LA SCUOLA SOSPESA.
Nuove prospettive sulla
didattica per competenze e sulla standardizzazione dei saperi.
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Archive for dicembre 2018
TERNI,
20 DICEMBRE 2018
SCUOLA MEDIA “LEONARDO DA VINCI”, VIA LANZI 15, 05100 TERNI
CORSO
DI FORMAZIONE NAZIONALE E DI AGGIORNAMENTO PER IL PERSONALE DELLA SCUOLA
PUBBLICA STATALE PER OGNI ORDINE E GRADO
Mattina ore
8.30-13.30
Catia Coppo, referente provinciale Ore
17.30 .18.00: Conclusioni
·
Ore 17.30 .18.00: Conclusioni
·
cesp Terni: Registrazione dei partecipanti e
intervento introduttivo
·
Nino
de Cristofaro, docente di storia e filosofia, Cesp Catania: “Si può insegnare nella scuola delle competenze?”
·
Elisabetta
Grimani, docente
di lettere, Cesp Terni: “Dalla didattica
delle conoscenze alla didattica delle competenze.”
·
Renata
Puleo, già dirigente scolastico Roma, Redattrice de
”Appello per la scuola pubblica”: Competenze:
cum-petere oppure con-petere? L’educazione del soggetto tra socialità e
individualismo.”
·
Giovanni
Carosotti, docente di storia e filosofia, autore: “La recente elaborazione teorica della
didattica per competenze: tra impotenza epistemologica, arroganza ideologica e
attacco alla libertà d’insegnamento.”
Pomeriggio ore
14.30 – 17.30
LABORATORI OPERATIVI (gruppi di lavoro con tutor)
·
Nino
De Cristofaro, Catia Coppo e Elisabetta Grimani, Giovanni
Carosotti
IL CESP è Ente
Accreditato/Qualificato per la formazione del personale della scuola (Decreto
Ministeriale 25/07/06 prot. 869)
ESONERO DAL SERVIZIO PER IL
PERSONALE ISPETTIVO, DIRIGENTE, DOCENTE
E ATA
con diritto alla sostituzione, ai sensi dell’art. 64, commi
4-5-6-7 del CCNL 2006/09 - CIRC. MIUR PROT. 406 DEL 21/02/06)
partecipate al corso di formazione del
CESP-CENTRO STUDI PER LA SCUOLA PUBBLICA.
SCARICATE QUI IL PROGRAMMA E LA DOMANDA DI ESONERO, DA PRESENTARE AL PROTOCOLLO.
POTETE ISCRIVERVI SULLA PIATTAFORMA SOFIA O DIRETTAMENTE AL CONVEGNO.
LA PARTECIPAZIONE E' GRATUITA.
Scuola, maxi-aumento ai presidi: 460 euro in più al mese da gennaio
domenica 16 dicembre 2018
Il modello di preside podestà della scuola azienda premiato dal governo per il lavoro che fa, tra ASL e "competenze" per i padroni! |
la fonte è il giornale di confindustria, che valuta positivamente i rilevanti aumenti degli agenti della scuola azienda che deve addestrare manodopera in formazione alla flessibilità, alle competenze (non ai saperi, che potrebbero pensare criticamente), all'obbedienza e al lavoro gratuito. All'ASL in una parola!
Quell'aumento lo Stato lo dovrebbe dare a chi manda avanti la scuola pubblica: docenti ed ATA. 500 euro netti per tutti! Altro che i 14 euro previsti dall'attuale governo di razzisti e peracottari!!
di Eugenio Bruno e Claudio Tucci, Il Sole 24 Ore, 15.12.2018
– Sotto l’albero di Natale arriva un gradito regalo per i 7.452 presidi italiani. Nella notte tra il 13 e il 14 dicembre all’Aran è stato firmato il nuovo contratto 2016-2018 che, tra l’incremento del 3,48% (previsto per la generalità dei dipendenti pubblici) e l’allineamento della retribuzione di posizione parte fissa ai valori riconosciuti alle altre figure dirigenziali pubbliche, comporterà, per i dirigenti scolastici, un maxi-aumento medio di circa 460 euro netti mensili (pari a un incremento lordo annuo di circa 11mila euro).
Interessati al rinnovo – seppure con aumenti stipendiali più contenuti – anche i 353 dirigenti di università ed enti di ricerca, per un totale, quindi, di 7.805 persone.
Per il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, si «tratta di un risultato di grande importanza». Soddisfazione è stata espressa anche dal presidente dell’Anp, l’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, soprattutto per quanto riguarda l’avvicinamento stipendiale rispetto agli altri dirigenti dello Stato: «È un primo passo significativo nel percorso verso la perequazione retributiva completa, che chiediamo da anni».
