I contributi scolastici sono volontari, eppure in molte scuole come per magia diventano obbligatori. I cobas della scuola da tempo denunciano questo abuso e offrono consulenza a docenti, studenti e famiglie alle prese con le richieste indebite delle scuole.
Archive for febbraio 2015
Roma rifiuta i fascioleghisti xenofobi, razzisti e protagonisti di venti anni di malgoverno
No alle politiche liberiste del governo Renzi e dell’Unione europea
La questura di Roma ha autorizzato il corteo della coalizione #mai con Salvini che si svolgerà a Roma il 28 febbraio in contrapposizione alla adunata (in P. del Popolo) dei fascioleghisti di Salvini e di Casa Pound. Il corteo partirà da P. Vittorio (ore 14) e percorrerà S. M. Maggiore, V. Cavour, V. dei Fori Imperiali, P. Venezia, V. delle Botteghe Oscure, P. Argentina, C. Vittorio, fno a S.Andrea della Valle, con deflusso da Campo de’Fiori.
Il riciclaggio della “Lega ladrona” di Bossi e famiglia, operato da Matteo Salvini, sarebbe impossibile in qualsiasi paese con una adeguata memoria sociale e politica e con una diffusa consapevolezza pubblica. Ma in Italia la “nuova” Lega ha potuto reinventarsi, negando e stravolgendo tutto il proprio passato. Oggi la Lega, in versione fascistoide alla Le Pen, si finge partito nuovo e immune da responsabilità di governo: e lo stesso fa il suo rozzo neoleader Salvini. Ma la Lega è il partito più vecchio esistente in Parlamento, con oramai 25 anni di presenza istituzionale sulle spalle: e il suo neoleader è corresponsabile delle sue malefatte, avendo fatto in vita sua soltanto il professionista politico leghista (a parte la formale iscrizione per 16 anni all’università senza laurearsi): a venti anni, nel 1993, consigliere comunale a Milano e poi sempre parlamentare, in Italia e/o in Europa. Durante questi anni, la Lega, al servizio di Berlusconi, è stata al governo ben tre volte, per 12 anni, varando ad esempio la legge Biagi, che ha abbattuto ogni garanzia per milioni di precari, dei quali oggi Salvini osa addirittura ergersi a paladino; ed ha promosso la peggiore legge possibile sull’immigrazione (in gara con la Turco-Napolitano), che porta proprio il nome di Bossi (insieme a Fini). Andata al potere contro “Roma ladrona”, la Lega è stata coinvolta con il proprio leader maximo - l’Umberto Bossi del Dio Po e della secessione “padana” - e la sua corte dei miracoli nel più clamoroso caso di corruzione di un intero gruppo dirigente di partito. E la Lega, al servizio di Berlusconi, ha anche accettato le imposizioni tedesche che hanno preparato l’inserimento del Fiscal Compact in Costituzione, senza mai opporsi, fino ad un paio di anni fa, ai diktat della Unione Europea.
Ma le più profonde ragioni del successo dell’attuale Lega hanno a che fare, in alleanza con le più smaccate organizzazioni nazifasciste, con la sindrome “del penultimo contro l’ultimo” e cioè con la volontà di una parte dei settori popolari di combattere da “penultimi” non già contro i “primi”, quei poteri economici e politici responsabili del loro immiserimento, ma contro gli “ultimi”, quei milioni di migranti che cercano in Occidente una vita serena e pacifica, fuggendo dalla grande miseria e dalle guerre che infestano i loro paesi. La Lega e i suoi alleati nazifascisti usano la stessa lurida propaganda che per decenni colpì i nostri migranti in giro per il mondo, speculando cinicamente sulle paure di tanti italiani, esaltando un nazionalismo che avevano dileggiato per venti anni, con la grottesca favola della secessione “padana”, ed istigando alla avversione xenofoba e razzista.
Ma è pur vero che a ingigantire Salvini e i fascioleghisti ci pensano soprattutto le distruttive politiche del governo Renzi e l’amplificazione parossistica, mediante le TV di Stato, del personaggio, visto come il migliore (in quanto ritenuto più facile) avversario del centrosinistra, che così invita a scegliere tra sé e la barbarie leghista. La nostra coalizione, già sperimentata nello Sciopero sociale nazionale del 14 novembre scorso, formata da lavoratori “stabili” e precari, sindacati di base e centri sociali, strutture di precari e organizzazioni studentesche, ambientalistiche, antirazziste e antifasciste, ha tutte le carte in regola, avendo combattuto fin dall’inizio contro le politiche della UE e del governo Renzi, per portare in piazza il 28 l’opposizione della parte migliore del popolo romano alle orride proposte fascioleghiste e al tentativo di occuparne il territorio. Per questo invitiamo tutti i romani/e antifascisti e antirazzisti, ma anche ostili alle politiche liberiste del governo Renzi e della Unione Europea, ad essere con noi in piazza il 28 febbraio.
Via Fani, le nuove frontiere dietrologia /1a puntata
Da sempre priva di riscontri la vecchia dietrologia cerca conforto nelle nuove tecnologie. Domenica 22 febbraio la polizia scientifica ha effettuato una scansione laser del luogo dove Aldo Moro venne sequestrato 36 anni fa.
Questo è il primo di un ciclo di interventi dedicato ai lavori della nuova commissione d’inchiesta parlamentare sul rapimento e l’uccisione del presidente della Democrazia cristiana
Il tratto di strada che il 16 marzo 1978 vide alcuni operai scesi dalle fabbriche del Nord dare l’assalto, insieme a dei giovani romani di varia estrazione, al convoglio di auto che trasportava il presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro, non trova pace.
Quella mattina, lungo via Fani si erano dati appuntamento in dieci: un tecnico, un contadino, una assistente di sostegno, diversi studenti, un artigiano, un paio di disoccupati, alcuni operai, un commerciante. Il più anziano aveva 32 anni, la più giovane 20. Erano le Brigate rosse, intenzionate a sferrare un attacco senza precedenti al «cuore dello Stato».
A distanza di 36 anni questo fatto storico non è ancora accettato dai cultori del complotto, anzi dei ripetuti complotti di diversa natura e colore, tutti assolutamente reversibili, che nei tre decenni ormai alle spalle si sono succeduti in perfetta antitesi tra loro.
E’ per questo che domenica scorsa l’incrocio tra via Fani e via Stresa, situato nella zona nord di Roma, è stato sottoposto a scansione laser da alcuni tecnici della polizia scientifica che in questo modo tenteranno di far rivivere i fatti di quella mattina di 36 anni fa attraverso alcuni software tridimensionali in grado di elaborare e verificare tutti i dati balistici, peritali e testimoniali raccolti all’epoca delle indagini e dei processi.
