In  questi ultimi giorni i sindacati della Triplice e altri sostenitori  della scuola-azienda e della scuola-quiz si stanno vantando di aver  bloccato l’orrenda sperimentazione gelminiana (fatta propria il 7  dicembre anche dal neo-ministro Profumo) Valorizza, che prevedeva premi in denaro e in seguito differenziazioni gerarchiche e salariali tra docenti utilizzando il grottesco metodo reputazionale.  Ad assegnare le “pagelle” agli insegnanti avrebbe dovuto essere un improponibile nucleo di valutazione,  composto dal preside e da due docenti eletti dal Collegio (con la  supervisione del presidente del Consiglio di Istituto), utilizzando, per  distribuire premi salariali, anche i giudizi interessati di genitori e  studenti sui propri docenti, e una  ridicola scheda di autovalutazione in cui gli insegnanti dovevano  auto-incensarsi su quanto sono bravi a spiegare, a coinvolgere le  classi, ad avere un eccellente rapporto con le famiglie. 
In  realtà tale progetto era stato stroncato l’anno scorso - grazie  all’intransigente opposizione dei COBAS – dai docenti coinvolti che al  99% si erano rifiutati, in tutte le province interessate, di prestarsi  all’eutanasia del proprio lavoro. I pochissimi sostituti/e,  reclutati affannosamente, avevano poi fatto mestamente notare ai Signori  della Valutazione l’assenza di qualsiasi criterio oggettivo  utilizzabile, dando il colpo finale alla manicomiale sperimentazione. A  quel tempo tutti i sindacati, che oggi si prendono meriti abusivi,  appoggiarono le sperimentazioni in atto o, i più ipocriti, osservarono  un silenzio ponziopilatesco. E oggi, tra chi si vanta di vittorie non  sue, non è avanzato alcun ripensamento sulla distruttività dei  meccanismi pseudo-valutativi  e  di  una futura scuola-quiz regolata dai pagliacceschi test INVALSI.  Basterebbe leggersi i comunicati Cgil in cui si sottolinea di aver  chiesto l’accantonamento del progetto Valorizza2 (la replica  della fallita sperimentazione dello scorso anno) non perché tali  meccanismi valutativi cancellerebbero ogni didattica di qualità, ma in  quanto “invasivi di specifiche prerogative contrattuali”. Come se  la sedicente valutazione andasse bene se a distribuire premi e  punizioni fossero, oltre ai presidi, le RSU e i sindacati che gestiscono  oligarchicamente i diritti democratici nelle scuole: ipotesi peraltro  già presente negli esiti della Commissione MIUR-OOSS prevista dal CCNL  2003 e ribadita in quello vigente.
In verità la sperimentazione Valorizza  era così grottesca da non poter essere sostenuta neanche tra i corifei e  i galoppini, numerosi purtroppo, del collaborazionismo aziendale, tanto  più dopo una  opposizione di massa come quella messa in  campo, grazie ai COBAS ma anche a tanti docenti non legati a noi, l’anno  scorso. Pur tuttavia non ci rallegriamo troppo di questa vittoria non  solo perché prosegue il secondo progetto di sperimentazione gelminiano,  quel VALES (valutazione e sviluppo scuola, ex-VSQ) che intende valutare  le scuole distribuendo ad esse premi e punizioni in termini di  finanziamento, ma soprattutto perché l’arma di distruzione definitiva  della scuola di qualità e di affermazione di una miserabile e cialtrona  scuola-quiz è già pronta grazie all’INVALSI. 