Ai 460 euro netti in più al mese si arriva sommando l’incremento “standard” del 3,48%, pari a 160 euro lordi al mese, circa 80 euro netti, ai 380 euro netti aggiunti sulla retribuzione di posizione parte fissa, che sale di 9mila euro, passando da poco più di 3.500 euro a oltre 12.500 (per quest’ultima operazione, nella manovra 2018, sono stati stanziati 37 milioni nel 2018, 41 nel 2019, 96 nel 2020, oltre ai 35 milioni previsti dalla Buona Scuola).
Oggi una busta paga dei presidi oscilla tra i 2.500 e i 3mila euro netti al mese a seconda dell’avvenuta “promozione” (ci sono infatti gli ex “direttivi” prima del 2001 che hanno la Ria, la Retribuzione individuale di anzianità, i presidi post 2001 che non ce l’hanno, e gli “ex incaricati” a cui invece è stato riconosciuto un assegno ad personam di importo variabile). Una retribuzione, peraltro, sottolinea compatta la categoria, non in linea con le accresciute responsabilità.
Il nuovo Ccnl – che, ricorda l’Aran, diventerà efficace, con la firma definitiva, una volta concluso l’iter di verifica e controllo della sua compatibilità economica – prevede pure diverse novità sulla parte normativa. In primis una sorta di “diritto alla disconnessione”, con la possibilità per chi è in ferie o malattia di farsi sostituire da un docente delegato. Viene poi consentito a un preside, entro i cinque anni di servizio, di tornare al ruolo di appartenenza (quello docente). Mentre gli obblighi relativi alla sicurezza nei luoghi di lavoro sono circoscritti alle funzioni organizzative e gestionali svolte dal dirigente. Ciò significa che delle carenze strutturali risponderà l’ente locale proprietario, come peraltro già evidenziato dalla giurisprudenza.
Spazio, inoltre, a misure a tutela dei dirigenti con gravi patologie e a ferie e riposi solidali per assistere figli minori bisognosi di cure. Aggiornato, infine, il codice disciplinare, per tenere conto delle novità legislative e per una migliore tutela degli studenti e della corretta funzionalità dei servizi.
Supplenti con contratto al 30 giugno: quanti mesi di malattia spettano
Malattia: numero mesi di assenza
Il personale assunto per l’intero anno scolastico o fino al termine delle attività didattiche (anche se nominato dal dirigente scolastico) ha diritto alla conservazione del posto per un periodo di 9 mesi in un triennio scolastico.
In ciascun anno scolastico la retribuzione viene corrisposta:
- per intero nel primo mese di assenza;
- al 50% nel secondo e terzo mese (senza interruzione dell’anzianità di servizio);
- per il restante periodo: conservazione del posto senza assegni e con interruzione dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti.
COMPORTO: In caso di gravi patologie, le giornate di assenza per ricovero in ospedale o in day hospital, per sottoporsi a terapie temporaneamente e/o parzialmente invalidanti e per le conseguenze certificate delle terapie stesse:
- sono escluse dal computo delle assenze;
- vengono retribuite per intero;
- non interrompono la maturazione dell’anzianità di servizio.
In caso di infortunio sul lavoro o malattia dovuta a causa di servizio, con la validità della nomina in costanza di detta patologia, valgono le stesse disposizioni previste per il personale assunto a tempo indeterminato
lunedì 10 dicembre 2018
A 70 anni esatti dalla Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo, Amnesty dichiara che è in atto in Italia una gestione repressiva delle migrazioni, con particolare riferimento alla Legge Salvini e al superattivismo del ministro dell'Interno che coglie ogni occasione per mostrare l'odio xenofobo contro migranti,profughi,asilanti e chi li fiancheggia.
Proprio in questo anniversario Salvini non ha trovato di meglio che presenziare lo sgombero della ex Penicillina, congratulandosi con il massiccio e oneroso dispiegamento di forze dell'ordine , minacciando spavaldamente altri sgomberi entro questo mese.
Questa marcata fobia antimigrante e l'ostentato atteggiamento ducesco di Salvini, sono in linea con le leggi razziali del ventennio,tanto che il presidente di Israele lo ritiene "persona non gradita" nella visita concordata con Netanyau per l'11-12dicembre.Mentre i sodali governativi M5S riescono tuttora a tollerarlo nonostante gli porti via consensi e visibilità. Contenti loro!!
E ieri, domenica 9/12, si è mostrato "presidente del Consiglio( lo è di fatto)" ricevendo al Viminale la cordata dei rapprentanti padronali per dichiaransi completamente a favore della TAV, lasciando al frustrato Di Maio(presunto NO TAV) di incontrare oggi le OO.SS. Contenti loro!!
Sicuramente c'è qualcosa che non va , ma " Contenti loro!!"
