Dal 1995 a oggi 3 milioni e mezzo di studenti hanno abbandonato la
scuola statale, su oltre 11 milioni iscritti alle superiori (-30,6%).
Ragazzi e ragazze spariti dai radar della scuola, che sotto questo
aspetto ricorda le famigerate performance della rete idrica italiana,
che perde nel nulla il 35% dell’acqua. Un colabrodo. Di questo tratta l’ultimo dossier di Tuttoscuola, “La scuola colabrodo”, di cui è uscita
un’anticipazione su “L’Espresso” in edicola domenica 9 settembre.
Il costo è enorme: 55 miliardi di euro.
E l’emorragia continua: almeno 130 mila adolescenti che iniziano le
superiori non arriveranno al diploma. Irrobustiranno la statistica dei 2
italiani su 5 che non hanno un titolo di studio superiore alla licenza
media e di un giovane su 4 che non studia e non lavora.
E
l’istruzione superiore? Tra chi si diploma e si iscrive all’università,
uno su due non ce la fa. Complessivamente su 100 iscritti alle
superiori solo 18 si laureano. Ma poi un quarto dei laureati va a
lavorare all’estero… E il 38% dei diplomati e laureati che restano non
trovano un lavoro corrispondente al livello degli studi che hanno fatto.
Un disastro.
Eppure l’istruzione conviene:
la disoccupazione tra chi ha solo la licenza media è quasi doppia
rispetto a chi è arrivato al diploma e quasi il quadruplo di chi è
laureato; l’istruzione incide sulla salute, riducendo i costi per la
sanità; comporta meno criminalità e meno costi per la sicurezza.
Insomma prevenire
la dispersione scolastica avrebbe costi molto più bassi di quelli che
derivano dalla necessità di gestirne le conseguenze sociali.
Servirebbe un grande piano pluriennale. Eppure l’attenzione oggi va
molto di più al milione di migranti sbarcati negli ultimi vent’anni che
ai tre milioni e mezzo di adolescenti italiani che nello stesso arco di
tempo hanno abbandonato la scuola, rendendo più povero, dal punto di
vista educativo e non solo, il paese.
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