Chi  negli anni passati aveva creduto alle rassicurazioni dei ministri  Fioroni e Gelmini sull’innocuità dei quiz Invalsi, come sedicente  supporto didattico ai docenti, ora deve aprire gli occhi. Di fronte alle  sollecitazioni della Commissione Europea prima il governo Berlusconi e  poi quello Monti hanno ammesso ciò che noi sosteniamo fin dall’esordio  dell’INVALSI: “La responsabilità delle singole scuole verrà  accresciuta, sulla base delle prove INVALSI, definendo per l’anno  scolastico 2012-2013 un programma di ristrutturazione per quelle con  risultati insoddisfacenti; si valorizzerà il ruolo dei docenti,  elevandone, nell’arco di un quinquennio, impegno didattico e livello  stipendiale relativo; si introdurrà un nuovo sistema di selezione e  reclutamento”. Gelmini prima, Profumo ora, hanno smentito  nell’arco di tre mesi chi negli ultimi anni si era affannato a  dimostrare che l’INVALSI avrebbe aiutato docenti e studenti, scuola e  famiglie: come sempre sostenuto dai COBAS la valutazione a quiz è un  temibile strumento per piegare, con il ricatto del licenziamento e della  dismissione degli istituti (come negli USA e in Gran Bretagna), docenti  e scuole alla ristrutturazione più miserabile dell’istruzione. 
I due governi, con una staffetta micidiale, hanno convenuto che “  l’ INVALSI misurerà il ‘valore aggiunto’ in termini di risultati  dell’insegnamento prodotti da ogni scuola. La valutazione delle scuole  sarà condotta da un Corpo di Ispettori…e porterà alla definizione di una  classifica usata per dare alle scuole migliori incentivi e ricompense  in termini di finanziamenti..Gli Ispettori valuteranno i risultati e  proporranno le misure più appropriate che potranno includere una  ristrutturazione dell’istruzione, compresa la ridefinizione della  dimensione delle singole scuole. Per valutare le carriere dei migliori  docenti è stato testato un sistema innovativo che disponga nuovi criteri  di ricompensa”. 
Dunque, come dai COBAS previsto fin dall’avvio del “nuovo”INVALSI, i quiz verranno usati per ristrutturare l’istruzione,  premiare i docenti proni agli indovinelli, assegnare loro maggiorazioni  stipendiali e progressioni di carriera e aumentare i finanziamenti non  alle scuole in difficoltà ma a quelle che saranno giudicate le migliori  in base ai quiz. Che queste saranno le linee-guida del programma per la  scuola lo ha confermato Monti al Senato il 17 novembre, giorno del voto  di fiducia al governo: “La valorizzazione del capitale umano deve  essere un aspetto centrale: sarà necessario mirare all’accrescimento dei  livelli di istruzione della forza-lavoro, che sono ancora oggi  nettamente inferiori alla media europea, anche tra i più giovani. Vi  contribuiranno interventi mirati sulle scuole…anche  mediante i test elaborati dall’INVALSI e la revisione del sistema di  selezione, allocazione e valorizzazione degli insegnanti”. E pochi giorni dopo gli ha fatto eco il neo-ministro Profumo in prima fila per imporre la “valutazione come fattore imprescindibile per attivare qualsiasi processo di miglioramento sia nella scuola che nell’Università” durante un Convegno internazionale, sponsorizzato da grandi centrali economiche e finalizzato a dimostrare la assoluta centralità della valutazione. 
Le  intenzioni degli aziendalisti scolastici sono cristalline:  l’adeguamento alle esigenze delle industrie e del potere economico non  passerà più attraverso le mega-riforme ma, come aveva anticipato una  dozzina di anni fa Tullio De Mauro, ministro a V.Trastevere per pochi  mesi, attraverso la modifica delle prove finali per gli studenti e  costringendo tutto il sistema didattico ad adeguarsi alla valutazione  finale a quiz per assegnare premi e punizioni a studenti, docenti e  scuole, con la conseguente ristrutturazione su questa base dell’intero  ciclo didattico e la sparizione di materie e programmi stabili, alla  ricerca di “competenze” che siano improntate a quella massima flessibilità cognitiva richiesta dalla impresa capitalista. Dunque, questo sarà il prossimo terreno di scontro tra i difensori della scuola  bene comune e i suoi distruttori.