A noi compete ben altro che lamentarci delle istituzioni. C'è da prenderci per intero la responsabilità dell'opposizione al governo Lega-M5S, contrastando giorno per giorno l'attuazione delle politiche liberticide in alleanza con tutte le associazioni e le persone di " buona volontà" laiche e confessionali , che non sopportano il vilipendio dell'umanità , il dispregio degli ultimi, la perdita dei diritti e della dignità.
Oggi, nel tempo della violazione palese della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo.
Vincenzo
Anniversario triste per i diritti umani
È un anniversario che passa relativamente inosservato, eppure il 10 dicembre 1948, al Palais de Chaillot di Parigi, veniva firmata la Dichiarazione universale dei diritti umani. Oggi questa ricorrenza è circondata da un senso di tristezza, perché la promessa del testo fondatore del dopoguerra è ancora lontana dal suo compimento.
Il primo articolo, che conosciamo tutti, appare ancora incredibilmente attuale: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”.
Leggendolo viene subito in mente il sentimento di disuguaglianza al centro del movimento dei gilet gialli in Francia. La dichiarazione ha compiuto settant’anni e resta il simbolo di un ideale verso cui tendere ma che è più complicato del previsto da realizzare. Affisso nelle scuole, nei commissariati e nei tribunali, il testo del 1948 non è ancora considerato come il nucleo dei valori comuni dell’umanità. Ancora oggi nel migliore dei casi è ignorato o aggirato, e nel peggiore è attaccato in nome della negazione dell’universalità.
Le fratture persistenti
Le attuali divisioni esistevano già nel 1948. Dei 58 componenti delle Nazioni Unite dell’epoca, solo 50 votarono per l’adozione del testo. Il Sudafrica bianco rifiutò di riconoscere l’uguaglianza di tutti gli esseri umani, l’Arabia Saudita si oppose all’uguaglianza tra gli uomini e le donne mentre l’Unione Sovietica e i suoi alleati contestarono la definizione di universalità.
Sono fratture che ritroviamo ancora oggi. La Cina ha recentemente risposto alle critiche sul trattamento riservato alla minoranza degli uiguri dichiarando che i diritti umani sono un’invenzione occidentale; una parte del mondo islamico continua a subordinare i valori universali alle leggi religiose, mentre gli Stati Uniti sono appena usciti dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu e rifiutano di riconoscere la Corte penale internazionale.
Gli stessi problemi li ritroviamo con il patto sulle migrazioni, firmato a Marrakesh e costruito basandosi sullo spirito dell’articolo 13 della Dichiarazione dei diritti umani, che tratta della libera circolazione delle persone. I nazionalisti attaccano duramente l’accordo e in Belgio ha addirittura causato la crisi di governo.
Il primo articolo, che conosciamo tutti, appare ancora incredibilmente attuale: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”.
Leggendolo viene subito in mente il sentimento di disuguaglianza al centro del movimento dei gilet gialli in Francia. La dichiarazione ha compiuto settant’anni e resta il simbolo di un ideale verso cui tendere ma che è più complicato del previsto da realizzare. Affisso nelle scuole, nei commissariati e nei tribunali, il testo del 1948 non è ancora considerato come il nucleo dei valori comuni dell’umanità. Ancora oggi nel migliore dei casi è ignorato o aggirato, e nel peggiore è attaccato in nome della negazione dell’universalità.
Le fratture persistenti
Le attuali divisioni esistevano già nel 1948. Dei 58 componenti delle Nazioni Unite dell’epoca, solo 50 votarono per l’adozione del testo. Il Sudafrica bianco rifiutò di riconoscere l’uguaglianza di tutti gli esseri umani, l’Arabia Saudita si oppose all’uguaglianza tra gli uomini e le donne mentre l’Unione Sovietica e i suoi alleati contestarono la definizione di universalità.
Sono fratture che ritroviamo ancora oggi. La Cina ha recentemente risposto alle critiche sul trattamento riservato alla minoranza degli uiguri dichiarando che i diritti umani sono un’invenzione occidentale; una parte del mondo islamico continua a subordinare i valori universali alle leggi religiose, mentre gli Stati Uniti sono appena usciti dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu e rifiutano di riconoscere la Corte penale internazionale.
Gli stessi problemi li ritroviamo con il patto sulle migrazioni, firmato a Marrakesh e costruito basandosi sullo spirito dell’articolo 13 della Dichiarazione dei diritti umani, che tratta della libera circolazione delle persone. I nazionalisti attaccano duramente l’accordo e in Belgio ha addirittura causato la crisi di governo.
La magnifica dichiarazione del 1948 resta un ideale e un obiettivo da raggiungere per i paesi che vi aderiscono, oltre che una speranza per i popoli che sono ancora privati dei diritti universali. Come tutti gli ideali, anche quello della dichiarazione universale viene spesso calpestato, perfino nella Francia che si proclama “patria dei diritti umani” ma la cui realtà smentisce ripetutamente gli impegni presi.