Lo ha deciso la terza commissione parlamentare d’inchiesta sul rapimento del leaderdemocristiano, insediatasi in ottobre. Dopo tanta dietrologia i commissari hanno pensato di ricostruire sotto forma di realtà virtuale la scena del rapimento. Quanto alla fine possa risultare attendibile una ricostruzione del genere, che integra dati raccolti in epoche lontane e con tecniche ormai sorpassate rispetto all’odierna tecnologia forense, per ora non ci è dato sapere. Il teatro dell’azione fu largamente inquinato dall’invasione di funzionari e vertici delle forze dell’ordine, fotografi e giornalisti che calpestarono i reperti. Addirittura una vettura della Digos, un’Alfasud beige, piombò sulla scena dell’attentato e fu parcheggiata sul lato del marciapiede dove era partito il commando. Si può facilmente ipotizzare che i suoi pneumatici abbiano fatto schizzare, o comunque spostato, diversi reperti, in particolare i bossoli. Ma in fondo, questo è l’aspetto meno importante: dei nuovi rilievi – sempre che risultino attendibili – non possono che confortare quanto è già noto da tempo.
Significativo, invece, è il dato politico che esprime questa iniziativa, mirata «a stabilire – come ha dichiarato il presidente della nuova commissione d’inchiesta, Giuseppe Fioroni – l’oggettività di alcuni fatti sulla base di una certezza: non c’è corrispondenza tra il racconto dei 55 giorni e alcune chiare circostanze».
Quella mattina, lungo via Fani si erano dati appuntamento in dieci: un tecnico, un contadino, una assistente di sostegno, diversi studenti, un artigiano, un paio di disoccupati, alcuni operai, un commerciante. Il più anziano aveva 32 anni, la più giovane 20. Erano le Brigate rosse, intenzionate a sferrare un attacco senza precedenti al «cuore dello Stato».
A distanza di 36 anni questo fatto storico non è ancora accettato dai cultori del complotto, anzi dei ripetuti complotti di diversa natura e colore, tutti assolutamente reversibili, che nei tre decenni ormai alle spalle si sono succeduti in perfetta antitesi tra loro.
E’ per questo che domenica scorsa l’incrocio tra via Fani e via Stresa, situato nella zona nord di Roma, è stato sottoposto a scansione laser da alcuni tecnici della polizia scientifica che in questo modo tenteranno di far rivivere i fatti di quella mattina di 36 anni fa attraverso alcuni software tridimensionali in grado di elaborare e verificare tutti i dati balistici, peritali e testimoniali raccolti all’epoca delle indagini e dei processi.
Lo ha deciso la terza commissione parlamentare d’inchiesta sul rapimento del leaderdemocristiano, insediatasi in ottobre. Dopo tanta dietrologia i commissari hanno pensato di ricostruire sotto forma di realtà virtuale la scena del rapimento. Quanto alla fine possa risultare attendibile una ricostruzione del genere, che integra dati raccolti in epoche lontane e con tecniche ormai sorpassate rispetto all’odierna tecnologia forense, per ora non ci è dato sapere. Il teatro dell’azione fu largamente inquinato dall’invasione di funzionari e vertici delle forze dell’ordine, fotografi e giornalisti che calpestarono i reperti. Addirittura una vettura della Digos, un’Alfasud beige, piombò sulla scena dell’attentato e fu parcheggiata sul lato del marciapiede dove era partito il commando. Si può facilmente ipotizzare che i suoi pneumatici abbiano fatto schizzare, o comunque spostato, diversi reperti, in particolare i bossoli. Ma in fondo, questo è l’aspetto meno importante: dei nuovi rilievi – sempre che risultino attendibili – non possono che confortare quanto è già noto da tempo.
Significativo, invece, è il dato politico che esprime questa iniziativa, mirata «a stabilire – come ha dichiarato il presidente della nuova commissione d’inchiesta, Giuseppe Fioroni – l’oggettività di alcuni fatti sulla base di una certezza: non c’è corrispondenza tra il racconto dei 55 giorni e alcune chiare circostanze».
Cinque processi, decine e decine di ergastoli erogati insieme centinaia di anni di carcere, due commissioni parlamentari, le testimonianze dei protagonisti, alcuni importanti lavori storici, non hanno scalfito l’ossessione cospirativa e il pregiudizio storiografico che da oltre tre decenni alligna sul caso Moro e l’intera storia della lotta armata per il comunismo, quando in realtà è proprio questa ostinazione negazionista il nodo che ha trasformato in un “caso” l’azione di via Fani.
Fa paura ancora oggi cercare risposte alle vere domande che quei 55 giorni sollevano: come prevalse la linea della fermezza? Perché Dc e Pci, in un reciproco gioco di ricatti e sospetti, rimasero irremovibili sulla posizione del rigor mortis? Perché gli uomini di Moro, ben piazzati dentro la Dc e nei gangli dello Stato, non fecero nulla, o ben poco, per agevolare la sua liberazione? Perché il Pci sabotò ogni tentativo di trattativa, anzi denigrò le lettere dell’ostaggio dichiarando che non erano farina del suo sacco, se è vero che Moro era ritenuto la pedina decisiva per portare a termine la strategia del compromesso storico? Le culture politiche di questi due grandi partiti furono poi così all’altezza degli eventi? Non è lì dentro che si dovrebbe scavare senza riverenze e scrupoli per capire?
Invece ancora oggi c’è chi prova ad offuscare l’intelligibilità di quell’evento, come ha fatto recentemente lo storico, ora parlamentare e membro della nuova commissione Moro, Miguel Gotor, restio ad accettare l’idea che dei giovani operai e borgatari romani si fossero organizzati al punto da sfidare lo Stato lasciando il corpo di Moro nel cuore della toponomastica del compromesso storico, «della lotta politica e della guerra fredda» (episodio reiterato con il sequestro D’Urso), a due passi da via delle Botteghe oscure (allora sede nazionale del Pci) e piazza del Gesù (sede nazionale della Dc).
Per Gotor, se le Brigate rosse volevano raggiungere quell’obbiettivo propagandistico, «lo avrebbero lasciato in una discarica della periferia con nella destra una copia dell’Unità e nella sinistra una copia del Popolo, e non si sarebbero mai e poi mai assunte tutti quei rischi incredibili».
Dunque Moro doveva finire nell’immondizia perché ciò che muove dalle periferie non può che sfociare nelle discariche, è quanto mostra di pensare il braccio destro di Bersani, dando prova di un forte pregiudizio classista venato di populismo anticasta. La storia successiva ci dice che a mettergli l’Unità in tasca non furono le Brigate rosse ma l’autore del monumento che gli venne dedicato a Maglie, in Puglia, mentre la sola idea che le periferie dell’epoca potessero appostarsi sotto i Palazzi della politica e dell’economia suscita ancora negli esemplari odierni del ceto politico quegli stessi brividi freddi che l’aristocrazia versagliese provò di fronte ai sanculotti che mettevano a ferro e fuoco l’ancien régime.
Si comprende perché la dietrologia, ora nella sua veste tridimensionale, oltre ad essere un redditizio affare per l’industria editoriale e la pubblicistica da marciapiede, si presta come balsamo consolatorio, diversivo che consente di evadere i quesiti più imbarazzanti, le responsabilità più pesanti. Quanti su questa fondamentale rimozione hanno costruito la loro fortuna, le loro carriere negli anni di quella Seconda repubblica nata sul funerale di Moro? 1/continua
Fa paura ancora oggi cercare risposte alle vere domande che quei 55 giorni sollevano: come prevalse la linea della fermezza? Perché Dc e Pci, in un reciproco gioco di ricatti e sospetti, rimasero irremovibili sulla posizione del rigor mortis? Perché gli uomini di Moro, ben piazzati dentro la Dc e nei gangli dello Stato, non fecero nulla, o ben poco, per agevolare la sua liberazione? Perché il Pci sabotò ogni tentativo di trattativa, anzi denigrò le lettere dell’ostaggio dichiarando che non erano farina del suo sacco, se è vero che Moro era ritenuto la pedina decisiva per portare a termine la strategia del compromesso storico? Le culture politiche di questi due grandi partiti furono poi così all’altezza degli eventi? Non è lì dentro che si dovrebbe scavare senza riverenze e scrupoli per capire?
