Come vedremo, infatti, i permessi non rientrano nella materia del DPR sopra citato e ci sarebbe quindi bisogno di un bel ripasso della norma.
I PERMESSI PER MOTIVI FAMILIARI E PERSONALI. NULLA È INNOVATO.
L’art. 15, comma 2 del CCNL comparto Scuola prevede che il personale docente ed educativo assunto a tempo indeterminato ha diritto, a domanda, nell’anno scolastico, a tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione.
Per gli stessi motivi e con le stesse modalità, i docenti possono fruire di sei giorni di ferie durante i periodi di attività didattica di cui all’art. 13, comma 9, prescindendo dalle condizioni previste in tale norma.
Tale norma è suffragata e diremmo che è stata “rafforzata” dall’art. 1 comma 10 del nuovo CCNL 2018 in cui viene specificato che rimangono in vigore tutte le norme dei “vecchi” contratti non modificati dal nuovo.
ESIGENZE PERSONALI E FAMILIARI. DI CHE SI TRATTA?
L’art. in questione fa riferimento in modo generico sia alle esigenze personali che a quelle di famiglia del lavoratore.
Tali esigenze possono identificarsi – dice la Corte dei Conti, sez. contr., 3 febbraio 1984, n.1415 – con tutte quelle situazioni configurabili come meritevoli di apprezzamento e di tutela secondo il comune consenso, in quanto attengono comunque al benessere, allo sviluppo ed al progresso dell’impiegato inteso come membro di una famiglia o anche come persona singola.
Pertanto, a differenza di ciò che viene indicato in altri Comparti, in quello della Scuola non si parla di motivi “debitamente documentati” o “gravi” (con la connessa attribuzione all’amministrazione di un potere di valutazione della sussistenza o meno del requisito della gravità), ma piuttosto si deve fare riferimento a situazioni o interessi ritenuti dal dipendente di particolare rilievo che possono essere soddisfatti solo con la sua assenza dal lavoro.
DISCREZIONALITÀ DEL DIRIGENTE. INTERVIENE ANCHE L’ARAN
In un Orientamente Applicato del 17/10/2011, l’ARAN afferma che “ l’art. 15, comma 2, primo periodo, esplicita chiaramente che il diritto ai permessi retribuiti per motivi personali o familiari è subordinata ad una richiesta (…a domanda…) del dipendente documentata “anche mediante autocertificazione”.
La previsione contrattuale generica ed ampia di “motivi personali o familiari” e la possibilità che la richiesta di fruizione del permesso possa essere supportata anche da “autocertificazione”, a parere dell’Agenzia, esclude un potere discrezionale del dirigente scolastico il quale, nell’ambito della propria funzione è preposto al corretto ed efficace funzionamento dell’istituzione scolastica nonché alla gestione organizzativa della stessa”.
AUTOCERTIFICAZIONE. PERCHÈ NON È POSSIBILE APPLICARE IL DPR 45/2000 (DISPOSIZIONI LEGISLATIVE IN MATERIA DI DOCUMENTAZIONE AMMINISTRATIVA) E QUINDI il “CONTROLLO” O L’“ACCERTAMENTO D’UFFICIO”.
Così come precisato anche dall’ARAN il dipendente può produrre una dichiarazione sostitutiva di certificazione comprovante i motivi a supporto della richiesta.
Ora, alcuni Dirigenti ritengono, con tanto di circolari, che il dipendente sia soggetto ai controlli ai sensi dell’art. 71 del DPR 445/2000.
Dimenticano però a quali autocertificazioni si riferisce tale articolo. È bene quindi fare un ripasso.
Infatti, il comma 1 dispone: Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione, e in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi, sulla veridicita’ delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47.
E il comma 2 più precisamente:
I controlli riguardanti dichiarazioni sostitutive di certificazione sono effettuati dall’amministrazione procedente con le modalita’ di cui all’articolo 43 consultando direttamente gli archivi dell’amministrazione certificante ovvero richiedendo alla medesima, anche attraverso strumenti informatici o telematici, conferma scritta della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei registri da questa custoditi.
Ebbene, giova ricordare che l’art. 46 fa riferimento ad “autocertificazione” di stati, qualità personali e fatti oltretutto precisamente elencati, quali, per esempio, data e il luogo di nascita;
residenza; cittadinanza; godimento dei diritti civili e politici; stato di celibe, coniugato, vedovo o stato libero; stato di famiglia; esistenza in vita nascita del figlio, decesso del coniuge, dell’ascendente o discendente; iscrizione in albi, in elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni;
l appartenenza a ordini professionali; titolo di studio, esami sostenuti; qualifica professionale posseduta, titolo di specializzazione, di abilitazione, di formazione, di aggiornamento e di qualificazione tecnica ecc.
Per ciò che riguarda i permessi di cui stiamo trattando non è quindi possible l’applicazione di tali controlli in quanto è palese come non tutti i motivi familiari o personali possono essere documentati o certificati e sui quali è possible fare un controllo, proprio in virtù di ciò che afferma la Corte dei conti e proprio in virtù del fatto che si possono, appunto, autocertifcare. Altrimenti, come avviene per esempio in altri Comparti, le parti (sindacati e ARAN), non avrebbero inteso scrivere “anche mediante autocertificazione” e non avrebbero lasciato la dicitura generica “motivi personali e familiari”.
Mi si dovrebbe infatti spiegare come sarebbe possible un controllo su un docente che chiede il permesso per poter accompagnare la moglie all’ospedale oppure all’aeroporto, oppure perché deve fara un trasloco o qualunque altro motivo che non può essere oggetto di un controllo.
In più, come affermato anche dall’ARAN, dal momento che il DS non ha nessun potere discrezionale sulla questione l’autocertficazione deve essere di conseguenza intesa a soddisfare esclusivamente il mero controllo di tipo formale come ribadito precedentemente e scuccessivamente all’Orientamento in questione anche in diverse sentenze sull’argomento.
Per queste ragioni a tali permessi non può essere applicato (e lo dico proprio “giuridicamente”) l’art. 71 del DPR 445/2000, checché ne dica qualche Dirigente, con la precisazione finale che per “autocertificazione” deve intendersi che il dipendente è tenuto a dare delle indicazioni giustificative dell’assenza, senza quindi l’obbligo di documentare o certificare i motivi e senza che l’Amministrazione possa richiedergli ulteriori giustificazioni o effettuare delle indagini per verificare la veridicità di quanto dichiarato dallo stesso.
di Paolo Pizzo.Orizzonte scuola