Molti obiettivi fissati dalla dichiarazione hanno fatto registrare grandi progressi al livello mondiale, come la lotta alla povertà, ma altri hanno vissuto addirittura una regressione su tutti i continenti, Europa compresa.
Questo settantesimo anniversario sarebbe potuto essere un’occasione per rinnovare gli impegni presi per la difesa dei diritti umani. E invece, secondo Amnesty international, “oggi la dichiarazione universale del 1948 non sarebbe approvata”. Viviamo in un’epoca triste.
Molti obiettivi fissati dalla dichiarazione hanno fatto registrare grandi progressi al livello mondiale, come la lotta alla povertà, ma altri hanno vissuto addirittura una regressione su tutti i continenti, Europa compresa.
Questo settantesimo anniversario sarebbe potuto essere un’occasione per rinnovare gli impegni presi per la difesa dei diritti umani. E invece, secondo Amnesty international, “oggi la dichiarazione universale del 1948 non sarebbe approvata”. Viviamo in un’epoca triste.
Amnesty: “Da governo gestione repressiva delle migrazioni”. Il 2018? L’anno dei movimenti di massa per i diritti delle donne
In occasione del 70° anniversario della dichiarazione dei diritti dell'uomo, l'organizzazione pubblica il suo rapporto sulla situazione mondiale: Italia criticata per il dl sicurezza e gli sgomberi forzati. A livello globale, domina il tema della parità di genere. Protagonisti, dalla America Latina all'Asia e agli Stati uniti i movimenti per i diritti delle donne
“Gestione repressiva del fenomeno migratorio”, “erosione dei diritti umani dei richiedenti asilo”, “retorica xenofoba nella politica”, “sgomberi forzati senza alternative”. Sono alcuni dei passaggi dedicati all’Italia nel rapporto “La situazione dei diritti umani nel mondo. Il 2018 e le prospettive per il 2019”, pubblicato da Amnesty International in occasione del 70esimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani.
Il governo Conte, sostiene la ong, “si è subito distinto per una gestione repressiva del fenomeno migratorio”, in cui “le autorità hanno ostacolato e continuano a ostacolare lo sbarco in Italia di centinaia di persone salvate in mare, infliggendo loro ulteriori sofferenze e minando il funzionamento complessivo del sistema di ricerca e salvataggio marittimo”. Parlando del Dl sicurezza, Amnesty afferma che contiene misure che “erodono gravemente i diritti umani di richiedenti asilo e migranti e avranno l’effetto di fare aumentare il numero di persone in stato di irregolarità presenti in Italia”. Amnesty International Italia segnala inoltre il “massiccio ricorso” da parte di alcuni candidati e partiti politici a “stereotipi e linguaggio razzista e xenofobo per veicolare sentimenti populisti, identitari nel corso della campagna elettorale” di quest’anno.
Nel 2018 gli sgomberi forzati “sono continuati”, colpendo soprattutto famiglie rom e gruppi di rifugiati e migranti, “senza l’offerta di alternative abitative adeguate da parte delle autorità”. La “linea dura” dettata dal nuovo esecutivo sugli sgomberi “rischia di fare aumentare nel 2019 il numero di persone e famiglie lasciate senza tetto e senza sistemazioni alternative”. A settembre è partita la sperimentazione sulle pistole a impulsi elettrici (Taser) in dotazione alle forze di polizia, per le quali l’organizzazione ha espresso preoccupazione sui rischi per la salute”.
Guardando all’Europa, il 2018 è stato caratterizzato “dall’aumento dell’intolleranza, dell’odio e della discriminazione, in un contesto di progressivo restringimento degli spazi di libertà per la società civile” e in cui “richiedenti asilo, rifugiati e migranti sono stati respinti o abbandonati nello squallore mentre gli atti di solidarietà sono stati criminalizzati”. A guidare questa tendenza sono stati “Ungheria, Polonia e Russia mentre nel più ampio contesto regionale in stati come Bielorussia, Azerbaigian e Tagikistan vi sono stati nuovi giri di vite nei confronti della libertà d’espressione e in Turchia ha proseguito a espandersi un clima di paura”.
Tuttavia, Amnesty sottolinea che in Europa “l’ottimismo è rimasto invariato e sono cresciuti attivismo e proteste: un coro di persone ordinarie dotate di una passione straordinaria chiede giustizia e uguaglianza”. Il 2018 è stato, del resto, “un anno di fiere battaglie per i diritti delle donne contro le politiche oppressive e sessiste”, nel quale “attiviste di ogni parte del mondo sono state in prima linea nella battaglia per i diritti umani”, nonostante “l’azione di leader che si definiscono “duri” che promuovono politiche misogine, xenofobe e omofobe ha messo in pericolo libertà e diritti conquistati tempo addietro”.
