Archive for maggio 2015

A TERNI FLASH MOB CONTRO LA RIFORMA DELLA SCUDEL GOVERNO RENZI

venerdì 29 maggio 2015




Il 28 maggio dalle 19 alle 20 si è Tenuto a largo Villa Glori, a Terni il flash mob “vestiti di rosso e con un libro sul cuore” contro la riforma della scuola del governo il cui DDL verrà discusso nei prossimi giorni in Senato.
Hanno partecipato all’evento un nutrito gruppo di docenti, lavoratori della scuola e cittadini che, disposti in cerchio hanno osservato 5 minuti di silenzio e, al suono di una campanella, hanno effettuato in contemporanea, la lettura di un brano dal libro che ciascuno di loro aveva portato. Un successivo suono della campanella ha sancito un secondo momento di silenzio  durante il quale i partecipanti hanno tenuto i loro libri sul petto. L’iniziativa si è sciolta con l’appello ai partecipare allo sciopero degli scrutini. La manifestazione si è collegata ad analoghe iniziative promosse nelle principali città italiane e rientra nelle molteplici iniziative indette contro la nefasta riforma della scuola del governo Renzi.
I partecipanti chiedono con forza il ritiro della riforma, l’assunzione immediata di tutti i precari, investimenti reali per la scuola pubblica e si oppongono alla deriva autoritaria del preside-podestà.
Terni 18.05.15

DAT- Docenti Autorganizzati Terni

Giorgio Israel: «L’errore di Renzi sulla scuola: non ha capito la trasversalità dell’opposizione»

