SOLIDARIETA' ALLE LOTTE SOCIALI, AI NOTAV, AI NOTAP,NO AL DECRETO MINNITI
A quanto ammonta il lavoro sommerso dei docenti? 1643 ore annue
Ricrezione? Non si può abolire, neppure per punizione
NEWS DALLA SCUOLA DISCIPLINARE.....
Stabilizzati dopo 10 anni: Miur risarcisce 15 bidelli baresi
Maestra non gestisce più la classe: denuncia ai Carabinieri, telecamere nascoste … sarebbe meglio riconoscere il lavoro usurante
- Come prima cosa ci diciamo che la norma ha di per sé una bella pretesa: quella secondo cui il dirigente (che medico non è) è tenuto a riconoscere, e inviare in CMV, i lavoratori per i quali “si sospettano disturbi del comportamento gravi, evidenti e ripetuti, che fanno fondatamente presumere l’esistenza dell’inidoneità psichica permanente assoluta o relativa al servizio”.
- La sintomatologia evidente di disagio psichico della maestra è ricca e varia: incapacità a vigilare la classe; estraneazione nella confusione; incapacità a prevenire incidenti e a garantire l’incolumità dei bimbi (forbici, basket, sapone…); reazioni di aggressività nei confronti delle colleghe; ricorso a urla, spintonamenti e strattonamenti; pretesa di raggiungimento di obiettivi non adeguati né previsti come leggere o scrivere per bimbi piccoli; caos e disordine perenne nella classe; rifiuto della collaborazione offerta dai colleghi (isolamento); incapacità a giustificarsi e addossare le responsabilità del caos alla mancanza di materiali, alla maleducazione delle famiglie e alle colleghe; atteggiamenti significativi dei bimbi che emulano la maestra, piangono o hanno incubi notturni.
- Se tutto quanto riportato rispondesse al vero (cosa di cui non dubito affatto trattandosi di una descrizione puntuale e significativa), il dirigente scolastico dovrebbe intervenire immediatamente senza aspettare le minacce dei genitori di rivolgersi ai Carabinieri ed il posizionamento di telecamere nascoste. Inoltre dovrebbe avviare il procedimento di sospensione cautelare fintanto che la CMV non adotti il giudizio medico-legale di inidoneità all’insegnamento. La maestra si trova infatti in malattia, ma è pronta a rientrare non appena scaduto il periodo di mutua.
- Tornando all’origine dei mali della scuola le istituzioni devono nell’ordine: a) riconoscere l’usura psicofisica della professione docente a tutti i livelli e non solamente per la scuola dell’Infanzia; b) ufficializzare le patologie psichiatriche come malattie professionali per gli insegnanti; c) informare i docenti dei loro rischi professionali per la loro salute e degli strumenti a loro disposizione per proteggersi; d) formare i dirigenti sulle loro incombenze medico-legali a partire della tutela della salute dei docenti e della protezione dell’incolumità degli utenti.
- Credere che una sola visita psicologica annuale per tutti gli insegnanti, come proposto da alcuni, possa fungere da panacea per la salute della scuola, non ha di per sé alcun senso se le azioni sopra indicate rimangono inascoltate come è stato finora. Chi ha orecchi per intendere…
NUOVE MAZZATE PER GLI ATA: AUMENTANO LE MANSIONI SENZA ALCUN RICONOSCIMENTO ECONOMICO
sostegno e disabilità.
risparmiare rispetto agli operatori delle cooperative pagate dai comuni, incarichi tra l'altro
obbligatori, in piena sintonia con la scuola-caserma e la scuola miseria degli ultimi anni....
Riforma sostegno, ATA dovranno occuparsi dell’assistenza igienica degli studenti.
Rapisarda: poca chiarezza su formazione
la delega sull’inclusione, che diventerà effettiva con l’approvazione definitiva da parte del
Consiglio Dei Ministri nelle prossime settimane, ai collaboratori scolastici saranno affidati dei
nuovi compiti.
il collaboratore scolastico si dovrà occupare personalmente dell’assistenza di base
igienico-personale degli alunni disabili e per questo dovrà partecipare a dei corsi di formazione
generale previsti dal piano nazionale.
giorni scorsi, è intervenuto l’esperto di inclusione scolastica Gianluca Rapisarda, Direttore
scientifico dell’I.Ri.Fo.R.