Invece ancora oggi c’è chi prova ad offuscare l’intelligibilità di quell’evento, come ha fatto recentemente lo storico, ora parlamentare e membro della nuova commissione Moro, Miguel Gotor, restio ad accettare l’idea che dei giovani operai e borgatari romani si fossero organizzati al punto da sfidare lo Stato lasciando il corpo di Moro nel cuore della toponomastica del compromesso storico, «della lotta politica e della guerra fredda» (episodio reiterato con il sequestro D’Urso), a due passi da via delle Botteghe oscure (allora sede nazionale del Pci) e piazza del Gesù (sede nazionale della Dc).
Per Gotor, se le Brigate rosse volevano raggiungere quell’obbiettivo propagandistico, «lo avrebbero lasciato in una discarica della periferia con nella destra una copia dell’Unità e nella sinistra una copia del Popolo, e non si sarebbero mai e poi mai assunte tutti quei rischi incredibili».
Dunque Moro doveva finire nell’immondizia perché ciò che muove dalle periferie non può che sfociare nelle discariche, è quanto mostra di pensare il braccio destro di Bersani, dando prova di un forte pregiudizio classista venato di populismo anticasta. La storia successiva ci dice che a mettergli l’Unità in tasca non furono le Brigate rosse ma l’autore del monumento che gli venne dedicato a Maglie, in Puglia, mentre la sola idea che le periferie dell’epoca potessero appostarsi sotto i Palazzi della politica e dell’economia suscita ancora negli esemplari odierni del ceto politico quegli stessi brividi freddi che l’aristocrazia versagliese provò di fronte ai sanculotti che mettevano a ferro e fuoco l’ancien régime.
Si comprende perché la dietrologia, ora nella sua veste tridimensionale, oltre ad essere un redditizio affare per l’industria editoriale e la pubblicistica da marciapiede, si presta come balsamo consolatorio, diversivo che consente di evadere i quesiti più imbarazzanti, le responsabilità più pesanti. Quanti su questa fondamentale rimozione hanno costruito la loro fortuna, le loro carriere negli anni di quella Seconda repubblica nata sul funerale di Moro? 1/continua
- Per saperne di piùLotta armata e teorie del complotto
ARTICOLI COLLEGATI
Attenzione al Nucleo di Valutazione
Come sapete lor signori e signore governativi vogliono introdurre nelle scuole italiane la valutazione ed hanno iniziato un percorso di cosiddetta autovalutazione d’Istituto che nelle LORO intenzioni (vedete a tale riguardo le cosiddette Linee Guida sulla Buona Scuola di Renzi) avrà come approdo la precarizzazione selvaggia del nostro lavoro, l’annullamento della libertà di insegnamento e la valutazione dei docenti.
Per adesso i Dirigenti Scolastici tentano di far passare l’autovalutazione d’istituto che presuppone tutta una serie di adempimenti e la votazione del cosiddetto nucleo di valutazione da parte del Collegio Docenti (almeno dei docenti che ne dovrebbero far parte).
In taluni casi i Dirigenti Scolastici hanno affermato sia in Collegio che in altre sedi che tutto ciò sarebbe obbligatorio da parte del Collegio.
Niente di più falso ed, infatti, se fosse obbligatorio non sarebbero costretti a convocare i Collegi Docenti per far votare i componenti nel cosiddetto nucleo di valutazione.
I DS sono stati catechizzati alla bisogna in conferenze di servizio nella quali è venuto comunque fuori che stanno cercando di partire con un primo progetto triennale che dovrà avere come approdo la valutazione degli Istituti, dei Dirigenti (staremo proprio a vedere...) e la NOSTRA valutazione.
Si ribadisce che chiaramente non vi è alcun vincolo perchè il DPR n° 80/2013 (unica norma vigente) non prevede alcun OBBLIGO da parte nostra in tale materia.
Il resto è indicato nella Direttiva n° 11 del 18 settembre 2014 e dalla Circolare Ministeriale n° 47 del 21 ottobre 2014 che ovviamente NON SONO FONTI DEL DIRITTO ma semplici indicazioni del MIUR prive di alcun valore normativo.
A tale proposito, nei materiali utili si invia l’intervento in Collegio Docenti della collega Lucia Saggia, dell’Esecutivo COBAS Scuola di Nuoro ed RSU all’I.C. Siniscola 2, sulla materia relativa all’autovalutazione ed alla proposta di istituire il nucleo di valutazione e votare i componenti docenti di tale organo.
Dopo il suo intervento il Collegio ha votato all’UNANIMITA’ di NON istituire il Nucleo di Valutazione nel loro Istituto.
In taluni casi i Dirigenti Scolastici hanno affermato sia in Collegio che in altre sedi che tutto ciò sarebbe obbligatorio da parte del Collegio.
Niente di più falso ed, infatti, se fosse obbligatorio non sarebbero costretti a convocare i Collegi Docenti per far votare i componenti nel cosiddetto nucleo di valutazione.
I DS sono stati catechizzati alla bisogna in conferenze di servizio nella quali è venuto comunque fuori che stanno cercando di partire con un primo progetto triennale che dovrà avere come approdo la valutazione degli Istituti, dei Dirigenti (staremo proprio a vedere...) e la NOSTRA valutazione.
Si ribadisce che chiaramente non vi è alcun vincolo perchè il DPR n° 80/2013 (unica norma vigente) non prevede alcun OBBLIGO da parte nostra in tale materia.
Il resto è indicato nella Direttiva n° 11 del 18 settembre 2014 e dalla Circolare Ministeriale n° 47 del 21 ottobre 2014 che ovviamente NON SONO FONTI DEL DIRITTO ma semplici indicazioni del MIUR prive di alcun valore normativo.
A tale proposito, nei materiali utili si invia l’intervento in Collegio Docenti della collega Lucia Saggia, dell’Esecutivo COBAS Scuola di Nuoro ed RSU all’I.C. Siniscola 2, sulla materia relativa all’autovalutazione ed alla proposta di istituire il nucleo di valutazione e votare i componenti docenti di tale organo.
Dopo il suo intervento il Collegio ha votato all’UNANIMITA’ di NON istituire il Nucleo di Valutazione nel loro Istituto.
Nel passato storico, squadrismo e stragi neo-fasciste rimaste impunite.
· Posted in
15 febbraio 2015 Terni,
16 settembre 1921 Terni,
aggressione armata casapound,
Bruna Antonelli,
coltelli,
Giovanni Manni,
no fascismo
LETTERA APERTA ALLA
CITTA’
Ieri
come oggi episodi di violenza da parte di gruppi di estrema destra nelle varie
città italiane sono in costante crescita; questi gruppi sono specialisti della
violenza, sono guidati da organizzazioni che non nascondono il loro carattere
fascista: per esempio Forza Nuova, Casa Pound, Socialismo patriottico, Naziskin
etc.
