutte le prime classi - comprese quelle con alunni con disabilità - sino al 10%. Ciò significa che al massimo le prime classi con alunni con disabilità non devono superare i 22 alunni.
Tornando inoltre al già citato paragrafo della Circolare, dedicato ai Posti di sostegno, anche lì vi si raccomanda «la massima attenzione nella costituzione delle classi con alunni disabili, nel senso di limitare, per quanto possibile, in presenza di grave disabilità, la formazione delle stesse con più di 20 alunni».
Riteniamo poi particolarmente importante che sin dall'inizio venga richiamato l'obbligo di attenersi alle disposizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 81/09, che contiene i tetti massimi per la formazione delle prime classi delle scuole di ogni ordine e grado. Va qui sottolineato che all'articolo 5, comma 2, quello stesso DPR stabilisce che «di norma» tutte le prime classi frequentate da alunni con disabilità «non debbono avere più di 20 alunni».
Il termine «di norma» consente per altro delle «eccezioni», previste dall'articolo 4 del medesimo DPR, per tutte le prime classi - comprese quelle con alunni con disabilità - sino al 10%. Ciò significa che al massimo le prime classi con alunni con disabilità non devono superare i 22 alunni.
Tornando inoltre al già citato paragrafo della Circolare, dedicato ai Posti di sostegno, anche lì vi si raccomanda «la massima attenzione nella costituzione delle classi con alunni disabili, nel senso di limitare, per quanto possibile, in presenza di grave disabilità, la formazione delle stesse con più di 20 alunni».
Tale disposizione, per altro, rinvia implicitamente alla Circolare Ministeriale 63/11, secondo la quale una prima classe non può avere più di 20 alunni in presenza di uno con certificazione di "gravità" (articolo 3, comma 3 della Legge 104/92) o di due "non gravi" (articolo 3, comma 1 della medesima Legge 104/92).
Si passi ora a esaminare il primo paragrafo della Circolare, quello concernente le Procedure (pagine 5-6), ove è importante una disposizione che consente la riduzione del numero di alunni per classe in casi particolari, così come segue: «Particolare attenzione dovrà essere riservata alle condizioni di disagio legate a specifiche situazioni locali, riguardanti i comuni montani e le piccole isole, la limitata capienza delle aule, il rispetto delle norme sulla sicurezza, le aree con elevati tassi di dispersione e di abbandono e quelle con un rilevante numero di alunni di cittadinanza non italiana [grassetti del curatore nella citazione, N.d.R.]».
Il documento si articola poi per gradi di scuola. Ad esempio nel paragrafo riguardante la Scuola dell'Infanzia (pagine 6-7), sono previste priorità per alcuni alunni, in caso di eccesso di iscrizioni. Esse riguardano esattamente coloro che compiono i 3 anni entro il 31 dicembre 2012, rispetto a quanti - compiendoli entro il 30 aprile 2013 - vorrebbero anticipare la frequenza. E anche gli alunni che hanno frequentato nell'anno precedente le cosiddette "Sezioni primavera".
Manca tuttavia un riferimento esplicito agli alunni certificati con grave disabilità che - ai sensi dell'articolo 3, comma 3 della Legge 104/92 - hanno diritto di precedenza nell'accesso ai servizi previsti da quella stessa Legge, tra cui quello scolastico. Tale precedenza è da ritenersi valida certamente rispetto ai compagni che compiono i 3 anni non solo entro il 30 aprile 2013, ma anche entro il 31 dicembre 2012, mentre si deve supporre che essa non possa operare nei confronti dei compagni che già provengono da una "Sezione primavera".
Se poi rispetto ai paragrafi concernenti la Scuola primaria (pagine 7-9) e quella Secondaria di I grado (pagine 9-11), nulla vi è da eccepire, nel caso invece di classi della Scuola secondaria di II grado (le ex Superiori, pagine 11-18), la Circolare stabilisce che per quelle successive alla prima - qualora il numero medio di alunni sia inferiore a 22 - si debba procedere a una redistribuzione, in modo tale da avere classi sino a un massimo di 30 alunni.
