E’ parere largamente diffuso che, sebbene nell’oceanico NO alla riforma costituzionale abbiano certamente contato le volontà di difendere il poco che resta della democrazia istituzionale e della abbondantemente svilita Costituzione, l’elemento principale del NO sia stato il rifiuto delle politiche sociali ed economiche del governo Renzi, e in particolare della “cattiva scuola” della legge 107 e del Jobs Act.
Dichiarare il falso sull’effettiva presenza a lavoro legittima il licenziamento
Rileva che “Assume che, ai sensi dell’art. 55 quater del D. Lgs. 165/2001, l’uso fraudolento delle apparecchiature atte a documentare la presenza sul luogo di lavoro e l’utilizzo alterato di queste ultime non si consuma solo nella commissione di condotte volte ad alterare fisicamente il sistema di rilevazione delle presenze ovvero nel far timbrare il cartellino da altri colleghi, ma anche nell’omessa registrazione dell’uscita dal luogo di lavoro e nella attestazione non veritiera sulla effettiva presenza sul luogo di lavoro.
Permessi 104, dipendente li utilizza per un viaggio all’estero. I giudici stabiliscono cosa si intende per assistenza
Marco Barone
Bonus 500 euro: per cinema e musei non è richiesto biglietto nominativo
ESPANDI Graduatorie ad esaurimento non si aggiornano fino al 2018/19, graduatorie di istituto II e III fascia nel 2017. Cambio provincia, disallineamento e problematiche
Il governo Gentiloni è una sfacciata fotocopia del precedente, con un prestanome alla guida.
decurtazione dello stipendio in caso di malattia fino a 10 giorni
- Patologie gravi che richiedono terapia salvavita (sono ricomprese non solo le assenze per l’effettuazione della terapia, ma anche quelle derivanti da infermità con nesso causale con la terapia stessa es. postumi della terapia);
- Infortunio sul lavoro, se riconosciuto con determinazione dell’INAIL;
- Malattie riconosciute dipendenti da causa di servizio, se almeno riconosciuta dal Comitato di Verifica per le cause di servizio;
- Stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità “riconosciuta”. La patologia invalidante deve essere riconosciuta da un giudizio medico legale emesso secondo le normative vigenti (non è richiesto alcun grado minimo di invalidità) e il certificato medico deve contenere in maniera esplicita il nesso causale tra invalidità riconosciuta e malattia in atto che ha determinato la prognosi clinica;
- Qualora il dipendente sia ricoverato presso un ospedale, o si rechi al pronto soccorso, o a seguito di un infortunio, o a seguito di un ricovero ospedaliero, qualora il periodo di riposo o di convalescenza sia stato ordinato dall’ospedale stesso (e non, successivamente, dal medico curante: in questo caso non risulta nessun legame ufficiale con il periodo di ricovero o con il precedente infortunio).
- Nei confronti dei dipendenti per i quali è stata già effettuata la visita fiscale per il periodo di prognosi indicato nel certificato: la visita fiscale non può essere prevista per due volte per lo stesso evento morboso. Ogni prolungamento della malattia può invece prevedere una successiva visita medica di controllo;
- Nei confronti dei dipendenti che si assentano per malattia per sottoporsi a “visite specialistiche” (La richiesta di visita di controllo si configurerebbe come ingiustificato aggravio di spesa per l’amministrazione in quanto l’avvenuta visita sarà giustificata con la presentazione dell’attestato da parte del dipendente).
- Assenze dovute ad infortuni sul lavoro riconosciuti dall’INAIL;
- Assenze per malattia dovute a causa di servizio riconosciuta dal Comitato di Verifica per le cause di servizio;
- Ricovero ospedaliero, in strutture pubbliche o private. Per “ricovero ospedaliero” si intende la degenza in ospedale per un periodo non inferiore alle 24 ore (comprensivo della notte);
- Ricovero domiciliare certificato dall’ASL o struttura sanitaria competente, purché sostitutivo del ricovero ospedaliero;
- I day-hospital;
- Assenze dovute a gravi patologie che richiedono l’effettuazione delle terapie salvavita, inclusa la chemioterapia (sono esclusi dalla decurtazione anche i giorni di assenza dovuti alle conseguenze certificate delle terapie salvavita temporaneamente e/o parzialmente invalidanti).
