Se siete insegnanti o i genitori di bambini di 10 anni e abitate nei dintorni di Roma, nella scorsa primavera potreste aver ricevuto una comunicazione: INVALSI aveva selezionato proprio il vostro istituto per partecipare ad un’indagine OCSE sulla misura delle competenze socio-emozionali dei bambini italiani. Come già accaduto per lo studio esplorativo sulla prontezza scolastica di bambini di 4-5 anni (progetto INVALSI VIPS) il sito ufficiale dell’INVALSI non riporta alcuna informazione. Soltanto navigando nella sezione ”Amministrazione trasparente” (come dire, laddove non è possibile farne a meno per obblighi di legge), si ritrovano alcuni acronimi chiaramente collegati all’OCSE: “OECD- SSES” o “OCSE -LSEC”. Sono progetti che prevedono la valutazione di alcuni tratti della personalità di bambini e adolescenti (6, 10, 12 e 15 anni). Nel rapporto “Skills for social progress”, l’OCSE menziona la “necessità di sviluppare/promuovere un bambino “talentuoso, motivato, determinato e socievole”, che “affronterà meglio le tempeste dell’esistenza, avrà prestazioni lavorative migliori e, di conseguenza, una vita di successo”. Secondo un altro documento OCSE: “la maggior parte dei dati in letteratura sulla salute mentale e il benessere emotivo[..] riguardano adolescenti, ma non esaminano bambini al di sotto dei 12 anni [..]. Risulta difficile, in quel caso, acquisire il consenso dei genitori a partecipare.”. Per questo “sarà estremamente utile sviluppare indicatori o indagini capaci di cogliere meglio lo stato di benessere emotivo, in maniera comparabile tra paesi differenti, specie su bambini più piccoli”. L’utopia economico-pedagogica è evidente: costruire un mondo di personalità perfettamente comprensibili, classificabili, prevedibili. Solo un bambino sano e felice darà luogo ad una famiglia armoniosa e stabile. Incrociando i dati di famiglie, studenti, scuole e territorio, sarà possibile identificare “le pratiche genitoriali e gli ambienti familiari domestici che favoriscono le character skills”, i curricoli scolastici e le metodologie pedagogiche più efficaci, oltre che le “risorse delle comunità [capaci] di arricchire la società e produrre cittadini attivi”. Ma torniamo a noi. Possiamo pensare che una circolare scolastica basti per informare le famiglie su un progetto che studia i tratti psico-comportamentali di bambini e adolescenti? Il nostro Ministro conferisce all’INVALSI un mandato istituzionale talmente ampio da permettergli di decidere unilateralmente l’adesione a ricerche di tipo psicometrico di ogni sorta? Ma, soprattutto, esistono punti di contatto, raccordi o eventuali progetti futuri che colleghino le misurazioni delle competenze socio-emozionali svolte su campioni di studenti italiani ai test INVALSI nazionali?
Questo post è il primo dei tre  dedicati alla nuova “misura” delle soft skills messa in piedi dall’OCSE e avallata dall’INVALSI. La seconda parte qui.
Se siete insegnanti o i genitori di bambini di 10 anni e abitate nei dintorni di Roma, nella scorsa primavera potreste aver ricevuto una comunicazione.
L’INVALSI potrebbe aver selezionato proprio il vostro istituto per partecipare ad un’indagine internazionale di cui probabilmente non eravate a conoscenza.  Non dubitiamo che le scuole scelte si siano adoperate diligentemente a fornire “delucidazioni” (vedi figura) riguardo a quello che – di punto in bianco – voi e i vostri studenti (o figli) sareste stati invitati a fare. È un meccanismo ormai consolidato da anni, al quale gli insegnanti e i presidi sembrano non fare nemmeno più caso: INVALSI chiama, scuola risponde. Sembra proprio che l’Organizzazione internazionale per lo Sviluppo e la Cooperazione Economica (OCSE) e il nostro Istituto di valutazione abbiano avviato un’indagine sulla misura delle competenze socio-emozionali dei bambini italiani[1].
Approfondiamo.