“Nel 2018 abbiamo visto molti di questi autoproclamati leader mettere a rischio il principio di uguaglianza”, ha dichiarato Kumi Naidoo, segretario generale di Amnesty International. “Loro pensano che le loro politiche li rendano ‘tosti’ ma si tratta di poco più che tattiche da bulli che cercano di demonizzare e perseguitare comunità già marginalizzate e vulnerabili”.
Il volume riporta il lavoro di gruppi come Ni una menos che in America Latina hanno dato vita a movimenti di massa sui diritti delle donne con dimensioni mai viste in passato. In India e Sudafrica migliaia di donne sono scese in strada per protestare contro l’endemica violenza sessuale. In Arabia Saudita le attiviste hanno rischiato di finire in carcere per aver sfidato il divieto di guida, in Iran per aver protestato contro l’obbligo d’indossare il velo. In Argentina, Irlanda e Polonia manifestazioni hanno chiesto la fine delle opprimenti leggi sull’aborto. Negli Usa, in Europa e in parti dell’Asia in milioni hanno preso parte alla seconda manifestazione #MeToo per dire basta alla misoginia e alla violenza.
L’analisi di Amnesty International punta il dito su un crescente numero di politiche e legislazioni che finalizzate a controllare le donne, soprattutto nella sfera dei diritti sessuali e riproduttivi. In Polonia e in Guatemala sono state fatte proposte per rendere ancora più rigide le leggi sull’aborto mentre negli Usa il taglio dei fondi ai centri per la pianificazione familiare ha messo a rischio la salute di milioni di donne. Il divario salariale di genere nel mondo è pari al 23 per cento, e 104 paesi hanno leggi che impediscono a oltre 2,7 milioni di donne di svolgere determinate professioni. Quasi il 60 per cento delle donne lavoratrici nel mondo (circa 750 milioni) non beneficia del diritto al congedo di maternità. A livello mondiale, il 40 per cento delle donne in età fertile vive in paesi in cui l’aborto è ancora soggetto a gravi restrizioni. Il 23% delle donne che hanno partecipato a un sondaggio realizzato in otto paesi ha subìto abusi o molestie online.
Per Amnesty, l’anno prossimo, il 40esimo anniversario della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, sarà un’occasione fondamentale, e l’organizzazione sta sollecitando i governi ad agire per assicurare che i diritti delle donne siano rispettati. “Amnesty International può e deve fare di più sui diritti delle donne. Mentre ci apprestiamo a entrare nel 2019 credo più che mai che dobbiamo stare accanto ai movimenti delle donne, amplificare le loro voci in tutte le loro diversità e combattere per il riconoscimento di tutti i nostri diritti”, ha concluso Naidoo.
10 dicembre 2018/Repubblica
È stata sgomberata l’ex fabbrica di Penicillina su via Tiburtina, a Roma. Polizia e carabinieri hanno trovato circa 40 persone all’interno dello stabile abbandonato a pochi passi dal quartiere San Basilio. Per effettuare le operazioni, l’arteria è stata chiusa in direzione del Grande raccordo anulare e i traffico è stato congestionato per un paio d’ore.
Davanti all’ingresso dell’ex fabbrica sono stati schierati blindati di polizia e carabinieri, insieme con alcune squadre dei vigili del fuoco. Al termine dello sgombero dell’ex fabbrica farmaceutica, occupata da migranti provenienti dall’Africa e da senzatetto italiani, la questura ha spiegato che non si è registrata “nessuna criticità, sotto il profilo dell’ordine e la sicurezza pubblica”.
di F. Q. | 10 dicembre 2018
Il governo Conte, sostiene la ong, “si è subito distinto per una gestione repressiva del fenomeno migratorio”, in cui “le autorità hanno ostacolato e continuano a ostacolare lo sbarco in Italia di centinaia di persone salvate in mare, infliggendo loro ulteriori sofferenze e minando il funzionamento complessivo del sistema di ricerca e salvataggio marittimo”. Parlando del Dl sicurezza, Amnesty afferma che contiene misure che “erodono gravemente i diritti umani di richiedenti asilo e migranti e avranno l’effetto di fare aumentare il numero di persone in stato di irregolarità presenti in Italia”. Amnesty International Italia segnala inoltre il “massiccio ricorso” da parte di alcuni candidati e partiti politici a “stereotipi e linguaggio razzista e xenofobo per veicolare sentimenti populisti, identitari nel corso della campagna elettorale” di quest’anno.
