Archive for giugno 2019

ANNULLATA la SOSPENSIONE dall'insegnamento per 3 docenti che non hanno voluto ADDESTRARE gli studenti ai quiz Invalsi

COBAS Scuola SARDEGNA
Comunicato Stampa – 26 giugno 2019 

Una preside di Nuoro, nel maggio del 2016, aveva sospeso per sei giorni 3 docenti dei COBAS Scuola Sardegna per non aver voluto ADDESTRARE gli studenti ai quiz Invalsi: pratica, peraltro, condannata dallo stesso Invalsi.

Il TRIBUNALE di NUORO ha ANNULLATO la SOSPENSIONE dall’insegnamento per 6 giorni, ha condannato l’Amministrazione Scolastica a rifondere i giorni di stipendio alle colleghe e condannato il MIUR alle spese del giudizio.

La preside dell’Istituto Tecnico Agrario “B. Brau” di Nuoro, Innocenza Giannasi, nel maggio del 2016 aveva aveva promosso un incredibile ed illegittimo provvedimento disciplinare – che conferma a quali gradi di mostruosa assurdità può portare lo strapotere dei presidi padroni voluto dall’allora governo e dalla sua legge 107 –  di sospensione dall’insegnamento, per sei giorni, nei confronti di tre stimate docenti dell’Istituto, Lidia GARGANO, Rosaria PIRODDI, e Santina SUCCU (tutte aderenti ai COBAS Scuola Sardegna), per non aver voluto “propinare” alle/ai loro studenti/tesse prove di addestramento ai quiz Invalsi. 
Per svolgere queste prove le colleghe avrebbero dovuto sospendere le attività didattiche programmate. 
Le tre docenti, una delle quali è la prof.ssa Rosaria Piroddi, docente di matematica e fisica, RSU COBAS dell’Istituto, nonché componente dell’Esecutivo Regionale COBAS Scuola Sardegna, furono sanzionate brutalmente per aver deciso di esercitare il loro dovere di insegnanti nell’assoluto rispetto della normativa vigente e dell’art. 33 della Costituzione che tutela la libertà di insegnamento. Non solo è assurdo che si volesse imporre la simulazione e l’addestramento alle prove Invalsi a docenti che non hanno MAI “somministrato” le prove vere e proprie; ma tale tentativo confliggeva e confligge clamorosamente con l’orientamento dello stesso Invalsi (e di strutture analoghe a livello internazionale), che ha ripetutamente giudicato “inutile e dannoso allenarsi ai test” e  l’addestramento a prove standardizzate. Basterebbe al riguardo ricordare un passaggio dell’intervento di Paolo Mazzoli,  Direttore generale dell’INVALSI, ad un convegno nel giugno 2015, pubblicato sulla rivista scientifica on line Galileo il 4 gennaio 2016 (https://www.galileonet.it/2016/01/perche-e-inutile-e-dannoso-allenarsi-ai-test-invalsi/ : “L’Istituto nazionale di valutazione rileva e misura gli apprendimenti con riferimento ai traguardi e agli obiettivi previsti dalle Indicazioni, promuovendo, altresì, una cultura della valutazione che scoraggi qualunque forma di addestramento finalizzata all’esclusivo superamento delle prove”.
D’altra parte appare ovvio persino a noi, che pure siamo contrari all’Invalsi, che non si può preparare gli studenti ai quiz: sarebbe come se nel famosissimo “Lascia e Raddoppia” del secolo scorso, Mike Bongiorno avesse sottoposto preventivamente ai concorrenti del programma televisivo i suoi quiz e li avesse “addestrati” al loro superamento. Insomma, la dirigenza scolastica tentava di esercitare un uso sconsiderato dei propri poteri nei confronti delle tre docenti ma si rivelava più realista del re, confliggendo addirittura con l’Invalsi, il cui Direttore avrebbe dovuto sconfessare non solo il suo tentativo di “addestramento” (che annullerebbe la stessa “imparzialità” dei quiz) ma dire esplicitamente come queste pratiche, diffuse in tante scuole, vadano annullate immediatamente e per sempre.
Peraltro, la Dirigente era “recidiva” perché qualche anno prima era stata condannata dal TAR della Sardegna per aver violato le prerogative del Collegio dei Docenti (allora Circolo Didattico “Furreddu” di Nuoro), rifiutandosi di inserire all’Odg per la discussione in Collegio l’argomento prove Invalsi. Dopo la sentenza del TAR il Collegio deliberò a stragrande maggioranza la propria contrarietà ai quiz Invalsi ed alcune docenti decisero di non somministrarli ai loro alunni.
Dopo tre lunghi anni di attesa, nell’udienza del 25 giugno 2019, la Giudice del Lavoro del TRIBUNALE di NUORO, dott.ssa Tiziana Longu, ha ACCOLTO il ricorso presentato dalle tre colleghe (e patrocinato dai COBAS Scuola Sardegna con l’ottimo Avvocato Monica Mereu), ritenendo i provvedimenti disciplinari adottati illegittimi perché ha ritenuto la Dirigente Scolastica incompetente all’irrogazione della sanzione comminata.
Ha provveduto, quindi a disporre l’ANNULLAMENTO della SOSPENSIONE dall’insegnamento per sei giorni, disposta nei confronti delle colleghe Gargano, Piroddi e Succu, condannando l’Amministrazione Scolastica alla restituzione delle retribuzioni trattenute nonché alle spese di lite.