Come già accaduto per un altro studio esplorativo (test sulla prontezza scolastica di bambini di 4-5 anni, progetto INVALSI VIPS) il sito ufficiale dell’INVALSI non riporta alcuna informazione a riguardo. Non se ne parla nella sezione “indagini internazionali”, dove ci aspetteremmo di trovarlo insieme alle prove PISA-OCSE gestite dall’Istituto. Non se ne parla nella sezione “ricerche nazionali”, pur essendo il progetto rivolto anche a studenti, scuole e famiglie italiane. Non se ne parla nella sezione dedicata ai finanziamenti europei, in cui forse avremmo potuto trovarne notizia (con quali fondi sarà finanziato?). Niente.
Soltanto navigando nella sezione ”Amministrazione trasparente” (come dire, laddove non è possibile farne a meno per obblighi di legge), tra i bandi di selezione di collaborazioni esterne, si ritrovano alcuni acronimi incomprensibili ma chiaramente collegati all’OCSE. Si ricercano esperti per l’affidamento di incarichi connessi a non precisate indagini “OECD- SSES” (proprio quella di Fig.1) o “OCSE -LSEC”[2]. Guidati da queste due arcane sigle, proviamo a capirci qualcosa.
Cercando in rete[3] sembrerebbero due i progetti OCSE ai quali l’Italia aderisce tramite INVALSI – e dunque Ministero dell’Istruzione – senza alcuna condivisione pubblica[4]. Entrambi i progetti prevedono la valutazione di alcuni tratti della personalità di bambini e adolescenti (6, 10, 12 e 15 anni).
Questo post è dedicato alle socio-emotional skills (o soft skills) -le competenze socio-emozionali – e alla loro conquista dell’istruzione, ed è organizzato in tre parti.
1) Nella prima parte, proveremo a fare una sintesi degli studi OCSE-INVALSI che intendono misurare le competenze socio-emozionali (socio-emotional skills, character skills) su bambini e adolescenti italiani.
2) Nella seconda parte, vedremo che le soft skills sono interpretate, da una certa letteratura scientifica, come sempre più determinanti e correlate allo sviluppo cognitivo, al successo lavorativo e a particolari comportamenti da adulti, ritenuti socialmente desiderabili.
3) Infine, nella terza parte, proveremo noi ad ipotizzare una correlazione: quella tra i recenti trend di ricerca internazionali- che ci vedono coinvolti – ed alcuni quesiti del questionario studente degli ultimi  test INVALSI 2018.
Parte 1
Le emozioni targate OCSE-INVALSI: gli studi sulle socio-emotional skills.
Nel 2014 ha fatto scalpore una lettera inviata ad Andreas Schleicher, direttore del Dipartimento Education and Skills dell’OCSE e del programma PISA, i test sulle competenze dei 15enni in circa 80 paesi nel mondo. Diversi scienziati e ricercatori manifestavano profonda preoccupazione per la crescente ingerenza dei risultati e delle classifiche con gli esiti dei test sulle politiche e sulle pratiche scolastiche di ogni paese. Un vero e proprio “PISA shock” per i sistemi di istruzione, una competizione educativa globale. Tra i numerosi rischi evidenziati dagli studiosi in quella lettera, uno era quello di portare l’istruzione a focalizzarsi solo su un ristretto numero di aspetti misurabili in maniera quantitativa, tralasciando aspetti non quantificabili: lo sviluppo morale, civico, artistico o sociale. Ebbene, mai mettere in dubbio la capacità di costruire indicatori o test psicometrici, per i tecnici dell’OCSE: “misurare le competenze sociali ed emozionali è arduo, ma possibile e affidabile”[5], ci assicurano.
