la società dello spettacolo

sabato 14 dicembre 2013

Pren­dete vip o pseudo-vip di seconda fila (il can­tante popo­lare con figlie al seguito, la sho­w­girl, la gior­na­li­sta dei salotti buoni, l’attore cor­pu­lento, il ram­pollo di casa Savoia ecc.) e man­da­teli per 15 giorni a visi­tare un campo pro­fu­ghi. Ripren­de­teli in tutte le pose men­tre toc­cano con mano la sof­fe­renza umana («Ma non ci posso cre­dere!», «Non può essere vero!», «Povera gente!» ecc.) e poi por­ta­teli in stu­dio a com­men­tare le loro avven­ture eso­ti­che, alla pre­senza dei respon­sa­bili inges­sati dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifu­giati (Unhcr) e della Ong che ha spon­so­riz­zato l’iniziativa.
Frul­late il tutto e fatelo pre­sen­tare da un con­dut­tore de noan­tri e dalla col­lega pale­sti­nese, visi­bil­mente ter­ro­riz­zati dalle pole­mi­che pas­sate e pre­ve­di­bil­mente future. Che cosa otterrete?
Se non ci fos­sero di mezzo le vere sof­fe­renze dei pro­fu­ghi, la rispo­sta sarebbe una sola: due ore di comi­cità invo­lon­ta­ria e irre­si­sti­bile. Que­sto è Mis­sion, la cui prima pun­tata è andata in onda il 4 dicem­bre su Rai 1. Baste­rebbe Al Bano, con­ciato come in una vacanza azien­dale a Miami, con paglietta e sciarpa bianca, e accom­pa­gnato dalle figliole Romina Jr e Cri­stel. Inforna il pane, tra­sporta tap­peti, acca­rezza bam­bini e si pro­duce in una gag da Oscar. C’è un signore siriano seduto per terra che pensa ai fatti suoi: Al Bano arriva e lo benda con la sua kefiah, men­tre quello sor­ride cor­te­se­mente, un po’ imba­raz­zato. Dopo­di­ché, l’indimenticabile gor­gheg­gia­tore di Feli­cità porta due caprette, lo sbenda e gliele con­se­gna. Final­mente i bam­bini avranno un po’ di latte. Com­mo­zione, gra­ti­tu­dine, luc­ci­coni. Applausi in studio.
E che dire della cop­pia Can­dida Morvillo-Francesco Pan­no­fino? La prima, in tra­sferta in Mali e immor­ta­lata men­tre pianta un chiodo (senza riu­scirci), è la per­fetta paro­dia della radi­cal snob che dà un’occhiatina al terzo mondo — pec­cato però che non si tratti di una paro­dia. Il secondo, in fondo, è il più sin­cero di tutti quando dichiara di essersi «sen­tito come un cre­tino» durante la sua espe­rienza di turi­smo uma­ni­ta­rio. Applausi in studio.
Ma il picco del grot­te­sco si tocca con il sipa­rietto di immi­grati di Rosarno che hanno messo in piedi una squa­dra di cal­cio — accom­pa­gnati dall’allenatore e dall’inevitabile prete. Men­tre scor­rono imma­gini della rivolta di tre anni fa (senza che nes­suno dica una parola sul lavoro nero, sullo sfrut­ta­mento, sugli ita­liani che spa­ra­vano agli stra­nieri per farli fug­gire prima di essere pagati ecc.), arriva il gio­ca­tore Zam­brotta — un bab­bino Natale bianco — che li omag­gia di pal­loni e magliette e pro­clama pro­fonde verità sul cal­cio che com­batte il raz­zi­smo. Sin­tesi e tra­du­zione: non fate casino, se vi danno 25 euro al giorno per 9 ore di lavoro. Invece, gio­cate al cal­cio che vi passa. Applausi con­vinti in studio.
Rara­mente si è visto in tele­vi­sione qual­cosa di così dol­cia­stro, ipo­crita e buo­ni­sta (ma per­ché, allora, non hanno invi­tato Vel­troni l’Africano?). L’idea di man­dare delle facce tele­vi­sive, più o meno note, a farsi un po’ di pub­bli­cità tra i pro­fu­ghi della Gior­da­nia e del Mali è orrenda, e poteva venire solo in un paese come il nostro, in cui i lea­der poli­tici prin­ci­pali sono il pro­prie­ta­rio di tre reti, un comico diven­tato famoso con la tv e un sin­daco pia­cione che imper­versa da mane a sera sul pic­colo schermo (spe­riamo che la smetta di per­se­gui­tarci, se diventa segre­ta­rio del Pd).
Se quelli dell’Unhcr e di Inter­sos spe­ra­vano di farsi pub­bli­cità con Mis­sion, hanno preso una bella can­to­nata. Agli occhi del pub­blico, qual­siasi discorso sui pro­fu­ghi, d’ora in poi, sarà que­stione di vip e sipa­rietti com­mo­venti. Ma, soprat­tutto, la realtà dei con­flitti che pro­du­cono pro­fu­ghi — con­flitti in cui è coin­volto anche il nostro bel paese, così buono e sen­si­bile — sarà igno­rata quanto e più di prima, men­tre invece i vip non per­de­ranno l’occasione di dirci come sof­fri­vano, men­tre face­vano la loro vacanza umanitaria.
E que­sta bella roba costa. Il mistero sui cachet dei vip in sedi­ce­simo è fitto: si parla di 700 euro al giorno di dia­ria, ma chi ci crede? Il buon Al Bano, noto­ria­mente genuino come il vino delle sue tenute, ha dichia­rato di aver preso una «mise­ria», 500.000 euro invece dei 750.000 pre­vi­sti. Sarà vero? Sarebbe il caso di inda­gare, anche per non lasciare solo alla destra le denunce degli spre­chi Rai. Ma se fosse vero, non si trat­te­rebbe solo di dila­pi­da­zione di denaro pub­blico: sarebbe un vero e pro­prio insulto ai pro­fu­ghi, stru­men­ta­liz­zati per rin­ver­dire l’immagine di can­tanti, attori e conduttori.
Vista la prima pun­tata, non pos­siamo che aspet­tarci il peg­gio dalla seconda. Infatti, con altri turi­sti del dolore, è in arrivo dal Congo niente meno che Ema­nuele Fili­berto Umberto Reza Ciro René Maria di Savoia, uno che di pro­fu­ghi s’intende (forse per­ché per anni non ha potuto met­tere piede in Ita­lia?). Aspet­tiamo con ansia che ci rac­conti, con la sua erre moscia, quanto ha sof­ferto in Congo. 
Alessandro dal Lago

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