Signor ministro,
mi
piacerebbe che questa mail arrivasse fino a Lei e non ad uno dei suoi segretari
o membri del suo staff, per poterLe trasmettere, con le mie parole, tutta
l'indignazione che provo per le Sue ultime dichiarazioni e per i provvedimenti
che il Suo governo intende prendere riguardo alla scuola .
Mi
presento: mi chiamo Antonietta Brillante; sono dottore di ricerca in filosofia
politica; ho ottenuto tre abilitazioni alll'ultimo concorso indetto
alla fine degli anni 90; sono entrata di ruolo nella scuola pubblica nel
2004 e attualmente insegno filosofia e scienze della formazione presso il
Liceo Forteguerri di Pistoia.
In base
a quanto ho appena letto su alcuni quotidiani, Lei ha argomentato la
proposta di portare a 24 ore settimanali l'attività di insegnamento dei docenti
della scuola secondaria, sostenendo che "bisogna portare il livello di
impegno dei docenti sugli standard dell'Europa
occidentale".
Mi
chiedo e Le chiedo se Lei è mai stato in una scuola di un Paese dell'Europa
occidentale, possibilmente del nord-Europa. E' un interrogativo che non mi pongo
da oggi, ma che oggi, a fronte delle Sue ultime dichiarazioni, si fa più
impellente ed esige una risposta precisa.
Ebbene,
io Le posso dire che ci sono stata. Quattro anni fa, sono stata in
Danimarca, in un paesino dello Jutland, Skive, per due settimane. Ho
accompagnato una classe ad uno scambio e, dal momento che insegno in un Liceo
pedagogico, abbiamo visitato, full-time, per 14 giorni, scuole di ogni ordine e
grado: dai Kindergarten ai Licei. Le posso anche dire che le nostre scuole, per
quanto riguarda le strutture, i materiali didattici, gli spazi e i tempi della
didattica, sono proprie di un Paese arretrato e sottosviluppato: e di questo, la
responsabilità è di chi ha deciso, da vent'anni a questa parte che, prima, per
entrare in Europa, poi, per far fronte alla crisi, bisogna tagliare la spesa
pubblica, cioè la scuola, la sanità, le pensioni (sia mai le spese militari -
vedi acquisto degli F 135 - o le missioni militari all'estero). Per
inciso, "ricette" per le quali non è necessario un governo di "tecnici", né lo
stipendio di ministro o di parlamentare: le saprei proporre pure io,
che mi occupo di altro e ho ben altre
competenze.
A Skive
mi sono resa conto che, per quanto riguarda il curriculum di studi e la
didattica, con eccezione di quella che prevede l'uso di laboratori, noi non
abbiamo niente da invidiare ai Paesi europei. Non solo il livello di
preparazione dei colleghi danesi non era certo superiore al mio o a quello di
molti colleghi italiani, ma ho anche rilevato che, per quanto riguarda lo studio
analitico dei testi e delle fonti (siano essi letterari, storici o
filosofici), mediante il quale gli alunni conseguono diverse
competenze, molti docenti italiani potrebbero avere qualcosa da insegnare a quei
colleghi.
A Skive
ho anche scoperto che i colleghi danesi, che lavorano 18 ore alla settimana, per
un anno scolastico di 200 giorni, percepiscono uno stipendio medio di 3.000
euro (parlo di 4 anni fa), a fronte di uno stipendio, quale è il mio, di
1.380 euro, che tale resterà fino al 2017. Non solo: i colleghi di Skive,
quando hanno compiti da correggere, inviano una copia in un ufficio a
Copenaghen, che calcola il tempo medio di correzione per il numero di alunni e
computa, su quelle basi, un compenso aggiuntivo. I docenti di Skive non devono
controllare gli alunni durante i lunghi intervalli e neppure hanno l'obbligo di
incontrarsi con i genitori, perché il rapporto privilegiato è quello diretto:
docente-discente (unica eccezione: 5 minuti di colloquio a quadrimestre,
concessi ai genitori degli alunni che frequentano il primo
anno).
Ministro, sono questi gli standard europei!
Io sono
un'ottima insegnante: non solo perché ho un livello di preparazione nelle mie
discipline persino superiore a quello che è richiesto ad un docente di
scuola superiore, ma perché ho la capacità - lo attestano i riconoscimenti degli
ex alunni e delle loro famiglie - di coinvolgere gli studenti, di sollecitare la
loro attenzione, il loro interesse e la loro curiosità. Sono una
professionista e come tale voglio essere considerata e trattata. Questo
significa anche, signor ministro, che io non lavoro 18 ore, perché, quando torno
a casa, leggo, studio, mi auto-aggiorno; preparo nuovi percorsi didattici e di
approfondimento adeguati alle classi nelle quali mi trovo ad insegnare, che sono
diverse ogni anno, e per le quali è prevista, proprio dal Suo Ministero, una
programmazione ad hoc. Correggo i compiti, tanti compiti e non faccio
test a crocette, "a risposta chiusa", per i quali la correzione richiederebbe
meno tempo e fatica, perché ritengo che con quei test i ragazzi imparerebbero
poco e la stessa valutazione non sarebbe adeguata, ma propongo quesiti a
risposte aperte e saggi brevi. E quando correggo, non mi limito a fare segni
rossi, ma suggerisco alternative corrette. Ha idea di quanto tempo ci
voglia?