A tal proposito è da ritenere però che se le classi provengono da prime formate con il tetto massimo di 20 alunni, perché frequentate da alunni con disabilità, il numero di tali alunni non possa superare - nemmeno in tale circostanza - il numero di 22, per la logica secondo cui non avrebbe senso stabilire la formazione di prime classi con un tetto massimo che poi però possa essere sforato sino a 30.
Un successivo paragrafo della Circolare, infine, riguarda la dotazione degli organici preso i Centri Territoriali Permanenti per l'Educazione degli Adulti (pagina 18), di cui al Decreto Ministeriale del 25 ottobre 2007, emanato in applicazione dell'articolo 1, comma 632 della Legge 296/06 (Finanziaria per il 2007). In esso manca qualunque riferimento agli alunni con disabilità e tuttavia - siccome all'inizio della Circolare era stato richiamato il DPR 81/09 - è da ritenere che anche a queste classi si applichi il tetto previsto dall'articolo 5 di quello stesso DPR.
Inoltre è da ricordare che già l'Ordinanza Ministeriale 455/97 - richiamata espressamente dalla Sentenza della Corte Costituzionale 226/01 - aveva stabilito che anche nelle classi dei corsi per gli adulti spettassero delle ore di sostegno agli alunni con disabilità. E queste - secondo la già citata Legge 296/06 (articolo 1, comma 605, lettera b) - devono corrispondere alle loro «effettive esigenze».
L'allegato schema di Decreto InterministerialeVa anche opportunamente sottolineato che lo schema di Decreto Interministeriale di prossima registrazione alla Corte dei Conti e trasmesso con la stessa Circolare 25/12, stabilisce in modo tassativo (articolo 12, comma 7) che «in presenza di più di due alunni con disabilità per classe, questa deve essere costituita con non più di 20 alunni».
Tale norma dev'essere tenuta presente specie nelle scuole superiori, dove troppo spesso si notano classi con più di 2 alunni con disabilità, che superano anche abbondantemente il tetto massimo di 20 alunni.
SuggerimentiIn conclusione si invitano da una parte i Dirigenti Scolastici a pretendere dagli Uffici Scolastici Regionali il rispetto di tutte le norme sopra citate, con la riduzione del numero degli alunni o l'eventuale sdoppiamento di classe in caso di eccesso.
Si invitano dall'altra parte le famiglie a chiedere ai Dirigenti Scolastici di conoscere - possibilmente per iscritto e prima dell'inizio dell'anno scolastico - se le classi sono state formate nel rispetto di quanto stabilito dalla Circolare 25/12 e dall'allegato Decreto Interministeriale. Ciò al fine di eventuali, immediate azioni davanti al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), per il rispetto di quelle stesse norme.
*Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento del'Handicap). Responsabile del Settore Legale dell'Osservatorio Scolastico dell'AIPD (Associazione Italiana Persone Down). Il presente testo riadatta una scheda già pubblicata nel sito dell'AIPD, per gentile concessione.
Si passi ora a esaminare il primo paragrafo della Circolare, quello concernente le Procedure (pagine 5-6), ove è importante una disposizione che consente la riduzione del numero di alunni per classe in casi particolari, così come segue: «Particolare attenzione dovrà essere riservata alle condizioni di disagio legate a specifiche situazioni locali, riguardanti i comuni montani e le piccole isole, la limitata capienza delle aule, il rispetto delle norme sulla sicurezza, le aree con elevati tassi di dispersione e di abbandono e quelle con un rilevante numero di alunni di cittadinanza non italiana [grassetti del curatore nella citazione, N.d.R.]».
Il documento si articola poi per gradi di scuola. Ad esempio nel paragrafo riguardante la Scuola dell'Infanzia (pagine 6-7), sono previste priorità per alcuni alunni, in caso di eccesso di iscrizioni. Esse riguardano esattamente coloro che compiono i 3 anni entro il 31 dicembre 2012, rispetto a quanti - compiendoli entro il 30 aprile 2013 - vorrebbero anticipare la frequenza. E anche gli alunni che hanno frequentato nell'anno precedente le cosiddette "Sezioni primavera".