- I periodi di assenza per convalescenza che seguono senza soluzione di continuità un ricovero o un intervento effettuato in regime di day-hospital indipendentemente dalla loro durata per i quali è sufficiente una certificazione rilasciata anche dal medico curante pubblico o privato (la certificazione medica dovrà far discendere espressamente la prognosi dall´intervento subito in ospedale).
Cgil, Cisl e Uil svendono i contratti del P.I. e della scuola e danno una mano a Renzi per il referendum
Con gran fanfara massmediatica ed equivalente entusiasmo, Il governo Renzi, da una parte, e Cgil, Cisl e Uil dall'altra, hanno annunciato il varo dell'iter dei contratti del P.I. e della scuola, bloccati da ben 7 anni. Il documento prodotto al proposito è un elenco generale di intenti, accompagnato però da un'unica cifra economica, cioè l'aumento medio di 85 euro mensili (ovviamente lordi) per ogni lavoratore/trice. La cifra è già di per sè grottesca, equivalendo a circa 50 euro netti, di fronte ad una perdita salariale , maturata in questi 7 anni, di circa il 20% del salario del 2009. Ma in aggiunta va sottolineato che solo poco più della metà di tale cifra verrebbe assegnata direttamente e in paga base. Il documento, infatti, precisa che - sulla linea dell'accordo stipulato per i metalmeccanici dalla "triplice" - una parte dell'aumento "valorizzerà la professionalità e le competenze...e l'apporto individuale agli obiettivi di produttività" e che un'altra parte sarà indirizzata a "forme di welfare contrattuale, che integrino le prestazioni pubbliche..forme di fiscalità.. (volte) a sostenere lo sviluppo della previdenza complementare". E infatti nel contratto dei metalmeccanici, circa la metà dell'aumento salariale è indirizzato verso le pensioni integrative, i contributi salariali e quelli legati alla "produttività".
Inoltre, all'interno di un'accozzaglia di retorici luoghi comuni sul "merito", viaggia nel documento una esplicita minaccia: quella dell'introduzione di nuove norme per affrontare con "misure incisive e mirate, situazioni di disaffezione e demotivzione e contrastare fenomeni di assenteismo...con norme contrattuali che incentivino più elevati tassi di presenza".
Poi, ad aggravare ulteriormente le prospettive contrattuali per quel che riguarda la scuola, governo e "triplice" sindacale hanno intenzione di inserire nello specifico contratto tutte le peggiori nefandezze della legge 107. Infine, risulta davvero clamorosa la rapidissima accelerazione di questo accordo a soli tre giorni dal voto sulla riforma costituzionale. Cosicchè l'iniziativa non può che apparire un aperto regalo "referendario" a Renzi che, mentre può sembrare coerente per Cisl e Uil, in netta maggioranza a favore del SI', potrebbe sconcertare per la Cgil. In realtà quest'ultima ha applicato la tattica di Berlusconi che, mentre fa propaganda per il NO, autorizza le sue aziende a battersi per il SI'. La Cgil vuole assicurarsi, comunque vada il voto e nella convinzione che Renzi in ogni caso non sparirà, l'unica cosa che le interessa, la ripresa del simulacro della concertazione, anche a costo di rinunciare a qualsiasi difesa dei residui diritti dei lavoratori/trici.
Per quel che ci riguarda, nell'Esecutivo nazionale che terremo immediatamente dopo il voto referendario, decideremo le forme di lotta per cercare di battere questo sciagurato progetto del governo e della "triplice", da proporre ai lavoratori/trici indisponibili a questa colossale truffa contrattuale.
Piero Bernocchi
portavoce nazionale COBAS
La formazione obbligatoria va pagata
Nella mia scuola il dirigente scolastico ha detto in collegio dei docenti che adesso la formazione e l'aggiornamento sono obbligatori e dobbiamo svolgere almeno 20 ore l'anno di questa particolare attività senza ricevere alcun compenso aggiuntivo. Vorrei sapere cosa dice la normativa in proposito.
