Nel Consiglio dei Ministri del 24 agosto scorso è stata apposta la firma al Decreto di autorizzazione delle assunzioni in ruolo per l’a.s. 2012-’13: si tratta di 21.112 docenti e nessun ATA.
Un semplice atto formale, in attuazione del cosiddetto Decreto Sviluppo dell’anno scorso - del governo Berlusconi - convertito nella legge 106 del 12 luglio 2011, che prevede un piano triennale di assunzioni nel comparto, volto perlomeno a coprire il turn-over.
L’anno scorso le assunzioni sono state di 30.500 docenti e 36.700 Ata; quest’anno pure meno e a rigida copertura dei posti liberati da chi – nonostante il blocco della Legge Fornero – è riuscito ad andarsene in pensione.
Per il personale Assistente Tecnico ed Amministrativo non è stato autorizzato alcun posto, intendendo l’Amministrazione far transitare nei posti vacanti del personale ATA i docenti che si sono ammalati e che in questi anni sono stati utilizzati ad altri compiti nelle scuole (biblioteche, etc).
Già da lunedì 27 agosto, in tutte gli Uffici Scolastici Territoriali provinciali, sono convocati – da tempo – gli aspiranti alle immissioni in ruolo, che saranno attinti per metà dalle graduatorie di merito dei Concorsi Ordinari, banditi addirittura nel 1999, e per metà dalle Graduatorie ad Esaurimento (G.A.E.) dei cosiddetti precari storici.
L’assoluta esiguità dei numeri delle prossime assunzioni risulta chiara se pensiamo ai 1991 posti per il sostegno ai disabili autorizzati, a fronte dei circa 38.000 posti di sostegno che l’anno scorso sono stati occupati con una supplenza fino al termine delle attività didattiche; oppure basterebbe andare in qualsiasi sito internet di qualche U.S.T. e vedere la lista dei posti messi a disposizione: uno, due per classe di concorso - se va bene -, a parte per quelle materie presenti in tutti gli ordini di scuola, dove allora, se ce ne stanno qualche decina – sempre da spartire tra due canali di reclutamento –, siamo fortunati.
Magari l’opinione pubblica plaude, pensando che in tempo di crisi dappertutto si licenzia mentre nella scuola si assume, ma non si tratta di posti di lavoro nuovi.
E’ da dire – ai non addetti ai lavori – che coloro i quali cessano dal servizio, per pensionamento, dal 1 settembre 2012 vanno in quiescenza con l’ultimo stipendio al massimo livello e che vengono sostituiti da personale che invece avrà lo stipendio al minimo tabellare. Con un bel risparmio per l’Amministrazione quindi.
Ed inoltre, anche se i Sindacati di Stato, che il 19 luglio 2011 hanno firmato quel Contratto separato per i nuovi assunti (CISL-UIL-SNALS-GILDA) non lo ricordano nei loro comunicati, questi neo-assunti a tempo indeterminato, non potranno godere della ricostruzione della carriera (anche se hanno un servizio pre-ruolo di qualche lustro) per ben 9 anni, in quanto quell’accordo bidone prevede per loro l’abolizione del primo gradone di carriera (fascia 0-2).
In pratica i neoassunti manterranno fino al nono anno di servizio lo stipendio da precari.
Ma quello che l’opinione pubblica proprio non sa, obnubilata dalla propaganda mass mediatica orchestrata da governo e sindacati, è che il giorno dopo l’ultima convocazione dei fortunati neo-assunti a tempo indeterminato, in tutti gli ex Provveditorati del Paese, sono convocati a migliaia e migliaia – in una sorta di fiera del caporalato del nuovo millennio – i docenti precari delle G.A.E. e il personale precario ATA delle Graduatorie Permanenti, per il conferimento di decine di migliaia di supplenze annuali e fino al termine delle attività didattiche (30 giugno 2013).
Nell’a.s. 2011-2012, nonostante fosse l’ultimo del piano straordinario triennale di tagli della Gelmini (143.000 posti di docenti e ATA in meno, attraverso il taglio di ore e materie, l’aumento del n. di alunni per classe, etc.), il MIUR ha stipulato, solo per il personale docente, oltre 120 mila contratti di supplenza di lunga durata: 38 mila per il sostegno, gli altri su cattedre ordinarie, di cui 71 mila fino al 30 giugno. Senza contare almeno altri 60.000 contratti a tempo determinato per il personale ATA e altre decine di migliaia di supplenti temporanei per sostituzione del personale assente.
