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CONTRO IL GENOCIDIO SIONISTA, PER LA RESISTENZA DEL POPOLO PALESTINESE

CONTRO IL GENOCIDIO SIONISTA, PER LA RESISTENZA DEL POPOLO PALESTINESE
In queste settimane sono apparse su alcuni social e riportate su diversi siti le opinioni personali di Piero Bernocchi in merito alla situazione palestinese, tali opinioni sono state commentate come opinioni dei Cobas, visto il suo ruolo di portavoce della Confederazione Cobas (anche se nessun organismo ha discusso e tantomeno votato un documento). Le seguenti sedi dei Cobas Scuola precisano di non riconoscersi in tali dichiarazioni e ritengono invece che la questione palestinese abbia avuto origine nel momento dell'esproprio delle loro terre e nella colonizzazione che ne è seguita. 
 
Secondo T. Herzl (Lo stato ebraico, 1896) “Per l'Europa rappresenteremmo colà un pezzo del Vallo contro l'Asia copriremmo l'ufficio di avamposti della civiltà contro le barbarie […]  Noi riconosciamo la nostra unità storica soltanto in grazia della fede dei nostri padri”. 
Nel 2018 viene approvata la legge fondamentale Lo Stato Nazione: Israele è lo Stato della nazione ebraica, l’arabo viene degradato da lingua ufficiale a lingua di interesse, il cittadino è definito in base all’appartenenza etnico-religiosa.
Nel periodo compreso fra queste due date, il movimento sionista e, successivamente, lo stato di Israele, con il completo appoggio del “mondo occidentale”, hanno utilizzato il terrore, la pulizia etnica, la guerra, l’occupazione militare, la colonizzazione, l’apartheid, la prigionia e l’omicidio “mirato” per affermarsi nei confronti della popolazione palestinese e togliere progressivamente territori al popolo palestinese. Sino al genocidio che in questi ultimi mesi stanno subendo gli abitanti della striscia di Gaza. 
Ciò che accade oggi non è perciò una risposta “eccessiva” a quanto avvenuto il 7 ottobre, come i paesi del G7 vorrebbero fare intendere, ma è del tutto coerente con la natura e gli obiettivi espansionistici di lungo periodo del programma di colonialismo di insediamento dello stato israeliano.  
Noi esprimiamo totale solidarietà alla Resistenza Palestinese e riteniamo che solo il popolo palestinese debba poter decidere liberamente del proprio destino, per questo apprezziamo la cosiddetta “Dichiarazione di Pechino”, firmata dai rappresentanti delle varie organizzazioni palestinesi con l’obiettivo di formare un governo di riconciliazione nazionale provvisorio attorno al governo di Gaza del dopoguerra.
Da parte nostra ribadiamo: 
Il riconoscimento del popolo palestinese, la sua autodeterminazione ed il diritto alla Resistenza
La liberazione dei territori occupati
La più netta condanna per il genocidio in atto
La fine immediata dei bombardamenti e della occupazione militare di Gaza e la contestuale liberazione degli ostaggi israeliani e dei palestinesi prigionieri nelle galere israeliane 
L’immediato ritiro delle navi della Marina militare italiana, di tutte le truppe dal Medioriente e dal mar Rosso e la necessità di fermare immediatamente la complicità italiana nella guerra al popolo palestinese.

Esecutivi Provinciali Sedi Cobas Scuola di: 

Ancona, Arezzo, Bari, Catania, Como, Genova, Grosseto, Lecce, Macerata, Massa, Spezia, Milano, Palermo, Siracusa, Terni, Tuscia, Varese.

Militanti Cobas Scuola di: Cagliari, Napoli, Ostuni, Perugia, Reggio Emilia

Adesioni in via di aggiornamento.

Bravi curdi, pessimi palestinesi. A proposito di un articolo di Piero Bernocchi

martedì 16 luglio 2024

 di Giorgio Ferrari

Se c’è una cosa che mi ha sempre colpito di Piero Bernocchi (e a suo tempo non mancai di dirglielo) è la sua capacità, nei momenti topici della vita politica, di scegliere comunque di fare la cosa più opportuna piuttosto che la cosa giusta.

Stavolta però, con l’articolo “I nostri fratelli e sorelle curdi/e, figli/e di un dio minore?” (http://utopiarossa.blogspot.com/) è riuscito a superare se stesso scrivendo, non le cose giuste, ma quelle più inopportune che si potessero concepire.

Se lo scopo del suo intervento era quello di richiamare l’attenzione sulla situazione dei curdi, non solo ne aveva tutte le ragioni politiche, ma disponeva di ineccepibili argomenti per farlo, senza dover ricorrere a raccapriccianti paralleli con la situazione dei palestinesi.

