Gli ultimi provvedimenti
giudiziari con le misure cautelari di Napoli, Roma e Bologna che hanno colpito
il movimento dei disoccupati, quello per il diritto all’abitare, student* e
precar* ci restituiscono, nello spaccato sociale rappresentato dalle persone
colpite, un profilo del conflitto decisamente nuovo. Non sono solo gli
attivisti i soggetti coinvolti ma un numero ingente di uomini e donne
impegnati/e in una lotta fortemente connotata nella difesa di diritti primari
come la casa e il reddito. Così la scena del crimine si arricchisce di nuove
figure che diventano protagoniste del copione repressivo al pari di chi è alle
prese con i processi legati alla mobilitazione No Tav, alla manifestazione del 15
ottobre o alle giornate di Genova 2001.
Le pratiche di conflitto e
l’irriducibilità ad una legalità imposta dentro un modello di sviluppo in
crisi, sembrano i due nodi sul quale oggi si costruiscono trincee opposte. Da
una parte una società sofferente per un disagio evidente e dall’altra un
sodalizio di potere che intende uscire da questa fase storica senza perdere
profitti e rendite di posizione. In questo contesto sembrano saltate le
mediazioni sociali possibili e legittime rivendicazioni affermate con
“eccessiva” forza vengono colpite duramente con lo strumento della privazione
della libertà, monito e azione preventiva nello stesso tempo. Lo strumento
della detenzione e le misure coercitive in genere, diventano la risposta
istituzionale verso settori sociali sempre più larghi, con un’attenzione
particolare sulla disponibilità a rispettare le regole: laddove non si
percepisce ravvedimento la sanzione assume forme maggiormente dure. Questo
avviene con l’uso di una legislazione che punta più alla repressione che alla
definizione di strumenti sociali adeguati.
Le prigioni sono piene di giovani
fermati per qualche grammo d’erba, di migranti, di chi sbarca la crisi fuori
dalla legalità e a questi si vanno aggiungendo anche coloro che provano ad
emancipare la loro condizione attraverso le lotte, come chi occupa una casa,
difende il proprio territorio dal saccheggio della rendita o si pone in
contrapposizione con la logica dei profitti legata ai flussi migratori. Uno
spaccato al quale affiancare tutti coloro che sono colpiti a vario titolo da
misure quali daspo, fogli di via, articolo 1, espulsioni. Un’affollata
compagnia giudicata indisponibile e socialmente pericolosa. Un’altra
caratteristica distintiva degli attuali percorsi giudiziari che colpiscono
l’attivismo sociale è data dalla costituzione di gruppi di lavoro (pool) della
Procura connotati in chiave anti-terroristica e anti-eversiva. Le lotte vengono
indagate come ipotesi criminali e non come fenomeni sociali, quindi
classificate, laddove più forti, come violente e delinquenziali. Con
l’aggravante di associare insieme più soggetti potenzialmente pericolosi e in
grado di “ricattare” amministrazioni e istituzioni. Una lettura utile per
decidere poi le restrizioni necessarie ad impedire libertà di movimento e forme
costituenti di contropotere sociale.
Tutto questo interroga non solo i
movimenti sociali, il sindacalismo conflittuale, alle prese con il tema della
democrazia e della rappresentanza che non sembra poi così distante dalle
questioni sollevate sopra, e le forze politiche sensibili, ma investe anche il
corpo giudiziario, avvocati e giudici compresi. Il tema della legalità e della
legittimità delle pratiche di lotta, dei comportamenti individuali o collettivi
di resistenza nella crisi, del diritto alla rabbia e alla rivolta, è centrale
in questo momento storico. Così come si modificano i dispositivi del controllo
e le azioni coercitive, anche gli strumenti da giustapporre devono avere
maggior forza e consapevolezza dell’attacco subito.