Nel sito COBAS Scuola Sardegna potrete scaricare la sentenza n. 105/2019 del 25 giugno 2019 e materiali vari sulla vicenda.

Nuoro, 26 giugno 2019

per i COBAS Scuola Sardegna
Nicola Giua

Domanda disoccupazione Naspl, i documenti da presentare e i requisiti Di Fabrizio De Angelis

Domanda disoccupazione Naspl, i documenti da presentare e i requisiti Di Fabrizio De Angelis

– Le attività didattiche in chiusura significa per molti precari della scuola la scadenza del contratto di supplenza. Questi precari possono produrre la domanda disoccupazione NASpl. Infatti, coloro i quali abbiano il contratto in scadenza il prossimo 30 giugno, possono usufruire dell’indennità di disoccupazione.

Naspl: cos’è

L’indennità Naspl è una  prestazione economica, istituita dal 1° maggio 2015, che sostituisce l’indennità di disoccupazione denominata Assicurazione Sociale per l’Impiego (ASpI).

Si tratta di una  prestazione a domanda, erogata a favore dei lavoratori dipendenti che abbiano perduto involontariamente l’occupazione, per gli eventi di disoccupazione che si verificano dal 1° maggio 2015.

Domanda disoccupazione Naspl: chi può richiederla

Possono richiedere la  domanda disoccupazione NASpl i lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente l’occupazione, compresi:

  • i lavoratori che hanno perso involontariamente il lavoro (quindi non si sono licenziati) e si trovano in condizione di disoccupazione
  • chi presenta dichiarazione di disponibilità al lavoro presso l’INPS o il Centro per l’impiego territoriale competente (la richiesta si può fare presso il patronato INCA CGIL)
  • chi firma il patto per la ricerca attiva del lavoro
  • chi ha almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni che precedono la domanda di accesso all’indennità
  • i soggetti che hanno almeno 30 giorni di lavoro effettivo nei 12 mesi che precedono la disoccupazione
L’indennità NASpI viene corrisposta mensilmente e per fruire dell’indennità i lavoratori aventi diritto devono, a pena di decadenza, presentare apposita domanda all’INPS, esclusivamente in via telematica, entro il termine di decadenza di 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Domanda disoccupazione Naspl: quanto dura

La  NASpl viene corrisposta mensilmente per un massimo di  24 mesi ovvero per il numero delle settimane pari alla metà delle settimane contributive lavorate degli ultimi 4 anni; dal calcolo sono esclusi i periodi contributivi che hanno già dato luogo alle prestazioni di disoccupazione.