Il territorio verso cui l’Organizzazione ha diretto la sua imponente colonizzazione è il pianeta delle “soft skills”[6]. Competenze socio-emotive o non cognitive: quei particolari “set”[7]di atteggiamenti, comportamenti, manifestazioni della personalità che si afferma di poter misurare. D’altra parte, il termine soft skills serve proprio a rimarcare la distinzione con tutto ciò che non è hard skills: abilità cognitiva di tipo linguistico, numerico o grafico-analitico, ad esempio. Per le hard skills l’OCSE si è attrezzata da tempo. 18 anni di valutazioni globali a colpi di test PISA da Finlandia a Singapore hanno oramai contribuito a far assimilare l’idea che si possano misurare e confrontare (proprio come il peso, l’ altezza e il giro-vita) le competenze matematiche, linguistiche e scientifiche dei 15enni di tutto il mondo.  Le hard skillsrappresentano il passato. Il futuro è delle soft skills.
Basta scorrere il sito dell’OCSE per rendersene conto. Il tema delle competenze socio-emozionali è vastissimo e tentacolare. Occupa decine e decine di resoconti, brochures, executive summaries o video sparsi tra le varie sezioni dell’OCSE – Education.  Il Centro di ricerca ed innovazione educativa dedica diversi studi alle soft skills: l’indagine sulle Socio Emotional Skills, o su  “I bambini del 21esimo secolo”, per citarne solo due. Nell’ambito del progetto di ricerca sull’educazione e progresso sociale, ad esempio, un contributo dal titolo quasi beffardo ammonisce: “Promessa e paradosso: Misura delle competenze non cognitive e dell’impatto sull’istruzione”.
Nel rapporto “Skills for social progress” [8] , si racconta che nel 2014, durante un “meeting ministeriale OCSE informale”[9] tenutosi in Brasile, diversi policy makers e Ministri dell’Istruzione di alcuni paesi membri abbiano concordato sulla “necessità di sviluppare/promuovere un bambino completo (whole child) con un set equilibrato di competenze cognitive, sociali ed emozionali”. Un bambino “talentuoso, motivato, determinato e socievole”, che “affronterà meglio le tempeste dell’esistenza, avrà prestazioni lavorative migliori e, di conseguenza, una vita di successo”[10].
“La personalità conta”, ribadisce ancora l’OCSE nel 2017[11]. E’ per questo che va studiata, misurata e messa a valore.  Non esiste alcun set cristallizzato di attitudini o inclinazioni, anzi. Alcune soft skills sono duttili specie nei primi anni di vita. “Skills beget skills”[12]: le competenze generano competenze. Un prezioso capitale individuale e sociale, che si accumula e cresce in maniera virtuosa, a patto che si intervenga tempestivamente ed in maniera appropriata, per suscitare le giuste competenze. Fin dalla prima infanzia.
Nel 2018, nell’ambito della ricerca sui “Bambini del 21° secolo”, un rapporto sul benessere emotivo degli adolescenti[13] ci offre una chiave di lettura apparentemente inconfutabile e di tipo medico-psicologico. La tesi dell’Organizzazione internazionale (in estrema sintesi) sembra essere questa: i nostri ragazzi sono sempre più fragili e problematici[14]; scuola, famiglia e ambiente hanno un impatto determinante sul benessere dei giovani; all’OCSE, a famiglie ed educatori, sta certamente a cuore il loro star bene, fondamentale per l’intera società. Ergo, è necessario promuovere strategie e strumenti per intervenire e migliorare il benessere dei piccoli. Ma come si misura il benessere? Con appositi strumenti per la valutazione delle competenze socio-emotive, ad esempio.  E’ questa la catena di inferenze sostenute che, a partire da una “diagnosi” (i ragazzi manifestano malessere sotto diverse forme) assunta come dato A-storico, A-politico e non contestualizzato socio-geograficamente, porta dritti a concordare con la “terapia” OCSE. Ossia essere in grado di misurare, classificare e comparare su scala globale le competenze socio-emozionali di bambini e adolescenti, per poi intervenire per incrementarle.
Prima è meglio è, si sottolinea: “la maggior parte dei dati in letteratura sulla salute mentale e il benessere emotivo[..] riguardano adolescenti, ma non esaminano bambini al di sotto dei 12 anni [..]. Risulta difficile, in quel caso, acquisire il consenso dei genitori a partecipare..”[15]. Per questo “sarà estremamente utile sviluppare indicatori o indagini capaci di cogliere meglio lo stato di benessere emotivo, in maniera comparabile tra paesi differenti, specie su bambini più piccoli”[16] .