Il comma 124 della legge 107/2015 dispone che «nell'ambito degli adempimenti connessi alla funzione docente, la formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale». Il successivo comma 125 stanzia 40 milioni di euro per l'attuazione del comma precedente. Sull'esistenza dell'obbligo, non vi sono dubbi. I dubbi, invece riguardano l'entità della retribuzione, che è altrettanto obbligatoria trattandosi di un onere che aumenta la quantità della prestazione obbligatoria dei docenti. L'art. 36 della Costituzione prevede, infatti, che la retribuzione deve essere proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro. Pertanto, se aumenta la quantità del lavoro deve aumentare anche la retribuzione.
In più il codice civile vieta di lavorare gratis o a retribuzione ridotta (divieto di rinunzie e transazioni ex art.2113 c.c.). E l'art. 45 del decreto legislativo 165/2001 stabilisce che la pubblica amministrazione deve pagare i dipendenti applicando CCNL.
Stando così le cose, trattandosi di ore aggiuntive funzionali all'insegnamento, l'obbligo previsto dal comma 124 della legge 107/2015 può essere adempiuto solo se l'istituzione scolastica abbia fondi a sufficienza per retribuire i docenti applicando i minimi previsti dalla tabella 5 del vigente contratto di lavoro: 17.50 euro per ogni ora di formazione prestata in servizio (Tribunale di Verona, sentenza 46/2011).
Maestra assente, al suo posto non può andare il professore La supplenza non è possibile tra ordini di scuola diversi
il dirigente scolastico non può secondo la normativa vigente, all'interno di un Istituto comprensivo, utilizzare docenti della scuola media con ore a disposizione per supplenze anche di 1 ora nella scuola primaria o dell'infanzia e viceversa.
Il docente di scuola secondaria non può essere effettuato per sostituire docenti di scuola primaria o dell'infanzia e viceversa. L'articolo 1, comma 85 della legge 107/2015 dispone, infatti, che il dirigente scolastico possa effettuare le sostituzioni dei docenti assenti per la copertura di supplenze temporanee fino a dieci giorni con personale dell'organico dell'autonomia che, ove impiegato in gradi di istruzione inferiore, conserva il trattamento stipendiale del grado di istruzione di appartenenza. La norma prevede, dunque, la possibilità per il dirigente di impiegare i docenti interni per le sostituzioni dei docenti assenti, anche in gradi diversi, ma tale impiego può avvenire solo all'interno di scuole dello stesso ordine. Per esempio, un docente di scuola secondaria di I grado può essere utilizzato per sostituire un docente di scuola secondaria di II grado e viceversa (si pensi al caso degli istituti omnicomprensivi) ma non può essere utilizzato per sostituzioni da effettuare in scuole appartenenti ad ordini diversi. In tutti gli altri casi, dunque, resta ferma la disciplina generale che vieta l'impiego fungibile dei docenti dell'organico in ordini di scuola diversi.
I giudici di potenza: il capo di istituto può arrivare fino alla censura. Non si applica la norma brunetta Il professore va sospeso, ma non può decidere il preside Così la sentenza. Eppure la circolare Miur dice il contrario
anche a Terni due ordinanze sospensive di provvedimenti del DS in attesa della sentenza....
La competenza disciplinare dei dirigenti scolastici nei confronti dei docenti non va oltre l'avvertimento scritto e la censura. Pertanto, è da considerarsi illegittima la sanzione della sospensione, se inflitta al docente dal dirigente scolastico. Anche se il ministero dell'istruzione, con la circolare 88/2010, ha stabilito il contrario. E' quanto si evince da una sentenza del Tribunale di Potenza depositata il 22 novembre scorso (700/2016). Il giudice monocratico ha spiegato che ai docenti non va applicato il decreto Brunetta nella parte che prevede la possibilità, per i dirigenti della pubblica amministrazione, di sospendere il dipendente fino a 10 giorni, una volta accertata la responsabilità disciplinare.
Il motivo di tale preclusione va individuato nel fatto che il ruolo particolarmente rilevante svolto dai docenti giustifica l'individuazione, da parte del Legislatore, di un soggetto diverso dal dirigente scolastico ogni qualvolta venga in rilievo una sanzione più grave dell'avvertimento scritto o della censura. La sentenza fa il paio con una recente pronuncia emessa dal Tribunale di Foggia il 27 ottobre scorso (si veda Italia Oggi del 15/11/2016) e si inquadra nell'ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di merito, costante nel ritenere che la responsabilità disciplinare dei docenti continui ad essere regolata dalle norme (più rigorose) contenute nel testo unico (il decreto legislativo 297/94). Tali norme si collocano in rapporto di specialità rispetto alle norme contenute nel decreto Brunetta. E per questo motivo sono da ritenersi prioritarie rispetto alla disciplina generale.