Come presentare la domanda disoccupazione Naspl

La domanda per il riconoscimento dell’indennità di disoccupazione NASpI deve essere presentata all’INPS, esclusivamente in via telematica, attraverso uno dei seguenti canali:

  • WEB: servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’Istituto;
  • Contact Center integrato INPS – INAIL: n. 803164 gratuito da rete fissa oppure n. 06164164 da rete mobile;
  • Enti di Patronato: attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi.
Inoltre, la domanda deve essere presentata entro il termine di decadenza di  sessantotto giorni, che decorre:

  • dalla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro. Qualora nel corso dei sessantotto giorni si verifichi un evento di maternità indennizzabile, il termine rimane sospeso per un periodo pari alla durata dell’evento e riprende a decorrere al termine dello stesso per la parte residua. Nell’ipotesi in cui si verifichi un evento di malattia comune indennizzabile o di infortunio sul lavoro/malattia professionale indennizzabile dall’INAIL, insorto entro i sessanta giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro, il termine rimane sospeso per la durata dell’evento;
  • dalla data di cessazione del periodo di maternità indennizzato, quando questo sia insorto nel corso del rapporto di lavoro successivamente cessato;
  • dalla data di cessazione del periodo di malattia indennizzato o di infortunio/malattia professionale, quando questi siano insorti nel corso del rapporto di lavoro successivamente cessato;
  • dalla data di definizione della vertenza sindacale o dalla data di notifica della sentenza giudiziaria;
  • dalla data di fine del periodo corrispondente all’indennità di mancato preavviso ragguagliato a giornate;
  • dal trentesimo giorno successivo alla data di cessazione per licenziamento per giusta causa.
I documenti necessari per la domanda

Dopo aver compilato il modulo per la domanda, il lavoratore precario deve  allegare i seguenti documenti:

  • documento di identità che sia in corso di validità;
  • codice fiscale:
  • autocertificazione della residenza;
  • modulo SR163 compilato e timbrato dalla banca o dall’ufficio postale per poter ricevere l’accredito del bonifico;
  • copia del cedolino con indicazione dell’IBAN;
  • nome e luogo dell’ultimo datore di lavoro;
  • data inizio e fine del contratto di lavoro concluso;
  • recapito telefonico;
  • indirizzo email.
Importo dell’indennità della domanda disoccupazione Naspl

La misura della prestazione è quantificata, come riporta la circolare   94 del 12/5/2015,

  • al 75% della retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni, se questa è pari o inferiore ad un importo stabilito dalla legge e rivalutato annualmente sulla base della variazione dell’indice ISTAT (per l’anno 2015 pari ad € 1.195,00);
  • al 75% dell’importo stabilito (per l’anno 2015 pari ad € 1.195,00) sommato al 25% della differenza tra la retribuzione media mensile imponibile ed euro 1.195,00 (per l’anno 2015), se la retribuzione media mensile imponibile è superiore al suddetto importo stabilito.
Tuttavia, l’importo della prestazione  non può comunque superare un limite massimo individuato annualmente per legge. All’indennità mensile si applica una riduzione del 3% per ciascun mese, a partire dal primo giorno del quarto mese di fruizione (91° giorno di prestazione).

Decorrenza NASpl

L’indennità di disoccupazione NASpI spetta:

  • dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro, se la domanda viene presentata entro l’ottavo giorno;
  • dal giorno successivo a quello di presentazione della domanda, nel caso in cui questa sia presentata dopo l’ottavo giorno;
  • dall’ottavo giorno successivo al termine del periodo di maternità, malattia, infortunio sul lavoro/malattia professionale o preavviso, qualora la domanda sia presentata entro l’ottavo giorno; dal giorno successivo alla presentazione della domanda qualora sia presentata successivamente all’ottavo giorno ma comunque nei termini di legge;
  • dall’ottavo giorno successivo al licenziamento per giusta causa, qualora la domanda sia presentata entro l’ottavo giorno; dal giorno successivo a quello di presentazione della domanda, qualora sia presentata oltre l’ottavo giorno successivo al licenziamento.


