SÌ AL
RICONOSCIMENTO DEL LAVORO DI DOCENTI E ATA PER MANTENERE VIVA LA SCUOLA
PUBBLICA COME PRESIDIO DI CIVILTÀ E DI CULTURA ANCHE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS!
Nelle scuole italiane,
come è stato riconosciuto da tutti, docenti e ATA hanno sinora garantito,
nonostante l’emergenza, che non fosse interrotto il rapporto con gli studenti.
In particolare, i docenti, con il loro lavoro volontario, sono riusciti a condividere
con gli allievi ansie e paure e hanno mantenuto in vita, per quanto possibile,
il percorso didattico-educativo. Il decreto legge sulla scuola, invece, di
accompagnare questo percorso, rischia di mettere la parola fine al clima
positivo che si è determinato nella maggior parte delle scuole.
Innanzitutto, il decreto
legge per larghi aspetti conferisce, seppur con dei paletti, alle ordinanze
ministeriali il potere di derogare tutta una serie di leggi, dando di fatto
“forza di legge” ad un atto amministrativo e, quindi, poteri speciali
alla Ministra dell’istruzione. Vengono bypassati sia lo stesso CdM (seppur
in parte), sia il Parlamento, ma non c’era alcuna ragione di ulteriore
straordinaria urgenza per creare di fatto una nuova fonte del diritto. È una tecnica
già usata per DL e DPCM, che rischia di diventare strutturale anche dopo la
fase dell’emergenza, con un’ulteriore concentrazione personale del potere
politico.
Nel merito, che senso
ha imporre la didattica a distanza quando nello stesso tempo
si afferma pubblicamente che essa sta già funzionando positivamente? È
un oltraggio allo straordinario senso di responsabilità dimostrato dai/lle
docenti. Non solo: come si configura in concreto tale obbligo se un terzo delle
famiglie italiane non ha computer o connessione, addirittura il 42% al Sud? E
che significa l’obbligo nelle scuole in carcere, dove i docenti non hanno avuto
fin qui alcuna possibilità di raggiungere i propri studenti, tanto che il
Garante nazionale dei detenuti e delle persone private della libertà personale
ha dovuto scrivere una lunga Lettera ai Ministri dell’Istruzione,
dell’Università e della Giustizia, per invitarli al rispetto del diritto
all’istruzione in carcere? E che dire di una Ministra che, mentre chiede
nell’emergenza a mezza Italia di attrezzarsi telematicamente in una settimana,
non è poi in grado di garantire la digitalizzazione dell’aggiornamento delle
graduatorie, benché essa fosse già prevista e non dettata dall’emergenza? È
paradossale anche che, mentre il governo si affanna per dotare di potere
d’acquisto chi è costretto a restare a casa, molti precari della scuola non
ricevano da mesi lo stipendio, cosa particolarmente grave in una situazione di
impoverimento generale di tante famiglie.
L’imposizione della
didattica a distanza ha una sola motivazione: spingere perché diventi
non uno strumento da usare solo nella fase emergenziale, ma qualcosa di
strutturale, come se potesse sostituire la didattica in presenza, l’unica
che può garantire la relazione interpersonale indispensabile per la crescita
sia umana che cognitiva degli studenti. A tal proposito, sono preoccupanti le
dichiarazioni sulla continuazione della didattica a distanza nella fase
iniziale del prossimo anno scolastico.
Invece, bisogna
ridefinire subito i criteri di formazione delle classi, di tutte le classi, non
solo di quelle pollaio. Va ridotto drasticamente il numero degli alunni per
classe per garantire la salute di tutta la comunità scolastica, nonché dignità
al lavoro docente e qualità didattica ai nostri studenti.