È
necessario che le istituzioni, per la loro funzione pubblica e le forze
autenticamente democratiche, blocchino con serietà e strutturalmente il
fenomeno del nuovo fascismo in Italia, come a Terni. Qui si è verificata il
giorno 15 febbraio un’aggressione a mano armata, con coltello, da parte di un
esponente locale di Casa Pound in Piazza della Repubblica contro un
antifascista. Questa organizzazione ha dato poi una versione basata sulla
menzogna. Mi risulta che solo la rete Antifascista Ternana ha raccontato i
fatti ed ha chiesto che la città risponda con forza NO! alle allarmanti
aggressioni di matrice fascista. Attendiamo che altre Associazioni che si
richiamano alla Resistenza e all’antifascismo facciano la loro parte. Ma
torniamo indietro nella storia di Terni. Il 16 settembre 1921 un giovane
diciannovenne operaio alle Acciaierie, antifascista, veniva ucciso in Via
Mentana da due fascisti, Eugenio Carocci e Ferdinando Pierucci con un coltello,
pugnale o baionetta. L’arma fu fatta sparire.
Due persone presenti al fatto omicidiario testimoniarono che Giovanni
Manni, questo il nome dell’operaio, non era armato. I due fascisti, tra
menzogne e contraddizioni, a conclusione del relativo processo se la cavarono
rispettivamente con sei e sette mesi di arresto e col pagamento delle spese
processuali. Il fascismo in Italia passò anche perché settori consistenti della
Magistratura (oltreché la Monarchia) non adempirono ai loro doveri
istituzionali.
Nessuna
sede sia concessa a queste forze eversive le quali possono trovare ,
nell’attuale crisi economica, sociale ed etico-culturale (cfr corruzione dilagante),
chi ha tutto l’interesse ad allevarle, finanziarle, mantenerle in vita ed
ampliarne la base.
Seppur
diversa, l’attuale situazione storica, e’ comunque caratterizzata da un
accentramento di poteri. Il fascismo , nella grave crisi del primo dopoguerra,
fu agevolato, finanziato ed armato dai grandi gruppi industriali e dagli agrari
contro il movimento operaio, bracciantile e contadino, come insigni storici e
studiosi di differenti orientamenti ideali e politici hanno messo in evidenza.
Inoltre l’affermazione del fascismo e del regime fu facilitato dalle
varie istituzioni statali e locali.
Queste
oggi non devono riesumare la stantia e falsa teoria di equidistanza tra “gli opposti estremismi”.
La
democrazia deve essere difesa da tutti perché tra la democrazia e rigurgiti di
fascismo nessuno può assumere posizioni di disimpegno, di inerzia e neutralità.
Infatti non risulta , pur nella “revisione”
attuale, che sia stata abolita la XII disposizione transitoria e finale della Costituzione Italiana che al 1°
comma così recita: “E’ vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto
partito fascista” e tantomeno che
sia stato abolito l ‘art. 1 della legge 20 giugno 1952 n°. 645 che detta le
norme di attuazione della suddetta disposizione.
I già
sunnominati gruppi, eversivi sia nell’ ‘ideologia che nelle azioni, non
rientrano tra i riorganizzatori “sotto qualsiasi forma” del fascismo?
Con
cortese invito alla pubblicazione,
BRUNA ANTONELLI
I NEOFASCISTI A TERNI ARRIVANO ALL’AGGRESSIONE COL COLTELLO
· Posted in
15 febbraio,
aggressione armata casapound,
fascisti infami,
reta antifascista ternana,
Terni
Non intendiamo entrare in
contraddittorio con chi in questa città vuole imporre una dialettica del
coltello, strumentalizzazione tesa a prospettare la teoria degli opposti estremismi
o ridurre tutto ad una rissa di strada. Vogliamo ricostruire i fatti su cui,
come abbiamo visto, sono state costruite artificiose false versioni funzionali
a confondere la gravità del gesto, del coltello, del tentato omicidio.
Nel
pomeriggio di domenica 15 febbraio, si è svolta una manifestazione sulle Foibe
a cui hanno partecipato decine di neofascisti provenienti da città limitrofe
tra cui Viterbo, Foligno, Perugia.
Contemporaneamente
si svolgeva sotto il Comune un volantinaggio antifascista convocato dalla RAT.
La
manifestazione si è conclusa alla rotonda intitolata alle vittime delle foibe
con la deposizione di una corona, il tutto in un contesto blindato da una
massiccia presenza di forze dell’ordine.
Così
come allo stesso modo si è sciolto il presidio antifascista.
Poco
dopo, in una centralissima piazza della città affollata per i festeggiamenti di
San Valentino, un militante antifascista della RAT, reo di essere stato
riconosciuto come tale, ma che in quel momento accompagnava la figlia in una
normale passeggiata, è stato puntato e provocato dal militante di Casapound Terni
che qualche minuto prima portava la corona di fiori al corteo e che nonostante
fosse accompagnato da moglie e figlio nel passeggino, durante la breve
colluttazione non ha esitato ad estrarre un coltello ed ha tentato più volte di
colpire. Solo l’intervento delle molte persone che si erano radunate attorno ha
evitato che i fendenti arrivassero a segno.
Dalla
sequenza dei fatti emerge tutta la gravità di un comportamento che non può
neanche lontanamente essere tollerato. Il fatto è per sua natura premeditato,
altrimenti non si spiega come si possa uscire di casa con un coltello in tasca, per andare ad una
manifestazione e successivamente passeggiare con moglie e figlio senza farsi
scrupolo di usare di fronte a decine di persone l’arma da taglio contro una
persona disarmata.
Questo
livello di violenza non era mai stato raggiunto nella nostra città, nemmeno
negli anni più duri dello scontro politico.
La sera
ovviamente a fronte della gravità della situazione, molte persone, non solo
militanti ma anche amici, si sono incontrati per una assemblea con l’intento di
capire quanto accaduto e valutare iniziative da intraprendere.
E’ stato
alla conclusione della serata che un gruppo di amici che accompagnava a casa il
militante aggredito col coltello il pomeriggio, ha incontrato all’altezza del
parcheggio prossimo alla rotonda, dove è deposta la corona, un gruppetto di
neofascisti. Nessuno di noi era armato, nessuna spranga, né bastoni, né volti
coperti. Malgrado la nostra rabbia fosse molta, come fortissima la
preoccupazione per il livello di violenza espressa dall’uso disinvolto del
coltello, lì non si è cercato lo scontro altrimenti non staremmo qui a
raccontarlo. Anzi, nonostante questo atteggiamento fin troppo responsabile, un
nostro militante ha subito un tentativo di investimento da parte del responsabile
locale dei neofascisti. Anche in questa occasione abbiamo notato la presenza di
neofascisti di Viterbo. Dopo il tentato investimento e la fuga in auto del
responsabile di Casapound, tre neofascisti sono stati abbandonati lì dai loro
sodali senza che nessuno li toccasse. Non c’è stato nessun intervento della
Polizia, nessuna fuga.