Immissioni in ruolo 2019-20: 64.149 posti liberi, 16.379 su sostegno. Verifica qui le possibilità di ruolo per cdc e provincia

martedì 25 giugno 2019



Con la pubblicazione dei movimenti legati ai trasferimenti, sono stati pubblicati anche il riiepilogo per ciascun ordine e grado dei posti vacanti e disponibili negli organici per l'anno scolastico 2019-20. Posti su cui il Miur potrà chiedere autorizzazione al MEF per effettuate le immissioni in ruolo attingendo al 50% dalle GAE (dove ancora disponibili) e dalle GM 2016 e in subordine dalle graduatorie del concorso riservato del 2018
I posti vacanti e disponibili per ogni ordine sono ripartiti secondo la tabella qui allegata:
PSN posti disponibili 2019 20
Un totale dunque di 64.149 posti disponibili così ripartiti:
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Infanzia vacanti 2.939 posti Comuni e 1.143 posti Sostegno 
Primaria vacanti 6.897 posti Comuni e 5.502 posti Sostegno 
I Grado vacanti 17.317 posti Comuni e 7.269 posti Sostegno 
II Grado vacanti 20.617 posti Comuni e 2.465 posti Sostegno 

Il totale dei posti vacanti e disponibili è pertanto pari a 47.770 posti Comuni e 16.379 posti sulsostegno.

Pertanto il totale dei posti liberi e disponibili da subito è pari a 64.149 posti di cui circa il 25% su posti di sostegno (16.379).
PSN pubblica il dettaglio della distribuzione diffuso dalla cisl scuola per ciascuna cdc e provincia grazie al quale è possibile, conoscendo la propria posizione in graduatoria (GAE, GM 2016 o GM 2018), comprendere se in base all'organico disponibile  si potrà ottenere l'immissione in ruolo 

Qui il dettaglio dei posti vacanti e disponibili per il 2019/20 per la scuola dell'infanzia posti comune e sostegno
Qui il dettaglio dei posti vacanti e disponibili per il 2019/20 per la scuola primaria posti comuni e sostegno
Qui il dettaglio dei posti vacanti e disponibili per il 2019/20 per la scuola di I Grado posti comuni esostegno
Qui il dettaglio dei posti vacanti e disponibili per il 2019/20 per la scuola di II Grado posti comuni esostegno
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Un articolo sorprendente: sulla didattica delle competenze

lunedì 24 giugno 2019

L’articolo di Magni pubblicato di recente su Roars[1] inizia con l’allineare critiche radicali contro la didattica delle competenze: da quelle di Angelique del Rey, per cui essa sussume il sapere sotto la categoria totalizzante dell’utile, disturba la didattica effettiva e trascura i valori dell’educazione del cittadino, a quelle di Diana Ravitch, per cui frammenta il curricolo scolastico approfondendo le discriminazioni sociali e abbassando il livello culturale; fa così credere al lettore distratto che sia stato scritto con l’intenzione di assestarle il colpo di grazia. È però un’apparenza. Il punto di vista definitivo di Magni, in sostanziale contrasto con le osservazioni iniziali, è che “una didattica per competenze dovrebbe affiancare, non sostituire, la didattica fondata sul postulato della ‘trasmissione’ di conoscenze attualmente in uso”. Non è vero dunque quanto Angelique del Rey e Diane Ravitch scrivono; il male sarebbe invece la didattica della trasmissioneancora in uso e il rimedio sarebbe affiancarla con la didattica delle competenze

