Passepartout  dialettici.  “Ce lo ha chiesto  l’Europa” questa frase, questa semplice  espressione sta diventando ricorrente nel linguaggio politico scritto o  verbale. Viene usata come  scorciatoia, lubrificante o passepartout quando si vuole forzare una conclusione a vantaggio delle  proprie tesi. Viene usata in termini generici, senza riferimenti temporali, legislativi o normativi  per (cercare di ) sorprendere e mettere k.o.  l’interlocutore che, quasi sempre, per non fare la figura del  male-informato, tace e rinuncia a porre domande esplicative sui detti  riferimenti. 
 « …. appena sento dire: “ce lo chiede l’Europa”. Subito  mi chiedo: “dov’è la fregatura?”» (1) di recente, così ha concluso una  sua nota un prof attento osservatore di fatti politici e  scolastici.
 Ma per fortuna,  l’allerta è stato percepito e trasmesso anche da  altri sia recentemente (2) che già da  prima anche se per una situazione diversa (3).
 L’Invalsi e  l’Europa. Anche i sostenitori dei test o  prove Invalsi hanno adottato, a mo’ di slogan, la frasetta magica: “ce lo ha  chiesto l’Europa”. L’affermazione però non  risponde al vero e cerchiamo di appurarlo ricostruendo i  fatti.
 La vicenda  comincia il 26 ottobre 2011 con la lettera di intenti del governo italiano alla Ue,  dove al punto B. (“CREARE CONDIZIONI STRUTTURALI FAVOREVOLI ALLA CRESCITA”) e  comma a. (“Promozione e valorizzazione del capitale umano”) viene riportato:  «L’accountability delle singole scuole verrà  accresciuta (sulla base delle prove INVALSI), definendo per l’anno scolastico  2012-13 un programma di ristrutturazione per quelle con risultati  insoddisfacenti; si valorizzerà il ruolo dei  docenti (elevandone, nell’arco d’un quinquennio, impegno didattico e livello  stipendiale relativo); si introdurrà un nuovo sistema di selezione e  reclutamento. Si amplieranno autonomia e competizione tra Università. Si  accrescerà la quota di finanziamento legata alle valutazioni avviate dall’ANVUR  e si accresceranno i margini di manovra nella fissazione delle rette di  iscrizione, con l’obbligo di destinare una parte rilevante dei maggiori fondi a  beneficio degli studenti meno abbienti. Si avvierà anche uno schema nazionale di  prestiti d’onore. Da ultimo, tutti i provvedimenti attuativi della riforma  universitaria saranno approvati entro il 31 dicembre 2011» (4).  Solo questa decina di righe e  nient’altro!
 Il 4  novembre 2011, il Commissario Ue Olli Rehn  chiede chiarimenti all’Italia. Tra gli altri quesiti posti al governo  italiano, quattro riguardano direttamente scuola e università, anzi, per dirla  con il linguaggio usato nella lettera da questi tecnocrati, riguardano il  “capitale umano” . Ecco il testo letterale:
 «13.  Quali caratteristiche avrà il programma di ristrutturazione delle singole scuole  che hanno ottenuto risultati insoddisfacenti ai test INVALSI?»  
 «14. Come intende il governo valorizzare il ruolo  degli insegnanti nelle singole scuole? Quale tipo di incentivo il governo  intende varare?» (5) (6) (7).I punti 15  e 16 sono relativi all’università.
 Si capisce facilmente che alla Ue non interessa tanto  l’Invalsi e i suoi test, ma “il programma di ristrutturazione delle  scuole”. E’ come se l’Ue ci dicesse: “individuate (come volete voi) le scuole insoddisfacenti  ma diteci come intendete potenziarle”. E ciò  significa due cose: risorse economiche e conseguenti programmi di  potenziamento:  «sembrerebbe che per le  scuole risultate più deboli venga avviato un programma di “ristrutturazione”: e  ciò significherebbe che per tali scuole verranno dati maggiori  finanziamenti?» (8).  Invece, il governo e il Miur o non hanno  capito o fingono. Si stanno concentrando  sulla diagnostica potenziando l’Invalsi ed estendendo a tappeto i suoi  test senza dire una parola sulla successiva terapia. Esplicitamente: su  quante e quale scuole intendono intervenite, in che modo e con quanti soldi.  E’ come se volessero misurare la febbre a  tutti (ammesso ma non concesso – come ad alcuni piace sostenere – che i  test Invalsi siano assimilabili a termometri) senza  avere a disposizione nemmeno un’aspirina generica da  somministrare.
 Olimpiadi e Invalsi. Il sindaco di Roma Alemanno & c. (costruttori)  hanno dovuto rassegnarsi alla rinuncia governativa  alle Olimpiadi 2020. Ben potrebbero Miur e  ministro Profumo non rinunciare ma soprassedere sulle prove  Invalsi  e approfondire riguardo  ai rischi concreti di invalsizzazione della scuola, dei libri di testo  e  della didattica cioè il c.d. teaching to the test e la congruità con la  valutazione di sistema (9) (3) (8).  Una pausa di riflessione potrebbe consentire il confronto con chi si  oppone all’Invalsi (10),  di verificare gli aspetti normativi (11) (12) e valutare  l’opportunità o meno di procedere d’autorità o con il consenso degli  interessati.
 La  dispersione. Non si capisce perché, in  alternativa alle indagini Invalsi, che richiedono ulteriori risorse e  soprattutto tempo, si tralascia di intervenire da  subito sulla dispersione scolastica (pari a  circa il 20%, la più alta in ambito Ue). I  cui dati sono già disponibili, facilmente organizzabili e interpretabili.  Il governo e il Miur si potrebbero concentrare  all’inizio sulle 10 o 20 province più bisognose con programmi almeno triennali  di recupero e rafforzamento delle situazioni più critiche. Di certo si  otterrebbero risultati anche a medio termine e la Ue non potrebbe che  approvare.
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