Il dirigente scolastico ha il dovere di modificare l'orario delle lezioni, anche in corso d'anno, quando ciò si renda necessario per attribuire il completamento a un docente precario spezzonista. É quanto si evince da un provvedimento emesso dalla Corte d'appello di Ancona, depositato il 18 aprile scorso (r.g.l. 512/2010) con il quale è stato accolto il ricorso di una docente precaria, già titolare di uno spezzone di cattedra, alla quale era stato preclusa la possibilità di ottenere un secondo incarico di supplenza.
Incarico che le avrebbe dato la possibilità di arrivare a guadagnare uno stipendio complessivo di circa 1200 euro mensili. «Il diritto», spiega a Italia Oggi, Roberta Pettinato, legale di parte ricorrente, «era stato negato alla docente precaria, che aveva in precedenza stipulato per quell'anno scolastico un contratto di 11 ore di insegnamento presso una scuola urbinate» da un'altra scuola dove era disponibile un altro spezzone di 6 ore. E tale preclusione era stata motivata dal dirigente della scuola di completamento con il fatto che vi sarebbe stata «una sovrapposizione di orario nella giornata di venerdì». In buona sostanza, dunque, il dirigente scolastico aveva negato alla docente la possibilità di ottenere il completamento, solo perché un'ora dello spezzone di titolarità coincideva con un'ora dello spezzone di completamento. Inconveniente, questo, che avrebbe potuto essere agevolmente superato con una lieve modifica dell'orario complessivo delle lezioni. Di qui l'esperimento dell'azione giudiziale, che in primo grado si era concluso in favore dell'amministrazione. Ma la docente non si era rassegnata ed aveva presentato ricorso in secondo grado. E la Corte d'appello gli ha dato ragione, condannando l'amministrazione scolastica al pagamento dei danni e delle spese legali: 4714 euro, più interessi (pari all'importo complessivo delle retribuzioni non percepite) e 2200 euro, più Iva e cassa forense, per i compensi dovuti all'avvocato. La pronuncia, di cui è stato reso noto solo il dispositivo, è il primo provvedimento giurisprudenziale che dà ragione a un docente precario in questa delicata materia. I giudici di merito, infatti, in I grado finora hanno sempre deciso nel senso della intangibilità dell'orario. E c'è anche una sentenza della Corte d'appello di Potenza, orientata in questa direzione (72/2012).
In buona sostanza, dunque, secondo la prevalente giurisprudenza di merito, il diritto al completamento sarebbe una sorta di diritto aleatorio, soggetto al previo verificarsi di una condizione non scritta. E cioè: la fatalità del perfetto incastro tra lo spezzone di titolarità e quello di completamento, senza che vi sia necessità di modificare l'orario. Condizione, questa, che di fatto pone nel nulla tale diritto, perché le probabilità che ciò possa verificarsi sono estremamente ridotte. A ciò va aggiunto anche il fatto che le disposizioni in materia sono lacunose e contraddittorie. Oltre tutto, sebbene la materia sia riserva contrattuale, il completamento continua ancora ad essere regolato anche da un decreto ministeriale (131/2007). Il tutto in barba all'art.63 del decreto legislativo 165/2001.
Resta il fatto, però, che esiste anche una scarna disposizione contrattuale, l'art. 40 del vigente contratto, che qualifica il completamento come diritto. E dunque, se i giudici lo avessero ritenuto opportuno, avrebbero potuto imporre alle parti di fare definitivamente chiarezza con un'interpretazione autentica. Cosa che finora non è avvenuta. Dunque, anche questa volta bisognerà scomodare la Corte di cassazione per ottenere un responso efficace.
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