I due studi OCSE-INVALSI che coinvolgono i bambini italiani
Nella cornice appena schematizzata si collocano i due studi ai quali il nostro paese aderisce, in stretta relazione tra loro:
a) il primo è l’indagine OCSE- SSES (Study of Social and Emotional Skills) già avviata (si riveda la figura 1) che misurerà le cosiddette “big five skills” (su cui torneremo in seguito) di bambini di 10 anni e ragazzini di 15;
b) il secondo è l’indagine OECD-LSEC (Longitudinal study of Socio-Emotional skills in the Cities), mirata a valutare alcune soft skillsselezionate[17] su bambini di 6 e 12 anni, e partirà a breve.
Proviamo a sintetizzarli uno per uno.
a) L’indagine OCSE-SSES, per la quale l’INVALSI ha avviato proprio di recente la procedura di selezione di un esperto, è lo “studio delle competenze socio-emotive degli studenti”, ed è già partita (Fig. 2) [18].
L’INVALSI ha contattato i presidi, i presidi gli insegnanti e, infine, i genitori e gli studenti selezionati. Obiettivo: misurare particolari soft skills a 10 e 15 anni.
Disegnata e progettata a partire dal 2017, l’indagine SSES si concluderà nel 2020[19].  Bambini, genitori, insegnanti e presidi sono e saranno coinvolti (presumibilmente nelle fasi successive) attraverso questionari a cui rispondere esprimendo il loro grado di “sintonia”  (dal totale disaccordo al totale accordo su una scala di Likert 5 livelli) [20] con una serie di affermazioni, che misureranno particolari competenze emotive. I dati, raccolti in modo triangolare[21] (studente, scuola, famiglia), renderanno più efficace – perché multiprospettica – la misura delle personalità. Le soft skills oggetto dell’indagine si riconducono a quelle che la letteratura[22] chiama “big five”(Fig.3)[23] , di cui parleremo a più riprese nelle altre parti del post.
Performatività, regolazione delle emozioni, collaborazione, apertura mentale, impegno con gli altri. Questi i 5 macro-domini indagati: le “dimensioni di base di una personalità normale”[24], secondo l’OCSE.  Da ciascuna di esse fioriscono “caratteristiche della personalità di ordine secondario, o sfaccettature”[25], che permettono misurazioni più accurate. Alle big five, nello schema immaginato dall’Organizzazione e dai paesi partecipanti allo studio, sono state aggiunte tre competenze “composte”[26]: pensiero critico, metacognizione, autoefficacia[27].
La tassonomia di competenze culturali, psicologiche e comportamentali, proposta con gentilezza e a colori, rappresenta il “lato buono e umano” del liberismo scolastico. Nessuno stupore, quindi, nello scoprire che “pensiero critico” diventi l’ennesima competenza da misurare. Un pensiero per assurdo definito “critico”, messo fuori gioco dal quadro stesso in cui è collocato, che va quindi subito abituato a non criticare e non dissentire. Piuttosto, a rispondere nel modo giusto ai questionari. Il criterio di interpretazione di cose e fatti educativi, siano essi cognitivi o emotivi, oramai è uno solo: quello della quantificazione in vista di un obiettivo di performance. Che si tratti di matematica o di “pensiero critico”, appunto, non fa drammaticamente più alcuna differenza.
Le soft skills scelte soddisfano una serie di requisiti fondamentali per l’OCSE, essenziali per uno studio di tipo psicometrico su scala globale e cross-culturale:
sono sufficientemente ampie e bilanciate – come dire, coprono l’intera gaussiana delle personalità umane, dal centro della campana, abitato dai “normali”, alle code, dove vivono esseri vagamente disordinati, problematici o bizzarri. Sappiamo bene che non tutti gli individui hanno le stesse “capacità di accumulazione”;
hanno elevato valore predittivo nei campi più disparati: ad esempio (II parte del post) pare che i ragazzi più estroversi saranno con maggiore probabilità attenti alla loro attività fisica da adulti; che chi è disponibile e aperto utilizzerà metodi contraccettivi o non fumerà; che chi è coscienzioso da bambino, sarà un guidatore accorto, mangerà bio e probabilmente non farà uso di droghe[28];
sono malleabili e comparabili, ovvero rispondono ad interventi esterni mirati e permettono paragoni tra varie realtà culturali.