Guardando all’Europa, il 2018 è stato caratterizzato “dall’aumento dell’intolleranza, dell’odio e della discriminazione, in un contesto di progressivo restringimento degli spazi di libertà per la società civile” e in cui “richiedenti asilo, rifugiati e migranti sono stati respinti o abbandonati nello squallore mentre gli atti di solidarietà sono stati criminalizzati”. A guidare questa tendenza sono stati “Ungheria, Polonia e Russia mentre nel più ampio contesto regionale in stati come Bielorussia, Azerbaigian e Tagikistan vi sono stati nuovi giri di vite nei confronti della libertà d’espressione e in Turchia ha proseguito a espandersi un clima di paura”.
Tuttavia, Amnesty sottolinea che in Europa “l’ottimismo è rimasto invariato e sono cresciuti attivismo e proteste: un coro di persone ordinarie dotate di una passione straordinaria chiede giustizia e uguaglianza”. Il 2018 è stato, del resto, “un anno di fiere battaglie per i diritti delle donne contro le politiche oppressive e sessiste”, nel quale “attiviste di ogni parte del mondo sono state in prima linea nella battaglia per i diritti umani”, nonostante “l’azione di leader che si definiscono “duri” che promuovono politiche misogine, xenofobe e omofobe ha messo in pericolo libertà e diritti conquistati tempo addietro”.
“Nel 2018 abbiamo visto molti di questi autoproclamati leader mettere a rischio il principio di uguaglianza”, ha dichiarato Kumi Naidoo, segretario generale di Amnesty International. “Loro pensano che le loro politiche li rendano ‘tosti’ ma si tratta di poco più che tattiche da bulli che cercano di demonizzare e perseguitare comunità già marginalizzate e vulnerabili”.
Il volume riporta il lavoro di gruppi come Ni una menos che in America Latina hanno dato vita a movimenti di massa sui diritti delle donne con dimensioni mai viste in passato. In India e Sudafrica migliaia di donne sono scese in strada per protestare contro l’endemica violenza sessuale. In Arabia Saudita le attiviste hanno rischiato di finire in carcere per aver sfidato il divieto di guida, in Iran per aver protestato contro l’obbligo d’indossare il velo. In Argentina, Irlanda e Polonia manifestazioni hanno chiesto la fine delle opprimenti leggi sull’aborto. Negli Usa, in Europa e in parti dell’Asia in milioni hanno preso parte alla seconda manifestazione #MeToo per dire basta alla misoginia e alla violenza.
L’analisi di Amnesty International punta il dito su un crescente numero di politiche e legislazioni che finalizzate a controllare le donne, soprattutto nella sfera dei diritti sessuali e riproduttivi. In Polonia e in Guatemala sono state fatte proposte per rendere ancora più rigide le leggi sull’aborto mentre negli Usa il taglio dei fondi ai centri per la pianificazione familiare ha messo a rischio la salute di milioni di donne. Il divario salariale di genere nel mondo è pari al 23 per cento, e 104 paesi hanno leggi che impediscono a oltre 2,7 milioni di donne di svolgere determinate professioni. Quasi il 60 per cento delle donne lavoratrici nel mondo (circa 750 milioni) non beneficia del diritto al congedo di maternità. A livello mondiale, il 40 per cento delle donne in età fertile vive in paesi in cui l’aborto è ancora soggetto a gravi restrizioni. Il 23% delle donne che hanno partecipato a un sondaggio realizzato in otto paesi ha subìto abusi o molestie online.
Per Amnesty, l’anno prossimo, il 40esimo anniversario della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, sarà un’occasione fondamentale, e l’organizzazione sta sollecitando i governi ad agire per assicurare che i diritti delle donne siano rispettati. “Amnesty International può e deve fare di più sui diritti delle donne. Mentre ci apprestiamo a entrare nel 2019 credo più che mai che dobbiamo stare accanto ai movimenti delle donne, amplificare le loro voci in tutte le loro diversità e combattere per il riconoscimento di tutti i nostri diritti”, ha concluso Naidoo.
Rapporto Amnesty: "In Italia gestione repressiva dei migranti e attacco ai diritti umani"
L'organizzazione internazionale accusa il governo Conte per la strategia in materia di immigrazione, ma anche l'industria delle armi
L’Italia gestisce in maniera “repressiva” il fenomeno delle migrazioni, mette a rischio i diritti umani dei richiedenti asilo, adotta spesso nella politica una retorica xenofoba e pratica sgomberi forzati, senza offrire alternative. E’ sconsolante l’immagine del nostro Paese delineata nel rapporto "La situazione dei diritti umani nel mondo. Il 2018 e le prospettive per il 2019", pubblicato da Amnesty International in occasione del 70esimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani.
Il governo Conte, scrive Amnesty, "si è subito distinto per una gestione repressiva del fenomeno migratorio", in cui "le autorità hanno ostacolato e continuano a ostacolare lo sbarco in Italia di centinaia di persone salvate in mare, infliggendo loro ulteriori sofferenze e minando il funzionamento complessivo del sistema di ricerca e salvataggio marittimo". Il Decreto sicurezza, dice l’organizzazione, contiene misure che "erodono gravemente i diritti umani di richiedenti asilo e migranti e avranno l'effetto di fare aumentare il numero di persone in stato di irregolarità presenti in Italia".
