Quasi 100.000 posti di lavoro persi dal 1998 ad oggi con conseguente aumento del carico di lavoro su chi è rimasto e una logica diminuzione della qualità del servizio offerto
Dopo la “riorganizzazione” del 2006, si è passati da 5.048 uffici di recapito del 2005 ai 2.924 del 2011 ed il processo di accorpamento ancora non è concluso. Sono sempre di più gli utenti che devono percorrere decine di chilometri per recuperare pacchi, raccomandate e posta che arriva sempre più in ritardo.
Nel recapito, l’ultima riorganizzazione risale ad appena 21 mesi fa (luglio 2010) ed ha causato il taglio di 5.857 unità e la soppressione del servizio il sabato, le sue conseguenze negative ancora affliggono dipendenti e cittadini.
Nel bancoposta, il personale, rimasto quantitativamente invariato da sempre, è soffocato da decine di servizi e prodotti nuovi che mettono in secondo piano i servizi peculiari delle Poste (libretti, buoni postali, pensioni, bollettini); le file diverranno ancora più lunghe negli uffici dove si riverseranno i “cittadini minori” degli uffici chiusi e più gravoso sarà il carico di lavoro.
Se non interviene una inversione di tendenza a difesa del servizio pubblico sarà la fine del servizio postale universale e della tutela del piccolo risparmio garantiti da Poste Italiane.
Eppure, il bilancio dell’azienda, dai 292 milioni di euro di attivo del 2005 è salito in un crescendo continuo, fino ai 1.081 milioni nel 2010 ed ai 846 nel 2011, nonostante la crisi dichiarata dall’azienda a giustificazione dei tagli.
Quale uso faccia di questo denaro una società che deve garantire il servizio postale e tutelare il piccolo risparmio non è dato sapere.
Sicuramente una gallina dalle uova d’oro sulla quale già da tempo, con l’avallo della politica istituzionale, hanno messo gli occhi i poteri bancari e finanziari.
È infatti pronto il progetto di trasformazione del bancoposta in banca e lo spacchettamento del recapito a favore di tutti i soggetti, grandi e piccoli, che vorranno appaltarsi solo i territori ed i servizi più fruttuosi.
Per 12.000 lavoratori (il 10% dei posti di lavoro che si stima di perdere in Italia nel prossimo anno a causa della crisi) con la riforma dell’articolo 18 e la presunta passività del recapito, si prospettano mobilità, cassa integrazione e cessione di ramo d’azienda e non più prepensionamenti, dopo lo svecchiamento del 2010, gli esodati, le nuove leggi e l’aumento dell’età pensionabile, o ricollocamento nel bancoposta, destinato a tagli ben peggiori con la trasformazione in banca.
Noi abbiamo sempre combattuto il clientelismo politico che ha fatto scempio del danaro e del servizio pubblico e contro la privatizzazione di Poste ed a favore di un ritorno ad una gestione pubblica e ci battiamo ora contro questo progetto che di fatto cancella poste Italiane come soggetto pubblico garante dei servizi postali e di bancoposta e da il via ad una vera e propria privatizzazione totale dei servizi postali.
Per informare i cittadini, le amministrazioni, i movimenti e le associazioni, di quanto sta accadendo, abbiamo organizzato diverse iniziative pubbliche a livello locale, ora è necessario dare un respiro nazionale ai diversi momenti di informazione e lotta prodotti su tutta la penisola
Cobas Lavoro Privato – Cobas Poste
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