Convocati a guardare al Brasile a causa del calcio, opinionisti che nell’ultimo decennio mai si sono interessati alle grandi trasformazioni di uno dei più importanti attori globali, si arrampicano sugli specchi dei loro pregiudizi.
di Gennaro Carotenuto
Starebbe andando in scena la fine dei governi socialdemocratici di Dilma Rousseff e Lula da Silva, il ritorno del Brasile al suo destino terzomondista, il fallimento dell’utopia progressista in America latina. Poche analisi vanno oltre una superfice tendente a riprodurre l’eterno immaginario di un Brasile incapace di esercitare il proprio ruolo nel mondo ma basta fare i conti col fatto che quasi un’Italia (50 milioni di persone) è uscita dalla povertà in Brasile negli ultimi dieci anni, per capire come verità e pregiudizi sul Brasile contemporaneo si mescolino in un rituale semplificatorio e malintenzionato.
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