Questi
sono i fatti, su cui chiamiamo la città, le forze politiche e associative,
nonché il Consiglio Comunale, a prendere atto che va fermato un processo di
degenerazione violenta, potenzialmente omicida, da parte dei neofascisti di
Casapound. Chiediamo un incontro urgente con il Sindaco e con tutte le forze
politiche democratiche.
Rete Antifascista Ternana
“GEOMETRI” VERSO L’ESTINZIONE: MANDIAMO A CASA I DIRIGENTI INCAPACI
lunedì 23 febbraio 2015
· Posted in
CHIUSURA,
ESTINZIONE,
FABRIZI,
GEOMETRI TERNI,
MANDIAMO A CASA I DIRIGENTI INCAPACI
In questi giorni in cui si sono chiuse le iscrizioni
alle scuole pubbliche balza agli occhi una notizia nella nostra città: il rischio
di estinzione di uno storico istituto come quello dei “Geometri” (trasformato dalla
controriforma Gelmini in CAT Costruzioni, Ambiente e Territorio) che avrebbe,
tra gli altri, lo scopo fondamentale di formare
chi tutelerà l’ambiente e la pianificazione urbanistica nel nostro territorio.
Abbiamo letto sulla stampa locale ridicole scuse e
giustificazioni di chi dirige l’istituto da due anni, che attribuirebbe il calo
degli iscritti alla battaglia civile per la laicità delle aule scolastiche.
Visto che non è uno scherzo di carnevale, come Cobas affermiamo che è ora di
smetterla con l’uso strumentale da parte dei dirigenti di un ruolo gerarchico
che spesso nasconde chiare incapacità gestionali; mentre, allo stesso tempo,
vogliamo fare chiarezza sul fallimento nell'amministrazione dell’istituto da
quando è stato acquisito dalla dirigente Cinzia Fabrizi.
Tre anni fa
l’IISAG (Istituto superiore artistico e per geometri) è stato smembrato senza
alcuna logica didattica, con una nefasta delibera del consiglio regionale,
nonostante la forte e motivata opposizione dei docenti, dei genitori e degli
studenti. Un anno di mobilitazioni, prese di posizioni che non servì a nulla
“grazie” ad una norma che l’anno successivo sarebbe stata cancellata. I docenti dei “geometri” presentarono ricorso
al TAR regionale che purtroppo non lo accolse, mentre -contro i pareri degli
organi collegiali
dell'IISAG e dello stesso consiglio di Istituto dell'ITIS- l’istituto tecnico
per “geometri” fu accorpato all'ITIS e il Liceo Artistico al Classico. Lo
smembramento fu fatto con una logica politica clientelare e senza prospettive
per i processi di formazione degli studenti nella nostra città e tutelò i soli
presidi garantiti della casta politica. A ulteriore conferma di ciò ricordiamo
l'atto promosso da due consiglieri comunali allora presidi: Talamonti e la
stessa Fabrizi con cui il Comune di Terni perorava -nonostante la competenza
fosse della Provincia- l'accorpamento dell'ITIS con l'ITG e l'autonomia
dell'IPSIA grazie all'escamotage, per
superare il vincolo dei 600 iscritti per mantenere la dirigenza, dei corsi per
adulti.
Nell’a.s. 2013/14, dal momento in cui l'Istituto per
geometri è stato unito con l’ITIS, è
iniziata una crisi irreversibile che ne ha portato ad affossarne la storia e le
prospettive di sviluppo. L’IT per geometri si è avviato a perdere l'identità
e la soggettività diventando, anche agli
occhi della città, quello che non è: uno
degli indirizzi dell’ITIS, nascosto tra chimica e meccanica, invece di avere pari
dignità è visibilità dello storico Istituto Tecnico Industriale.
Da settembre 2014 l’istituto per geometri -con una
decisione di cui non si comprende la ratio e per una chiara incapacità politica
di pensare allo sviluppo e alla programmazione delle scuole in città- è stato
“deportato” (nei mesi estivi) dalla sede storica di viale Trento (costruita e
conosciuta come “geometri”) all'istituto dell’ITIS di via Battisti. Inoltre il
fatto che l’intestazione dell’istituto sia diventata ITT cioè Istituto
Tecnico-Tecnologico con la scomparsa anche nominale dei “geometri” (al
contrario da quanto successo a Narni) ha ulteriormente fatto perdere identità
ed appeal alla scuola. La deportazione alle indyustriali ha fatto perdere i
laboratori del legno, il settore in espansione del CAT.
Inoltre il tamtam tra studenti ha fatto una pessima pubblicità alla
scuola, che prima era una piccola realtà che funzionava coesa e libera
garantendo agli studenti reali spazi di autonomia durante le
assemblee e libertà nei momenti di relax come la ricreazione.
Ora che una dirigente voglia attribuire il crollo delle
iscrizioni dell’istituto alla battaglia civile per la laicità della scuola
pubblica dimostra l’incapacità gestionale ed il tentativo di spostare la
responsabilità di un chiaro fallimento su altri. Se i “Geometri” rischiano a
Terni l’estinzione -mettendo a rischio decine di posti di lavoro di docenti ed
ATA- si deve a chi dirige l’istituto che negli ultimi due anni si è mosso in
maniera tale da ottenere i risultati del 15 febbraio: nessuna classe prima per
il prossimo anno.
In una scuola che subisce tagli da oltre vent’anni -in
pieno accordo tra centrodestra e centrosinistra- con l’impiego di risorse, rispetto al PIL,
minore d’Europa, l’unico investimento fatto negli ultimi anni è stato quello
sul progetto fallimentare della valutazione dei docenti, ripreso anche dalla
controriforma annunciata dal duo Renzi-Giannini. In questa situazione di miseria economica e professionale, abbiamo:
docenti sottopagati, costretti ad andare in pensione vicino ai 70 anni ed un
esercito di precari senza diritti e possibilità di impiego stabile, tanto
indecentemente trattati che una sentenza della corte europea ne ha imposta a
novembre l’assunzione. Se la scuola della valutazione fosse veramente tale non
resterebbe che valutare l’operato del dirigente e chiedere quello che sarebbe
il minimo in ogni “azienda”: le dimissioni per manifesta incapacità.
COBAS DELLA SCUOLA- TERNI
CONTRO LA CATTIVA SCUOLA DI RENZI-GIANNINI PRESIDIO PERMANENTE A MONTECITORIO DAL 23 AL 27 FEBBRAIO (pomeridiano)
PER L’ASSUNZIONE DI TUTTI I PRECARI, PER LO SBLOCCO DI CONTRATTI E SCATTI, CONTRO I QUIZ INVALSI
PRESIDIO PERMANENTE A MONTECITORIO
DAL 23 AL 27 FEBBRAIO (pomeridiano)
L’evento del Pd "La scuola cambia, cambia l'Italia", organizzato per festeggiare il primo anno del governo di Matteo Renzi, non ha fornito alcun elemento preciso né sull’immissione in ruolo dei precari né sui delicati passaggi del cambiamento di status normativo dei docenti, confermando però la volontà del governo di continuare a bloccare a tempo indefinito i contratti di docenti ed Ata e di eliminare gli scatti di anzianità, introducendo un sedicente “merito” misurato mediante la centralità dei grotteschi e diseducativi quiz Invalsi, che dovrebbero testare tale presunto “merito” dei docenti e delle scuole, ed essere sostenuti da fantomatiche figure gerarchiche (mentor, innovatori naturali ecc,…) di nessuna utilità didattica. Ed inoltre questioni rilevanti come quelle che riguardano i docenti “inidonei”, i Quota 96, sequestrati dalla riforma Fornero e impossibilitati a ricevere la dovuta pensione, il personale Ata, le biblioteche scolastiche, l’insegnamento della Materia Alternativa non sono state neanche rappresentate o citate nel Piano Renzi per la scuola.
