MAFIA CAPITALE E LA MUTAZIONE GENETICA DELLE COOP

venerdì 19 dicembre 2014 · Posted in ,


Nelle vicende di Mafia Capitale che gettano una luce pessima sul mondo cooperativo, Mario Frau, ex dirigente Coop, vede una continuità in quella che nel suo libro La Coop non sei tu, definì la mutazione genetica delle Cooperative
Il post che segue è un insieme di riflessioni sul mondo Coop di Mario Frau dopo lo scandalo Mafia Capitale. Frau è stato Direttore alla programmazione e sviluppo di Novacoop e membro della Direzione dell'Associazione Nazionale Cooperative di Consumo. Lo abbiamo conosciuto nel 2010, dopo aver letto il suo libro La Coop non sei tu dal significativo sottotitolo: La mutazione genetica delle Coop, dal solidarismo alle scalate bancarie. Su quel libro il blog intervistò l'autore
 
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Nel mio saggio La Coop non sei tu ho più volte usato il termine mutazione genetica riferendomi ai cambiamenti che hanno coinvolto le grandi coop. Che ci sia stata tale trasformazione - meglio sarebbe usare il termine degenerazione - che ha investito diffusamente alcune grandi Coop che operano in una pluralità di settori dell’economia, lo confermano i fatti di questi giorni emersi a Roma. Tale mia convinzione è supportata anche dalla progressiva finanziarizzazione di tutto il sistema cooperativo e l’affermazione al proprio interno di una casta autoreferenziale di intoccabili, l’assenza di adeguati controlli democratici da parte dei soci, che sono stati emarginati ed esclusi da qualsiasi processo decisionale. Il modello solidaristico è stato abbandonato, per sposare tout court la logica del profitto, omologandosi alle imprese capitalistiche. Si è così affermato una sorta di organismo geneticamente modificato che, godendo di molti privilegi, crea una distorsione del mercato e anziché distinguersi dalle imprese di capitali, ha finito per scimmiottarle, omologandosi ad esse. Dopo la nascita del PD, che ha indubbiamente affievolito il collateralismo, alcune coop hanno cominciato a intessere rapporti anche con gli altri partiti.

Il verminaio che sta uscendo dallo scandalo di Mafia Capitale dà idea di un malcostume diffuso e tollerato. Non credo che sia un fenomeno isolato, come dimostra anche la recente vicenda dell’Expo, ma è presumibile che abbia investito anche altre grandi cooperative. Ho letto un interessante articolo a firma di Andrea Cangini, che merita essere riportato in parte: Ad esempio Salvatore Buzzi, protagonista dello scandalo Mafia Capitale si sapeva che aveva precedenti per truffa e omicidio, fondatore di una cooperativa di ex detenuti e da lì divenuto membro, a Bologna, del consiglio di sorveglianza del Consorzio nazionale servizi (Cns). «Ti presento il capo delle cooperative rosse di Roma», disse Alemanno a Berlusconi mentre Buzzi gli tendeva la mano. «In Cns sono riverito», ha detto Buzzi in un’intercettazione. E l’incarico di sorvegliante che gli è stato affidato dimostra che non ha detto il falso. Ora, pur evitando facili moralismi, è chiaro che la parola «valori» esibita da Legacoop sul proprio sito s’è persa. Si è persa perché si è persa l’identità di un’associazione di lavoratori nata per nobili ideali, ma cresciuta male. La base, ancora popolata di persone che ci credono, è sconcertata. E non se ne esce costituendosi parte civile nel processo capitolino. Se ne esce affrontando la realtà. La realtà di un’associazione di imprese perfettamente calata nella logica capitalista. Urge metter mano, se non alla Costituzione, almeno allo statuto.

Qualche giorno fa che Poletti ha rilasciato una intervista a Repubblica, sostenendo che era assolutamente normale partecipare a quella cena (quella con Buzzi e esponenti del clan dei Casamonica), dichiarando testualmente: come presidente di Legacoop ho partecipato sempre alle iniziative ed alle assemblee delle cooperative aderenti. Era dunque assolutamente normale che partecipassi alla cena organizzata dalla cooperativa sociale 29 giugno, che aveva per obiettivo il reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti e delle persone più deboli. Fa presente Poletti che quando si vive in questo mondo e si vede come lavorano le cooperative sociali, non si pensa che possano esistere comportamenti come quelli che oggi vengono alla luce. Mi permetto solo di fare qualche osservazione. Tutto bene, Poletti, ma chi aveva il compito di controllare la correttezza di Buzzi e della cooperativa associata 29 giugno? In primis lo aveva il servizio revisioni di Legacoop, in secundis l'associazione di appartenenza, deputata a controllare e a vigilare, come prevede la legge.