Quello che vien fuori dal suo scritto è una elegia del popolo curdo a cui fa da contrappunto una tale denigrazione del popolo palestinese che se per un verso fa pensare essere dettata da un malcelato pregiudizio verso quest’ultimo, dall’altro è così concepita che ogni lode al popolo curdo suona come un rimprovero al popolo palestinese e, viceversa, ogni appunto fatto ai palestinesi è un punto di merito per i curdi.

E’ come se Bernocchi – magari inconsapevolmente – avesse raggruppato in una classe curdi e palestinesi e gli stesse assegnando i voti, avendo l’accortezza – da buon insegnante – di illustrargli i motivi del suo giudizio che però, alla fine della fiera, vede tutti i pregi nei curdi e tutti i difetti nei palestinesi.

Cosa questa che risulta oltremodo sconcertante per chi, in tutti questi anni trascorsi, non ha mai mancato di dare appoggio senza preclusioni, all’una e all’altra causa.

E’ penoso che il portavoce dei Cobas si lasci prendere dalla stizza verso un “movimento” colpevole di non tener conto di questi suoi giudizi al punto di ritenere i curdi e le curde figli/e di un dio minore, peraltro utilizzando informazioni false o distorte perché nei cortei pro Palestina non si inneggia ad Hamas, ma a tutta la resistenza palestinese e non si è mai rivendicata la soluzione dei due stati, ipotesi definitivamente affossata dall’ultimo pronunciamento della Knesset.

E’ decisamente vile però, sostenere che senza i “mostruosi crimini di Hamas”, Nethanyau e la destra israeliana sarebbero stati messi in condizione di non nuocere per via democratica.

Ma in quale universo parallelo vive Bernocchi? Se non lo si conoscesse verrebbe da paragonarlo al principe Myskin, ma lui è tutt’altro dal benevolo e innocente idiota di Dostoevskij!

No, al di là della stizzosità e dell’arroganza proprie del personaggio, l’articolo di Bernocchi mette in luce questioni di fondo che è difficile accantonare perché rimandano alla nuova-vecchia visione del mondo in cui la questione palestinese rappresenta una delle principali contraddizioni.

La metafora della classe usata per Bernocchi, va molto al di là della sua persona perché è la metafora di un modo di pensare il mondo e le relazioni fra popoli tipico di chi, non essendo mai sceso dalla cattedra su cui era salito o su cui era stato sospinto dalle circostanze, ritiene di rappresentare una iper coscienza del mondo, magari di sinistra, sicuramente di formazione occidentale.

Costoro, invece di interrogarsi sul perché questa weltanschauung non abbia funzionato, nonostante fosse portatrice di valori universali così elevati e così ben concepiti da ritenersi il meglio che l’umanità potesse esprimere, trovano sempre il modo di scaricare su altri (Hamas, l’Iran, Putin, la Cina e domani chissà) le responsabilità che ci hanno condotto a questo stato di cose.

E’ sintomatico che Bernocchi, riguardo alla questione palestinese, superi d’un balzo lo iato che c’è tra le presunte aspirazioni di un intero popolo ad avere una patria (nessuno ricorda mai quanti e quali ebrei rigettarono a suo tempo questa idea) e la sua formalizzazione sotto forma di impresa coloniale avallata dalle potenze occidentali e successivamente dall’Urss.

Perchè di questo si trattò, di consentire duecento anni dopo la colonizzazione dell’America, che un popolo ne sostituisse un altro e si impadronisse della sua terra. O forse vogliamo negarlo?

Vogliamo stracciare tutte le risoluzioni Onu e la sentenza della corte di giustizia sui confini di Israele? Ma soprattutto vogliamo negare l’evidenza che possano esistere dei coloni israeliani (così sono universalmente definiti) che occupano terre non loro manu militari senza il beneplacito dello stato di Israele?

Non eri proprio tu Bernocchi a denunciare il fatto che la storia del popolo americano è una storia di rapina e di violenza sanguinaria a cominciare dallo sterminio dei nativi americani che avevano quindi tutte le ragioni di opporvisi con ogni mezzo a loro disposizione? E allora perché non riconosci lo stesso diritto ai palestinesi?

Forse perché la strage dei nativi americani è lontana nel tempo, ormai storicizzata, mentre quella dei palestinesi rappresenta l’attualità? Se questa è la logica che supporta le tue argomentazioni, allora dovremmo aspettare che la strage dei palestinesi si compia e dopo cinquanta o cento anni – forse – riconosceremo che Israele commise un crimine.