L’utopia economico-pedagogica che aleggia tra le centinaia di pagine dei rapporti OCSE è evidente: costruire un mondo di personalità perfettamente comprensibili, classificabili, prevedibili.  E felici di esserlo, nell’illusione competitiva secondo cui migliorare il proprio “tornaconto” (benessere) significhi migliorarlo per l’intera società.
Passiamo al secondo studio.
b) l’indagine OECD – LSEC , per la quale l’INVALSI ha selezionato due esperti esterni nel 2018[29], è lo “studio longitudinale sulle competenze socio-emozionali nelle città”, rivolto a un campione di bambini di 6 e 12 anni[30] di alcuni paesi aderenti. Le città partecipanti sono riportate nella figura 4. (presenti Roma e Milano). La cornice concettuale e gli obiettivi sono (figura 5) [31]: produrre “strumenti di misura” dei “processi di sviluppo del carattere/personalità dei bambini”. Tutto sembra essere pronto[32]: dal 2019 partirà anche la misura di alcune character skills a 6 e 12 anni: resilienza, rispetto, assertività, creatività e responsabilità[33]
Successo, benessere nella vita, sviluppo cognitivo. Questi i traguardi che la specola economica dell’Organizzazione – che tutto vede e prevede – indica come vincenti per affrontare la turbolenta società del nuovo secolo. Dalle character skills di ciascuno, dipende la società tutta (vedi schema OCSE in Fig. 6).
Solo un bambino sano e felice darà luogo ad una famiglia armoniosa e stabile. E tante famiglie armoniose e stabili genereranno insieme una società prospera, equa, sicura e tollerante. Perché ciò si realizzi è necessario uno sforzo da parte di tutti.  L’indagine infatti[34], incrociando i dati di famiglie, studenti, scuole e territorio, sarà in grado di identificare “le pratiche genitoriali e gli ambienti familiari domestici che favoriscono le character skills”, i curricoli scolastici e le metodologie pedagogiche più efficaci, oltre che le “risorse delle comunità [capaci] di arricchire la società e produrre cittadini attivi”.
Sembra quasi che l’incubo del “Collegio di Ingegneria emotiva” di huxleyana memoria stia diventando realtà. Disponibilità 6, resilienza 3, performatività 2, collaborazione 4. Un brave new world popolato da individui opportunamente “civilizzati” e catalogati: ALFA plus, ALFA, BETA minus, DELTA, EPSILON. La società preconizzata dall’OCSE a braccetto con l’INVALSI più che una Città del Sole richiama gli scenari delle migliori distopie novecentesche.  Più che un mondo, uno stabilimento, un deserto senza passioni né conflitti: definitivamente pacificato (equo, nella neolingua della Nuova Pedagogia Economica). A ciascuno la sua etichetta.
Il bunker OCSE-INVALSI
Per quel che sappiamo, l’Organizzazione internazionale non è nuova ad azioni prive di reale confronto democratico con le comunità di riferimento (vedi recente caso dei test Baby-PISA, previsti per bambini di 4 e 5 anni). L’INVALSI, da parte sua, ha già dato prova di opacità in precedenti occasioni (vedi progetto VIPS sull’infanzia, già menzionato, o quanto denunciato dal prof. Israel  qui).
Se andiamo a leggere il piano triennale delle attività (2018-2020) del nostro Istituto di Valutazione – o quelli precedenti –non troviamo alcun riferimento agli studi internazionali dell’OCSE sulle soft-skills [35].