martedì 19 maggio 2015 · Posted in , , , ,


by Roberto Ciccarelli
 «Il preside-manager viene istituito per una ragione di controllo politico-
il preside podestà della controriforma Renzi
ideologico e per creare un ceto di dirigenti che faccia da cinghia di trasmissione con i precetti del Miur
». «La scuola forma persone libere, non individui confezionati da un’ideologia tecnocratica» Intervista. Giorgio Israel, storico della scienza e matematico, intervistato da Roberto Ciccarelli, critica lo storytelling messo a punto dal governo sul Ddl scuola. La Buona Scuola? «Spe­riamo che non sia appro­vata. Altri­menti, que­sto insieme di prov­ve­di­menti scon­nessi, incoe­renti, pro­dotti da chi non ha alcuna auten­tica com­pe­tenza sul tema dell’istruzione oppure ha idee deva­stanti, pro­durrà sem­pli­ce­mente terra bru­ciata».
Gior­gio Israel, pro­fes­sore di mate­ma­tica alla Sapienza di Roma, è un fine ana­li­sta dell’ideologia neo­li­be­rale della valu­ta­zione e della cer­ti­fi­ca­zione buro­cra­tica che da vent’anni governa l’istruzione e la ricerca. Il blog, gli arti­coli e gli scritti di Israel sono stru­menti per deco­struire il rac­conto imba­stito dal governo sulla «Buona Scuola» e per spie­garne le finalità.
Lo sto­ry­tel­ling di Renzi sostiene che l’opposizione alla riforma della scuola è ispi­rata da forze con­ser­va­trici. Pro­fes­sore, lei si sente un conservatore?
Que­sto è il punto. Quello che il nostro pre­mier non ha capito è che chi si oppone alla «Buona scuola» lo fa per lo più in nome della difesa di una visione uni­ver­sa­li­stica dell’istruzione, che mira non alla fab­bri­ca­zione di indi­vi­dui con­fe­zio­nati in base a un’ideologia tec­no­cra­tica bensì alla for­ma­zione di per­sone libere, dotan­dole degli stru­menti cono­sci­tivi adatti a una libera scelta del loro futuro. Una simile visione è pre­sente in chi, a sini­stra, è legato a una visione di tipo gram­sciano, e in chi invece si ricol­lega a una visione con­ser­va­trice di tipo libe­ral­de­mo­cra­tico. Non aver capito il carat­tere di tra­sver­sa­lità dell’opposizione è stato un errore poli­tico colos­sale. Quanto a me, quel che conta è quel che penso e se ricordo certi lin­ciaggi estre­mi­sti cui sono stato sot­to­po­sto rifiuto cate­go­ri­ca­mente di farmi met­tere etichette.
Nello spot alla lava­gna il pre­mier ha riven­di­cato la con­ti­nuità con la riforma di Luigi Ber­lin­guer. Qual è il suo giu­di­zio sul ven­ten­nio di riforme dell’istruzione pubblica?
Meglio sten­dere un velo pie­toso. Le riforme ber­lin­gue­riane della scuola e dell’università sono state quanto di più deva­stante si sia dato in que­sto ven­ten­nio. Dagli anni in cui Ber­lin­guer difen­deva acca­ni­ta­mente la visione gram­sciana di una scuola disin­te­res­sata, basata sulle cono­scenze e il rigore, con cri­ti­che severe degli andazzi della buro­cra­zia euro­pea, egli è pas­sato all’adesione com­pleta a una visione tec­no­cra­tica senza la minima giu­sti­fi­ca­zione di tale rove­scia­mento salvo l’invettiva quo­ti­diana con­tro Gen­tile, fonte di qual­siasi male anche di quelli con­tro cui com­bat­teva e che, in fin dei conti, ha avuto scarsa influenza sulle poli­ti­che sco­la­sti­che del fasci­smo rispetto a un Bot­tai. Un altro sto­ry­tel­ling com­ple­ta­mente falso.
Qual è la ragione che spinge il governo a imporre la figura del pre­side mana­ger nella scuola?