Ma forse la ragione è un altra ed è tutta interna a quella costruzione ideologica delle comuni radici giudaico-cristiane dell’Europa (secondo me un crogiolo di ipocrisie e nefandezze) per cui non si può prescindere dall’immarcescibile ricatto che vede nella creazione di Israele, da un lato l’espiazione di una colpa tutta europea (che però è stata fatta assurgere a colpa di tutta l’umanità) e dall’altro la difesa estrema di quei valori universali (le comuni radici) in nome dei quali però non si ricorda mai quanti crimini siano stati commessi.

Di qui la difesa, quando non la legittimazione, del sionismo che tu definisci “espressione della volontà ebraica di avere una patria” e non ti sfiora nemmeno il dubbio che il sionismo – che anticipa di decenni fascismo e nazismo – possa essere altrettanto pernicioso per l’umanità.

Come è possibile che a distanza di tanti anni non si riesca a liberarci dall’idea che il sionismo è qualcosa da combattere e basta. Che non esiste un sionismo buono (o di sinistra come qualcuno azzarda) e che lo stato di Israele, anche quando non è stato governato dalla destra, non ha mai ripudiato il disegno sionista del Grande Israele.

Basterebbe chiedersi perché a distanza di 76 anni dalla sua creazione lo Stato di Israele non abbia ancora definito i suoi confini e non abbia nemmeno una costituzione, nonostante fosse espressamente prevista nell’atto di fondazione, mentre l’unica legge che regola il diritto di cittadinanza, stabilisce che per essere cittadini israeliani – fatti salvi coloro che all’atto della fondazione risiedevano in Israele (gli arabi palestinesi) -, bisogna essere di religione ebraica.

Nonostante queste anacronistiche mostruosità, Israele è considerata una democrazia e formalmente lo è, se per democrazia intendiamo il disporre di un parlamento, di un sistema elettorale, di libertà di associazione (partiti e sindacati) e di espressione (la stampa, etc).

Ma queste cose ce le ha anche la vituperata Turchia e se questa arresta giornalisti e sindacalisti, che dire di Israele che i giornalisti palestinesi li ammazza direttamente, mentre incarcera a vita e senza processo i militanti palestinesi.

Non è una gara per stabilire qual è il peggio del peggio, Bernocchi, ma un gioco al massacro in cui tu ti sforzi di demonizzare la Turchia (iper nazionalismo, bellicismo atavico, come dire “mamma li turchi!”) per far apparire meno grave la minaccia del sionismo così che si possa svalutare la lotta dei palestinesi.

Meglio perciò sgomberare il campo da ipocrisie e pregiudizi: a parole siamo tutti/e per l’autodeterminazione dei popoli, ma all’atto pratico se un popolo sceglie di darsi una linea di condotta che non rispecchia i nostri canoni di valutazione, allora quel popolo non merita considerazione o peggio lo si denigra.

Questa supposta superiorità di giudizio che tu non manchi di far valere nei confronti del popolo palestinese, altro non è che il frutto di una secolare costruzione del mito dell’occidente che ormai ha fatto il suo tempo e ciò che avanza dal sud del mondo – Palestina in testa – lo sta a testimoniare.

Caro Bernocchi, fatta salva la tua predilezione per i curdi (bravi, bravissimi) sono sicuro che saresti in grado di rivedere il tuo giudizio sui palestinesi a patto che tu riesca a scendere da quella cattedra a cui sembri legato come Vittorio Alfieri lo era alla sua amata sedia.

Vedrai che non è così difficile come sembra: basta che tu decida dove sederti – alla maniera indicata da Brecht – se dalla parte della ragione o da quella del torto, essendo inteso che dalla parte del torto ci sono i palestinesi, mentre la ragione è tutta dalla parte di Israele.

La visione occidentalista di Piero Bernocchi

sabato 13 luglio 2024 · Posted in

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Il vecchio leader dei Cobas scuola guarda il mondo con categorie ideologiche e ferme a 30 anni fa

Non ce ne voglia Piero Bernocchi ma da anni ormai non ne azzecca una, la lucidità di un tempo, le intuizioni sindacali e politiche sono ormai un pallido ricordo, forse, e lo diciamo con affetto, è arrivato il momento di un suo ripensamento a partire dalla comprensione dell’oggi aggiornando le categorie di lettura della realtà contemporanea.