Amnesty segnala i pericoli del "massiccio ricorso" da parte di alcuni candidati e partiti politici a "stereotipi e linguaggio razzista e xenofobo per veicolare sentimenti populisti, identitari nel corso della campagna elettorale" di quest'anno. Nel 2018 gli sgomberi forzati "sono continuati", colpendo soprattutto famiglie rom e gruppi di rifugiati e migranti, "senza l'offerta di alternative abitative adeguate da parte delle autorità". La "linea dura" dettata dal nuovo esecutivo sugli sgomberi "rischia di fare aumentare nel 2019 il numero di persone e famiglie lasciate senza tetto e senza sistemazioni alternative".
Nel corso del 2018 è proseguita la fornitura di armi a paesi in guerra come Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, esportazioni che violano la legge e il Trattato internazionale sul commercio delle armi" ratificato nel 2014. A settembre è partita la sperimentazione sulle pistole a impulsi elettrici (Taser) in dotazione alle forze di polizia, per le quali l'organizzazione ha espresso preoccupazione sui rischi per la salute".
Amnesty International Italia segnala inoltre il "massiccio ricorso" da parte di alcuni candidati e partiti politici a "stereotipi e linguaggio razzista e xenofobo per veicolare sentimenti populisti, identitari nel corso della campagna elettorale" di quest'anno. Nel 2018 gli sgomberi forzati "sono continuati", colpendo soprattutto famiglie rom e gruppi di rifugiati e migranti, "senza l'offerta di alternative abitative adeguate da parte delle autorità". La "linea dura" dettata dal nuovo esecutivo sugli sgomberi "rischia di fare aumentare nel 2019 il numero di persone e famiglie lasciate senza tetto e senza sistemazioni alternative".
Il governo Conte, scrive Amnesty, "si è subito distinto per una gestione repressiva del fenomeno migratorio", in cui "le autorità hanno ostacolato e continuano a ostacolare lo sbarco in Italia di centinaia di persone salvate in mare, infliggendo loro ulteriori sofferenze e minando il funzionamento complessivo del sistema di ricerca e salvataggio marittimo". Il Decreto sicurezza, dice l’organizzazione, contiene misure che "erodono gravemente i diritti umani di richiedenti asilo e migranti e avranno l'effetto di fare aumentare il numero di persone in stato di irregolarità presenti in Italia".
Amnesty segnala i pericoli del "massiccio ricorso" da parte di alcuni candidati e partiti politici a "stereotipi e linguaggio razzista e xenofobo per veicolare sentimenti populisti, identitari nel corso della campagna elettorale" di quest'anno. Nel 2018 gli sgomberi forzati "sono continuati", colpendo soprattutto famiglie rom e gruppi di rifugiati e migranti, "senza l'offerta di alternative abitative adeguate da parte delle autorità". La "linea dura" dettata dal nuovo esecutivo sugli sgomberi "rischia di fare aumentare nel 2019 il numero di persone e famiglie lasciate senza tetto e senza sistemazioni alternative".
Nel corso del 2018 è proseguita la fornitura di armi a paesi in guerra come Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, esportazioni che violano la legge e il Trattato internazionale sul commercio delle armi" ratificato nel 2014. A settembre è partita la sperimentazione sulle pistole a impulsi elettrici (Taser) in dotazione alle forze di polizia, per le quali l'organizzazione ha espresso preoccupazione sui rischi per la salute".
Amnesty International Italia segnala inoltre il "massiccio ricorso" da parte di alcuni candidati e partiti politici a "stereotipi e linguaggio razzista e xenofobo per veicolare sentimenti populisti, identitari nel corso della campagna elettorale" di quest'anno. Nel 2018 gli sgomberi forzati "sono continuati", colpendo soprattutto famiglie rom e gruppi di rifugiati e migranti, "senza l'offerta di alternative abitative adeguate da parte delle autorità". La "linea dura" dettata dal nuovo esecutivo sugli sgomberi "rischia di fare aumentare nel 2019 il numero di persone e famiglie lasciate senza tetto e senza sistemazioni alternative".
Roma, sgomberata ex fabbrica Penicillina: Salvini sul posto, contestato da alcuni residenti: “Una farsa”
Polizia e carabinieri hanno trovato circa 40 persone all'interno dello stabile abbandonato a pochi passi dal quartiere San Basilio. Il vicepremier: "Dalle parole ai fatti". Ma i residenti parlano di sgombero-farsa: "Annunciato da giorni, molti occupanti si sono trasferiti poco più avanti"
di F. Q. | 10 dicembre 2018
Davanti all’ingresso dell’ex fabbrica sono stati schierati blindati di polizia e carabinieri, insieme con alcune squadre dei vigili del fuoco. Al termine dello sgombero dell’ex fabbrica farmaceutica, occupata da migranti provenienti dall’Africa e da senzatetto italiani, la questura ha spiegato che non si è registrata “nessuna criticità, sotto il profilo dell’ordine e la sicurezza pubblica”.
