Chiedere soldi alle famiglie degli
alunni, per finanziare iniziative didattiche ulteriori rispetto a quelle
curriculari, è illegittimo. A meno che non si tratti di contributi
volontari o erogazioni liberali. Pertanto i dirigenti che pretendono
tali versamenti dai genitori (e minacciano sanzioni nei confronti dei
figli se non lo fanno) incorrono nella responsabilità disciplinare.
Lo
ha ricordato il ministero dell'istruzione con una nota a firma del capo
dipartimento, Lucrezia Stellacci, emanata il 7 marzo scorso. Il
problema sta assumendo dimensioni talmente rilevanti da indurre
l'amministrazione centrale ad intervenire. Così da indurre i direttori
regionali a conformarsi alla direttiva emanata da loro diretto
superiore, che peraltro è titolare del potere disciplinare nei loro
confronti. E si tratta di situazioni talmente gravi che il dipartimento,
con la stessa nota, ha dovuto impartire direttive anche alla direzione
generale del bilancio, per imporre ai revisori dei conti delle
istituzioni scolastiche di «operare, nell'ambito delle ordinarie
procedure, specifici ed accurati controlli in merito alle modalità di
richiesta, gestione e rendicontazione dei contributi delle famiglie». É
già la seconda volta che il dipartimento si vede costretto ad
intervenire. Segno evidente dello scorso grado di vigenza delle
disposizioni a suo tempo impartite. E dunque, per risolvere
definitivamente la questione, l'amministrazione centrale ha ricordato ai
dirigenti scolastici che eventuali ulteriori segnalazioni che dovessero
pervenire al dipartimento, su vicende analoghe, saranno tempestivamente
rappresentate ai direttori regionali ai fini dell'avvio dei relativi
procedimenti disciplinari. Insomma, questa volta al ministero
dell'istruzione hanno perso la pazienza , al punto tale da minacciare
sanzioni disciplinari. Il dipartimento, inoltre, ha stigmatizzato i
comportamenti di taluni presidi che, nonostante la legge preveda
l'iscrizione d'ufficio degli alunni della scuola dell'obbligo alle
classi del corso, impongono ai genitori di presentare nuovamente
l'iscrizione, peraltro in formato cartaceo. E colgono l'occasione per
imporre, di fatto, il versamento di ulteriori somme non dovute. A questo
proposito, l'amministrazione centrale ha ricordato che, anche se le
richieste di contributi discendono da delibere del consiglio di
istituto, tale organo non è titolare di alcun potere impositivo. E
dunque, il versamento di contributi non può che essere di natura
volontaria. Quanto alle modalità dell'invito da rivolgere alle famiglie,
il dipartimento ha fatto riferimento alla nota 312 del 20 marzo 2012.
Il provvedimento chiarisce che i contributi non possono essere chiesti
per finanziare le attività curriculari e, in ogni caso, la destinazione
dei medesimi dovrà essere previamente comunicata alle famiglie. Così da
consentire alle medesime di scegliere anche solo alcune delle attività
proposte in luogo di altre. Evitando così richieste di contributi
indistinti. Nella nota 312, inoltre, il ministero raccomanda alle scuole
di informare le famiglie della possibilità di detrarre dalle imposte i
contributi, così come previsto dall'art.13 della legge 40/2007. Resta
ferma in ogni caso la gratuità dell'istruzione, che è un diritto
costituzionalmente tutelato. E che fino al compimento dell'obbligo non
prevede nemmeno il versamento di tasse. Tasse che possono essere pretese
solo per gli ultimi due anni delle scuole superiori, fatte salve le
ipotesi di esonero.
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