Ci pare evidente il disappunto di Piero verso la nuova resistenza palestinese guardata con il classico occhio occidentale centrico, se oggi le componenti marxiste nel mondo arabo sono ridotte nei numeri e nel peso politico, se la Resistenza di un popolo si identifica nelle correnti musulmane (attribuire la loro egemonia gramsciana ai soldi delle petromonarchie è fin troppo facile se pensiamo al fiume di soldi europei destinato alla ANP), noi tutti\e invece dovremmo analizzare cosa è accaduto negli ultimi 30 anni, dagli accordi di Oslo in poi.  Resta innegabile una forma di romanticismo occidentale, di nostalgia verso l’Intifada, le rivolte dei giovani palestinesi che tiravano pietre contro i carri armati venendo falcidiati dai fucili dell’esercito israeliano. Ma piaccia o non piaccia molte cose sono cambiate e questa idea romantica delle rivolte oggi viene soppiantata da strategie militari differenti.

Anche la sterile contrapposizione tra Resistenza palestinese e Kurda è figlia di schemi occidentali, la simpatia verso il modello organizzativo Kurdo non tiene conto del contesto, del fatto che rispetto a 10 anni fa la situazione internazionale è profondamente cambiata.

E’ giusto chiedere alle mobilitazioni pro Palestina di allargare lo sguardo al dramma di altri popoli ma potremmo anche dire che sarebbe auspicabile che i sindacati del Pubblico impiego ampliassero le loro vedute guardando al mondo degli appalti.

Possono essere dette cose giuste ma con linguaggi sbagliati specie se verso alcune istanze permangono pregiudizi occidentali che ad esempio non aiutano a comprendere la natura multipolare del mondo. Ma attribuire alla Resistenza palestinese le stesse responsabilità del Governo Israeliano ci sembra francamente un eccesso di zelo verso una visione europeocentrica del conflitto.

Non corrisponde a verità l’accusa di due pesi e due misure verso le realtà filo palestinesi, potremmo fare innumerevoli esempi di chi ieri era a fianco dei Kurdi e oggi scende in piazza per i palestinesi. Ma nelle parole di Piero si legge una scelta di campo, guardare con distacco quanto avviene nel conflitto a Gaza, non coglie la natura del genocidio, si sottovaluta l’entità dello stesso, non si coglie il rapporto stretto tra quanto avviene in Medio Oriente e le strategie di guerra Usa e Nato e anche della Ue.

A Piero vorremmo poi ricordare l’oblio verso il Donbass  e una lettura della guerra in Ucraina attraverso  la lente interpretativa con categorie vecchie ed antecedenti al crollo del muro di Berlino.

E allo stesso tempo ricordiamo la svolta verso posizioni dichiaratamente di destra e belliciste di una buona parte della società israeliana, il connubio tra università israeliane e imprese militari.

Quella che Piero Bernocchi definisce “incomprensibile differenza di impegno e di passione rispetto alle istanze di Kurdi e palestinesi, da parte dei movimenti italiani e internazionali” è una considerazione insensata tanto che tra le ragioni addotte c’è sempre la solita questione dei diritti civili guardando ai palestinesi come popolo ostaggio dell’islamismo jihadista e quindi assoldato in una sorta di guerra santa alla quale parteciperebbero anche le realtà solidali europee che a loro volta rinuncerebbero a ogni identità laica. E i diritti sociali? Nel dimenticatoio, come del resto si evince dalla sottovalutazione generale degli effetti derivanti dalla autonomia differenziata. Ci sembrano letture assai discutibili e alquanto parziali soprattutto se la posizione di Bernocchi diventasse quella dei Cobas, di un sindacato che fin dagli albori si era schierato a fianco della resistenza palestinese senza lesinare critiche ai valori e alle pratiche occidentali, ad esempio verso la declinazione di quei diritti civili sbandierati nel mondo occidentale per giustificare un operato colonialista prima e spiccatamente imperialista oggi.

SEMINARIO COBAS SICILIA 9-11 LUGLIO, PORTO PALO DI CAPOPASSERO

martedì 9 luglio 2024

il seminario di Porto Palo, 9/11 promosso da Cobas Scuola Sicilia si svolgerà dal 9 all’11 Luglio. 

Le sessioni saranno solo di mattina, dalle ore 9,00 alle ore 13,30.

Chi vuole collegarsi: https://meet.goto.com/salaseminario

Sessione generale 9 LUGLIO

“Clima” generale scuola/società; Pace e guerra, migranti; militarizzazione della scuola e della società e autonomia differenziata; digitalizzazione; Diritti

Sessioni Scuola 10-11 LUGLIO

Contratto e diritti, valutazione risultati CSPI, precariato, campagne da attivare.


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