Contraddirsi è affermare la verità della congiunzione del vero e del falso. Magni sembra contraddirsi in quanto sembra concepire la didattica delle competenze prima come indesiderabile poi come desiderabile. Di fatto, però, la critica della didattica delle competenze è debole già dall’inizio. La contraddizione è dunque soltanto apparente.
Quando Magni, compendiando le critiche di Angelique del Rey, scrive: “In parole semplici, il sapere viene a identificarsi con l’utile, e l’educazione con la produzione di ‘capitale umano'”, questa critica è così innocua da sembrare plausibile solo in una prospettiva idillico-pastorale. Non è scandaloso, infatti, che il sapere sia finalizzato all’utile economico, perché l’economia non ha, in sé, nulla di scandaloso; essa è l’indagine sulla produttività umana; la scienza, la cultura sono una forma di produttività; e sono anche utili, anzi sono l’utile κατ’ ἐξοχήν; è dunque vano polemizzare sul concetto di utilità applicato ai prodotti dell’uomo; l’utilità diventa problematica soltanto se applicata all’uomo stesso.
Se si volesse veramente criticare la didattica delle competenze, bisognerebbe muoversi con ben altra impostazione. Si dovrebbe rilevare che la didattica delle competenze assoggetta la scuola, anziché all’utile economico, alla cattiva economia, quella costruita su premesse in contrasto con la realtà e che anziché correggere i difetti dell’economia reale per svilupparla in forme sempre più umane, si preoccupa soltanto di consolidare il potere brutale dei rentier e la servitù del lavoratori; − quella che, teorizzando per esempio l’austerità espansiva, produce il disastro economico e per nasconderlo scatena il disastro culturale e il disastro didattico. Se veramente avesse voluto criticare la didattica delle competenze, osservando che le prescrizioni ministeriali non si amalgamano con la pratica pedagogica, Magni avrebbe colto l’occasione per sottolineare l’analogia tra la cattiva economia che schiaccia i popoli nella miseria e la cattiva didattica che schiaccia i giovani nell’ignoranza.
Cattiva economia e cattiva pedagogia sono ideologia, costruzioni che occultano la controfattualità delle loro premesse con il gigantismo del loro sviluppo deduttivo. Non è dunque un caso che la corrosione neoliberale della pedagogia segua la stessa procedura della corrosione liberale dell’economia. Keynes ha rilevato che l’economia ortodossa presuppone come data la situazione ottima della piena occupazione, che invece, nella sconsolata realtà del capitalismo, non si dà mai o quasi mai, e da questo principio sempre o per lo più falso sviluppa un esteso corpo teorico, condito di formule matematiche, che però è non meno falso del suo principio e produce quindi ricette letali; allo stesso modo la pedagogia neoliberale, presupposta arbitrariamente la situazione ottima di bambini e giovani già desiderosi di sapere, disciplinati e capaci di indagine autonoma, ne deduce con facile sillogismo che la didattica deve limitarsi a far fruttificare con stimoli per quanto possibile discreti l’albero già rigoglioso. Magni sembra far suo questo presupposto della pedagogia neoliberale quando scrive che “l’azione pedagogica arriva per ultima”; e la sua inclinazione ideologica diventa plasticamente evidente nel fascino che subisce dall’esempio di Jaccotot, i cui studenti hanno imparato il francese mentre lui insegnava diritto, laddove per sottrarvisi era sufficiente la riflessione che gli studenti di diritto hanno imparato da soli il francese soltanto perché erano già, appunto, studenti, perché dalle pratiche didattiche normali, quelle che Magni squalifica con il nomignolo di “didattica della trasmissione”, avevano già acquisito sapere, disciplina e capacità di lavoro autonomo. Sembra che a Magni sfugga il peccato originale della didattica neoliberale, l’insensibilità al fenomeno originario dell’arte pedagogica, al fatto che bambini e giovani, fuori dall’influenza dell’educazione e nella loro naturalità, sono per lo più sventati, indisciplinati e pigri, e la scuola è appunto il percorso che da quello stato deve abilitarli alla vita contemplativa e attiva.
Magni sottovaluta il valore della didattica normale e simpatizza per la didattica delle competenze contro ogni dato empirico, perché profondamente liberale, quindi profondamente anarchica, è la sua concezione della libertà. Da questa risulta che apprendere implica il contrasto tra l’‘agire autonomamente’ e l’‘essere assoggettati’. Agire autonomamente, però, non significa affatto ‘agire arbitrariamente’, ma, letteralmente, agire secondo una legge, cioè una determinazione universale, valida per tutti (νόμος), che il sé riconosce come propria (αὐτός), significa cioè assoggettarsi a una legge di cui ci si sente legislatori. L’agire autonomo, di cui fanno parte il desiderio di sapere e il rispetto della legge, non è dunque già dato con la naturalità dell’uomo e non può essere attribuito al bambino e al fanciullo; questi, in quanto tali, sono assoggettati all’arbitrio del loro istinto naturale, senza il cui assoggettamento non si dà agire autonomo. Poiché non è riferito all’agire autonomo, ma all’istinto arbitrario, l’assoggettamento pedagogico non è dunque in contrasto con l’agire autonomo, ma al suo servizio.