Una ragione di con­trollo politico-ideologico in modo da disporre di un ceto di diri­genti che fac­cia da cin­ghia di tra­smis­sione dei pre­cetti mini­ste­riali. Basti pen­sare all’ultimo con­corso per diri­genti. La bat­te­ria di quiz era com­po­sta da un gran numero di domande sba­gliate e poi da una massa di domande che richie­de­vano da parte del can­di­dato la cono­scenza di una let­te­ra­tura psico-pedagogica di tipo costrut­ti­vi­sta. E per­ché mai per essere un buon diri­gente debbo essere esperto e con­sen­ziente con certa let­te­ra­tura e non altra? Qui viene messa fuori gioco non solo la libertà d’insegnamento ma quella di pen­sare libe­ra­mente. Se poi un diri­gente viene dotato anche del potere di assu­mere e con­trol­lare la car­riera dei «suoi» inse­gnanti siamo al regime. Si ricordi che la Carta della Scuola fasci­sta del 1940 ride­fi­niva il pre­side come «capo dell’Istituto», una figura mono­cra­tica che ora viene dotata di altri pesanti poteri.
Com’è cam­biato il mestiere dell’insegnante in que­sti venti anni?
È stato pro­gres­si­va­mente tra­sfor­mato nella figura di un mero ese­cu­tore delle pre­scri­zioni mini­ste­riali espresse in un con­ti­nuo dilu­vio di cir­co­lari, regole, cer­ti­fi­ca­zioni spesso deli­ranti e scritte in un ita­liano incre­di­bile. Gli è stata sot­tratta gran parte del tempo della sua atti­vità come «mae­stro». Del resto, è da un pezzo che certo peda­go­gi­smo che ha larga influenza tra i buro­crati del mini­stero pre­dica che biso­gna can­cel­lare la parola inse­gnante per sosti­tuirla con quella di «faci­li­ta­tore», in nome di una dema­go­gica idea della scuola come «auto­for­ma­zione», senza ren­dersi conto che una scuola senza auten­tici «mae­stri», capaci di sta­bi­lire un rap­porto intenso e costrut­tivo con gli allievi non è tale, è una fab­brica di addetti all’impresa, quel che per­se­gue la Con­fin­du­stria nella sua solita prassi di otte­nere quel che le serve a spese dello Stato.
Il governo ha cri­ti­cato il boi­cot­tag­gio dei test Invalsi. Come sono nati e qual è il loro ruolo nel nuovo sistema di valu­ta­zione della scuola e degli studenti?
Sarebbe lungo fare una sto­ria dell’Invalsi. All’inizio doveva essere un isti­tuto che con metodi sta­ti­stici cam­pio­nari doveva ten­tare di costruire un’immagine dello stato della scuola ita­liana. Si è tra­sfor­mato in un isti­tuto cen­sua­rio cui è stato dato il potere addi­rit­tura di imporre una prova a quiz che inter­viene e altera il pro­cesso di valu­ta­zione facendo parte delle prove per l’uscita dalle scuole medie. Siamo in molti ad aver svolto cri­ti­che det­ta­gliate della prassi dell’ente senza alcuna rispo­sta per­ché esso è chiuso, auto­re­fe­ren­ziale ed esente da qual­siasi controllo.
Appro­vata la riforma, che cosa diven­terà la scuola?
Spe­riamo che non sia appro­vata. Altri­menti, que­sto insieme di prov­ve­di­menti scon­nessi, incoe­renti, pro­dotti da chi non ha alcuna auten­tica com­pe­tenza sul tema dell’istruzione oppure ha idee deva­stanti, pro­durrà sem­pli­ce­mente terra bru­ciata. I migliori inse­gnanti non vedranno l’ora di andar­sene – come già accade – e la scuola diven­terà una mera pro­pag­gine della buro­cra­zia e di chi vuol ser­vir­sene sol­tanto a scopi mera­mente stru­men­tali. Addio cul­tura e cono­scenze, in un paese che ha una delle più ric­che tra­di­zioni cul­tu­rali del mondo e aveva costruito un’ottima scuola.