Per iniziare regolarmente – o per una parvenza di regolarità – le lezioni tra qualche settimana, il M.I.U.R. ne stipulerà altrettanti, se non di più, visto l’aumento degli studenti soprattutto nelle regioni del Nord.
Nella scuola, la percentuale del personale con contratti a tempo determinato è altissima. Circa un sesto dei docenti e quasi la metà degli ATA - per circa 220.000 unità - sono precari. Lo scopo è chiaro: da una parte avere una sorta di esercito salariale di riserva, da lasciare a casa quando si decide di attuare tagli straordinari, alla stregua della cosiddetta riforma Gelmini; dall’altra per una questione di sfruttamento, cioè poter sottopagare una quota consistente di personale per svolgere la stessa attività professionale, anche a costo di precarizzare il servizio scolastico e non garantire la continuità didattica agli studenti.
Con la recente “spending review”, tra l’altro, ai precari hanno persino scippato i soldi delle ferie maturate e non godute in spregio, non solo al Contratto di Lavoro Collettivo, ma persino alla Costituzione).
Il costo del lavoro per un lavoratore precario della scuola è inferiore a quello per il personale a tempo indeterminato (tra stipendio estivo e scatti di anzianità, di cui i precari non godono, mediamente 9.000 € in meno l’anno).
Insomma il M.I.U.R. bara sugli organici: moltissimi sono i posti che vengono mantenuti ad arte in organico di fatto sui quali occupare supplenti fino al 30 giugno, evitando di trasformarli in organico di diritto, sui quali sono possibili le immissioni in ruolo.
L’organico di diritto viene stabilito in base alle previsioni e a tabelle precostituite, ma l’organico di diritto non corrisponde mai alle risorse umane effettive, a docenti, personale amministrativo e collaboratori effettivamente necessari per far funzionare la scuola.
A completare la propaganda - ai margini della seduta del Consiglio dei Ministri del 24 agosto - sono stati annunciati, tanto per turlupinare i giovani neolaureati e i meno giovani ed anziani delle G.A.E., non uno ma ben due concorsi a titoli ed esami, che saranno banditi nel prossimo futuro con tutta l'ideologia e l'inganno del cosiddetto merito e dei giovani che devono entrare a scuola.
Addirittura entro il prossimo 24 settembre dovrebbe uscire un primo bando per un concorso ordinario a cattedra per reclutare 11.892 docenti (metà dei posti occupati da chi andrà in pensione il 1 settembre 2013).
Questo concorso per esami e titoli, come ha poi chiarito il ministro Profumo al dibattito alla Festa del PD di Reggio Emilia del 27 agosto scorso, sarà bandito con le norme vigenti, quindi ex lege 124/99; quindi sarà insieme a cattedra e per l'abilitazione all’insegnamento, bandito a livello regionale ed aperto a tutti i laureati del vecchio ordinamento universitario e solo per le classi di concorso per le quali sono previsti posti.
Per la scuola primaria il concorso sarà quindi aperto ai vecchi diplomati magistrali.
Insomma con tali requisiti questi “giovani” aspiranti docenti di sicuro sono ultra trentacinquenni!
Naturalmente le prove saranno precedute dai soliti quiz che segheranno la stragrande maggioranza di chi (magari pagando almeno 100€ di contributo di partecipazione) si sarà iscritto alla prova selettiva. Mettiamo poi nel conto tutto il business di testi e corsetti vari che organizzeranno in primis i sindacati e le varie associazioni o case editrici specializzate.
Il 1 settembre 2013 quindi i circa 22.000/24.000 posti che si libereranno con i pensionamenti, saranno assegnati ancora una volta per metà alle graduatorie del nuovo concorso (che naturalmente scalzeranno le vecchie del 1999 che non avranno più validità) e per l'altra metà alle GAE.