Io non
sono un'eccezione tra i docenti della scuola italiana, perché, fortunatamente,
le nostre scuole possono contare su una grande maggioranza
di professionisti, che credono nel loro lavoro e lo svolgono con passione
ed impegno: che lo praticano come
Beruf.
Quanto
all'aumento delle ore di insegnamento: Lei sa cosa significa insegnare, cioè
svolgere attività didattica per lo più frontale o lezione guidata, perché
non abbiamo altri strumenti a disposizione, per 24 ore alla
settimana? Lo ha mai fatto? Le posso dire una cosa: ho svolto diversi
lavori prima di incominciare ad insegnare e nulla è più faticoso che guidare un
gruppo di alunni sulla strada della conoscenza, del sapere. E' una fatica fisica
e mentale. E quello che affermo non ha niente a che vedere con il problema della
disciplina, con il fatto di dover alzare la voce per farsi ascoltare: un
problema che non ho mai avuto, neppure quando svolgevo supplenze
temporanee o insegnavo nella scuola secondaria di primo grado a ragazzini più
piccoli.
E a
proposito di standard europei, signor Ministro, mi fa piacere informarLa che
a Skive, e nelle altre scuole danesi che ho visitato, i miei colleghi non
solo non hanno cattedre di formica verde, ma hanno un piccolo studio dove
possono fermarsi, nelle ore libere tra un impegno e l'altro, e correggere
compiti, studiare, riposarsi. Hanno in dotazione computer; hanno
sale-professori attrezzate con cucine, salottini con tavolini e divani,
distributori gratuiti di bevande calde e fredde. Vuole venire a Pistoia, signor
ministro, a vedere che cosa ho a disposizione io, nella mia scuola, quando devo
restare intere giornate, perché ho riunioni pomeridiane, e non posso rientrare a
casa, non tanto perché la mia abitazione dista 40 km dalla scuola, ma perché il
servizio di trasporti regionale è talmente disastroso sulla linea
Firenze-Pistoia, che sono costretta a trascorrere intere giornate fuori
casa?
Venga,
e le mostrerò volentieri la sala-professori, i bagni per gli insegnanti e,
se vorrà vederli, anche quelli per gli studenti; se viene quando il freddo
sarà arrivato, si copra bene, perché lo scorso anno, a gennaio, per diversi
giorni, la temperatura, nelle aule, non superava i 10°. Le mostrerò
volentieri le lavagne di ardesia, dove tento di presentare mappe
concettuali con gessi talmente scadenti che le cimose polverose non riescono a
cancellare i segni. Le mostrerò le poche aule che hanno carte geografiche degne
di un mercato del modernariato e quelle invece ancora più spoglie, dove, però,
può darsi che penzoli un crocifisso privo di una gamba o di un
braccio.
Lei afferma che i soldi risparmiati aumentando le nostre ore di
lezione, cioè impiegando meno personale docente e aggravando le difficoltà di
una scuola già stremata, verranno investiti in futuro per creare scuole di
standard europeo. Non le credo. Sono false promesse e pure offensive per chi
nella scuola pubblica lavora e per chi crede nella sua funzione e
importanza. Se quella fosse stata la Sua intenzione
e l'intenzione del Suo governo, avreste dovuto cominciare
perlomeno a darci dei segnali nel corso di questi mesi: non solo questi segnali
non ci sono stati, ma quelli che abbiamo visto e vediamo vanno in direzione
opposta: l'affossamento e la distruzione della scuola pubblica (per non parlare
dell'università).
Il
demagogismo non mi attira, né mi attraggono le pulsioni anti-casta.
Eppure, signor Ministro mi sento di dirLe che Lei, come molti uomini e
donne che hanno responsabilità politiche, siete, parafrasando il titolo di
un bel libro di Marco Belpoliti, "senza vergogna": ed è ora, invece, che la
vergogna venga riscoperta come virtù civile, e diventi il fondamento di un'etica
pubblica, per un Paese, la cui stragrande maggioranza di cittadini e
di non-cittadini non merita di essere rappresentata e guidata da
una classe politica e "tecnica", ammesso che questa parola abbia un
senso, weberianamente miope, non lungimirante,
sostanzialmente incapace di pensare all'interesse pubblico e di agire per
esso.
Domani
sarò in piazza, signor ministro, a gridare con la poca voce che ho la
richiesta delle Sue dimissioni!
Antonietta Brillante
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