I dirigenti scolastici non possono sospendere i docenti. È questo il principio affermato dal Tribunale di Foggia con una sentenza depositata il 27 ottobre 2016 (sentenza 7331/2016) che ha anche condannato l'amministrazione scolastica alle spese legali. La pronuncia si colloca nell'ambito di un vero e proprio orientamento assunto dalla giurisprudenza di merito in diverse occasioni (Tribunale di Ferrara 27.08.2010 n.3299, si veda Italia Oggi del 22.11.2011 e Tribunale di Lodi, 3.11.2015 n. 252. Si veda Italia Oggi del 17.11.2015). Il giudice del lavoro di Foggia ha spiegato che i dirigenti non hanno titolo a sospendere i docenti, perché la loro competenza si esaurisce nella possibilità di irrogare sanzioni che non vadano oltre l'avvertimento scritto e la censura.
Pertanto, quando il comportamento antidoveroso assunto dal docente potrebbe integrare una responsabilità disciplinare tale da determinare l'applicazione di una sanzione sospensiva, il dirigente deve limitarsi agli aspetti procedurali, provvedendo a trasmettere tempestivamente gli atti all'ufficio per i provvedimenti disciplinari costituito presso l'ufficio scolastico territorialmente competente. La copiosa giurisprudenza formatasi a tale riguardo ha censurato ripetutamente l'interpretazione adottata dal ministero dell'istruzione con la circolare 88/2010. Secondo l'amministrazione, infatti, il dirigente scolastico e l'ufficio per i provvedimenti disciplinari avrebbero entrambi competenza ai fini dell'irrogazione delle sanzioni disciplinari applicabili a seguito dell'accertamento di infrazioni connotate da gravità. Fermo restando, però, che la sanzione in concreto applicabile dal dirigente scolastico non può eccedere i 10 giorni. Tesi, questa, che la giurisprudenza ritiene non legittima.
Perché il decreto Brunetta fa espresso riferimento alla sanzione edittale astrattamente prevista, lasciando impregiudicata la piena vigenza dell'art.498 del testo unico. Che, per contro, non contempla la sanzione della sospensione fino a 10 giorni. Sanzione, questa, prevista nel contratto di lavoro solo nei confronti del personale Ata.
In buona sostanza, la giurisprudenza di merito (da ultimo anche il Tribunale di Foggia) è costante nel ritenere che il giudice debba attenersi ai principi di tipicità e tassatività della sanzione. Secondo i quali, per punire un lavoratore, è necessario che la sanzione sia espressamente prevista da una norma di legge o di contratto. E ciò vale sia per quanto riguarda l'esplicitazione del collegamento tra il comportamento antidoveroso e l'applicazione della sanzione sia per quanto riguarda l'individuazione dell'autorità datoriale competente ad infliggerla e il procedimento da seguire al fine di garantire il diritto di difesa. In più, siccome le norme punitive sono norme speciali per definizione e, come tali, sono insuscettibili di interpretazione analogica, fino a quando l'ordinamento non prevedrà esplicitamente la sanzione della sospensione dal servizio (che è cosa diversa dalla sospensione dall'insegnamento) anche per i docenti, i dirigenti non avranno competenza in tale materia.
In altre parole, i giudici del lavoro sono ormai costanti nel ritenere che la disciplina applicabile ai docenti non sia quella del decreto Brunetta. Ma quella più rigorosa ed afflittiva prevista dal decreto legislativo 297/94: il testo unico dell'istruzione. Il decreto Brunetta, infatti, contempla un sistema di sanzioni che non prevede effetti sulla progressione economica di anzianità.
E non prevede nemmeno preclusioni per quanto riguarda l'accesso ai concorsi dirigenziali. Cosa che invece è espressamente prevista dal testo unico dell'istruzione in caso di sospensioni.
La maggiore severità delle sanzioni previste dal decreto legislativo 297/94 è bilanciata, però, dalla garanzia della terzietà del giudizio disciplinare. Perché quando si tratta di infliggere sospensioni, l'organo competente è l'ufficio per i provvedimenti disciplinari costituito presso l'ufficio scolastico e non il dirigente scolastico. Il principio è stato adottato non solo dai giudici di primo grado, ma anche dalla Corte d'appello di Torino con una sentenza depositata il 7 novembre 2013 (n.1079). Sentenza con la quale il collegio capovolse l'esito di una sentenza emessa dal Tribunale della stessa città il 10.9.2012 (sentenza n. 2818/12). Fin qui la disciplina sostanziale.
Quanto alle questioni procedurali, non sono poche le sentenze di condanna dell'amministrazione anche per il mancato rispetto di termini e adempimenti. Le soccombenze vanno dal mancato rispetto dei termini (tra le tante, si veda l'ordinanza ex art.700 c.p.c. del Tribunale di Benevento del 2.5.2012) all'omessa notizia all'incolpato della trasmissione degli atti all'ufficio per i provvedimenti disciplinari (Tribunale di Cuneo, sentenza 7.3.2012, n. 43) e all'omissione dell'instaurazione del contradditorio (Tribunale di Cosenza, sentenza 1098/2012) in particolare per quanto riguarda la contestazione degli addebiti (Tribunale di Lagonegro, sentenza 16.01.2013, n.19).
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