LE OPZIONI DI MINORANZA A TUTELA DELLA LIBERTA' DI INSEGNAMENTO
Quando è stato scritto l’art. 33 della Costituzione “L’arte
e la scienza sono libere, e libero ne è l’insegnamento”, era chiarissimo il ruolo decisivo che la scuola aveva avuto nella
fascistizzazione della società italiana; con questo articolo non si consegnava un’individuale libertà al/la docente come
lavoratore/trice, ma si poneva il pluralismo e la libertà di
insegnamento a garanzia della democrazia di un’intera società:
principale obiettivo e responsabilità del/la docente.
Che
fine ha fatto oggi la libertà di insegnamento? Certo non è stata
abolita per legge (né sarebbe possibile, visto che è inscritta
nella Costituzione) e nemmeno si sta tornando al libro unico di epoca
fascista, ma è indubbio che da diversi anni stiamo assistendo ad
un’omologazione decisa e voluta dall’alto che è calata sul mondo
della scuola sotto la spinta del pensiero unico neoliberista; essa
non è stata sostenuta da provvedimenti normativi stringenti, ma è
stata implementata da pressioni forti e costanti che hanno
trasformato giorno dopo giorno l’azione didattica e le finalità
della scuola pubblica.
MA
COSA SUCCEDE DALL’A.S. 2023/2024
Dall’a.s.
2023/2024 però – con i soldi del PNRR –
molte novità rischiano di accelerare gli effetti di queste pressioni
e modificare profondamente l’assetto della nostra Scuola pubblica.
Oltre
all’intromissione di Tutor e Orientatore [d.m.
n. 63/2005] nelle classi III, IV e V di ogni istituto di istruzione
secondaria superiore, in tutti gli ordini e gradi di scuola –
oltre a quanto già previsto dall’art. 1, comma 124, della l. n.
107/2015 – dovranno essere avviate le attività di
formazione obbligatoria “in
servizio”,“deliberate
dal collegio dei docenti” [art.
36, commi 1 e 3 e art. 44, comma 4, CCNL 2023] previste dalle leggi
n. 79 e n. 142 del 2022, per la realizzazione delle figure del
“docente
incentivato”
e del “docente
stabilmente incentivato”.
Formazione quest’ultima obbligatoria per i/le neoassunti/e e
facoltativa per chi è già di ruolo.
Collegio
docenti e Consiglio d’istituto saranno quindi chiamati a deliberare
sia le attività della formazione sia per individuare “le
figure necessarie ai bisogni di innovazione previsti nel PTOF, nel
RAV e nel PdM” [art.
16-ter, d.lgs. n. 59/2017 come modificato dalla l. n. 142/2022].
Insieme
a queste delibere bisognerà avviare la contrattazione d’istituto
tra DS e RSU per definire “i
criteri generali di ripartizione delle risorse per la formazione del
personale nel rispetto degli obiettivi e delle finalità definiti a
livello nazionale con il Piano nazionale di formazione dei
docenti” e “i
criteri di utilizzo delle risorse finanziarie e la determinazione
della misura dei compensi di cui al decreto del MIM n. 63 del 5
aprile 2023” [art.
30, comma 4, lett. c7) e c11) del CCNL 2023], cioè la parte dei
compensi relativa al PNRR per “docenti tutor”e ”docente
orientatore”.
Attraverso
le ingentissime risorse del PNRR, con una strategia che ancora una
volta si può avvalere della fattiva collaborazione dei dirigenti
scolastici – “protagonisti
del nuovo” [Gui]
– e dei loro staff [basta leggere i compensi cui possono ambire],
vengono introdotte profondi cambiamenti che non si fanno
assolutamente carico delle urgenze che quotidianamente viviamo nella
Scuola [classi sovraffollate, carenze edilizie, mancanza di fondi per
svolgere attività di recupero, ecc.], anzi le aggravano poiché le
risorse vengono destinate principalmente alla nuova tumultuosa
emergenza “innovazionista” rappresentata dalla “digitalizzazione”
[ben 2,1 miliardi fino al 2026 che si aggiungono ai circa 2 miliardi
spesi dal 2007 al 2019 anche col PNSD, senza contare il centinaio di
milioni investito durante l’emergenza COVID-19] e dalla nascita dal
nulla di nuovi compiti e figure per il personale docente di cui non
si sentiva alcun bisogno: tutor e orientatore,
“docente
incentivato”
e “docente stabilmente
incentivato”.