“Il comma 4 dell’art 3 del D.Lgs n. 378, stanti così le cose –dichiara il Direttore Gianluca
Rapisarda-, farà certamente discutere, perché su di esso ancora non c’è molta chiarezza.
Infatti, mentre oggi il supporto da parte dei collaboratori scolastici è facoltativo, visto
che solitamente è il personale specializzato con corsi di formazione da 900 ore ad occuparsi
dei bisogni degli allievi con disabilità, con l’approvazione della riforma questi saranno
obbligati ad occuparsi della loro assistenza di base igienico-personale.”
assolvere a tali nuovi compiti e responsabilità senza aver acquisito le giuste competenze
e per questo nel testo della delega viene stabilito che essi debbano seguire dei corsi di
formazione obbligatori (ma senza specificarne le modalità di svolgimento ed il numero
di ore).”
igienico-personale agli allievi con handicap grave, gli assistenti scolastici (gli ex bidelli)
avevano la facoltà di abilitarsi con un corso di n. 40 ore, sulla base di un accordo contenuto
nel loro contratto di lavoro e di una successiva Circolare. Tuttavia, se non si provvederà ad un
serio piano di assunzione in ruolo dei collaboratori scolastici e se il numero di ore di formazione
obbligatoria previsto per quelli già in servizio dal già citato comma 4 dell’articolo 3 della delega
sull’inclusione rimarrà di 40, non credo che si potrà mai pensare di sostituire adeguatamente
Operatori sociali che hanno effettuato una formazione di n. 900, come prevede la legge e come
viene richiesto dagli Enti Pubblici committenti riguardo il personale utilizzato dalle cooperative
sociali per i servizi di assistenza socio-assistenziali in favore degli alunni/studenti con gravi
disabilità.”
ùpersonale ATA andrebbe ad aggiungersi a tutte le altre già espletate nel corso della
quotidianità. Non sottovalutiamo inoltre il fatto che non tutti gli alunni disabili hanno gli stessi
bisogni poiché dipende dalla specificità del caso. Mi giunge difficile credere che il MIUR non
abbia preso in esame tali aspetti non secondari.”
sembrano esserci dubbi: la delega uniforma “su tutto il territorio nazionale” i profili
professionali del personale destinato all’assistenza degli alunni disabili in “coerenza
con le mansioni dei collaboratori scolastici”. Inoltre, anche nel comma 3 dell’articolo 13,
nel quale parla degli oneri economici e delle competenze in capo agli Enti Locali, c’è
scritto che queste funzioni saranno svolte dai collaboratori scolastici.”
l’espressione “nei limiti delle risorse disponibili”. Temo, dunque, che, solo per risparmiare
risorse e non perché ispirato da “illuminati” e moderni principi psico-pedagogici, il
Ministero abbia preferito affidare tali compiti ai collaboratori scolastici, piuttosto che
rivolgersi ad operatori specializzati.
“intensificato” il proprio lavoro all’interno del normale orario di servizio, ma soprattutto gli alunni
disabili, con il rischio di una scarsa qualità del servizio di assistenza personale e con buona
pace di un loro efficace e proficuo processo di inclusione scolastica”.
Registro elettronico, l’amministrazione deve fornire tutte le attrezzature necessarie per la compilazione a scuola
Premettiamo che il registro elettronico non è un obbligo, se non deliberato dal collegio docenti,
Inoltre Il decreto legge n. 95 del 6 Luglio 2012 prevede all’art. 7 comma 27 che:
Obblighi di pubblicazione del bilancio
1. Le pubbliche amministrazioni pubblicano i dati relativi al bilancio di previsione e a quello consuntivo di ciascun anno in forma sintetica, aggregata e semplificata, anche con il ricorso a rappresentazioni grafiche, al fine di assicurare la piena accessibilità e comprensibilità.
Solo l’8% degli edifici scolastici è adeguato sismicamente
La fotografia delle scuole italiane, in quanto a sicurezza, non è ancora affatto convincente e presenta molte ombre, afferma Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale della scuola di Cittadinanzattiva, una delle associazioni - insieme a Legambiente e Fondo Vito Scafidi - che da anni si occupano di monitorare la sicurezza nelle scuole.
Le verifiche di vulnerabilità sismica sono obbligatorie per tutti i Comuni ma purtroppo l’OPCM del 2003 non prevede sanzioni - e questo è il primo limite – e non implica interventi. Inoltre le verifiche di vulnerabilità sono mediamente costose: si va da un minimo di 3 mila euro per una scuola piccola a 10-15 mila euro per edifici di medie dimensioni, e così via.
