lunedì 8 ottobre 2012



di Marina Boscaino da Pubblico
Chi sono, nella scuola, i “portatori d’interesse”, totem linguistico di modernità? Studenti, insegnanti, famiglie, collettività. Ebbene, come possono i membri dell’attuale maggioranza di governo (Pd compreso) pensare che la proposta di legge 953, che di fatto abroga i decreti delegati del ’74, a favore di nuovi organi, possa essere trattata dalla VII Commissione Cultura in sede legislativa? Cioè, sottratta alla discussione in Aula e sottoposta alla procedura delle norme prive di speciale rilevanza di ordine generale o che rivestono particolare urgenza? È l’autogoverno della scuola “pura questione tecnica”?
Non può essere. Tanto più che il testo proviene (come l’attuale Assessore all’Istruzione della Regione di Formigoni e Minetti, Valentina Aprea, rivendica continuamente) dall’ex ddl Aprea, emendato della chiamata diretta degli insegnanti. Un ddl che il Pd osteggiò con veemenza ai tempi dell’Onda, nel 2008, quando il problema era far fuori il prima possibile Berlusconi e i suoi. Ora tutto è cambiato, tranne l’impianto di quella proposta, che la Santa Alleanza Pd-Pdl ha imbalsamato in un contenuto blindato (gli aggiustamenti fatti dopo audizioni e emendamenti sono mero restyling), con ritocchi che non ne depotenziano i pericoli.
Perché la democrazia nel governo della scuola è comunque in discussione. Proprio quella chea pochi giorni da quando la Commissione Cultura della Camera licenzierà il testo e lo invierà alla stessa Commissione del Senato, per l’approvazione definitival’on. Coscia ha evocato: «Abbiamo sconfitto la linea aziendalista che avrebbe voluto il centrodestra e affermato la linea del Pd per la scuola democratica,partecipata e aperta».
Tutt’altro. I vigenti decreti delegati concretizzano una condizione di «equiordinazione» tra organi della scuola: il suo governo democratico, infatti, implica una partecipazione strutturata per linee orizzontali ed è in conflitto con ogni visione gerarchizzata e gerarchizzante, incompatibile anche con la libertà di insegnamento. Consiglio di Istituto e Collegio Docenti hanno compiti e prerogative molto estesi: l’uno funzioni di indirizzo politico-amministrativo (obiettivi e programmi da attuare e verifica della rispondenza dei risultati di attività amministrativa e gestione agli indirizzi impartiti); l’altro competenza esclusiva per aspetti pedagogici e didattici.
Tale configurazione e tutte le competenze dei due organi hanno bilanciato anche il maggior potere conferito ai presidi nel passaggio alla dirigenza scolastica. La pdl 953 li sostituisce con Consiglio dell’Autonomia e Consiglio dei Docenti, con prerogative limitate. Il Consiglio dell’Autonomia elaborerà uno “Statuto autonomo”, diverso da scuola a scuola, relativo alla gestione dell’istituto, all’organizzazione degli organi interni e al rapporto tra le componenti che ne fanno parte. Tali materie sono oggi regolate da leggi dello Stato, che hanno garantito opportunità e criteri identici sul territorio nazionale. L’adozione di statuti autonomi marcherà, viceversa, differenze anche sensibili tra scuola e scuola, minando principi che sovrintendono all’unitarietà del sistema scolastico nazionale: pericolosa deroga alla tutela da parte dello Stato dell’esercizio del diritto allo studio e all’apprendimento da parte di tutti gli studenti; nonché a quello, costituzionalmente sancito, della libertà di insegnamento .
Le scuole, insomma, possono persino darsi regole statutarie. Ma tale autonomia comporterà la dismissione da parte dello Stato della propria funzione istituzionale, l’istruzione uguale per tutti: scuole di serie A e serie B, gestite con lungimiranza e rispetto o assediate dall’arbitrio, sponsorizzate o abbandonate a se stesse. Cosa sarà del principio di uguaglianza previsto dalla Costituzione?
L’organizzazione delle singole scuole assume poi una forte caratterizzazione aziendale, con partecipazione al Consiglio dell’Autonomia di esterni (che soprattutto se erogatori di fondi possono condizionare, in particolari zone, situazioni, contesti, la gestione e mettere in discussione principi di democrazia) e il rafforzamento – a fronte dell’indebolimento degli organi scolastici – del potere del dirigente.
L’art. 8, poi, subordina le scuole-aziende autonome (affrancate dallo Stato), a indirizzi e controlli valutativi ministeriali: l’Invalsi dipende direttamente dal Ministero, caso raro in Europa. Non è poi previsto un organismo, che – sul modello del Consiglio Superiore della Magistratura – garantirebbe reale autonomia ed indipendenza delle scuole, tartassate e condizionate dal ministro di turno e sottoposte a tanti cambiamenti quanti sono stati i governi. Il previsto Consiglio delle Autonomie è invece – come l’attuale Cnpi – privo di potere reale e subalterno al ministro, che lo presiede.
Il pdl 953 è inemendabile. Dispiace condurre una battaglia nei confronti di un partito – il Pd – che dovrebbe accogliere la migliore tradizione della democrazia scolastica. Prende posizione il sindacato. «La Flc Cgil chiede alle forze politiche e al Parlamento di aprire un reale confronto sulla riforma degli organi collegiali con le scuole, le forze sociali, gli studenti e le istituzioni locali ha detto Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc Cgil. Non si può approvare una legge fondamentale per garantire la partecipazione democratica e il funzionamento degli organi di governo dell’autonomia scolastica, nel chiuso delle stanze delle commissioni parlamentari. ll 12 ottobre faremo lo sciopero e staremo nelle piazze per rivendicare maggiore democrazia e una netta opposizione a qualsiasi disegno di privatizzazione della scuola pubblica. Per queste ragioni la riforma degli organi collegiali deve essere ulteriormente migliorata con un largo consenso».

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