Figure
queste ultime che minano l’unità del collegio docenti incentivando
la logica della competitività, in un ambiente che invece richiede
forme di collaborazione e continuo confronto. Tutor che minano la
libertà di insegnamento e di valutazione, intromettendosi nel
rapporto con gli alunni; delegittimano il ruolo dei consigli di
classe esautorandoli dai compiti affidati dal Testo Unico; mutano il
ruolo dell’insegnante, trasformandolo in orientatore, certificatore
di competenze, “psicologo”, consigliere delle famiglie, ecc.; per
di più con incarichi sottopagati che svalutano ulteriormente la
nostra professionalità e mostrano la misera considerazione che al
Ministero hanno del nostro ruolo. E mutano anche il ruolo della
scuola trasformandola sempre più in luogo di accudimento e
babysitteraggio.
Per
altro, non convince l’idea di una Scuola che abbia come principale
scopo il presunto orientamento verso future professioni che si
modificano in modi e a velocità imprevedibili.
LA
SCUOLA TRA DIGITALIZZAZIONE E MERCATO DEL LAVORO
Le
risorse del PNRR incentivano un’idea di Scuola il cui orizzonte è
quel tecno-ottimismo [mai effettivamente dibattuto all’interno
delle nostre scuole] che già tanti danni ha prodotto nei sistemi
scolastici dei paesi industrializzati. Tanto che, la stessa OCSE è
costretta ad ammettere che – ancor prima della pandemia – i
risultati in comprensione del testo scritto, in matematica e scienze
erano in regressione negli ultimi anni e addirittura che:
“
• Le
risorse investite nelle TIC per l’istruzione non sono collegate al
miglioramento dei risultati degli studenti in lettura, matematica o
scienze.
• Nei
paesi in cui è meno abituale per gli studenti utilizzare Internet a
scuola per i compiti, le prestazioni degli studenti nella lettura
sono migliorate più rapidamente, rispetto ai paesi in cui tale uso
è, in media, più frequente.
• Nel
complesso, la relazione tra l’uso del computer a scuola e il
rendimento è illustrata graficamente da una forma a collina, che
suggerisce che un uso limitato dei computer a scuola può essere
preferibile al non utilizzo, ma che livelli di utilizzo del computer
superiori all’attuale media OCSE sono associati con risultati
significativamente inferiori”.
E
sempre l’OCSE sottolinea che: “Mentre
gli investimenti in hardware, software e connettività sembrano
aumentare con le risorse spese per l’istruzione, è anche chiaro
che questi investimenti competono per le risorse con altre priorità”.
Risultati
e dati confermati anche dalle specifiche ricerche effettuate in
Italia da Ranieri, Gui e Salmieri che hanno posto in risalto due tipi
di limiti della digitalizzazione per l’educazione:
1. limiti
di tipo cognitivo:
l’utilizzo del digitale nella vita quotidiana presenta per molti
utenti un rischio di iperstimolazione, i cui effetti problematici si
registrano a livello di abilità e prestazioni cognitive, ma anche di
benessere soggettivo;
2. limiti
di tipo sociale:
un uso sostitutivo della relazione mediata apre il rischio di una
perdita di profondità, sia nella comprensione reciproca sia nella
comprensione dei concetti.
Inoltre,
anche un documento approvato dalla VII Commissione permanente
Istruzione del Senato il 9.6.2021 afferma che: “Dal
ciclo delle audizioni svolte e dalle documentazioni acquisite, non
sono emerse evidenze scientifiche sull’efficacia del digitale
applicato all’insegnamento. Anzi, tutte le ricerche scientifiche
internazionali citate dimostrano, numeri alla mano, il contrario.
Detta in sintesi: più la scuola e lo studio si digitalizzano, più
calano sia le competenze degli studenti sia i loro redditi futuri.”
IL
PIANO SCUOLA 4.0
L’elaborazione
dei progetti è stata vincolata a tempi ristrettissimi che hanno di
fatto escluso la piena partecipazione della comunità scolastica e da
un rigido format elaborato secondo un’ottica economicista ed
efficientista che poco ha a che vedere con la Scuola e l’Istruzione.
Progetti spesso elaborati nelle segrete stanze e poi frettolosamente
approvati da Collegi docenti e Consigli d’istituto non sempre
informati e consapevoli.