Manca tuttavia un riferimento esplicito agli alunni certificati con grave disabilità che - ai sensi dell'articolo 3, comma 3 della Legge 104/92 - hanno diritto di precedenza nell'accesso ai servizi previsti da quella stessa Legge, tra cui quello scolastico. Tale precedenza è da ritenersi valida certamente rispetto ai compagni che compiono i 3 anni non solo entro il 30 aprile 2013, ma anche entro il 31 dicembre 2012, mentre si deve supporre che essa non possa operare nei confronti dei compagni che già provengono da una "Sezione primavera".
Se poi rispetto ai paragrafi concernenti la Scuola primaria (pagine 7-9) e quella Secondaria di I grado (pagine 9-11), nulla vi è da eccepire, nel caso invece di classi della Scuola secondaria di II grado (le ex Superiori, pagine 11-18), la Circolare stabilisce che per quelle successive alla prima - qualora il numero medio di alunni sia inferiore a 22 - si debba procedere a una redistribuzione, in modo tale da avere classi sino a un massimo di 30 alunni.
A tal proposito è da ritenere però che se le classi provengono da prime formate con il tetto massimo di 20 alunni, perché frequentate da alunni con disabilità, il numero di tali alunni non possa superare - nemmeno in tale circostanza - il numero di 22, per la logica secondo cui non avrebbe senso stabilire la formazione di prime classi con un tetto massimo che poi però possa essere sforato sino a 30.
Un successivo paragrafo della Circolare, infine, riguarda la dotazione degli organici preso i Centri Territoriali Permanenti per l'Educazione degli Adulti (pagina 18), di cui al Decreto Ministeriale del 25 ottobre 2007, emanato in applicazione dell'articolo 1, comma 632 della Legge 296/06 (Finanziaria per il 2007). In esso manca qualunque riferimento agli alunni con disabilità e tuttavia - siccome all'inizio della Circolare era stato richiamato il DPR 81/09 - è da ritenere che anche a queste classi si applichi il tetto previsto dall'articolo 5 di quello stesso DPR.
Inoltre è da ricordare che già l'Ordinanza Ministeriale 455/97 - richiamata espressamente dalla Sentenza della Corte Costituzionale 226/01 - aveva stabilito che anche nelle classi dei corsi per gli adulti spettassero delle ore di sostegno agli alunni con disabilità. E queste - secondo la già citata Legge 296/06 (articolo 1, comma 605, lettera b) - devono corrispondere alle loro «effettive esigenze».
L'allegato schema di Decreto InterministerialeVa anche opportunamente sottolineato che lo schema di Decreto Interministeriale di prossima registrazione alla Corte dei Conti e trasmesso con la stessa Circolare 25/12, stabilisce in modo tassativo (articolo 12, comma 7) che «in presenza di più di due alunni con disabilità per classe, questa deve essere costituita con non più di 20 alunni».
Tale norma dev'essere tenuta presente specie nelle scuole superiori, dove troppo spesso si notano classi con più di 2 alunni con disabilità, che superano anche abbondantemente il tetto massimo di 20 alunni.
SuggerimentiIn conclusione si invitano da una parte i Dirigenti Scolastici a pretendere dagli Uffici Scolastici Regionali il rispetto di tutte le norme sopra citate, con la riduzione del numero degli alunni o l'eventuale sdoppiamento di classe in caso di eccesso.
Si invitano dall'altra parte le famiglie a chiedere ai Dirigenti Scolastici di conoscere - possibilmente per iscritto e prima dell'inizio dell'anno scolastico - se le classi sono state formate nel rispetto di quanto stabilito dalla Circolare 25/12 e dall'allegato Decreto Interministeriale. Ciò al fine di eventuali, immediate azioni davanti al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), per il rispetto di quelle stesse norme.
*Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento del'Handicap). Responsabile del Settore Legale dell'Osservatorio Scolastico dell'AIPD (Associazione Italiana Persone Down). Il presente testo riadatta una scheda già pubblicata nel sito dell'AIPD, per gentile concessione.
sabato 2 giugno 2012
I BENI COMUNI NON SI... VENDOLA
Il Comitato Pugliese “Acqua Bene Comune” – Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua ha appreso dalla stampa l’orientamento che la Regione Puglia starebbe
assumendo rispetto alla privatizzazione dei servizi pubblici.
Il Presidente della Regione, in due interviste apparse di recente sui giornali
locali, afferma che entro dicembre sarà definito l’ingresso dei privati nella gestione dei rifiuti, dei trasporti e perfino dell’acqua, in ottemperanza a una non meglio precisata normativa nazionale.
Tale affermazione suona come un’offesa a tutti quei cittadini/e che, in Puglia
come in tutto il Paese, con il referendum dell’anno scorso hanno ribadito di
voler salvaguardare il carattere pubblico dei beni comuni contro ogni processo
di mercificazione e di profitto.
Né può avere senso giuridico e politico l’annuncio di una legge regionale con
cui si metterebbe “in sicurezza la natura pubblica dei servizi locali” tutelandone contemporaneamente la privatizzazione.
Questa “nuova” narrazione ci sembra davvero fantasiosa.
In realtà, con questa posizione il Presidente Vendola contraddice le sue numerose precedenti affermazioni e gli atti stessi del governo regionale ponendo, di fatto, un macigno sull’interlocuzione che, pur non sempre facile e
fluida, era intercorsa con il movimento dell’acqua bene comune.
Il Comitato Pugliese ne prende atto e sente il dovere di intensificare, a
maggior ragione e con più vigore, il proprio impegno affinché la volontà popolare, da più parti minacciata e vilipesa, sia rispettata.
In quest’ottica investirà della questione tutti i Comuni della Regione Puglia
che, insieme ai cittadini, saranno i primi a subire le conseguenze della
“cessazione delle municipalizzate e dell’apertura del mercato ai privati”
annunciata dal Presidente della Regione.
Rispetto a questo, e partendo proprio dalle dichiarazioni del Sindaco di Bari
secondo le quali “l’amministrazione intende rispettare pienamente la volontàpopolare espressa attraverso il voto referendario” , chiediamo ufficialmente all’Amministrazione di BARI,attraverso il Coordinamento degli EE. LL. per la ripubblicizzazione del S.I.I.,di promuovere al più presto un incontro programmatico con i Comuni pugliesi perla difesa e la ripubblicizzazione di tutti i servizi pubblici locali (a partire dal servizio idrico integrato), ovvero la loro gestione attraverso soggetti di diritto pubblico con partecipazione sociale.
Perché si scrive Acqua e si legge Democrazia.
Comitato pugliese “Acqua Bene Comune” – Forum dei Movimenti per l’Acqua
assumendo rispetto alla privatizzazione dei servizi pubblici.
Il Presidente della Regione, in due interviste apparse di recente sui giornali
locali, afferma che entro dicembre sarà definito l’ingresso dei privati nella gestione dei rifiuti, dei trasporti e perfino dell’acqua, in ottemperanza a una non meglio precisata normativa nazionale.
Tale affermazione suona come un’offesa a tutti quei cittadini/e che, in Puglia
come in tutto il Paese, con il referendum dell’anno scorso hanno ribadito di
voler salvaguardare il carattere pubblico dei beni comuni contro ogni processo
di mercificazione e di profitto.
Né può avere senso giuridico e politico l’annuncio di una legge regionale con
cui si metterebbe “in sicurezza la natura pubblica dei servizi locali” tutelandone contemporaneamente la privatizzazione.
Questa “nuova” narrazione ci sembra davvero fantasiosa.
In realtà, con questa posizione il Presidente Vendola contraddice le sue numerose precedenti affermazioni e gli atti stessi del governo regionale ponendo, di fatto, un macigno sull’interlocuzione che, pur non sempre facile e
fluida, era intercorsa con il movimento dell’acqua bene comune.
Il Comitato Pugliese ne prende atto e sente il dovere di intensificare, a
maggior ragione e con più vigore, il proprio impegno affinché la volontà popolare, da più parti minacciata e vilipesa, sia rispettata.