Sul posto è arrivato anche il ministro dell’Interno Matteo Salvini per un sopralluogo: “Dalle parole ai fatti, ripristinata la legalità“, ha commentato il vicepremier. Prima che lasciasse l’edificio abbandonato una cittadina gli ha urlato: “Sciacallo, sciacallo”. “Le persone stanno per strada grazie al tuo decreto – ha detto – così crei solo insicurezza e tensione”.
Altri due residenti del quartiere hanno sottolineato che “questo è uno sgombero farsa, si sapeva da giorni.
Roma, sgomberata l'ex Penicillina. Salvini: «Altri interventi nelle prossime settimane»
Matteo Salvini è arrivato alla fabbrica dell'ex Penicillina di via Tiburtina a Roma, dalla quale circa quaranta persone sono state sgomberate dalle forze dell'ordine in mattinata.
«È un altro giorno all'insegna dell'ordine e della legalità. Nelle prossime settimane sono già previsti altri sgomberi a Roma e in tante altre città italiane. Dalle parole ai fatti», ha scritto il ministro dell'Interno. Solo una quarantina di migranti sono stati sgomberati. Gli altri «sono andati via tutti nei giorni scorsi», racconta un migrante che è uscito spontaneamente dall'edificio. Anche altri migranti la notte scorsa hanno dormito in strada e molti questa mattina all'alba camminavano su via Tiburtina con i trolley. Nell'edificio abbandonato, a detta degli stessi occupanti, vivevano circa 600 persone, sopratutto africani ma anche italiani
Per permettere le operazioni il tratto della via Tiburtina dal civico 1020 fino all’incrocio con via del Casal di San Basilio è stato chiuso al traffico in direzione del grande raccordo anulare, e poi riaperto. Le operazioni di sgombero si sono svolte senza criticità. Il palazzo dell’ex penicillina fu inaugurato nel 1950 e dal 2012 dopo che il Comune decise di riprendere i lavori per l’ampliamento della Tiburtina abbattendo il muro perimetrale che circondava il palazzo, l’edificio è stato via via occupato da una serie di extracomunitari. A seconda dei periodi si contavano tra le 300 e le 600 persone.(Messaggero)
«È un altro giorno all'insegna dell'ordine e della legalità. Nelle prossime settimane sono già previsti altri sgomberi a Roma e in tante altre città italiane. Dalle parole ai fatti», ha scritto il ministro dell'Interno. Solo una quarantina di migranti sono stati sgomberati. Gli altri «sono andati via tutti nei giorni scorsi», racconta un migrante che è uscito spontaneamente dall'edificio. Anche altri migranti la notte scorsa hanno dormito in strada e molti questa mattina all'alba camminavano su via Tiburtina con i trolley. Nell'edificio abbandonato, a detta degli stessi occupanti, vivevano circa 600 persone, sopratutto africani ma anche italiani
Per permettere le operazioni il tratto della via Tiburtina dal civico 1020 fino all’incrocio con via del Casal di San Basilio è stato chiuso al traffico in direzione del grande raccordo anulare, e poi riaperto. Le operazioni di sgombero si sono svolte senza criticità. Il palazzo dell’ex penicillina fu inaugurato nel 1950 e dal 2012 dopo che il Comune decise di riprendere i lavori per l’ampliamento della Tiburtina abbattendo il muro perimetrale che circondava il palazzo, l’edificio è stato via via occupato da una serie di extracomunitari. A seconda dei periodi si contavano tra le 300 e le 600 persone.(Messaggero)
Salvini in Israele, incontro con Netanyahu ma non con presidente Rivlin. Il quotidiano Haaretz, “non è persona gradita”.
Matteo Salvini si appresta a volare in Israele, dove l’11 e il 12 dicembre sarà per la prima volta in visita ufficiale come vicepremier e incontrerà il primo ministro ‘Bibi‘ Netanyahu. Ma il viaggio del leader della Lega è già segnato dalle polemiche a causa del mancato incontro in Terra Santa con il presidente israeliano Rivlin. Il capo dello Stato ebraico in una dichiarazione dei giorni scorsi alla Cnn aveva detto:”Tu non puoi dire ‘ammiriamo Israele e vogliamo legami stretti ma siamo neo-fascisti‘”. Nessun riferimento alla Lega, sia chiaro, ma il quotidiano ebraico Haaretz aveva affermato in un editoriale che “Salvini dovrebbe essere persona non gradita in Israele“.
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