Sorgono spontanei dei dubbi, ovvero le azioni di protesta, in particolar modo quella dell’occupazione della scuola, se non consentono il raggiungimento della soglia minima dei 200 giorni per lo svolgimento delle lezioni, come previsto dall’articolo 74 comma 3 del Testo Unico della Scuola, pongono a rischio la validità dell’anno scolastico? Ed il personale della scuola è tenuto a recuperare i giorni di attività lavorativa non pienamente prestati a causa dell’occupazione?
Come è ben noto il diritto è interpretabile, a volte in modo restrittivo a volte in modo estensivo, non sempre ciò che è legale è legittimo, così come non sempre ciò che è legittimo è legale.Ma in realtà legalità e legittimità potrebbe coincidere.
La legge base di riferimento è l’ art. 74 D.Lgs 297/1994, che regola la durata dell’anno scolastico e le norme che attribuiscono alle regioni (art. 138 D.Lgs 112/98) la competenza di determinare il calendario scolastico e alle scuole (art.5 D.P.R. 275/99) la competenza di stabilire gli eventuali adattamenti del calendario rispetto al POF. Alle quali si devono aggiungere l’articolo 1218 e 1256 del C.c ed in particolar modo l’articolo 21 della Costituzione italiana, l’articolo 9,10 e 11 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali Firmata a Roma il 4 novembre 1950 (Testo coordinato con gli emendamenti di cui al Protocollo n. 11 firmato a Strasburgo l’11 maggio 1994, entrato in vigore il 01 novembre 1998 ).Cosa emerge dal combinato disposto di queste norme?
1) Legittimità dell’occupazione scolastica e validità anno scolastico
Dal punto di vista penale, i reati configurabili, o che di norma vengono contestati, in questi casi, sono l’ “invasione di terreni o edifici”, art. 633 c.p., l’ “interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità”, art. 340 c.p..Con sentenza del 30 marzo 2000la II sezione della Corte di cassazione è intervenuta sul punto rilevando che: Non è applicabile l’art. 633 alle occupazioni studentesche perché tale norma ha lo scopo di punire solo l’arbitraria invasione di edifici e non qualsiasi occupazione illegittima.
Affermando in particolar modo che L’edificio scolastico, inoltre, pur appartenendo allo Stato, non costituisce una realtà estranea agli studenti, che non sono dei semplici frequentatori, ma soggetti attivi della comunità scolastica e pertanto non si ritiene che sia configuratoun loro limitato diritto di accesso all’edificio scolastico nelle sole ore in cui è prevista l’attività scolastica in senso stretto. Sulla questione dell’interruzione del Pubblico Servizio il Tribunale di Siena, che recepisce l’orientamento che sembra essere maggioritario sul punto rileva che “Se la c.d. “occupazione” della scuola da parte degli studenti avviene senza modalità invasive, e cioè consentendo lo svolgersi delle lezioni e l’accesso degli addetti, non è configurabile il reato di interruzione di pubblico servizio, neanche se l’attività didattica si svolge con difficoltà ed in mezzo a confusione. Tribunale Siena, 29 ottobre 2001″.
Ma giunge notizia, a conferma di come il diritto sia volubile sul punto, che il 13 novembre 2012 alle ore 9,30, al Tribunale dei minorenni di Palermo, si è tenuta l’udienza n.245/12 R.G.U.P. che vedeva imputato uno degli
studenti che avevano guidato l’occupazione di un istituto superiore di Palermo nei mesi di novembre e dicembre 2010. Lo studente sarebbe stato condannato a “due mesi di giustizia riparatrice” presso l’Azienda Sanitaria Provinciale, per lo svolgimento di attività socialmente utili.
Dunque i rischi sussistono, ma essendo l’occupazione, l’autogestione o la cogestione, strettamente correlate ad un malessere sociale, finalizzate al conseguimento della realizzazionedi diritti costituzionalmente previsti, ma non sempre garantiti, compatibili con la formazione del processo educativo e formativo dello studente, riconducibili alla liberamanifestazione del pensiero, essendo lo studente parte attiva e non soggetto esternood estraneo alla realtà scolastica, queste forme di lotta sono legittime ed anche legali. Infatti, i periodi di occupazione, autogestione o cogestione, pur mutando le modalità con cui si esplicano le forme di protesta partecipata, ma non l’essenza, possono essere computabili ai fini delle assenze scolastiche salvaguardando anche il regime dei 200 giorni ex lege per la validità dell’anno scolasticoqualora l’occupazione rientri anche nei canoni della causa di forza maggiore. Ricordo che ai sensi della C.M. n. 20 del 4 marzo 2011, che definisce i criteri di calcolo delle assenze al fine della validità dell’anno scolastico per la valutazione degli studenti, il numero massimo di giorni di assenza consentiti (1/4 della durata dell’anno scolastico come previsto dal DPR 122/2009) non viene calcolato sul generico riferimento della durata media dell’anno scolastico (200 giorni)ma viene “personalizzato”.