Nel frattempo dovrebbe essere varato il nuovo Regolamento per il Reclutamento previsto già dalla Finanziaria 2007 di Prodi/Fioroni che dovrebbe prevedere il concorso ordinario a cattedra biennale o triennale, aperto solo ai già abilitati (tramite concorso, S.S.I.S. o T.F.A.) e gestito – pare - scuola per scuola, nascondendo una vera e propria assunzione diretta da parte dei presidi.
Quindi il 1 settembre 2014 le solite poche immissioni in ruolo (altri 22.000? pari al numero di chi andrà in pensione) andranno metà alle GAE e metà ai nuovi concorsi fatti con il nuovo Regolamento.
Naturalmente le graduatorie del concorso ordinario 2012 saranno sostituite dalle nuove del concorso 2013.
In questo puzzle non ci rientrano però coloro che sono in procinto di frequentare il Tirocinio Formativo Attivo (TFA) transitorio, previsto dal nuovo Regolamento per la formazione degli insegnanti.
Già è stato effettuato il quizzone a crocette per la prima straordinaria selezione, facendo fare una figuraccia al M.I.U.R. - per le domande farcite di errori - e un affare straordinario per gli Atenei che hanno riscosso alcuni milioni di euro per la tassa di iscrizione, e in questi giorni iniziano le prove scritte; chi supera le prove dovrà sostener un anno di lezioni, esami e tesi per ottenere l’abilitazione all’insegnamento.
Ma costoro potranno fare anche il concorso ordinario prossimo - se aperto a tutti i laureati? Potranno fare il secondo concorso con il nuovo Regolamento, aperto solo agli abilitati???? Potranno fare tutti e due? Le GAE dovrebbero rimanere chiuse – secondo le norme vigenti - e i nuovi abilitati TFA non dovrebbero entrarci. A rigor di logica potranno partecipare al prossimo concorso con le vecchie procedure se ne hanno i requisiti: cioè la laurea conseguita entro il 2003-04 con il vecchio ordinamento.
Insomma la confusione è enorme e tutto pare fatto apposta per tenere sotto scacco i precari, addirittura con voci e dichiarazioni dei politici di turno volte ad abolire le G.A.E. per lasciar spazio ai giovani da reclutare per concorso.
Il pericolo è che scatti l’ennesima guerra tra poveri, tra i precari delle GAE e i presunti giovani che faranno i concorsi. Anche se poi la divisione non è proprio così schematica, visto che naturalmente anche i precari delle G.A.E. potranno concorrere alla lotteria dei concorsi.
Né più né meno come 12 anni fa, quando lo scontro fu, al contrario, tra i “vecchi” dei concorsi ordinari e riservati e i “nuovi” delle S.S.I.S.
Stupisce la riesumazione del vecchio concorso a cattedre come sistema di reclutamento del personale docente, a sua volta sostituito - all’epoca - dai corsi post-laurea biennali S.S.I.S, poi aboliti dalla Gelmini nel 2008. I vecchi concorsi a cattedra sono risultati costosi, casuali, nozionistici, … un terno al lotto vincerli, senza contare i casi di corruzione riscontrati.
Tutti sappiamo che vincere un concorso non significa certo che poi si sappia insegnare: un conto è conoscere le discipline, un conto saperle insegnare, in un mestiere in cui la componente relazionale con i discenti è fondamentale.
I test a risposte chiuse (a crocette) è evidente che non servono a verificare la preparazione e la competenza dei docenti. SERVONO SOLO AD ELIMINARE ALEATORIAMENTE IL MAGGIOR NUMERO DI CANDIDATI e ad incassare la tassa d’iscrizione di migliaia e migliaia di precari e giovani disoccupati.
L’utilizzo dei quiz ha portato molti sistemi d’istruzione allo sfascio, come l’esperienza anglosassone dimostra.
Senza contare poi la figuraccia che il M.I.U.R. ha recentemente fatto sia con il concorso per i dirigenti scolastici, che per le prove di accesso ai T.F.A. (risposte errate, quiz insulsi, etc.), per non parlare dei famigerati quiz INVALSI, somministrati agli alunni, in base ai quali si vorrebbe costruire addirittura un servizio nazionale di valutazione della scuola.