Per garantire il
regolare avvio del prossimo anno scolastico è, quindi, necessario prevedere
l’immissione in ruolo con concorsi per soli titoli e/o usando GaE e GM, di
tutti i docenti precari che hanno maturato almeno tre anni di lavoro con
concorsi per soli titoli e di tutto il personale ATA già occupato per almeno 24
mesi. È di tutta evidenza che non sarà possibile esaurire tutti i passaggi del
concorso straordinario, né tantomeno di quello ordinario prima di settembre: il
Decreto invece, confermando questa strada, di fatto determinerà il caos nella
fase di avvio del prossimo anno.
Dal punto di vista
didattico, se la scelta (e non poteva non essere così) è quella di ammettere tutti
gli alunni alla classe successiva o agli Esami e modificarne la conduzione,
l’organizzazione del lavoro deve essere conseguente. Non vanno, quindi,
inventati sistemi di valutazione a distanza ridicoli e che inquinano il
rapporto docente-studenti, oltre che essere palesemente illegittimi: non è
pensabile valutare conoscenze e capacità se non è possibile garantire la
necessaria vigilanza né la privacy.
Ma, visto che tutti
gli alunni saranno promossi (o ammessi agli esami), si potrà procedere agli
scrutini finali tenendo conto dei risultati del primo trimestre/quadrimestre,
delle prove di recupero e delle votazioni del secondo periodo prima della
sospensione dell’attività didattica. Si userà anche il periodo della didattica
a distanza, non per mettere voti, ma unicamente per completare la valutazione
degli allievi valorizzando tutti i feedback ricevuti.
Coloro che insistono
per i voti a distanza, in realtà, mirano a far passare una valutazione solo
delle c.d. competenze, intese come mero “addestramento”, mentre la scuola deve
valutare l’acquisizione dei saperi disciplinari (da non confondere con il
nozionismo) e, tramite essi, lo sviluppo delle capacità cognitive, in termini
di analisi, visione complessiva dei fenomeni, rielaborazione e sviluppo del
pensiero critico. Chiedere oggi di mettere voti a distanza significa
mortificare la professionalità dei/lle docenti e svilire lo stesso lavoro di
studenti/esse.
Va rimarcato che il
DL, nell’unico riferimento specifico alla valutazione, l’art. 1, comma 4, lett.
a), prevede la possibilità di usare modalità telematiche SOLO per
la “valutazione finale degli alunni, ivi compresi gli scrutini finali” e
NON per la valutazione delle singole prove (con voti) con la didattica a
distanza. Infatti, le norme derogabili citate (art. 2, d.lgs. n. 62/2017 e
art. 4, d.P.R. n. 122/2009) fanno riferimento solo alla valutazione periodica e
finale. Anche la possibilità di svolgere il colloquio dell’Esame di Stato
con “modalità telematiche”, è prevista in modo specifico, come deve
essere per ogni deroga alle norme generali. Quindi, non si può desumere
alcun obbligo specifico di svolgere valutazioni a distanza dall’obbligo
generale delle prestazioni didattiche a distanza, tra l’altro previsto solo
per il periodo di sospensione delle attività in presenza.
Per il prossimo anno
scolastico, toccherà alle singole scuole programmare le attività tenendo conto
della eccezionalità di quanto avvenuto, individuando tempi e procedure che
devono necessariamente essere coerenti con problemi e bisogni dei singoli
alunni e delle singole classi. Sarà necessario stanziare gli adeguati
finanziamenti per tali attività aggiuntive, ma il decreto prevede la solita
formula del divieto di nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica.
Inoltre, la
sospensione dei requisiti per l’ammissione all’Esame di Stato relativi allo
svolgimento dei quiz Invalsi e delle ore minime di PCTO (ex ASL) deve valere
sia per quest’anno che per l’anno prossimo, perché altrimenti le attuali quarte
classi si troverebbero a dover svolgere stage aziendali nell’ultimo anno di corso,
già ingolfato per altri motivi. Anche per le terze il quantitativo minimo di
ore andrebbe ridotto in proporzione.