I
finanziamenti legati al PNRR, che transitano dalle scuole per poi
arricchire i già miliardari profitti dei colossi informatici [che
spesso neanche pagano le giuste tasse], sono in grandissima parte
soldi già nostri [il bilancio UE è alimentato dai trasferimenti
degli Stati membri] che ci vengono prestati ricattandoci per
introdurre riforme e realizzare progetti decisi a livello europeo da
organismi economici [in primis l’OCSE]. 122,6 miliardi dei 191,5
previsti per l’Italia dovranno essere restituiti con gli interessi
con un incremento del nostro debito pubblico che lascia presagire
futuri tagli a beni e servizi.
Per
finire, condividiamo le accorate conclusioni di un recente saggio di
A. Angelucci e G. Barracco [I
mezzi determinano i fini. Sul rapporto tra infrastruttura digitale e
scuola –
2022]: “Davanti
ai risultati mai pervenuti della cosiddetta rivoluzione digitale
della scuola – che millenaristicamente viene evocata dalla fine
degli anni Ottanta – e davanti ai risultati chiari che suggeriscono
una relazione tra crollo delle facoltà degli studenti (memoria,
attenzione, concentrazione, precisione, capacità di strutturare il
pensiero e di dargli forma in una sintassi articolata e
circostanziata, ecc.), caduta dei livelli di conoscenza e competenza
degli studenti medi, e diffusione dei mezzi digitali, occorrerebbe
chiedersi se davvero sia questa l’unica strada che vale la pena
percorrere, se davvero siamo consapevoli della strada che abbiamo
deciso di percorrere, delle implicazioni che questa scelta reca con
sé e della destinazione cui ci condurrà”.
STANDARDIZZAZIONE
E LIMITAZIONE DEL PLURALISMO
Così,
con le risorse del PNRR [che in gran parte dovremo restituire con
tagli ai servizi e alle pensioni] e l’acquiescente accettazione di
queste logiche nell’Ipotesi di CCNL 2023, gli stravolgimenti “a
bassa intensità”di
questi ultimi anni stanno acquisendo ben altra velocità di
trasformazione in direzione di una sempre maggiore standardizzazione
e una limitazione del pluralismo, che si concretizzano nei:
1. quiz
Invalsi,
i cui effetti sulla standardizzazione della didattica sono ormai
patrimonio critico comune tra la maggioranza dei/lle docenti e non
solo;
2.
un’ossessiva spinta verso l’utilizzo didattico delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione – TIC,
quando ormai molti studi stanno rilevando come esso abbia abbassato i
livelli e la qualità dell’apprendimento.
3.
corsi di formazione che
spingono i/le docenti ad allontanarsi sempre più dai contenuti delle
loro discipline a favore di una didattica incentrata esclusivamente
sulle metodologie, come se la conoscenza profonda degli argomenti
fosse diventata secondaria e quasi facoltativa;
4. programmazioni
di “dipartimento” e d’istituto che
pretenderebbero di sostituirsi alle programmazioni per le singole
classi, come se queste non fossero composte da individui portatori di
singole potenzialità e/o difficoltà che dovrebbero essere al centro
dell’attività di programmazione del/lla docente con le sue
peculiarità pedagogiche;
5.
ossessive griglie
di valutazione standardizzate per
materie, come se l’atto valutativo fosse un semplice atto
meccanico, nel quale il percorso soggettivo dello/a studente/ssa e
del/la docente scompaiono completamente;
6.
svolgimento di prove
per classi parallele,
ormai inserite in moltissimi PTOF, con un effetto deleterio
molto simile ai quiz Invalsi, spingendo cioè verso una competizione
sterile tra docenti che non tiene conto delle effettive differenze
presenti tra le singole classi e tra i diversi approcci didattici;
7.
uniformità dei libri
di testo che sono
ormai praticamente tutti sovrapponibili: che distanza dalla libertà
di insegnamento che fino a 15-20 anni fa si esprimeva scegliendo il
manuale da adottare, quando i testi erano diversificati per metodi e
contenuti della materia di insegnamento;
8.
libri di testo, dirigenti scolastici, indicazioni ministeriali
spingono sempre più verso una didattica
delle competenze che
stravolge senso, direzione e finalità dell’atto educativo, tanto
che chi continua a fare scuola concentrandosi sulla trasmissione
profonda dei saperi viene giudicato un passatista;
9. burocratizzazione
delle difficoltà di alunni/e attraverso
sterili e spesso dannose certificazioni BES, che mettono da parte la
questione centrale [le risorse economiche necessarie per aiutare
fattivamente questi/e alunni/e] e che pretendono di considerare le
difficoltà come patologie;
10.
percorsi di PCTO [ex alternanza
scuola-lavoro] che
stanno imponendo alla scuola italiana il paradigma del “capitale
umano”, trasformando gli alunni da cittadini in formazione a
lavoratori [precari] in addestramento.