Il fatto che poi si voglia aggiungere alle prove di esame la simulazione di una lezione rappresenta qualcosa di ridicolo. Un conto è tenere una lezione virtuale di fronte ad una commissione, un conto è fare scuola in una classe vera, magari una “classe pollaio” di 32 allievi, magari in un istituto di frontiera, con uno o due disabili, un D.S.A., qualche straniero non italofono e qualche ragazzino iperattivo.
Ci dispiace, non si accertano le competenze a gestire il complicato processo di insegnamento/apprendimento, con quiz e simulazioni varie!
Purtroppo non si impara ad insegnare solo sui libri, o con S.S.I.S, S.O.S.S., T.F.A., master o quant’altro; ci vuole l’esperienza, le buone pratiche didattico/educative, e soprattutto la cooperazione tra il pool di docenti di classe: tutto quello che decine di migliaia di precari della scuola hanno praticato in decenni di supplenze in situazioni estreme, con lo spettro della precarietà del reddito e della vita, imparando ad insegnare sulla propria pelle e sulla pelle degli allievi, in una scuola impoverita e lasciata allo sbando da decenni di tagli agli organici, ai bilanci e alle risorse.
Si tratta di investire nella scuola, ridurre il numero degli allievi per classe, assegnare risorse per la lotta alla dispersione scolastica, sbloccare i pensionamenti, consentendo a chi ha maturato i requisiti di andarsene in pensione (la differenza anagrafica tra docenti e discenti è abissale e antieducativa).
Con tutto questo ci sarebbero i posti per tutti, per i precari delle GAE, come per migliaia e migliaia di neo-laureati, fondando un nuovo modello di sviluppo per uscire dalla crisi proprio sulla scuola, la formazione e la ricerca.
Non si possono tenere in cattedra docenti fino a 67/70 anni, impedendo loro di andare in pensione, e contemporaneamente illudere i giovani, mettendoli contro i precari – con un concorso truffa per una manciata di posti di lavoro.
Dobbiamo, nella scuola ma non solo, aprire una nuova stagione di conflittualità che faccia pagare la crisi a chi l’ha provocata e non ai lavoratori, agli studenti, ai precari e ai pensionati, rivendicando nello specifico:
- LA FINE DELLA PRECARIETA’, CON LE ASSUNZIONI SU TUTTI I POSTI DISPONIBILI, NON SOLO QUELLI DI ORGANICO DI DIRITTO, MA ANCHE QUELLI CHE SI OSTINANO A MANTENERE IN ORGANICO DI FATTO, stabilendo nuovi criteri per definire gli organici;
- IL RITIRO DEI TAGLI;
- LA PARITA’ DI TRATTAMENTO TRA PERSONALE A TEMPO DETERMINATO ED INDETERMINATO, come già i Tribunali del Lavoro di tutta Italia stanno sancendo, emettendo sentenze favorevoli ai precari che sono ricorsi per il diritto appunto a percepire gli scatti di anzianità anche nel periodo pre-ruolo.
Solo la parità di trattamento - e quindi l’abolizione dello sfruttamento di precarie e precari - potrà in futuro, abolendo la convenienza per lo Stato a mantenere la precarietà stessa, risolvere i problemi del precariato della scuola.
- IMMISSIONI IN RUOLO SU TUTTI POSTI I DISPONIBILI di organico di diritto e di fatto
- NO AL CONCORSO-TRUFFA
- APERTURA DI UN PARTECIPATO DEBATTITO SUL RECLUTAMENTO DEL PERSONALE DOCENTE, CHE ESCLUDA L’ASSUNZIONE DIRETTA DA PARTE DEI PRESIDI.
* Riprendiamo l’iniziativa, con la presenza informativa nei giorni delle convocazioni nelle scuole – polo per l’assegnazione dei contratti a tempo determinato.
* Pratichiamo da subito – intanto – l’assoluta non collaborazione, in primis il rifiuto di effettuare le prove di verifica dei sospesi in giudizio (esami di riparazione).
Teniamo presente che quest’anno le nomine saranno effettuate in ritardo almeno di una settimana, per lasciar spazio al calendario delle immissioni in ruolo, quindi ai precari scipperanno – dopo i circa 1.000 € delle ferie maturate e non godute della “spending review” – un’altra settimana e passa di stipendio ed accettare due giorni di incarico per espletare gli esami è pure antieconomico, perché tocca pure interrompere l’indennità di disoccupazione.
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