Infine, dato che questo
decreto conferma che sino a oggi non c’era alcun obbligo rispetto alla
didattica a distanza, chiediamo a quei dirigenti scolastici che hanno
imposto, mediante circolari e ordini di servizio palesemente illegittimi, a
docenti e alunni di lavorare come se la didattica on line fosse uguale a quella
in presenza, non tanto di chiedere scusa, ma di pensare alle dimissioni.
La scuola deve
rimanere una comunità educante e non può essere il luogo dove sperimentare le
proprie pulsioni autoritarie, a cui pare allinearsi in queste ultime ore anche
la ministra Azzolina.
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Posted on 29 marzo 2020 by
cobasscuolapalermo
Per facilitare la
ricerca di risposte ai continui dubbi che sorgono tra i docenti a proposito di
Didattica a Distanza, riunioni telematiche, problemi di connettessione e di
privacy ecc., ecco una serie di FAQ preparate dall’avv. Marco Barone dei Cobas
Scuola.
La didattica a distanza è obbligatoria?
Svolgere attività didattica a distanza
risponde ad una inevitabile necessità, ma non ad un obbligo giuridico. E’ di
tutta evidenza che l’art. 1 del DPCM del 4 marzo può essere interpretato in
modo legittimo solo nel senso che il DS ha l’obbligo di attivare modalità di
didattica a distanza, ma ad esso non corrisponde alcun obbligo da parte dei
docenti.
Si è obbligati alla riprogrammazione o
si è obbligati ad effettuare attività di programmazione?
Non essendo stata equiparata la
didattica a distanza a quella ordinaria, non esistendo alcun provvedimento
normativo ad hoc, non sussiste ad oggi alcun obbligo di programmazione, o
riprogrammazione della propria attività didattica. Questa sarà una libera
scelta del docente. La stessa nota MIUR del 17 marzo parla di suggerimento,
invito e d’altronde una nota ministeriale non potrebbe avere comunque alcun
valore impositivo. Così come non sussiste alcun obbligo per il personale della
scuola primaria di rispettare il proprio orario di programmazione, poiché si è
in fase di attività didattica sospesa ex lege e non sussiste
pertanto alcun tipo di obbligo finalizzato a rispettare il proprio orario
contrattuale,né, dunque, l’ora o le due ore di programmazione.
Possono essere convocate le riunioni
collegiali telematiche?
Con la nota dell’8 marzo 2020 è stato
altresì sottolineato che “nelle istituzioni scolastiche del sistema nazionale
di istruzione sono sospese tutte le riunioni degli organi collegiali in
presenza fino al 3 aprile 2020. Si raccomanda di valutare attentamente
l’opportunità di mantenere impegni collegiali precedentemente calendarizzati,
riducendo allo stretto necessario gli incontri organizzati in via telematica,
al fine di lasciare ai docenti il maggior tempo possibile per lo sviluppo della
didattica a distanza”. Le convocazioni collegiali telematiche, non potendosi
svolgere in presenza sono legittime se si tratta di attività già calendarizzate
e/o programmate, se convocate su richiesta d’urgenza, con debita motivazione. E
sono lecite se caratterizzate da previa regolamentazione.
Se le riunioni collegiali non sono state
regolamentate, possono essere convocate?
Può essere utile come principio quanto
affermato ad esempio dall’articolo 2370 del Codice civile che pur riguardando
la fattispecie delle assemblee nelle società, il principio può essere estendibile
anche a questa casistica quando si scrive che “lo statuto può consentire
l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione ovvero
l’espressione del voto per corrispondenza o in via elettronica. Chi esprime il
voto per corrispondenza o in via elettronica si considera intervenuto
all’assemblea”. Il Tribunale di Bologna(sezione specializzata societaria) con
sentenza 18 marzo 2014, ha affermato che lo statuto sociale di una cooperativa
quotata può autorizzare l’utilizzo dei “centri di voto” collegati”a
distanza”all’assemblea mediante un sistema telematico, in modo legittimo, dal
combinato disposto tra l’articolo127 del decreto legislativo 58/1998 (il Tuf) e
l’articolo 2370 del Codice civile. Se non regolamentato a priori una riunione
collegiale telematica può essere illegittima, come illegittime saranno le
determinazioni che ne deriveranno. Sul punto se si verrà coinvolti in siffatte
convocazioni, andranno fatte mettere a verbale, telematicamente, le proprie
osservazioni. Ricordiamo che è la circolare Ministeriale 16 aprile 1975, n. 105
che invita proprio a dotarsi di un proprio regolamento in materia di
funzionamento dell’organo collegiale.