Quanti edifici scolastici hanno fatto queste verifiche obbligatorie di vulnerabilità sismica? C’è un non-dato allarmante. "Non si riesce ad avere cifre precise, e questo già la dice lunga - fa sapere la Bizzarri -. Sulla base delle informazioni in nostro possesso le verifiche sono state fatte solo in pochissimi casi. Dunque, i bambini e i ragazzi trascorrono ore in scuole di cui non si conosce la vulnerabilità sismica", vale a dire il comportamento delle strutture in caso di terremoto.
Un altro aspetto importante, anzi fondamentale, riguarda la microzonazione sismica, ossia le indagini geologiche per capire come è il terreno dove poggia un edificio, nella fattispecie una scuola. All’Aquila ad esempio queste indagini sono state fatte dopo il sisma del 2009; in altre zone no, anche in quelle interessate dai recenti terremoti o con lo sciame sismico in corso.
Cittadinanzattiva è tra le associazioni, insieme a Legambiente e Fondo Vito Scafidi, che fanno più pressione affinché dopo le verifiche di vulnerabilità sismica – che comunque sono un obbligo, scaduto nel 2013 – si proceda, laddove necessario, a lavori di miglioramento o adeguamento sismico, a seconda del rischio rilevato.
"Merito del governo Renzi - rileva Adriana Bizzarri - è quello di aver creato un Fondo Unico per l’edilizia e poi i fondi triennali. Ovviamente le Regioni hanno un ruolo cardine e per i progetti anche Comuni e Province". La priorità, prosegue, è quella di "prevedere fondi in compartecipazione tra Enti locali e Stato”. Inoltre un altro importante passo in avanti non abbastanza sottolineato, afferma Bizzarri, è "l’aver previsto, nell’ultimo decreto terremoto, che i prossimi interventi dovranno essere orientati all’adeguamento e non solo al miglioramento sismico" delle strutture. Ovviamente, visto che ci sono circa 13 mila edifici scolastici in zona sismica 1 e 2, ovvero quelle più a rischio, bisogna partire da lì con verifiche di vulnerabilità e poi adeguamenti. In alcuni casi è necessario adeguare, in altri servirà ricostruire ex novo, ovviamente avviando dei percorsi di partecipazione con la comunità locale.
Una cosa da evidenziare, ci tiene a sottolineare Bizzarri, è che le spese di adeguamento sismico si possono ripagare facendo insieme anche quelle di efficientamento energetico, creando un circuito virtuoso che permetterà ai Comuni di ammortizzare le spese con il risparmio energetico degli anni successivi, cogliendo l’occasione di guardare davvero al futuro. Anche perché, se non vogliamo pensarci autonomamente, è l’Europa che ci chiede di adeguarci rendendo gli edifici energeticamente efficienti.
C’è poi anche la questione della cattiva gestione della sicurezza interna nelle scuole: ovviamente ci sono altri aspetti da sottolineare, come la prevenzione degli incendi, un obbligo che spetta ai dirigenti scolastici. Il termine per mettersi in regola è stato prorogato al 2017. "E’ bene fare chiarezza - afferma l’esperta di Cittadinanzattiva -: ognuno si assuma le proprie responsabilità, in Italia c’è spesso una cattiva gestione della sicurezza interna, a partire dal numero di alunni per aula. Questo accade anche a Roma, e in generale soprattutto nella scuole superiori e negli edifici grandi. Avere classi affollate rende difficili le evacuazioni".
Viene quindi il discorso delle responsabilità nelle scuole: chi deve fare cosa. E’ compito del Dirigente Scolastico evacuare l’edificio dopo una scossa di terremoto ma è anche un suo obbligo fare le prove di evacuazione due volte l’anno. In quante scuole in Italia - chiede con un certo dubbio Adriana Bizzarri - questo viene fatto?