Il Consiglio dei Ministri di venerdi 27 febbraio dovrebbe definitivamente svelare le carte della “cattiva scuola” governativa, sintesi di tutta la peggiore normativa della scuola-miseria e della scuola-quiz introdotta nell’ultimo ventennio, a braccetto, da centrosinistra e centrodestra, a partire dalla distruttiva “autonomia scolastica” di Berlinguer e dalla legge di parità tra scuola pubblica e privata, imposta dal centrosinistra di Prodi e D’Alema.
Per tutte queste ragioni i COBAS sostengono la mobilitazione dei precari della scuola e la loro decisione di dare vita, a partire da oggi, ad un presidio permanente fino al 27 febbraio, quando il decreto e il disegno di legge, che sintetizzeranno la “cattiva scuola” renziana, dovrebbero essere varati dal CdM. Nella giornata di oggi, accanto ai docenti precari e ai COBAS, hanno manifestato in piazza a Montecitorio anche i docenti “inidonei”, i Quota 96, i precari Ata, i modelli viventi e gli insegnanti per la Materia Alternativa.
Coltello alla mano dopo la manifestazione sulle foibe.
martedì 17 febbraio 2015
pubblichiamo comunicato della Rete Antifascista Ternana
Nel pomeriggio di domenica 15 febbraio, un militante di Casapound Terni ha tirato fuori un coltello durante un alterco con un cittadino, antifascista, reo di essere stato riconosciuto come tale. Il militante di Casapound, prima presente in testa al corteo sulle Foibe, a spasso con moglie e figlio nel passeggino, non ha esitato davanti a decine di persone ad estrarre un coltello. Ci rendiamo conto della gravità del livello di esaltazione che circola dentro questi ambienti politici? E’ normale secondo qualcuno che un individuo qualunque giri di domenica, dopo una manifestazione dell’estrema destra, con un coltello in tasca?
Ora la riflessione è: da anni e da più parti viene lanciato l’allarme sul fatto che il vero volto di questa organizzazione politica, Casapound, è sostanzialmente questa, malgrado a Terni si siano fino ad oggi accreditati come democratici cittadini, schermati dietro associazioni La Foresta che avanza, Grimes, La Muvra e via discorrendo. Di contro però più volte sono saliti all’onore della cronaca nazionale, ultimamente per i legami con Mafia Capitale, oltre che per gravissimi fatti anche di sangue negli ultimi anni, al netto poi delle continue minacce di ritorsione scritte sui propri profili facebook dagli esponenti ternani. Ritorsioni, come quella contro alcuni studenti della biblioteca, che in occasione del loro comizio elettorale, erano stati accusati di “averli fotografati”. In quell’occasione ci si rese conto poi del fatto che il gruppo di picchiatori venisse da Viterbo, gli stessi dell'aggressione al giornalista Sandro Ruotolo a Civita Castellana, gli stessi presenti ieri alla manifestazione e ad altre iniziative. In quell’occasione, forse certi della copertura politica di cui godono, hanno deciso di compiere il gesto per loro naturale dell’aggressione, dell’assalto, compimento di un percorso fatto di mimetizzazione populista in città; quel gesto è stato per loro il vero salto di qualità per arrivare a rappresentare la loro vera natura. Quella di ieri è dunque solo una puntata successiva. Anche in quell’occasione ci chiediamo e chiediamo: è normale che un gruppo di persone si stacchi dal palco del comizio, circondato da forze dell’ordine, per correre ai piani superiori della biblioteca e picchiare persone?
A tutti quei consiglieri comunali soprattutto del centrodestra, ma non solo, di cui ancora qualcuno presente in consiglio comunale, che negli ultimi anni hanno urlato alla negazione di democrazia, con la pretesa di garantire agibilità politica a questa organizzazione di estrema destra; che hanno financo garantito, certamente non senza l’appoggio tacito di un assessore della precedente consigliatura, l’occupazione silenziosa di un vecchio edificio scolastico peraltro presente dentro la lista degli immobili pubblici in via di alienazione, poi abbandonato, pare, a seguito di una visita dei vigili urbani. Perché tanto urlare, quando poi questa organizzazione, malgrado i gravi fatti, è libera di presentarsi alle elezioni? E’ questa la democrazia che secondo gli esponenti politici va tutelata, quella che consente a individui di girare impuni con coltello alla mano? Sappiano, quei consiglieri ed esponenti di partiti, che hanno difeso, garantito e tutelato esattamente gli stessi che ieri hanno sfoderato un coltello in una piazza del centro città. A loro chiediamo di rispondere.
Noi riteniamo che sia giunto il momento di mettere fine alla presenza di questa organizzazione con l’immediata chiusura della sede di Via Federico Cesi, e che siano non solo le associazioni, ma il consiglio comunale a farsene carico, dopo averli erroneamente legittimati. La nostra città non ha bisogno di queste “armi di distrazione di massa”, ma di riscattare il senso di comunità e partecipazione che fa parte della sua storia. Abbiamo cose più importanti di cui occuparci.
Rete Antifascista Ternana
PER UNA SCUOLA PUBBLICA LAICA SENZA SIMBOLI RELIGIOSI NELLE AULE SOLIDARIETA' A FRANCO COPPOLI
mercoledì 4 febbraio 2015
· Posted in
crocefissi,
franco coppoli,
laicità scuola pubblica,
procedimento disciplinare,
scuola
13 febbraio presidio per la laicità della scuola
pubblica
I Cobas della scuola e l’UAAR organizzano un presidio sotto il provveditorato di Terni dalle ore 10 del 13 febbraio per
esprimere solidarietà in occasione del contraddittorio per il procedimento
disciplinare aperto dall’Ufficio scolastico regionale dell’Umbria contro il
prof. Franco Coppoli, a cui si
contesta la rimozione del crocefisso
dalle aule dell’istituto per geometri dove insegna.
Sembra
un paradosso che ancora nel 2015 si rischi il posto di lavoro per lottare
contro gli inaccettabili privilegi della chiesa cattolica e contro
l’ostentazione di un simbolo di una specifica religione nelle aule della scuola
pubblica di uno Stato che dovrebbe essere laico.
Non esiste
alcuna tradizione riguardo alla
presenza di questi simboli di una religione particolare nelle aule delle scuole
pubbliche, perché la presenza dei
crocefissi nelle scuole fu imposta dal fascismo, dopo la marcia su Roma,
con una circolare del 1922 e due regolamenti del ‘24 e del ’28, per trovare un’alleanza con la chiesa
cattolica attraverso i patti Lateranensi del febbraio 1929 che diedero vita
a quel sistema chiamato dagli storici clericofascismo.