Le delibere adottate dalle riunioni
collegiali telematiche sono legittime?
Nel caso in cui si ricorra a delibere di
organi collegiali in via telematica queste possono essere legittime se già
regolamentate, oppure se si ricorre ad una successiva convocazione in
presenza. L’articolo 2377 del Codice Civile afferma che “l’annullamento
della deliberazione non può aver luogo, se la deliberazione impugnata è
sostituita con altra presa in conformità della legge e dello statuto”. Sul
punto si deve osservare che una parte della giurisprudenza sembra affermare che
possa trovare applicazione la disposizione dell’art.2377, penultimo comma c.c
come disposizione di carattere generale e che, di conseguenza, si verifica la
cessazione della materia del contendere quando l’assemblea, regolarmente
riconvocata, abbia deliberato sui medesimi argomenti della delibera oggetto
dell’impugnazione, ponendo in essere, pur senza forme particolari, un atto
sostanzialmente sostitutivo di quello invalido (Cass.1997 n.12439). In sostanza
si potrebbe sanare un consiglio telematico convocato per lo svolgimento ad
esempio degli scrutini, non regolamentato e che possa essere oggetto di
possibile impugnazione, che deve essere comunque sempre perfetto, con una
successiva riunione collegiale di presenza, purché si verifichi entro l’anno
scolastico di riferimento.
Si è obbligati a partecipare alle riunioni
collegiali telematiche?
Nel caso di convocazione di riunioni
collegiali telematiche, il lavoratore, qualora ravvisi profili di
illegittimità, a propria tutela dovrà produrre rimostranza scritta ai sensi
dell’articolo 17 del DPR del 1957 n°3. Solo in casi di reiterazione della
circolare/ ordine di servizio come prevede la norma si dovrà ottemperare la
disposizione per poi impugnarla eventualmente nelle dovute sedi. Nel caso di
reiterazione della disposizione di servizio si suggerisce di far mettere a verbale
le proprie osservazioni.
Sono obbligato a rispettare l’orario di
lavoro?
Assolutamente no. Si è in presenza di
attività didattica ordinaria sospesa e non esiste alcuna norma legislativa che
abbia equiparato la didattica a distanza a quella ordinaria. In base alle leggi
e alle norme contrattuali vigenti, con la sospensione delle attività didattiche
i docenti non hanno alcun obbligo di svolgere le 18, le 24 o 25 ore di lezione.
Si possono imporre metodologie didattiche?
No. le modalità di svolgimento non possono
essere imposte: il docente è libero di scegliere le diverse modalità e
tecniche. Dal D. Lgs 165/2001 fino alla legge 107/2015 tutte le leggi o
atti aventi forza di legge prevedono che i poteri del dirigente scolastico sono
esercitati nel rispetto delle competenze degli organi collegiali. Nel DL n.
6/2020 non si rinvengono deroghe a tali previsioni legislative. L’art. 7 del
TU assegna al Collegio dei docenti “potere deliberante in materia di
funzionamento didattico del circolo o dell’istituto(..). Esso esercita tale
potere nel rispetto della libertà di insegnamento garantita a ciascun docente”.
Si deve firmare il registro elettronico?