In pratica, le disposizioni contenute nel decreto legislativo 297/94, proprio perché riferite ad una solo categoria di lavoratori del pubblico impiego (i docenti) derogano le norme generali previste per il restante personale della pubblica amministrazione. E quindi, quando si tratta di docenti, le norme da applicare sono quelle del testo unico e non le disposizioni previste dal decreto Brunetta. Va detto subito che ciò non costituisce un vantaggio per gli insegnanti. La disciplina sostanziale delle sanzioni disciplinari che si applicano ai docenti è molto più rigorosa rispetto a quella dei restanti lavoratori del pubblico impiego. Le sospensioni, infatti, prevedono anche sanzioni accessori quali il ritardo della progressione di carriera (che si traduce in una perdita salariale permanente che si riverbera anche sulla pensione) e la preclusione della possibilità di partecipare agli esami di stato e ai concorsi a preside.
Oltre tutto, i docenti, proprio per la delicata funzione che svolgono quotidianamente, sono assistiti dalla libertà di insegnamento prevista dall'articolo 33 della Costituzione e ciò giustifica la necessità di garantire la terzietà del giudizio disciplinare, la cui competenza si radica in capo all'ufficio dei provvedimenti disciplinari costituito presso l'ufficio scolastico regionale. Va detto, inoltre, che la frequenza con la quale si verifica l'adozione di sanzioni sospensive da parte dei dirigenti scolastici è dovuta all'orientamento espresso dal ministero dell'istruzione con la circolare 88/2010. In tale occasione il ministero ha interpretato la normativa vigente nel senso della sussistenza della competenza dei dirigenti scolastici ad infliggere sanzioni sospensive ai docenti, purché di durata non superiore ai 10 giorni.
Tale orientamento, che l'amministrazione non ha ritenuto di modificare, ha indotto diversi uffici scolastici ha scoraggiare i dirigenti scolastici ad investire gli uffici per i provvedimenti disciplinari di questioni riguardanti casi da trattare con sospensioni di pochi giorni. E ciò ha posto i dirigenti scolastici nella difficile situazione di provvedere autonomamente, anche nel timore di incorrere nella responsabilità disciplinare dirigenziale, prevista dal decreto Brunetta in caso di inerzia. A ciò va aggiunto il fatto che, proprio per effetto delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 150/2009, non è più possibile comporre in via stragiudiziale le controversie aventi per oggetto le sanzioni disciplinare. Salvo il caso, piuttosto residuale, della possibilità di adire il collegio di conciliazione presso le direzioni provinciali del lavoro.
Pertanto, il rimedio più frequente utilizzato dai docenti è costituito dall'esperimento dell'azione giudiziale. Tale azione, peraltro, necessita della difesa tecnica e si conclude, nella maggior parte dei casi, con la condanna alle spese in capo alla parte soccombente. La riforma del codice di procedura civile, infatti, ha imposto ai giudici di compensare le spese solo in caso di gravi ed eccezionali motivi da specificare nella motivazione della sentenza.
Pertanto, a fronte del consolidato orientamento della giurisprudenza di merito, che va nel senso della inesistenza della competenza dei dirigenti scolastici in materia di sanzioni sospensive, la soccombenza dell'amministrazione espone l'erario al rischio di un aggravio di costi destinato a crescere nel tempo.
Un tribunale ha smentito la prassi: nessuna norma prevede l'obbligatorietà dell'incarico Coordinatore? Possibile dire no L'offerta del dirigente scolastico può essere rifiutata
Fare il coordinatore di classe non è obbligatorio. Lo ha stabilito il giudice del lavoro di Cosenza con la sentenza 1830/2016. Con la quale ha anche annullato la sanzione disciplinare dell'avvertimento scritto, ingiustamente inflitta ad una docente che aveva legittimamente rifiutato l'incarico. «La mancata previsione legale del ruolo di coordinatore che pure può essere individuato da un atto interno», si legge nella sentenza, «esclude che le relative funzioni siano da ritenere doverose, con la conseguenza che, in difetto di una fonte normativa (legge, regolamenti, contratti collettivi, le circolari non sono fonti del diritto) l'incarico eventualmente attribuito può essere rifiutato».