Il diritto alla morosità e
all’insolvenza, di resistenza ad uno sfratto, di un’occupazione per necessità,
di bloccare una strada, invadere un municipio, sabotare un’opera invasiva e
distruttiva per il territorio, coltivare una pianta di marijuana, fotocopiare
libri, fare spesa sociale in un supermercato, interrompere i flussi delle merci
per rivendicare diritti, scioperare fuori dalle regole concordate da sindacati
complici, usare gratuitamente i mezzi pubblici, rifiutare forme di controllo
come la tessera del tifoso. Tutte pratiche abbondantemente in uso e ampiamente
contrastate nella quotidianità individuale e collettiva. Il contrasto che viene
prodotto assume connotati repressivi comuni e tende ad impedire una possibile
omogeneizzazione dentro ipotesi sociali plurali. La percezione di un diffuso
rifiuto ad accettare di pagare i costi della crisi, porta all’adozione delle
contromisure necessarie e le pratiche più o meno consapevoli di resistenza e
riappropriazione devono essere fermate con ogni mezzo. Da qui le pesanti condanne,
le rigide misure, le vessazioni e i provvedimenti cautelari preventivi. La
sorveglianza nei confronti dei comportamenti dettati dall’esclusione sociale
sia organizzati che individuali sta poi assumendo aspetti di disgregazione e
isteria della sicurezza, utili ad alimentare spinte alla delazione, dal numero
di targa a chi parcheggia sulle strisce alla denuncia di comportamenti anomali
del vicino di casa. Una società dove chi sta bene denuncia chi sta male.
Nuove pratiche di cittadinanza e
di “potere” altro si affacciano dentro la crisi e disegnano città e territori
in rotta di collisione con l’attuale modello di sviluppo. L’impianto giuridico
che fa i conti con queste pratiche e questi comportamenti va messo in
discussione sia sul piano della mobilitazione di massa sia su quello
strettamente legale.
Venerdi 14 Marzo ore 16
Legittimità vs Legalità
Dibattito Nazionale
Facoltà di Scienze della Comunicazione
Aula 4 via Principe Amedeo 184
Introduzione:
legittimità delle lotte vs legalità dei governi dell'austerità
Lo
stato di eccezione e la democrazia costituzionale:
Prof.
Giovanni Russo Spena
Trasformazioni dell’impianto
giuridico nell’assolutismo neoliberista:
Avv.
Francesco Romeo - Ordinamento penale
Vs movimenti sociali, la reazione dello Stato contro chi resiste alla crisi
Avv. Arturo
Salerni/Forum Diritti lavoro - Carcere, cie, lavoro: quando la questione sociale diventa questione
penale
Avv. Simonetta Crisci – Il reato di
devastazione e saccheggio Vs il diritto di resistenza
Avv. Paolo Cognini - Dinamica giudiziaria e
ridefinizione del diritto dentro la crisi: il
paradigma legalitarista come fondamento del nuovo protagonismo
del potere giudiziario.
Avv. Emanuele D'amico-
criminalizzazione del movimento no tavesalto di qualità delle accuse
Situazione
carceraria e sistema penitenziario:
Associazione Antigone
Associazione Papillon
Comitato “La tortura è di Stato! Rompiamo il silenzio!”
Odio il carcere
Lotte
sociali e supporti legali
Student* di piazza Verdi Bologna: I
diritti si conquistano a spinta!
Movimento operaio della logistica di
Bologna
Lavoratori del trasporto pubblico
Firenze
Movimento No Tav: notizie da una
Valle che non si arrende
Movimenti per il diritto all’abitare
(Roma, Firenze)
Napoli: difendiamo il diritto di
resistenza alla crisi (a cura di Orizzonti meridiani)
Collettivo Femminista “Coordinamenta”
Azione Antifascista Teramo
No Cie
Fans ultrà Cosenza
Ultras della Spal
Mediaticità e personalizzazione
dello strumento repressivo in un'ottica di genere
Supporto legale 15 ottobre
10x100 Genova non è finita
Repressione
e controllo sociale:
Osservatorio sulla Repressione
ACAD (Associazione Contro gli Abusi
in Divisa)
Comitato delle madri per Roma città
aperta
Sabato 15 Marzo ore 12
Piazze tematiche
-"Sistema carcerario e controllo
sociale"
Metro Rebibbia
Via tiburtina 956
-"Frontiere e libertà di movimento"
Piazza indipendenza
-"Territori contro le devastazioni
ambientali"
Stazione Tiburtina
-"Precarietà abitativa e sociale contro
l'austerity
stop privatizzazioni, difendiamo i beni
comuni"
ex deposito Atac (San Paolo)
Via Settimio Severo
Sabato 15 Marzo ore 15
Corteo Nazionale
da Metro Piramide
al Ministero della Giustizia