sciopero degli scrutini legittimo e necessario..

lunedì 18 maggio 2015

Presidente Alesse, a che gioco sta giocando? Non può non sapere che lo sciopero COBAS è perfettamente legittimo, proprio in base all’Accordo del 1999 da lei citato. 

Perché gli altri sindacati, oltre alla Cgil, non ricordano ad Alesse le “regole del gioco” che proprio loro hanno firmato?
E il Cattivo Maestro Renzi riesuma la leggenda del ’68 che imponeva il “6 politico”
 Presidente Alesse (della Autorità di garanzia sugli scioperi) a che gioco sta giocando? Sabato, ha dichiarato: “Chi si muove fuori dalle regole danneggia solo studenti e famiglie e a loro dovrà spiegare le ragioni di un blocco illegale degli scrutini. Userò il massimo rigore!”, lasciando intendere che il nostro sciopero fosse illegale e provocando una sfilza di titoli giornalistici di questo tenore. Ma poteva essere una dichiarazione a “caldo”, non avendo tra le mani la nostra indizione formale dello sciopero ma solo il nostro comunicato, pur inequivocabile. Ma ieri, “a freddo”, ha fatto nella sua intervista al Corriere della Sera una dichiarazione davvero sbalorditiva: “Per quanto riguarda gli scioperi nella scuola, c’è l’accordo del 1999, sottoscritto da tutte le principali sigle sindacali, che vieta categoricamente la proclamazione di scioperi in concomitanza con le giornate in cui si effettuano gli scrutini finali”. Diavolo, Alesse, non riusciamo a credere che davvero non conosca, né si sia andato a rileggere quell’Accordo. Che qui, dunque, siamo indotti a ricordare a lei e a tutti i giornalisti affinché informino i cittadini/e su come stanno le cose. Ecco il brano tratto dall’Accordo, attualmente in vigore, allegato al Contratto nazionale di lavoro sottoscritto il 25 maggio 1999 da Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda: “Gli scioperi proclamati e concomitanti con le giornate nelle quali è prevista l’effettuazione degli scrutini finali non devono differirne la conclusione nei soli casi in cui il compimento dell’attività valutativa sia propedeutico allo svolgimento degli esami conclusivi dei cicli di istruzione. Negli altri casi i predetti scioperi non devono comunque comportare un differimento delle operazioni di scrutinio superiore a 5 giorni rispetto alla scadenza programmata della conclusione. Chiarissimo, no? Si può scioperare a patto di non bloccare gli scrutini delle classi “terminali” dei cicli di istruzione: e noi abbiamo escluso dallo sciopero tali scrutini; non si può differire la conclusione degli scrutini per più di 5 giorni e noi abbiamo convocato lo sciopero per 2 giorni. Limpidissima la legalità, non le pare Alesse? Ed ora, preso atto di come stanno le cose, interverrà con la stessa tempestività ed estensione mediatica per smentire la presunta illegalità del nostro sciopero? E lo faranno tutti quei mezzi di informazione che avrebbero potuto documentarsi ed arrivare alle stesse nostre conclusioni?
Una domanda, però, la rivolgiamo anche agli altri sindacati che, insieme a noi, hanno indetto lo sciopero del 5 maggio. Possiamo capire che abbiate bisogno di tempo per decidere se convocare lo sciopero pure voi, anche se ne parlate da settimane e sappiate che prima della fine dell’anno non ci sono altre forme di lotta possibile nelle scuole. Ma perché, unica eccezione la Cgil, non avete replicato ad Alesse e dato la corretta interpretazione di un Accordo che porta le vostre firme? Rinunciate persino a questa, residua, arma di lotta dopo che ce ne sono state sottratte quasi tutte? Il danno che ne verrebbe non colpirebbe solo i COBAS ma tutti i docenti ed Ata, non vi pare?
Infine, qualcosa anche per il Cattivo Maestro Renzi. Non siamo noi “a giocare con la pelle dei ragazzi”, ma è il tuo governo, cercando di imporre la cattiva scuola del preside-padrone (a tua  immagine, di premier-padrone). Noi stiamo cercando, lealmente (abbiamo respinto ad esempio ogni scappatoia del tipo “diamoci malati agli scrutini”), di bloccare una legge sciagurata che non solo la stragrande maggioranza dei lavoratori/trici della scuola respinge, ma anche tantissimi genitori e studenti, gli stessi che hanno impedito in prima persona, e persino più dei docenti COBAS, di effettuare gli insulsi e umilianti quiz Invalsi. E pensare che centinaia di migliaia di genitori e di studenti siamo stati “plagiati” o “strumentalizzati” dai COBAS dimostra la tua e vostra (Giannini e Faraone in primis) distanza dalla realtà della scuola. Nonché la distanza da quel ’68 che citi a sproposito. Che i “sessantottini” volessero il “6 politico” è una leggenda!. Perché le leadership dell’epoca amavano la cultura e la scuola (anche se la ritenevano classista) ed erano assai più preparati e “acculturati” della stragrande maggioranza dei politici delle ultime generazioni, compresa la tua. E non avrebbero mai potuto chiedere o accettare un presunto “6 politico”, perché in genere avevano la media dell’8!