Le recenti indagini della diade OCSE-INVALSI appena descritte partiranno, o proseguiranno, nella più assoluta mancanza di pubblicizzazione e condivisione con la comunità scolastica, tranne, ovviamente, per quelle scuole scelte nel campione italiano e presumibilmente all’oscuro fino alla loro fortunosa selezione.
Quali altri genitori, insegnanti e presidi sono a conoscenza del fatto che l’INVALSI selezioni istituti per partecipare a progetti OCSE di misura internazionali delle soft skills dai 6 anni in avanti?
Possiamo pensare che una circolare scolastica basti per informare le famiglie su un progetto che studia i tratti psico-comportamentali di bambini e adolescenti?
Il nostro Ministro conferisce all’INVALSI un mandato istituzionale talmente ampio da permettergli di decidere unilateralmente l’adesione a ricerche di tipo psicometrico di ogni sorta?  Non è previsto alcun momento di confronto/informazione preventivo con la comunità educativa, scientifica e la cittadinanza?
Quando si parla di obblighi di trasparenza – dando per scontato che questi obblighi riguardino anche l’INVALSI – ci si riferisce ai soli atti di selezione del personale?  O esistono doveri e tempi congrui di informazione, pubblicizzazione e visibilità di contenuti e scopi delle azioni intraprese?
Ma soprattutto, e questo ci conduce alle parti successive del post, esistono punti di contatto, raccordi o eventuali progetti futuri che colleghino le misurazioni delle competenze socio-emozionali svolte su campioni di studenti italiani ai test INVALSI nazionali?
[1] Una comunicazione analoga a quella riportata in Fig. 1 si trova in rete sul sito di un istituto superiore. L’età degli studenti coinvolti, come vedremo in seguito, è 15 anni: http://www.federicocaffe.gov.it/joomla/le-sedi/146-circolari-docenti-2017-18/3542-d320-del-10042018-ocse-indagine-internazionale-sulle-competenze-socio-emotive-study-on-social-and-emotional-skills-sses.html
[3] Sono stati presi in considerazione solo i siti ufficiali degli istituti pubblici legati all’Istruzione in Italia (MIUR e sue articolazioni locali, INVALSI, INDIRE) e la vastissima banca dati di progetti OCSE. Esistono tanti altri progetti sull’apprendimento socio-emotivo, non considerati perché distanti dal senso e dal contenuto di questo post. Ad esempio l’European Assessment Protocol for children’s Socio emotional learning  (EAP_SEL) promosso dall’Unione Europea (nell’ambito del Life Long Learning Programme), al quale l’Italia ha partecipato, come si legge qui: http://ojs.pensamultimedia.it/index.php/sipes/article/viewFile/2663/2361 , oppure qui: http://www.fupress.net/index.php/formare/article/viewFile/19159/18594. Si veda anche l’attività del Network europeo NESET (http://nesetweb.eu/en/ ) e il recente rapporto (2018) curato da alcuni ricercatori italiani, qui: http://nesetweb.eu/wp-content/uploads/AR3_Full-Report.pdf .
[4] In campo educativo, si segnala un recente quaderno di approfondimento della Loescher sul tema dell’educazione socio-emotiva http://www.laricerca.loescher.it/la_ricerca_7/sorgenti/assets/basic-html/page6.html, che tuttavia non cita gli studi dell’OCSE (solo un cenno a quelli europei), soffermandosi sul nesso tra le competenze suddette e inclusione- integrazione, senza affrontare eventuali conseguenze di un’applicazione di massa o su larga scala di protocolli di misura della personalità infantile e adolescenziale (correlazioni, ranking e comparazioni tra contesti e culture diversi, anche in campo psicologico, come già avviene per le prove OCSE-PISA).
[5] OECD 2015 : “Skills for social progress: the power of socio-emotional skills”, https://nicspaull.files.wordpress.com/2017/03/oecd-2015-skills-for-social-progress-social-emotional-skills.pdf, pag. 36. Traduzione di chi scrive.
[6] Si veda OECD 2015, cit. box. pag.26 che elenca le iniziative dell’OCSE nel campo del benessere e progresso sociale, come vedremo strettamente collegati al tema delle soft skills.