E’ vero che delle note di vari Uffici scolastici Regionali riportano il seguente principio: Infatti, pur emergendo l’inderogabilità della disposizione circa i 200 giorni di scuola effettivi da osservare come“offerta formativa” delle Istituzioni Scolastiche del Primo e Secondo Ciclo di Istruzione. Ne consegue che in caso di esaurimento completo dei giorni obbligatori ed eccedenti i 200 minimi, le singole scuole dovranno deliberare in merito alla possibilità di recuperare i giorni necessari per il raggiungimento dei 200 giorni prescritti, o sottraendoli ai periodi di vacanza o prolungando le lezioni oltre il termine delle lezioni previsto dal Calendario Regionale. Ma nel caso in cui i giorni di occupazione non verranno reputati come giorni di assenza, cosa fattibile in sede di autonomia scolastica, realizzando il principio della piena partecipazione dello studente ai processi democratici fondanti la comunità scolastica, riconoscendo valenza formativa ai detti giorni, il problema del recupero non si pone.
D’altronde emerge anche un problema strettamente lavoristico.
2) Il personale scolastico deve recuperare i giorni ove la prestazione di lavoronon è stata pienamente possibile a causa dell’occupazione?
Se l’occupazione della scuola configura da un lato una diversa esplicazione di servizio pubblico, e nello stesso tempo il personale scolastico, per causa di forza maggiore, non dipendente dalla propria volontà, non ha potuto prestare la propria prestazione lavorativa, così come contrattualmente prevista, questo, in base all’articolo 1256 del CC che recita “L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore [il lavoratore], la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo dell’adempimento”, ebbene non è tenuto ad alcun recupero, principio rafforzato anche dall’articolo 1218 del CC, ove in base anche allo stato di acquiescenza della situazioneda parte dell’Istituzione Scolastica verso l’occupazione, si desume che se l’impossibilità della prestazione non dipende da causa imputabile al debitore, l’obbligazione è estinta e il debitore (lavoratore) è liberato.
Dunque rischierebbero di essere illegittime ma anche illegali quelle delibere del Consiglio d’Istituto,su proposta o indicazione del Collegio docenti, che disciplinano il recupero dell’attività lavorativa non pienamente prestata o prestata in modo alternativo, durante il periodo dell’occupazione, allungando la durata dell’anno scolastico o da esercitate durante il periodo della ordinaria sospensione dell’attività didattica. A tal proposito è necessario ricordare che l’eventuale rimodulazione dei giorni di sospensione dell’attività didattica,ove si potrebbe deliberare il recupero dell’attività come sopra considerata, andrà condivisa con gli enti locali interessati, considerato l’evidente riflesso che tale decisione ha sull’organizzazione dei trasporti e sul funzionamento degli edifici scolastici.
L’ USR EMILIA ROMAGNA così si pronunciava in merito al problema neve ed interruzione dell’attività didattica.”In relazione agli eventi naturali che hanno comportato la perdita di giorni di lezione per la più parte delle Istituzioni scolastiche della regione, si ricorda che per consolidato orientamento già espresso da questa Direzione (vedi note prot. 18967 del 18.11.2002 e n.1743 del 15.2.2010) “L’anno scolastico resta valido anche se le cause di forza maggiore hanno comportato la discesa del totale al disotto dei 200 giorni”.
Anche Il MIUR, con la circolare numero 1000 del 22 febbraio 2012, forniva indicazioni alle scuole sulla validità dell’anno scolasticoe sugli eventuali adeguamenti dei calendari scolasticia seguito degli eccezionali eventi atmosferici considerati, ribadendo, come hanno già fatto diversi Uffici Scolastici Regionali, che “è fatta comunque salva la validità dell’anno scolastico”anche in caso di “discesa dei giorni di lezione al di sotto del limite dei 200” in conseguenza di “cause di forza maggiore”.
Conclusione.
L’occupazione può non essere considerata come assenza dello studente ed essere anche computata valida ai fini dei 200 giorni di lezionese fatta rientrare nell’ipotesi di causa di forza maggiore, può essere ritenuta come attività formativa ed educativa dello studente, come diversa ed alternativa esplicazione del processo formativo dello studente, senza pregiudicare la validità dell’anno scolastico, e le singole Istituzioni scolastiche possono, in base ai principi dell’autonomia, poiché nulla osta in tale senso, deliberare in questa direzione in armonia con le competenze Regionali in materia.
Il personale scolastico, essendo l’occupazione considerabile come causa di forza maggiore che rende non pienamente eseguibile la prestazione del lavoratore, essendosi manifestata, nel caso specifico lì ove non è stato attuato “sgombero”, anche accettazione da parte dell’Istituzione scolastica della situazione in essere, non è tenuto a recuperare alcun tipo di prestazione lavorativa, poiché sono pienamente estendibili in questo caso in via analogica le ipotesi riconducibili al non recupero della prestazione lavorativa per la chiusura della scuola causa neve, od altra forza maggiore, non esistendo d’altronde una tipizzazione della causa di forza maggiore nulla osta che anche l’occupazione scolastica possa essere ritenuta tale.
Infine sarebbe una conquista sociale e politica non da poco conto e basilare per ogni democrazia, riconoscere valenza formativa al processo di occupazione.