Il “maestro” Renzi bocciato senza appello

Il “maestro” Renzi bocciato senza appello: molto meglio dietro la lavagna (con le orecchie d’asino) che davanti. In suo soccorso corre Roberto Alesse, presidente della Commissione di garanzia. Da quando decide lui le precettazioni?
 Proposte agli altri sindacati e a tutto il popolo della scuola pubblica: dopo le declamazioni, convochiamo  lo sciopero durante gli scrutini, del tutto legittimo almeno per i primi due giorni? 
E tutti in piazza domenica 7 giugno?

 L’annuncio di uno sciopero degli scrutini e lo straordinario successo dello sciopero anti-quiz Invalsi (malgrado gran parte dei mezzi di informazione, e anche Giannini-Faraone, ne nascondano gli autori  COBAS) stanno provocando considerevoli sbandamenti nelle file governative. Ha iniziato il Grande Imbonitore che ha provato a vendere la sua mercanzia sul modello del famigerato Patto con gli italiani di Berlusconi. Davanti ad una lavagna ha dimostrato che vi starebbe meglio dietro, magari con il cappellino da somarello “d’antan”. Perché voleva spiegare la bontà della sua misera e cattiva scuola-azienda ma non ha manco tentato di farci capire: 1) come potrebbe un preside con centinaia di docenti nei vari plessi della sua scuola - che vede, se va bene, due o tre volte l’anno in collegio docenti - giudicarne le capacità didattiche; 2) come lo potrebbero fare addirittura i genitori e gli studenti che, al più, potrebbero dire qualcosa su quelli della propria classe ma ai quali verrebbe addirittura dato il potere di assegnare aumenti salariali ad un dieci per cento di “migliori” docenti dell’istituto; 3) con quali doti medianiche un preside potrà “ingaggiare” dagli albi territoriali, per la propria scuola, docenti mai visti e mai conosciuti, 4) perché precari con la stessa anzianità di servizio dei possibili centomila stabilizzati, invece di essere anch’essi assunti stabilmente come richiesto dalla sentenza della Corte di Giustizia europea, verrebbero gettati fuori dalla scuola come limoni spremuti; 5) perché dovrebbero essere i cittadini, e non lo Stato, a finanziare la scuola pubblica con il 5 per Mille, favorendo le scuole delle famiglie ricche a discapito di quelle disagiate, e aumentando ancora i finanziamenti alle scuole private  con i 400 euro di detrazioni alle famiglie. Piuttosto che esibirsi in TV senza contraddittorio, come faceva il suo maestro Berlusconi, sfidiamo Renzi ad un confronto pubblico in una delle tante trasmissioni TV che lo ospitano quotidianamente. Le domande/quiz gliele abbiamo già anticipate, avrebbe tutto il tempo di prepararsi.
Nel frattempo, però, il governo ha mosso tutte le sue batterie sparando contro lo sciopero degli scrutini come se esso, e non già il progetto disastroso della cattiva scuola, mettesse a repentaglio gli interessi di studenti e famiglie. Ed oggi è intervenuto a sproposito anche il presidente della Commissione di garanzia sugli scioperi Roberto Alesse che ha pre-annunciato la precettazione dei docenti in caso di sciopero degli scrutini. Ricordiamo ad Alesse che il suo compito è solo quello di giudicare la congruità degli scioperi convocati con la legge-capestro 146/90, a suo tempo definita anti-COBAS e anti-sciopero: le precettazioni, eventualmente, spettano ai Prefetti. Ma ricordiamo anche, a lui e a tutti, cheè perfettamente lecito scioperare per due giorni consecutivi durante gli scrutini, a patto di non coinvolgere le classi “terminali” dei corsi di studio. Se poi si dovesse andare oltre i due giorni, la legge 146 prevede sanzioni pecuniarie ma non precettazioni.
Dunque, ci rivolgiamo ai sindacati che sembrano convenire con noi sulla necessità dello sciopero degli scrutini e diciamo loro: facciamo seguire alle parole i fatti, a meno che voi non riteniate che basteranno annunci eclatanti a far fare al governo marcia indietro. E convochiamo intanto, insieme, i due giorni di sciopero consentiti, i primi dopo la fine delle lezioni, articolati regionalmente. Poi, sulla base delle decisioni governative e delle volontà di docenti ed Ata, valuteremo se e come proseguire, sfidando eventuali precettazioni grazie ad un sostegno plebiscitario alla lotta. Discutiamone con i lavoratori/trici in lotta nelle giornate di mobilitazione unitaria tra il 18 e il 20, in occasione del voto alla Camera: e si ci sarà, come crediamo, grande consenso, effettuiamo congiuntamente la prima convocazione di sciopero.  E in più, smontiamo il tentativo del governo di contrapporre i docenti e gli Ata agli studenti e alle famiglie. La nostra opposizione è in nome della scuola Bene comune, degli studenti e dei cittadini tutti/e, e non solo degli “addetti ai lavori”, contro l’immiserimento materiale e culturale provocato dall’insulsa scuola-quiz aziendalistica. Quindi, offriamo a tutti/e un’occasione per manifestare in una giornata in cui la stragrande maggioranza dei cittadini non lavora: una manifestazione nazionale, enorme, di domenica, per il ritiro del Ddl e per la scuola Bene comune (7 giugno?); o in alternativa decine di manifestazioni cittadine nella stessa domenica. In Italia non esiste una tradizione di manifestazioni domenicali: ma proprio per questo risalterebbe quanto elevata è la preoccupazione generale per la disgregazione della scuola pubblica contenuta nella sciagurata idea dell’”uomo solo al comando”. Una domenica con tutti/e in piazza sarebbe un segnale fortissimo, che anche il Grande Imbonitore non riuscirebbe a nascondere.

Piero Bernocchi   portavoce nazionale COBAS

Il video di Renzi non è diretto ai prof, ma agli elettori di Berlusconi

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Vi segnalo questo interessante articolo della Tecnica.
http://www.tecnicadellascuola.it/item/11503-il-video-di-renzi-non-e-diretto-ai-prof,-ma-agli-elettori-di-berlusconi.html?fb_ref=Default