[7] La categorizzazione nella letteratura psicologico-comportamentale e in generale negli studi empirici o evidence-based del settore è vastissima. Si rimanda ai paragrafi introduttivi dei tanti rapporti OCSE segnalati per approfondimenti.
[8] OECD 2015 : “Skills for social progress: the power of socio-emotional skills”, https://nicspaull.files.wordpress.com/2017/03/oecd-2015-skills-for-social-progress-social-emotional-skills.pdf
[9] Informazioni sul meeting OCSE sono reperibili qui: http://www.oecd.org/site/espforum2014/#d.en.262008
[10] Tutti I virgolettati sono tratti dal documento OECD 2015, cit. pag. 13. Traduzione di chi scrive.
[11]OECD 2017: “Personality matters: relevance and assessment of personality characteristics”, OECD Education working papers n. 157, 2017.
[12] OECD 2015, cit. pag. 14
[13] OCSE 2018a: “Emotional well-being of children and adolescents: Recent trends and relevant factors”, https://www.oecd-ilibrary.org/education/emotional-well-being-of-children-and-adolescents_41576fb2-en
[14] Ivi, pagg. 7-10 oppure pagg. 17-19.
[15] Ivi, pag. 27. Traduzione di chi scrive.
[16] Ivi, pag. 27. Traduzione di chi scrive.
[17] Alcune competenze indagate sono riportate nella brochure illustrativa OCSE-LSEC a pag. 10 http://www.oecd.org/edu/ceri/LSEC%20infographics%20brochure.pdf
[20] Nelle sezioni #Anchoring vignettes e #Behavioural indicators della parte di metodologia studio SSES, si descrivono altri elementi di valutazione impiegati: “vignette” di ancoraggio, che descrivono in maniera evidente situazioni concrete, più facilmente comprensibili anche per soggetti provenienti da culture e paesi diversi (per limitare il cosiddetto reference bias); indicatori di comportamento, che si riferiscono a manifestazioni concrete di comportamenti quotidiani della vita degli studenti (“Svolge i compiti per casa in tempo”, “Salta le lezioni”, etc). http://www.oecd.org/education/ceri/study-on-social-and-emotional-skills-study-methodology.htm
[21] Vedi pagina metodologia studio SSES #Triangulation.
[22] OCSE 2018b: “Social and emotional skills for student success and well-being”, http://dx.doi.org/10.1787/db1d8e59-en pag. 10.
[23] Vedi presentazione pubblica Seminario tematico INVALSI Soft skills e competenze chiave, 23/05/2018 http://www.istruzione.it/snv/allegati/2018/Slide%20Stringher%2023_05_2018_v3.pdf , pag 16.
[24] OCSE 2018b, cit. pag. 17, traduzione di chi scrive.
[25] OCSE 2018b, cit. pag. 18, traduzione di chi scrive.
[26] Ivi, pag. 99 e seguenti.
[27] L’analisi di ogni singola competenza o sottocompetenza della personalità “ideale” del 21° secolo è descritta nel rapporto “Social and emotional skills for student success and well-being” (OCSE 2018b) pagg. 106 e seguenti, ad esempio, dove si riassumono le caratteristiche delle competenze selezionate.
[28] Ivi, pag. 36.
[29] Vedi incarichi esterni 2018, nota 2.
[30] L’OCSE proporrebbe di proseguire in maniera longitudinale, fino al raggiungimento dei 25 anni da parte dei primi studenti “valutati”, vedi Call For Tenders 100001311, pag. 9 e 16. http://www.oecd.org/callsfortenders/CfT%20100001311%20Longitudinal%20Study%20of%20Social%20and%20Emotional%20Skills%20in%20Cities.pdf .
[32] Ivi, pag.10.
[33] Ivi, pag. 10.
[34] Ivi, pag. 11.
[35] Risultano elencate a pag 6 del Piano 18-20, tra le attività di ricerca internazionali, tutte le prove OCSE PISA, OCSE TALIS, IEA -TIMMS e IEA-PIRLS, alle quali parteciperemo nel triennio di riferimento.