E’ poi il Sindaco a decretare se gli edifici pubblici e soprattutto le scuole (tutte, di ogni ordine e grado e anche le private) devono restare chiuse o aperte, ad esempio in caso di terremoto. Dopo un sisma Sindaco e Provincia devono inviare una equipe di tecnici per le verifiche di agibilità, che di norma sono controlli visivi per verificare se vi siano crepe, lesioni o modiche rispetto alla situazione precedente. Chi poi deve fare la manutenzione o la ristrutturazione o veri e propri interventi di adeguamento o miglioramento sismico sono i Comuni (per materne, primarie e secondarie inferiori) e le Province per le scuole superiori. Per le scuole private devono intervenire gli enti proprietari, sia per verifiche di agibilità sia per successivi interventi.
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La scuola italiana migliore d’Europa: riduce il gap tra i ricchi e poveri
Nonostante venti anni di tagli e attacchi alla libertà di insegnamento l’indagine Ocse su una quarantina di paesi dei cinque continenti
promuove il nostro paese: le differenze sociali sui banchi, guardando ai
risultati degli alunni in diverse materie, si annullano.
L’istituzione funziona, almeno per i meno abbienti che finiscono per
aver voti uguali a chi arriva da famiglie laureate o benestanti
Nel 2000 la scuola italiana era la migliore d’Europa: riduceva il gap tra i ricchi e poveri. Poi sono arrivati i nipotini di Attila: Berlinguer, De Mauro, Moratti, Fioroni, Gelmini,Giannini e Fedeli e la scuola oscilla tra l'opificio e il carcere...
La scuola italiana migliore d’Europa: riduce il gap tra i ricchi e poveri Sorpresa: la scuola italiana funziona, almeno per gli allievi meno abbienti. E meglio di quanto non accada nei sistemi scolastici di tante altre realtà europee e del mondo. Questa volta il confronto internazionale condotto dall’Ocse consegna a presidi e insegnanti italiani due buone notizie. E solo una cattiva notizia, che però è condivisa con quasi tutte le nazioni oggetto del focus pubblicato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico: uscendo dalla scuola le differenze si accentuano. Il titolo dello studio è significativo: “Come si comportano alcune coorti di studenti dell’indagine Pisa nell’indagine successiva sulle competenze degli adulti Piaac?”. In altre parole: come varia il gap tra studenti svantaggiati e compagni più fortunati nel corso della vita, dopo il diploma, in termini di abilità in Lettura e Matematica?
Per contabilizzare le differenze di performance in Lettura e Matematica dei quindicenni di una quarantina di paesi e economie dei cinque continenti, che ogni tre anni partecipano all’indagine Pisa (Programme for International Student Assessment), con lo stesso gap riscontrato tra i soggetti di 25/27 anni di età che partecipano all’indagine Piaac (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) sulle capacità in Lettura e Matematica degli adulti, gli esperti dell’Ocse hanno messo a punto un indice. Scoprendo che dopo il diploma le differenza di prestazione tra studenti avvantaggiati (con almeno un genitore laureato e con oltre 100 libri a casa) e svantaggiati (con meno libri e genitori con un livello di istruzione più basso) crescono in tutti e 20 i paesi oggetto dello studio, tranne che in Canada, Stati Uniti e Korea. Anche in Italia.
Dallo studio “emerge in modo abbastanza chiaro il fatto che, dato l’allungamento della vita lavorativa e della fine della sicurezza di percorsi lineari della vita lavorativa, le competenze e soprattutto lo sviluppo delle competenze lungo la propria vita siano importantissime”, spiega Francesca Borgonovi, che ha partecipato alla stesura del focus. “Tuttavia, il mondo del lavoro, la formazione professionale e l’università – conclude l’esperta Ocse – non sono in grado di alleviare le differenze tra classi sociali che emergono alla fine della scuola dell’obbligo anzi tendono a rinforzarle”. Ma il risvolto positivo è che nel Belpaese la scuola riesce a tenere abbastanza vicini i risultati degli studenti con opportunità di partenza molto diverse. Più di quanto non accada all’estero.
L’indice che descrive la sperequazione in termini di preparazione tra soggetti più e meno fortunati, riguardo alle competenze linguistiche dei quindicenni, vale per l’Italia 0,45 mentre a livello Osce sale a 0,48. Per la Danimarca è pari a 0,64 e per la Germania sfiora il valore di 0,49. In altri termini, la scuola italiana è più inclusiva di quanto si pensi e riesce a supportare meglio i soggetti meno fortunati.