È la sirena liberale che seduce Magni a credere che la didattica delle competenze possa essere assolta dal suo peccato perché è nata dall’attivismo pedagogico che sarebbe nato a sua volta per liberare gli individui. Basta però uno sguardo rapido a Rousseau per scorgere già alle origini dell’attivismo pedagogico, accanto all’istinto libertario, una tendenza nichilista nel disprezzo della civiltà e una tendenza totalitaria nel progetto di trasformare l’educazione in una pratica di condizionamento occulto. Il nichilismo e il totalitarismo della didattica delle competenze rilevati da Angelique del Rey non nascono dunque da una strumentalizzazione, ma sono l’emersione di aspetti già presenti nella pedagogia attiva, che odia i libri e la scrittura e nel collocare i suoi alunni tra le cose, le piante e gli animali ne manipola la spontaneità; quell’odio e questa pratica sono connessi con il rancore nei confronti dei valori della cultura e con ossessioni di controllo.
L’autorevolezza della pedagogia attiva ha senz’altro una giustificazione, ma è una giustificazione storica: i suoi eccessi naturalistici hanno contrastato gli eccessi di una pedagogia dogmatica irrigidita nella meccanicità della memoria. Significa però perdere il senso della realtà odierna affermare che la scuola su cui si è abbattuta la didattica delle competenze fosse la scuola gesuita del XVI secolo, che vi si studiassero solo regole ed eccezioni grammaticali fini a sé stesse e senza applicazione. Proprio questo sembra accadere a Magni alla fine del suo articolo; egli immagina che per molti alunni “l’apprendimento altro non” sia “se non qualcosa di puramente meccanico”, che nella scuola attuale “il ‘copiare’” sia “identificato con l’‘imparare’, che “la ‘noia’ e l’‘abbrutimento’ della scuola” dipendano “dal fatto che la sua metodologia corrente oscura completamente il fatto che la conoscenza costituisce un ‘fare’ e un ‘costruire’ e non semplicemente un ‘ripetere’”. La scuola attuale è invece in una situazione affatto opposta a quella immaginata da Magni: il timore del lato meccanico dell’apprendimento impedisce l’apprendimento, l’orrore del copiare priva gli alunni perfino della capacità di scrivere in corsivo, la paura della noia e dell’abbrutimento riduce il lavoro didattico a una sequenza di sollazzi insulsi, la paura del ripetere impedisce il fare gli esercizi.
La pedagogia neoliberale, di cui Magni si rivela sorprendentemente portavoce, fallisce perché disprezza la didattica normale, l’unica che sviluppa le competenze sulla base delle conoscenze ed è così in grado di scolarizzare il fanciullo e di farne uno studente. Poiché la sua sostanza è il disprezzo della normalità, la pedagogia neoliberale costruisce sul nulla, e la sua stessa speranza di raggiungere competenze strumentali e servili si riduce a una velleità, com’è testimoniato da ogni indagine sulla scuola attuale. Questo fallimento ha una radice profonda. Dal punto di vista logico, infatti, nel respingere la conoscenza la didattica neoliberale rifiuta senza saperlo la proposizione, dunque l’alternativa vero/falso, e nel volere la competenza esalta il sillogismo, cioè la necessità con cui una conclusione deriva da premesse, dunque l’abilità applicativa. Ma il rifiuto della proposizione non resta impune; porta con sé il disprezzo della verità. Così, mentre la scienza unisce verità delle premesse e necessità delle conclusioni e per questo è utile, l’abilità applicativa senza verità non è affatto utile, ma può solo suscitare l’accecamento ideologico di cui è archetipo l’economia neoliberale. Lo spirito della didattica delle competenze consiste dunque nell’educare i discenti a infischiarsi della verità delle premesse e a precipitarsi a corpo morto sulle loro conseguenze applicative. Dalla sua applicazione escono in realtà alunni del tutto ignoranti − essa costruisce infatti sulla sabbia dell’ignoranza; se però potesse mantenere la sua promessa, se esistesse la competenza del dedurre dal nulla, ne uscirebbero soltanto alunni manipolabili: capaci di operare con strumenti anche raffinati, incapaci di valutare l’opportunità di applicarli, perché incapaci di verità, cioè di visione della realtà.