In
questi ultimi anni tutto questo è avanzato nelle singole scuole
quasi senza imposizioni forzate, come se fosse una libera scelta
della scuola stessa; i dirigenti, longa manus del “cambiamento”,
sottoposti a sistematici condizionamenti ideologici da parte dei loro
superiori e a logiche imprenditoriali, hanno indirizzato i PTOF verso
queste metodologie e attività, portando queste questioni nei Collegi
docenti nei quali, complice la passività di tanti/e insegnanti, si è
approvato di tutto determinando così un progressivo stravolgimento
dell’attività didattica quotidiana, stravolgimento spesso
accompagnato da una serie infinita di incombenze burocratiche che
tali pratiche portano con sé.
Paradossalmente
la scuola italiana, dopo il periodo fascista, non era stata mai così
uniformata e centralizzata se non all’apparire dell’Autonomia:
non sarebbe stato il Ministero ad imporre il “cambiamento”, ma le
scuole stesse avrebbero sposato le linee centralizzanti che i
dirigenti scolastici erano incaricati di far passare nelle scuole. E
così oggi le scuole “autonome” sono praticamente tutte uguali, i
PTOF sono spesso sovrapponibili e le “mission” della scuola
rispondono sempre più chiaramente ai desiderata di Confindustria.
COME
AGIRE NEGLI ORGANI COLLEGIALI: MOZIONI E “OPZIONI DI MINORANZA”
Ma
la libertà di insegnamento non si può abolire, perché è inscritta
appunto nella Costituzione. E infatti tutti i Governi, nonostante
abbiano tentato continuamente di limitare il ruolo degli Organi
Collegiali, non sono [ancora?] riusciti a esautorare il Collegio
docenti dalle proprie esclusive competenze sulle scelte
didattiche e
per di più sono stati costretti ad inserire una norma che lascia
aperta la possibilità anche per il/la singolo/a docente o per gruppi
minoritari di docenti di dissentire rispetto a quanto deciso dalla
maggioranza dei/lle colleghi/e e inserito nel PTOF.
Si
tratta della cosiddetta “opzione
di minoranza” o
“opzione
di gruppi minoritari” [qui un
approfondimento] che fu introdotta in seguito a un ricorso avviato
contro l’antenato del PTOF che allora si chiamava PEI [Progetto
Educativo d’Istituto,
d.P.C.M. 7/6/1995 e art. 39, CCNL Scuola 1994/1997]: il giudice
riconobbe, proprio in virtù dell’articolo 33, che nessuna
decisione maggioritaria di un Collegio docenti poteva sopprimere la
libertà di insegnamento del/la singolo/a insegnante e dunque, da
allora, compresa la famigerata legge n. 107/2015, i “riformatori”
della scuola sono stati costretti ad inserire una clausola che
salvaguardasse la libertà d’insegnamento. Infatti anche il comma
14 dell’unico articolo della l. n. 107 a proposito del PTOF,
recita: “Esso
comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di
gruppi minoritari”.
Dunque
ogniqualvolta si presenteranno in Collegio delle proposte che non
condividiamo nel merito e/o nel metodo – se
non riusciamo a bocciarle –
possiamo/dobbiamo utilizzare questa clausola, facendo mettere a
verbale la nostra contrarietà sui singoli punti e facendo valere
questo comma 14 che altro non è che l’eredità lasciata dai nostri
Costituenti al libero lavoro dei docenti italiani nella libera scuola
della nostra Repubblica.
*
* *
Di
seguito i primi testi [mozioni o opzioni di minoranza da presentare
in Collegio] che, con gli opportuni adattamenti, possono essere utili
per difendere la Scuola pubblica e opporsi a questa ulteriore forzata
intromissione nella scuola di logiche imprenditoriali estranee ai
compiti che la Costituzione le affida.
MOZIONE
SU “DOCENTI TUTOR” E “DOCENTE ORIENTATORE”
MOZIONE
e/o OPZIONE DI MINORANZA SU FORMAZIONE OBBLIGATORIA
MOZIONE
e/o OPZIONE DI MINORANZA SULL’USO DIDATTICO DELLE TECNOLOGIE
DELL’INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE – TIC
MOZIONE
e/o OPZIONE DI MINORANZA SU PROVE COMUNI PER CLASSI PARALLELE
MOZIONE
e/o OPZIONE DI MINORANZA SULLA DIDATTICA PER COMPETENZE