Intollerabili sono i recenti provvedimenti contro gli attivisti NOTAV Dana, Mattia, Massimo, Aurelio, Francesca, Stella, Nicoletta, Paolo, Michele, Fabiola, Maurizio, Mattia che - per aver presidiato il casello autostradale di Avigliana per protestare contro il ferimento di Luca Abbà- sono stati condannati a due anni di reclusione. Luca, ricordiamolo, folgorato da una scarica elettrica mentre alcuni agenti stavano cercando di raggiungerlo su un traliccio dell'alta tensione sul quale era salito per protestare contro gli espropri dei terreni del cantiere di Chiomonte.
Questi accadimenti sono espressione di uno Stato di polizia che si avvale di misure volte a colpire gli appartenenti ad un movimento come quello NOTAV, al fine di scoraggiare qualsiasi forma di dissenso.
Esprimiamo forte contrarietà al “decreto Minniti” che attribuisce alle forze di polizia poteri senza contraltare e senza controllo, per cui nell'immediato la polizia potrà far scattare i provvedimenti restrittivi, che poi solo i lenti ricorsi all’autorità giudiziaria potranno decretare illegittimi, ma intanto l'intimidazione poliziesca e la limitazione delle libertà garantite dalla costituzione rappresentano un pesante strumento repressivo.
Di particolare gravità rispetto ai diritti costituzionali sono i DASPO "sociali" che escono dagli stadi di calcio e vengono applicati a chi pratica le lotte sociali e politiche.
La prima prova sul campo si è avuta il 25 marzo scorso con il fermo che ha impedito a 160 manifestanti NOTAV di raggiungere la manifestazione Eurostop e con la notificazione di un foglio di via triennale ad un attivista del movimento, trovato in possesso di un coltellino da formaggio durante le perquisizioni del pullman diretto verso la manifestazione.
Col decreto Minniti ci troviamo di fronte ad una trasformazione sempre più autoritaria dello Stato che vuole impedire a libere persone di mostrare il proprio dissenso.
I recenti fatti del Salento, dove anche gli stessi sindaci che si contrappongono all’opera sono stati caricati dalla polizia, dimostra il volto dello Stato quando la popolazione si oppone a decisioni calate e imposte dall'alto, attraverso forme di lotta che tutelano e difendono il territorio contro le logiche predatorie delle grandi opere.