La pronuncia costituisce un autorevole presupposto interpretativo per fare luce sull'incarico di coordinatore di classe. Che consiste in una delega che viene attribuita dal dirigente scolastico a un docente del consiglio di classe, per svolgere mansioni di coordinamento della didattica, per provvedere alla sintesi dei giudizi complessivi che vengono approvati in sede di consiglio e, spesso, per rappresentare l'intero consiglio davanti ai genitori. In pratica si tratta di mansioni dirigenziali che spetterebbero al dirigente scolastico. Che però vengono svolte, per prassi, da un docente da lui individuato. La prassi, però, non si fonda su una norma di legge specifica che imponga al docente interessato di accettare tale incarico. Oltre tutto, anche gli incarichi espressamente previsti dalle disposizioni di legge non comportano alcun obbligo di accettazione.
Trattandosi di incarichi aggiuntivi, infatti, le relative prestazioni comportano un aggravio dell'onerosità della prestazione ordinaria per lo svolgimento della quale i docenti percepiscono la retribuzione. Dunque, per essere considerati validi, tali incarichi devono fare seguito ad uno scambio di proposta e accettazione tra il dirigente e il docente interessato e, soprattutto, previa indicazione della retribuzione spettante. Il tutto pattuito in un accordo scritto e sottoscritto dalle parti. Nella prassi, però, questi incarichi aggiuntivi vengono attribuiti d'ufficio e, il più delle volte, senza prevedere alcun compenso, nella convinzione che tutto ciò sia dovuto. Sintomatico di questa diffusa convinzione è il fatto che un docente, per essersi rifiutato di svolgere l'incarico, sia stato fatto oggetto, addirittura, di una sanzione disciplinare. Sebbene molto blanda (l'avvertimento scritto). Pertanto, il docente interessato, per far valere il suo diritto a non essere sanzionato per avere rifiutato ciò che non è obbligatorio ha dovuto investire della questione un giudice togato. Che gli ha dato ragione.
Il principio della connotazione non autoritativa degli atti di gestione del rapporto di lavoro nella pubblica amministrazione è ormai assodato. Ed è spiegato chiaramente anche in una sentenza del Tribunale di Catanzaro (sentenza 29 aprile 2003) che si rifà alla giurisprudenza delle Sezioni unite: «Ed infatti», spiega il giudice, «nello svolgimento del rapporto, assoggettato alla disciplina del codice civile e dalle leggi speciali per i rapporti di lavoro nell'impresa privata, ai sensi dell'art. 2 c. 2, d. lgs. 30-3-2001 n.165, la pa agisce con i poteri del privato datore di lavoro e i suoi atti di gestione del personale, svuotati di ogni contenuto autoritativo, sono atti di diritto privato».
Tra richieste di audizioni e chiarimenti, si ricomincia La videosorveglianza negli asili si è arenata a Palazzo Madama
PER FORTUNA. NO AL GRANDE FRATELLO NELLE SCUOLE
La sollecita approvazione, lo scorso 19 ottobre, da parte dell'aula di Montecitorio della proposta di legge concernente misure per prevenire e contrastare condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, in danno dei minori negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia, oltre che delle persone ospitate in strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità, lasciava ben sperare in una altrettanta sollecita approvazione anche dall'aula di Palazzo Madama.
Alla luce di come l'esame del disegno di legge sta procedendo nella XI Commissione lavoro e previdenza sociale del senato, l'auspicata sollecita approvazione appare invece allo stato del tutto improbabile disseminata come è da numerose richieste di chiarimenti e approfondimenti. Sarebbero proprio queste ultime le ragioni principali per le quali l'esame del disegno di legge da parte della XI Commissione presieduta da Maurizio Sacconi (AP), formalmente iniziato nella seduta del 9 novembre e proseguito in quelle del 15 e del 22, non è a tutt'oggi ancora entrato nel merito di quanto dispongono i sette articoli che compongono il provvedimento in esame.
Nel corso delle tre sedute della Commissione tenutesi il 9, il 15 e il 22 novembre non si è infatti andati oltre alla l'illustrazione da parte della relatrice Nicoletta Favero (Pd) dei contenuti del provvedimento approvato in prima lettura dalla Camera (si veda ItaliaOggi di martedi 25 ottobre) e alla formulazione di proposte presentate da alcuni membri della Commissione.