Anche in questa circostanza torna alla mente quello che ebbe a dire un grandesindacalista e uomo di cultura come Bruno Trentin, che dopo la fallita scalata alla BNL da parte di Unipol: le Coop hanno perso l’anima inseguendo ad ogni costo il profitto e l’arricchimento a scapito dei propri valori originari.
 
La mutazione genetica consiste nel fatto che i vari supermercati e ipermercati coop sono diventati le filiali di una grande Banca, senza tuttavia soggiacere ai vincoli e ai controlli imposti alle Banche dalla Banca d’Italia, con la messa a rischio del prestito sociale e dei posti di lavoro come è accaduto recentemente alla coop in Friuli. Tali attività finanziarie, svolte in modo talvolta spregiudicato, spostano ingenti risorse dagli investimenti produttivi sui mercati che non si conciliano con le finalità sociali, etiche e mutualistiche che ne dovrebbero guidare l’attività.

Dopo le vicende di Mafia Capitale viene da chiedersi se ci sia ancora spazio per una realtà cooperativa sana. Credo che ci siano oggi molti spazi per lo sviluppo e il rilancio di un modello cooperativo sano, in grado di offrire alle giovani generazioni una alternativa al precariato e alla disoccupazione, riempiendo gli spazi che le grandi imprese di capitali non riescono ad occupare. Penso che una organizzazione di persone che si mettono assieme per dotarsi di servizi o di un posto di lavoro a condizioni più vantaggiose rispetto al mercato in un momento di generale impoverimento, come accade in questo periodo, sia di estrema attualità. Per fortuna non tutto il sistema cooperativo è composto da coop degenerate e corrotte, governate da caste autoreferenziali che non rispondono mai a nessuno del loro operato e meno che mai ai propri soci. Il problema della partecipazione dei soci alla vita sociale delle cooperative ha assunto negli ultimi anni, a causa della diffusa disaffezione, un aspetto molto preoccupante, per non dire patologico. Di norma alle assemblee separate di bilancio partecipa una percentuale bassissima degli aventi diritto e approvano ad occhi chiusi qualsiasi decisione, molto spesso non comprendendo neppure il significato di ciò che vanno ad approvare. Nell’ultimo decennio sono nate cooperative di ogni genere che praticano salari da fame, non pagano i contributi previdenziali ed evadono le imposte. Esse agiscono ai margini della legalità, facendo concorrenza sleale alle imprese e alle cooperative sane e solo in qualche occasione finiscono nelle maglie della giustizia. Vengono chiamate cooperative spurie, sono cooperative controllate da pochi capi bastone (i negrieri del terzo millennio) dediti alla intermediazione di manodopera, sia Italiana che straniera che svolge lavori dequalificati, con turni e ritmi di lavoro massacranti, come nel caso della logistica. Anche questo fenomeno, da combattere con ogni mezzo, è la prova di come la mutazione genetica delle coopsi sia spinta molto avanti, direi quasi tollerata.

Diversa è per fortuna la situazione di molte piccole e medie cooperative, dove spesso il presidente è realmente espressione dei soci e vive del proprio lavoro partecipando onestamente al successo del sodalizio. La partecipazione e il controllo da parte dei soci si sviluppa in modo libero e senza ostacoli, in nome della trasparenza e del rispetto delle regole statutarie e democratiche condivise. Ciò detto, occorrono urgenti provvedimenti legislativi per arginare fenomeni come quelli accaduti nella Coop 29 giungo di Roma e in altre cooperative. 

Per concludere, ritengo indispensabile una riforma organica della legislazione sulla cooperazione in modo da garantire maggiormente i soci circa il rispetto dei principi solidaristici e mutualistici, della correttezza amministrativa ed etica dei propri manager.

 
Mario Frau

18 dicembre 2014
 

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