In quest’ottica investirà della questione tutti i Comuni della Regione Puglia
che, insieme ai cittadini, saranno i primi a subire le conseguenze della
“cessazione delle municipalizzate e dell’apertura del mercato ai privati”
annunciata dal Presidente della Regione.
Rispetto a questo, e partendo proprio dalle dichiarazioni del Sindaco di Bari
secondo le quali “l’amministrazione intende rispettare pienamente la volontàpopolare espressa attraverso il voto referendario” , chiediamo ufficialmente all’Amministrazione di BARI,attraverso il Coordinamento degli EE. LL. per la ripubblicizzazione del S.I.I.,di promuovere al più presto un incontro programmatico con i Comuni pugliesi perla difesa e la ripubblicizzazione di tutti i servizi pubblici locali (a partire dal servizio idrico integrato), ovvero la loro gestione attraverso soggetti di diritto pubblico con partecipazione sociale.
Perché si scrive Acqua e si legge Democrazia.
Comitato pugliese “Acqua Bene Comune” – Forum dei Movimenti per l’Acqua
2 GIUGNO: PARATI A LUTTO ? NO PARATA MILITARE. NAPOLITANO PEGGIO DI LEONE.
Leone e Forlani dissero di no alla parata militare dopo il terremoto del Friuli, forse perché i democristiani qualche scrupolo lo avevano o più probabilmente perché il movimento dei lavoratori e i ceti popolari erano molto più forti allora.
Il Presidente Napolitano dice di si, il contabile delle banche d’affari, Monti, non ha nulla da dire, quando si tratta di tagliare, i destinatari per questo signore possono essere solo i ceti sociali popolari.
Se si propone di tagliare la parata militare, Napolitano dice che è demagogia, se si propone di cancellare il finanziamento ai partiti per dare i soldi ai terremotati Napolitano dice che è populismo, se si chiede di cancellare le missioni militari all’estero, di tagliare gliF35, Napolitano dice che gli impegni vanno rispettati.
Quando poi si tratta di prendere i soldi la parte del leone la fa il prescelto Monti, che per il terremoto ha avuto un’idea originale:mettere nuove tasse sulla benzina. IMU,Lavoro, Pensioni, Benzina, ma che fantasia finanziaria!
E’ la cultura del banchiere che fa male (ma tanto male) all’Italia che lavora.
Militari, speculatori, evasori, finanzieri, industriali, possono stare tranquilli, dal ticket Napoletano, Monti, non avranno noie.
Intanto i lavoratori costretti dalle condizioni sociali (chi è precario non può mai dire di no) a tornare al lavoro, muoiono sotto i capannoni industriali a "risparmio sismico".
Operai mandati a morire perché i padroni non volevano perdere le commesse. Hanno saltato i controlli dei Comuni con una perizia di parte: 29 maggio BbG srl ai clienti sulla homepage “La nostra azienda ha subito danni che non sono ancora stati classificati dalla Protezione Civile”; 24 maggio “Siamo lieti di comunicare che la nostra azienda potrà riprendere la normale attività il 28 maggio”; il 29 maggio il terremoto uccide 3 operai.
A Spoleto i precari IMS non servono più e i contratti non sono stati rinnovati, i lavoratori che hanno un contratto sono in cassa integrazione.
La società governata dal punto di vista degli industriali e dei banchieri torna (senza opposizione politica e sindacale) a ridurre a pura merce il lavoro, che si acquista e si disfa secondo gli ordini del mercato finanziario.
E’ l’idea classista che governa l’Italia ( e non solo ovviamente),altro che morte delle ideologie, oggi più che mai negli ultimi cento anni, il capitale regna impunemente.
Agli operai, ai pensionati, ai giovani disoccupati, resta l’unica scelta possibile, tornare a lottare, per difendere la propria condizione sociale e per aprire un nuovo ciclo di lotte, per una società incardinata sui principi dell’uguaglianza e della libertà.
Associazione Culturale CASA ROSSA