I senatori Barozzino (Misto-Si-Sel) e Serafini (FI-Pdl XVII) hanno proposto di attivare un ciclo di audizioni; la Parenti (PD) di ascoltare il Garante per la protezione dei dati personali e alcuni altri soggetti qualificati; Ichino(PD) di approfondire la disciplina relativa all' installazione di impianti audiovisivi di registrazione contenuta nel disegno di legge; Favero di ascoltare anche il garante per l'Infanzia. La senatrice Catalfo (M5S) si è invece riservata di far pervenire al più presto gli intendimenti del proprio Gruppo.
Un impegno quello del gruppo del M5S che è tutto un programma e che, presumibilmente, è stato uno dei motivi che ha indotto il presidente Sacconi non solo a convenire sulla necessità di approfondire le modalità attuative del disegno di legge, nonché gli oneri, non solo finanziari, che gravano sui soggetti in esso coinvolti, ma anche a ritenere utile domandare ai soggetti già auditi alla Camera dei deputati una valutazione sul testo approvato da quel ramo del parlamento.
Approfondimenti e nuove audizioni che richiederanno apposite sedute della Commissione con la prevedibile conseguenza che l'esame del disegno di legge da parte dell'aula di Palazzo Madama non potrà che iniziare al termine della sessione di bilancio se non addirittura dopo la sospensione dei lavori del Parlamento per le vacanze natalizie. E non è detto che anche il tal caso il disegno di legge potrà con certezza essere trasformato in legge viste le turbolenze politiche che gravitano sull'appuntamento referendiario del 4 dicembre.
PIATTAFORMA PRECARI (PER UNA UNIFICAZIONE DELLE LOTTE)
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Assunzione su tutti i posti in organico di diritto e in organico di fatto.
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Conservazione del sistema del doppio canale (50% da GM e 50% da Gae) almeno fino all’assunzione di tutti i precari della scuola.
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Inserimento di tutti gli abilitati nelle Graduatorie ad esaurimento; laddove esse dovessero risultare già esaurite in seguito al piano di assunzioni del 2015 e del 2016, chiediamo l’istituzione di un’analoga graduatoria provinciale.
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Trasformazione delle GAE in Graduatorie Permanenti da riaprire e aggiornare ogni tre anni a partire dall’a.s. 2017/2018, con la possibilità per i docenti di scegliere, oltre la propria provincia, una seconda provincia valida solo per l'assunzione a tempo indeterminato.
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Possibilità di inserirsi dal secondo anno di vigenza delle graduatorie (a domanda e solo per l’assunzione a tempo indeterminato), nelle province dove risultino graduatorie esaurite.
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Superamento degli ambiti territoriali (così come definiti dalla L. 107/2015) e del relativo sistema della chiamata per competenze/incarico triennale.
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Superamento del comma 131 dell’art. 1 della Legge 107/2015 che prevede – a decorrere dal 1 settembre 2016 - il limite dei 36 mesi sulla reiterazione dei contratti a T.D. sui posti vacanti e disponibili.
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Riapertura e aggiornamento, fin dal 2017, delle Graduatorie di Istituto, terza fascia compresa, con possibilità di inserimento in una sola provincia, come fino ad ora.
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Trasformazione delle Graduatorie di Istituto di I e II fascia (se tutti gli abilitati entrano in Gae I e II fascia formano un’unica graduatoria) in Graduatorie Provinciali (eliminando quindi il limite delle 20 scuole)
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Trasformazione delle Graduatorie di Istituto di terza fascia, in graduatorie provinciali (eliminando quindi il limite delle 20 scuole)
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Superamento del vincolo triennale di permanenza nella provincia di assunzione sia per quanto riguarda i trasferimenti sia per la richiesta di assegnazione provvisoria.
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Attivazione di un percorso di abilitazione (modello PAS) gratuito e senza selezione per tutti i docenti di terza fascia con 360 giorni di servizio e con la previsione dell’inserimento nelle graduatorie per l’assunzione a Tempo Indeterminato.
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Attivazione di un nuovo TFA, gratuito e con la previsione dell’inserimento nelle graduatorie per l’assunzione a Tempo Indeterminato.