di Paolo Di Remigio


Note
[1] Disponibile al seguente indirizzo: https://www.roars.it/online/lambiguo-impero-delle-competenze/. − Queste mie osservazioni sono state suscitate dagli stimoli e dall’incoraggiamento di Fausto Di Biase e Marino Badiale, ai quali va il mio ringraziamento.

Supplenti, scade contratto. Come presentare domanda di disoccupazione

lunedì 3 giugno 2019

– Si avviano al termine i contratti dei supplenti. Alcuni saranno interrotti l’ultimo giorno di lezioni, altri il 30 giugno. Le procedure per la richiesta dell’indennità di disoccupazione.
Domanda NASPI
La domanda di disoccupazione (NASPI) può essere presentata dal giorno successivo alla scadenza del contratto ed entro il 68° giorno, attraverso il sito dell’INPS o con il supporto di un patronato.
DID: Dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro
L’art. 21 del Decreto Legislativo 150/2015prevede che la domanda di NASPI presentata dall’interessato equivale a DID: dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro.
Sono ormai numerose le regioni che evitano ai supplenti le lunghe fila ai centri per l’impiego, adottando soluzioni online.
La Regione Lombardia ha emanato un comunicato in cui dice che, solo in caso di mancata assunzione all’avvio del nuovo anno scolastico, i docenti – dopo il 15 settembre – potranno attivarsi per la procedura al Centro dell’impiego. Comunicato Regione Lombardia
La Regione Marche ha invece predisposto una specifica funzione che consente di effettuare un inserimento DID automatizzato.
Requisiti e condizione per la Naspi 2019
  • stato di disoccupazione involontario (vi rientrano anche ipotesi particolari come il licenziamento nei periodi tutelati di maternità o la mancata accettazione di trasferimento in altra sede a più di 50 km dalla propria residenza o raggiungibile con almeno 80 minuti di mezzi pubblici);
  • dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro presso la sede Inps o il centro per l’impiego territorialmente competente;
  • firma del patto di servizio per la ricerca attiva del lavoro.
  • montante contributivo negli ultimi 4 anni precedenti all’evento disoccupazione pari ad almeno 13 settimane;
  • aver prestato almeno 30 giorni di lavoro effettivo negli ultimi 12 mesi precedenti allo stato di disoccupazione.
Se la domanda viene inoltrata entro 8 giorni dal licenziamento l’indennità sarà corrisposta a partire dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro.

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