No. Le attività svolte a distanza vanno
tracciate nel registro on line, ma senza assolutamente firmare il registro di
classe: sarebbe un falso in atto pubblico, che attesta ciò che non corrisponde
al vero, cioè che si sono svolte le lezioni in presenza; se non è possibile
tracciare le attività senza firmare, va specificato che si tratta di didattica
a distanza.
Come gestire la privacy?
Il MIUR nella nota del 17 marzo ha scritto
che le istituzioni scolastiche sono tenute, qualora non lo abbiano già fatto,
ad informare gli interessati del trattamento secondo quanto previsto dagli
artt. 13 e 14 del Regolamento UE 2016/679. Quindi, le istituzioni scolastiche
“non devono richiedere il consenso per effettuare il trattamento dei dati
personali (già rilasciato al momento dell’iscrizione) connessi allo svolgimento
del loro compito istituzionale, quale la didattica, sia pure in modalità
“virtuale” e non nell’ambiente fisico della classe, è”. Si suggerisce comunque
a tutela dei docenti, nel caso di minori di 14 anni di provvedere ad ottenere
il consenso delle famiglie nell’utilizzo di piattaforme o strumenti similari
per la didattica a distanza
Sono obbligatori i corsi di formazione
organizzati dall’animatore digitale/Team digitale?
No. Sono corsi organizzati per facilitare
l’ausilio di tecnologie da parte di chi è in difficoltà con la didattica a
distanza, la partecipazione è volontaria e rimessa alla disponibilità dei
docenti. Non possono essere imposti corsi di formazione che non siano quelli
previsti dalla legge, ad esempio corso in materia di sicurezza sul lavoro
Se non ho le tecnologie a disposizione,se
ho finito i giga, come comportarmi?
Va segnalato alla scuola che non si è
nelle condizioni di esercitare la didattica a distanza a causa di impossibilità
oggettiva di carattere tecnico.
Posso essere chiamato a svolgere
l’attività di didattica distanza a scuola?
La nota MIUR dell’8 marzo afferma che “Per
quanto concerne il personale docente, la presenza nelle istituzioni scolastiche
è strettamente correlata alle eventuali esigenze connesse alla attività
didattica a distanza. Parimenti si adottano le stesse misure per quei profili
Ata la cui prestazione non è esercitabile a distanza”. L’articolo 87 del
decreto “cura Italia “ afferma che le Amministrazioni pubbliche “limitano la
presenza del personale negli uffici per assicurare esclusivamente le
attivita’ che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente la
presenza sul luogo di lavoro, anche in ragione della gestione dell’emergenza”.
Nel caso si deve chiedere alla scuola se l’attività in questione ricorra nella
fattispecie di cui all’articolo 87 con specifica richiesta scritta e di venire
a conoscenza di quali siano le modalità adottate dalla scuola per garantire la
sicurezza del lavoratore per evitare il contagio da coronavirus. Si deve
ricordare che nel caso in questione il lavoratore dovrà auto certificare nel
modello ministeriale per gli spostamenti che dovrà recarsi a scuola per ragioni
di lavoro per lo svolgimento dell’attività didattica a distanza.
Si possono effettuare le valutazioni?
Le valutazioni di carattere sommativo sono
assolutamente illegittime e anche inopportune. Tutta la normativa scolastica
prevede l’obbligo della vigilanza durante le prove, sia scritte che orali, ed è
di tutta evidenza che essa non viene garantita con prove on line. Il che non
significa che non vi siano feedback da parte degli studenti: lo sono le
domande, i rilievi critici, lo stesso svolgimento dei lavori assegnati, magari
svolti in modo collettivo. Tutti elementi che concorrono a determinare la c.d.
valutazione formativa, cioè valutazione delle prove che serva per la crescita
cognitiva degli studenti, una valutazione dunque che non si trasforma in voto.
La scelta comunque è rimessa alla discrezionalità del docente, e non può essere
imposta dalla dirigenza scolastica.
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