Ricordiamo che nel nostra paese non esiste alcuna norma che
impone il crocefisso nelle aule delle scuole superiori. La Corte di cassazione ha
ritenuto la presenza dei crocifissi nelle scuole, da un lato,
incompatibile con il principio di laicità dello Stato (Cassazione penale,
sentenza Montagnana) e,
dall'altro, lesiva dei diritti di coscienza del pubblico impiegato, al
punto da ritenere giustificata l'autodifesa del
lavoratore (Cassazione civile, sezioni unite, sentenza Tosti).
Le aule della scuola pubblica sono piene di colori
e di mondo, di ragazze, ragazzi e docenti credenti, atei o agnostici e di tante
religioni diverse, ed è semplicemente
inaccettabile che un solo un simbolo abbia il privilegio di essere esposto
sulla testa degli insegnanti in una posizione di massima rilevanza simbolica.
L’imposizione del crocefisso ha un carattere
discriminatorio ed escludente, serve a marcare un territorio e imporre una
visione e una simbologia religiosa di parte, in uno spazio pubblico che deve
invece essere libero, includente, laico e aperto a tutti. I diritti non sono
una sorta di dittatura della maggioranza (tutta da dimostrare tra l’altro) ma
la tutela delle minoranze e delle diversità.
Per questo è
inaccettabile che ancora oggi chi lavora per lo Stato debba subire, senza
alcuna norma che lo prescrive -o attraverso bizantinismi giuridici che arrivano
ad affermare la non religiosità dei simboli religiosi- sanzioni disciplinari,
anche molto pesanti, per aver contrastato il privilegio, l’arroganza e l’invadenza
simbolica di quello che a molti appare un simbolo “naturale” o “neutrale”
proprio perché l’obiettivo di questa inaccettabile ingerenza ha ottenuto i suoi
risultati.
Alcune settimane
fa milioni di persone sono scese nelle piazze di tutta Europa a dimostrare
solidarietà della rivista Charlie Hebdo, il 13 febbraio nel solco laico e
libertario della rivista francese -ed in ricordo dell’uccisione sul rogo da
parte della Santa Inquisizione del filosofo Giordano Bruno- organizziamo un
presidio contro ogni integralismo religioso, in solidarietà con a battaglia
civile dei docenti Davide Zotti e Franco Coppoli e del giudice Luigi Tosti, contro
la presenza del crocefisso nelle scuole e nei pubblici uffici, affinché si realizzi
pienamente quella distinzione tra Stato e chiesa che è alla base della
modernità e perché infine gli ambienti formativi siano liberi da qualsiasi simbolo
religioso.
I COBAS DELLA SCUOLA - Terni
Contributi scolastici volontari:difendersi dalla truffa
Come difendersi dalle richieste indebite delle scuole e far valere i proprio diritti
scaricate il vademecum dei COBAS
153
I contributi scolastici sono volontari, eppure in molte scuole come per magia diventano obbligatori. I cobas della scuola da tempo denunciano questo abuso e offrono consulenza a docenti, studenti e famiglie alle prese con le richieste indebite delle scuole.
Abbiamo preparato per voi una guida per capire come stanno esattamente le cose e per aiutarvi a decidere se pagare o no.
Si può segnalare una scuola che chiede i contributi in forma obbligatoria?
Il MIUR, con le nota nota 1007/11 e la nota 312/12 (che vi consigliamo di leggere) ha ribadito che i contributi scolastici sono volontari. Se ci sono scuole che lo richiedono in forma obbligatoria, basta segnalarle all'Ufficio Scolastico Regionale dell'Umbria. Se non sapete come si fa, potete scrivere a cobastr@yahoo.it
Si può segnalare una scuola che chiede i contributi in forma obbligatoria?
Il MIUR, con le nota nota 1007/11 e la nota 312/12 (che vi consigliamo di leggere) ha ribadito che i contributi scolastici sono volontari. Se ci sono scuole che lo richiedono in forma obbligatoria, basta segnalarle all'Ufficio Scolastico Regionale dell'Umbria. Se non sapete come si fa, potete scrivere a cobastr@yahoo.it
Cosa sono i contributi scolastici?
I contributi scolastici sono deliberati dai Consigli di Istituto. Il comma 622 della legge 296/2006 (finanziaria 2007), intervenendo nuovamente sul tema dell’obbligo di istruzione, della durata di dieci anni e del suo innalzamento, ha tra l’altro stabilito che “resta fermo il regime di gratuità ai sensi degli articoli 28, comma 1, e 30, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226”.
Come si riconosce un contributo scolastico?
Si distingue dalle tasse erariali perchè viene pagato direttamente all'Istituto dove siete iscritti. Pertanto il bollettino postale è intestato all'Istituto stesso e non all'Agenzia delle Entrate, come avviene per le tasse erariali che sono facilmente riconoscibili perchè hanno il CCP n. 1016. Vengono presentati con diversi nomi: contributo scolastico, contributo interno, contributo e via dicendo.
I contributi scolastici obbligatori o volontari?
In ragione dei principi di obbligatorietà e di gratuità , non è consentito imporre tasse o richiedere contributi obbligatori alle famiglie di qualsiasi genere o natura per l’espletamento delle attività curriculari e di quelle connesse all’ assolvimento dell’obbligo scolastico (fotocopie, materiale didattico o altro) fatti salvi i rimborsi delle spese sostenute per conto delle famiglie medesime (quali ad es: assicurazione individuale degli studenti per RC e infortuni, libretto delle assenze, gite scolastiche, ecc.). Eventuali contributi per l’arricchimento dell’offerta culturale e formativa degli alunni possono dunque essere versati dalle famiglie solo ed esclusivamente su base volontaria.
Quali sono le leggi e/o i documenti che affermano la volontarietà del contributo scolastico?Sono molti i documenti ufficiali che permettono di accertare la volontarietà del contributo scolastico. Ecco i principali:
- Circolare Lucrezia Stellacci - Capo Dipartimento Miur - 7 Marzo 2013
- Circolare Lucrezia Stellacci - Capo Dipartimento Miur - 20 Marzo 2012
- Lettera di Giovanni Biondi - Capo Dipartimento Miur -28 Aprile 2011
-Intervento ufficiale del 22 Gennaio 2011 del Ministero della Pubblica Istruzione
- Pagina domande frequenti dell'Ufficio Relazioni con il pubblico del Ministero della Pubblica Istruzione;
- Testo Unico (DLgs 297/1994) art. 200 - Tasse scolastiche e casi di dispensa
- Parere dell'Ufficio Scolastico Regionale dell'Emilia Romagna
- Intervista a Giorgio Rembado, capo del sindacato dei presidi
In particolare nel parere dell'Ufficio Scolastico Regionale dell'Emilia Romagna si legge che il Testo Unico deve essere considerato l'unico riferimento per la disciplina delle tasse scolastiche. Pertanto il pagamento delle tasse scolastiche erariali rappresenta la sola condizione indispensabile per la regolarità dell’iscrizione e della frequenza degli alunni appartenenti al segmento di istruzione non obbligatoria.
Possono rifiutare la domanda di iscrizione se non pago il contributo volontario?
No, come affermato precedentemente le scuole non risultano titolari di autonomo potere impositivo di tasse e contributi, facoltà questa riservata esclusivamente allo Stato. Quindi non possono obbligare il cittadino a pagare alcun tipo di somma e non possono rifiutare una domanda di iscrizione a causa del mancato pagamento.
