Il significato politico, inutile girarci intorno, è pesante: il ministro dello sviluppo economico riceveva finanziamenti dal proprietario di una azienda che avrebbe dovuto controllare.C'è quindi da chiedersi quali controlli, tra il 2006 e il 2008, il ministro Bersani ha attivato nei confronti delle acciaierie Ilva. Impianti su cui l'Organizzazione mondiale della sanità aveva denunciato la grave pericolosità dal '97 (epoca, anche quella, di governo di centrosinistra). Cosa faccia Bersani oggi, a fronte di una fabbrica che "produce" oltre mille morti l'anno, lo sappiamo: ha chiesto l'intervento del governo "formale e informale" nei confronti della sentenza del Gip di Taranto e un atteggiamento che "rassicuri gli investitori esteri in Italia". Evidente mente, per Bersani, i Riva devono venire anche dall'estero.
Quello che sta accadendo è di una chiarezza cristallina: da un lato Ilva sta producendo ogni tipo di ricorso possibile contro la procura di Taranto, e il provvedimento di sequestro di una fabbrica che produce un numero di decessi record in Europa, dall'altro il governo si sta attivando per delegittimare la sentenza sull'Ilva. Chi parla di mediazione istituzionale sull'Ilva dovrebbe tener quindi conto che il governo è da una parte sola.
Vendola ha fatto quindi di necessità virtù: ha dichiarato che l'Italia "non può rinunciare all'acciaio". Parole che contrastano perlomeno con la seconda "e" di Sel che starebbe per ecologia. Ora, i verdi tedeschi, che sono stati anni al governo, non è che hanno chiuso le acciaierie. Ma nemmeno hanno fatto in modo di far colare l'acciaio a prescindere da, non diciamo centinaia di morti all'anno come a Taranto, piani di riduzione delle emissioni inquinanti semplicemente impensabili in Italia. Tra le tante parole rilasciate dal presidente Vendola manca poi lo scopo che si prefiggono le istituzioni locali
pugliesi. Esiste un piano particolareggiato della regione Puglia per la riduzione dei decessi, per portarli a zero, entro quando? L'impressione è che più si entra nel dettaglio e nella realtà più le narrazioni di Vendola franano. Anche perchè il sequestro della procura di Taranto è frutto di una ordinanza, al momento, che rende difficili fantasiose mediazioni. Infatti il ministro Clini si è lamentato anche della facoltà dei magistrati di poter giudicare sui materiali da adoperare nel possibile "risanamento". Segno che i margini di aggiramento dell'ordinanza del gip al momento sono pochi.
Ma Clini è il ministro che, al telefono, è stato definito "nostro" dai dirigenti dell'Ilva. Uno di questi è stato arrestato per tentativo di corruzione di un perito del tribunale di Taranto. E tra tutte queste dichiarazioni sull'acciaio e sugli investitori esteri nè il governo nè la regione Puglia hanno speso una parola sui comportamenti dell'Ilva.
Va detto che Clini e Vendola un'accordo l'hanno trovato. Sul finanziamento all'Ilva "per la bonifica" di oltre 300 milioni di euro a carico dello Stato e con il contributo economico della Regione Puglia. C'è un dettaglio di non poco conto: pare proprio, a meno di clamorose smentite, che in quest'opera di bonifica non ci sia un'euro dell'Ilva. Se è così siamo in aperta violazione dell’art. 174 del Trattato Ce e del Decreto legislativo n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente) che prevede l'obbligo di intervento economico dell'inquinatore. Obbligo che c'è ameno, come ha detto Clini, attribuire le cause di quello che sta accadendo adesso solo a un periodo precedente all'Ilva.
C'è un ultimo aspetto da non trascurare: Vendola è ufficialmente sotto inchiesta della magistratura pugliese per favoreggiamento in un concorso. Vicenda che, sul piano dell'immagine nazionale, può pesare specie se continua. Un presidente della regione in questa condizione cosa è? Un soggetto oggettivamente condizionato dalla magistratura o uno che cerca di sfruttare l'occasione Ilva per condizionarla? Ecco i danni dei partiti-personaggio, dove un uomo solo deve rimanere in piedi e fare tutto sennò crolla il partito perchè rimane privo di immagine. Evidentemente il berlusconimo ha tracimato ben oltre l'argine originario
La vicenda Ilva ci mostra anche come si siano trasformati i partiti: in cartelli elettorali dove rimane il rapporto diretto, finanziario con la grande industria mentre quello con le popolazioni è completamente sganciato. Si comprende come l'esito di avvicinamento al modello Usa sia ormai compiuto: grandi sponsor verso un partito e, per prendere voti, campagne spettacolo. Rispetto agli Usa mancano però le grandi autorità, ad esempio a protezione dell'ambiente come l'Epa. Se l'Italia costruisce i propri profitti grazie al differenziale di sicurezza si può star sicuri che queste autorità, se ci saranno, saranno solo una concessione simbolica o clientelare. Da considerare però l'effetto domino. Un partito, il PD, è legato materialmente ad una industria (il finanziamento esplicito ha un valore politico niente affatto da trascurare, esprime l'esistenza di una sponsorizzazione) i partiti alleati e sindacati di area devono tener quindi conto non degli interessi della popolazione (in questo caso, non morire) ma dei legami concreti di interesse che ha il partito più grande. Un insegnamento per le future vertenze e per il dopo 2013 se Pd e Sel governeranno con l'Udc? Una cosa è certa: se lo scenario politico rimane questo la soluzione Ilva verrà trovata al ribasso mentre lo schema di risoluzione delle emergenze sarà sempre simile a questo emerso con Taranto. Un effetto domino con risultati pessimi se non letali per la società italiana.