Una caratteristica che viene confermata anche dopo il diploma. Perché, fin quando gli studenti frequentano la scuola il divario si mantiene entro livelli relativamente bassi. Ma a 27 anni, sempre riguardo alla cosiddetta literacy, in Italia il divario si amplifica anche oltre la media Ocse: 0,67, in Italia, e 0,61 a livello internazionale. Confermando che nel Belpaese la scuola riesce ad attenuare le differenze socio-economiche di partenza. Caratteristica che, con valori diversi, si mantiene anche riguardo alla Matematica: quella che gli inglesi chiamano la numeracy.
La “Buona scuola”? Un miracolo … retroattivo
Alberto Baccini “La scuola italiana migliore d’Europa: riduce il gap tra i ricchi e i poveri”. Questo il titolo con cui La Repubblica 29/3/2017 ha dato notizia di una ricerca OCSE appena pubblicata. Un titolo che è un vero assist per la ministra Fedeli che scrive: “I dati pubblicati dall’Ocse ci dicono che la scuola italiana è una scuola inclusiva, capace di supportare le studentesse e gli studenti che partono da condizioni più svantaggiate.” Segue anche Matteo Renzi che commenta: “La notizia più bella riguarda la scuola visto che oggi l’OCSE ci promuove”. Peccato che gli unici dati del rapporto OCSE riferibili alla scuola siano quelli dell’anno 2000! Quando era ministro dell’istruzione Tullio De Mauro, le scuole secondarie inferiori si chiamavano ancora scuole medie e c’era ancora la scuola elementare. Possiamo quindi affermare con certezza che i dati OCSE commentati dalla Ministra e da Matteo Renzi, non dicono proprio nulla sulla scuola italiana di oggi. A meno che non si sia verificato un miracolo retroattivo, e la “Buona scuola” abbia migliorato l’inclusività delle scuole elementari e medie italiane nel 2000.COSTITUZIONE COORDINAMENTO NAZIONALE NO TUBO
Oggi 2 aprile a
Colfiorito si è tenuta la manifestazione nazionale NO TUBO cui hanno
partecipato decine di associazioni impegnate, alcune da 13 anni, nei
territori delle Marche, Umbria, Abruzzo, Lazio e Toscana, a combattere
il progetto del metanodotto adriatico di SNAM che devasterebbe territori
ad alto rischio sismico con un'opera assolutamente inutile per la
collettività, che chiediamo venga ritirata.
Nella relazione del
geologo Francesco Aucone sono state smontate le narrazioni della
multinazionale dell'energia per giustificare l'ingiustificabile:
un'inutile, enorme metanodotto che attraversa la dorsale appenninica
devastando i territori con oggettivi pericoli dovuti alla sismicità
dell'area, con lo scopo di trasformare il nostro paese in un inutile hub
del gas.
Siamo contro qualsiasi ipotesi di deportazione delle
popolazioni terremotate e rivendichiamo il diritto alla ricostruzione
dei borghi e dei paesi di montagna devastati dai terremoti, garantendone
la storia, lo stile e l'urbanistica, evitando speculazioni immobiliari.
Il
coordianamento ritiene necessaria l'unificazione delle lotte,
l'opposizione all'opera nella sua interezza e un raccordo con le lotte
dei NOTAP del Salento.
S ritiene necessaria l'informazione alle popolazioni e la lotta popolare contro le opere.
Per questo ci costituiamo come COORDINAMENTO NAZIONALE NO TUBO che:
1. si propone l'amplificazione dell'informazione attraverso la stampa, internet ed i social neetwork;
2. organizza nei territori assemblee popolari di informazione e un'opposizione popolare alla inutile e dannosa opera;
3. organizza per il mese di maggio a Norcia un altro incontro nazionale;
4. consoliderà un coordinamento attivo con il movimento NOTAP del Salento, cui si esprime piena e totale solidarietà.
COORDINAMENTO NAZIONALE NO TUBO
Mountain
Wilderness, WWF, Brigate di Solidarietà Attiva, Comitato Civico Norcia
per l'ambiente, Comitato no tubo, comitato no devastazioni Umbria,
Comitato no acquedotto per la difesa della Valnerina, Mercato Brado,
Montanari Testoni Norcia, Comitato No Tubo l'Aquila, Comitato Cittadini
per l'ambiente di Sulmona, Comitato Altrementi Val Peligna, Forum
Abbruzzese Movimenti per l'acqua, Abruzzo Social Forum, Programma 101
Foligno, Confederazione Cobas Umbria.
info:
347 3044857
328 6504337