Il mio Dirigente Scolastico afferma che il contributo si deve pagare perché lo ha stabilito il Consiglio di Istituto. E' vero?
Falso. Il Consiglio di Istituto non risulta titolare del potere di cambiare la natura del contributo scolastico, che è volontaria. Al più può deciderne l'entità e stabilire le attività per le quali è destinato. Lo afferma in questo articolo anche Giorgio Rembado, capo del sindacato che rappresenta in presidi.
Cosa si è obbligati a pagare?
Gli studenti che abbiamo adempiuto all'obbligo scolastico sono obbligati a versare le cosiddette tasse scolastiche. L’impianto normativo tuttora in vigore in tema di tasse scolastiche (art. 200 d.lgs 297/1994) prevede quattro distinti tipi di tributo: di iscrizione, di frequenza, di esame e di rilascio di diploma.
Tassa di iscrizione: E’ esigibile all’atto dell’iscrizione ad un dato corso di studi secondari, non è rateizzabile ed è devoluta integralmente all’Erario. L’importo è di 6,04 euro.
Tassa di frequenza: deve essere corrisposta ogni anno. La tassa deve essere pagata per intero sia nel caso che l’alunno si ritiri dalla scuola sia nel caso che sia costretto ad interrompere la frequenza per motivi vari. Il pagamento è riconosciuto valido, in caso di trasferimento di uno studente da istituto statale al altro statale, dalla nuova scuola. Costo 15,13 euro.
Tassa di esame: Deve essere corrisposta esclusivamente nella scuola secondaria superiore in unica soluzione al momento della presentazione della domanda per esami di idoneità, integrativi, di licenza, di qualifica, di Stato (ex maturità). L'importo è di 12,09 euro.
Tassa di diploma: La tassa deve essere corrisposta in unica soluzione, al momento della consegna del titolo di studio. Costo 15,13 euro.
Se non voglio pagare come posso fare?
Come ampiamente spiegato nei punti precedenti, ogni studente ha diritto ad usufruire dei servizi didattici essenziali senza dover pagare, proprio perché il contributo scolastico volontario dovrebbe essere destinato ad ampliare l'offerta formativa. Pertanto l'unico contributo che uno studente è tenuto a pagare alla propria scuola è rappresentato dal rimborso delle spese sostenute dalla stessa per conto delle famiglie: libretto delle giustificazioni, carta per le pagelle (che stanno sparendo in favore del digitale) e polizza assicurativa, sempre che la la scuola ne abbia sottoscritta una. Queste voci di spesa non possono superare i 20-25 euro. Fate quindi presente al Dirigente Scolastico che avete intenzione di pagare alla scuola solo il rimborso di queste spese mediante una email o una lettera da presentare al protocollo o inviata con raccomandata A/R. Nella lettera comunicate le vostre intenzioni di pagare solo la parte del contributo scolastico strettamente obbligatoria, citando documenti e leggi elencati precedentemente, allegandone preferibilmente una copia.
Ecco un modello.
Chi è esentato dal pagamento delle tasse scolastiche?
Ai sensi dell’art. 200 d.lgs 297/94, l’esonero del pagamento delle tasse scolastiche può essere ammesso per merito, per motivi economici, e per appartenenza a speciali categorie di beneficiari. Questi tipi di esonero valgono per tutte le tasse scolastiche ad eccezione della sola tassa di diploma.
A cosa sono destinati i contributi scolastici?
I contributi scolastici dovrebbero essere finalizzati all'innovazione tecnologica, all'edilizia scolastica e all'ampliamento dell'offerta formativa (DL. 40/2007 Legge Bersani). Nella realtà le scuole li utilizzano spesso per coprire le spese ordinarie: pulizie, manutenzione, fotocopie, supplenze brevi, ecc.
I contributi scolastici sono detraibili dalle tasse dei genitori?
Tutti contributi volontari versati alle scuole durante l'arco dell'anno scolastico, possono essere detratti dalle persone fisiche nella misura del 19%, purché venga conservata ricevuta del versamento e nella causale sia stata specificata la seguente dicitura: erogazione liberale per (almeno una delle seguenti motivazioni) innovazione tecnologica; ampliamento dell'offerta formativa; edilizia scolastica.Spesso le scuole, per evitare di far scoprire alle famiglie che il contributo è volontario, non forniscono questa indicazione. Così il contributo pagato non può essere nemmeno detratto dalle tasse.
Perché bisogna pagare l'assicurazione se c'è l'INAIL?
Le scuole sono obbligate a sottoscrivere una polizza assicurativa con l'INAIL per ogni alunno, che in questo caso viene considerato come un lavoratore a tutti gli effetti (Circolare INAIL n. 19 del 4 aprile 2006). Quest'ultima garantisce solo per gli infortuni che si svolgono nel corso delle attività di laboratorio e di educazione fisica. Per questo motivo spesso le scuole sottoscrivono un'ulteriore polizza assicurativa che offra maggiori tutele e che viene fatta pagare attraverso il contributo volontario, trattandosi di un rimborso spese.
Perché i Dirigenti Scolastici ricorrono al contributo scolastico?
Il Ministero da anni sta tagliando i fondi destinati agli Istituti Scolastici, pertanto per riuscire ad assicurare il funzionamento delle scuole sono costretti a chiedere soldi alle famiglie. Se una volta il contributo era meno oneroso e destinato ad ampliare l'offerta formativa, oggi serve soprattutto a garantire il funzionamento base delle scuole: manutenzione, pulizia, materiale di consumo da ufficio come carta e toner, ecc. Inoltre serve ad anticipare il denaro per pagare le supplenze brevi, che in teoria sono a carico dello Stato ma in pratica da anni ricadono sulle scuole pur non essendo previsti dei fondi appositi.
Cosa mi consigliate di fare?Sono 20 anni, dal nefasto ministro Luigi Berlinguer che lo stato sta devastando le scuola pubblica, attraverso tagli al personale, al tempo scuole, ai bilanci mentre aumentano i finanziamenti alle scuole private con lo stratagemma dei contribuiti alle famighlie per violare l'art. 33 della Costituzione che li vieta (senza oneri per lo Stato). Se le famiglie continuano a pagare i tagli dei governi la spirale del peggioramento delle scuole pubbliche non si arresterà, trasformandole di fatto in strutture a pagamento. Non pagate per opporvi alle politiche neoliberiste di distruzione della scuola pubblica contro la scuola miseria ma anche perchè quei fondi spesso servono a progetti inutili che attaccano la didattica frontale e finanziano la scuola vetrina e progetti inutili spesso finalizzati a premiare i ruffiani dei presidi manager.
Per saperne di più:
- Non paghi il contributo, ti mando l'esattore
- Non paghi il contributo, ti boccio
- Non paghi il contributo, niente libretto giustificazioni
- Maturità a pagamento
- Presidi: i contributi sono volontari
- La battaglia del Verga di Adrano
- No contributi, no pagella
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- Scuole in bolletta
- Contributi perchè pagare ingiustamente?
Hai ancora delle domande o dei dubbi? Vuoi inviarci la tua segnalazione? Scrivi a cobastr@yahoo.it
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