Il video di Renzi non è diretto ai prof, ma agli elettori di Berlusconi



Anna Maria Bellesia 
Nuova strategia comunicativa di Renzi: si rivolge all’opinione pubblica, scarica i prof, irride i sindacati. L’obiettivo è uno solo: raccogliere voti a destra alle prossime regionali. I sindacati e i docenti dovrebbero lanciare una ben gestita controffensiva mediatica.
Basta guardare le news. Il video di Renzi ha prodotto migliaia di articoli e commenti. Bocciato da chi nella scuola ci lavora e ben conosce le irricevibili proposte, sta facendo breccia nell’opinione pubblica e raccogliendo consenso.
Fa parte di una nuova strategia comunicativa diretta a chi di scuola non ci capisce niente, ma crede facilmente ai miliardi stanziati, alle centomila assunzioni, alla bontà del progetto complessivo. A quell’opinione pubblica che ce l’ha coi sindacati, con i dipendenti pubblici, e con i prof che “lavorano poco”. Su questo facile cavallo di battaglia già in passato si sono costruite campagne elettorali vincenti.
Non dimentichiamo i dati pubblicati dai giornali nazionali: la stragrande maggioranza degli italiani non sa di cosa si parli precisamente con la riforma della scuola. Renzi si rivolge a loro direttamente, con lavagna,  gessetto, e messaggi chiari e semplici, che fanno presa: un colpo da maestro! Da maestro di politica e comunicazione.
L’obiettivo è uno solo: raccogliere voti a destra alle prossime regionali. Renzi ha capito di essersi alienato i voti degli insegnanti, ma in questa fase storica di debacle del partito di Berlusconi (v. esiti elettorali a Trento e Bolzano) ha intuito che pescando in quell’area può ottenere più voti di quelli che perde. Ha già cannibalizzato Scelta civica, e lo stesso si appresta a fare col Ncd (al quale è riuscito abilmente a sottrarre un ministero chiave senza conseguenze).
La grande operazione mediatica del premier ha suscitato reazioni a catena nella scuola, ma di fatto i prof parlano fra di loro, sui siti specialistici e nei social, ma  i motivi della protesta e dell’indignazione non sono colti all’esterno.
Bisognerebbe portarsi sullo stesso terreno del premier, nelle piazze, sui giornali e sui media nazionali che fanno opinione. E fare presto. Ci vuole qualcosa di eclatante, come la trovata della lavagna e del gessetto. Bisognerebbe che i sindacati si facessero promotori di una qualche iniziativa pubblicitaria o mediatica ben studiata e ben gestita, ricorrendo magari anche a degli esperti della comunicazione di massa.
Bisogna cercare di fare il tutto per tutto. Renzi docet.

Prove INVALSI: e dalli con il termometro…

Di  on 13 maggio 2015 at 13:08

BrokenThermoneterINVALSI
Sono anni – non mesi – che vengono avanzate critiche argomentate e costruttive nei confronti dell’Invalsi: autoreferenzialità dell’ente sottratto a ogni valutazione e composto sempre dalle stesse persone, discutibilità dei metodi statistici e dei test proposti, eccesso di intervento con la prova per la secondaria di primo grado che fa media, sconsiderata incentivazione del deleterio “teaching to the test”, ecc.
A tanti sforzi si è sempre opposto uno sdegnoso commento: «Chi critica è solo uno che non vuol farsi valutare ed è contro il merito». L’Invalsi ha sgomitato soltanto per ottenere lo stesso potere che ha ottenuto l’Anvur nell’università, per ragioni che sarebbe interessante approfondire.
Ora l’Invalsi paga tale arroganza con il crollo della partecipazione ai test, senza contare che anche quelli compilati sono pieni di cose inattendibili: so direttamente di studenti italiani che hanno scritto che a casa loro la lingua corrente è il bulgaro o lo swahili e altre amenità …
Ma oggi su buona parte della stampa – in cui ogni voce anche moderatamente contraria non trova più spazio – si leva un grido unanime:
«È uno scandalo. Rifiutare i test Invalsi è come rompere il termometro quando si ha la febbre».
E giù prediche sulla valutazione e l’assenza di meritocrazia.
Ora, che questo lo faccia un personaggio che ha millantato due lauree e un master mai avuti e tante altre cosucce e che, mostrando impavido di non sapere e capire nulla di scuola, s’impanca – proprio lui! – a parlare di merito, dovrebbe essere considerato un fatto comico, se non fosse che il fatto che gli si dia credito è l’immagine più lampante di come davvero quando si pronuncia questa parola si fa soltanto retorica, e in modo sfacciato.

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