Ma l’imposizione dei quiz INVALSI come prova della qualità del lavoro dei docenti e degli studenti provocherà anche la piena standardizzazione dell’insegnamento,  da tempo ricercata da chi vuole far divenire l’istruzione una merce da  vendere in regime di concorrenza tra privati. Sulla base dei quiz  INVALSI si potrà modificare alla radice il lavoro didattico, imporre un  modello universale di insegnamento-infarinatura, costringere il docente a  seguire procedure prestabilite e generalizzabili, sconvolgere i testi  scolastici (“abbiate pazienza, stiamo invalsizzando i nuovi  testi”, dicono ai docenti i rappresentanti delle case editrici). Una  volta realizzata la standardizzazione e la verifica omologata  dell’insegnamento, verrebbe meno la necessità dei docenti  professionisti. Per impostare, applicare,  realizzare e valutare i quiz/test e con essi il rendimento di un  insegnante o di uno studente, non serve un corso di laurea, basterebbero  quei prestatori di servizi scolastici che l’OCSE caldeggiava fin dal 1996, trattandosi di un lavoro subordinato di bassa qualità. Insomma, i docenti che accettano l’invalsizzazione contribuiscono fattivamente alla eutanasia di una professione, oltre che all’immiserimento della scuola.
Secondo  i diktat dei sostenitori della scuola-azienda e dell’istruzione-merce,  l’obiettivo dell’istruzione non sarebbe più l’acquisizione del sapere (o  dei saperi) e la capacità di leggere il mondo ma l’addestramento  a “competenze” che permettano di svolgere lavori a bassa qualifica e  modellati sulle capricciose esigenze del mercato. Ma se basta una  infarinata linguistica, tecnica e numerica per uno studente disciplinato  e reso acquiescente nel lavoro e nella società, colmo di “spirito  aziendale e di gestione”, allora certamente la spesa pubblica del  passato per l’istruzione risulta esagerata. E conseguentemente la  scuola-azienda non può che produrre una scuola-miseria (tanto più in  Italia con un apparato produttivo che ha sempre vissuto sul sostegno  statale, l’abbassamento del costo del  lavoro, il rifiuto di ogni spesa significativa per l’innovazione e la  ricerca) e una scuola basata su quiz come metro di valutazione e di  apprendimento.
L’epicentro dello scontro tra i difensori della scuola pubblica e i suoi distruttori ci sarà nelle giornate tra l’8 e l’11 maggio  quando le scuole italiane saranno nuovamente investite dallo “tsunami”  INVALSI con il tentativo ministeriale di imporre nuovamente e  illegalmente i quiz ad ogni istituto e ad ogni docente. Se la grande  maggioranza degli insegnanti, degli studenti (alle superiori) e dei  genitori (medie ed elementari) collaborerà ai mefitici quiz, il prossimo  anno essi diverranno prova d’esame alla Maturità, completando il ciclo  della valutazione quizzarola e del conseguente immiserimento didattico  dalle elementari all’Università.
E’ dunque cruciale organizzare fin d’ora il più ampio boicottaggio dei quiz,  che non sono obbligatori né per le scuole né per i docenti, malgrado il  MIUR e i presidi cerchino illegalmente di imporre il contrario: e in  tal senso va letto anche il decreto sulle “semplificazioni”, per il  quale le prove INVALSI rientrerebbero tra le “attività didattiche  ordinarie”. Ancora una volta il MIUR non ha potuto far rendere legge la pretesa obbligatorietà  dei quiz, perché essa invaderebbe il campo contrattuale per quel che  riguarda gli obblighi di lavoro degli insegnanti e soprattutto  violerebbe i principi costituzionali dell’autonomia delle istituzioni  scolastiche (art.117) e della libertà di insegnamento (art.33), in base  ai quali gli Organi collegiali e i singoli docenti hanno libertà di  decisione su come svolgere qualsiasi “attività ordinaria”, compresi i  criteri di valutazione sugli apprendimenti degli studenti: cosicché i  quiz INVALSI restano non obbligatori. 
Stiamo  discutendo con varie e importanti organizzazioni studentesche e con  molti genitori le forme di questo boicottaggio, ivi compresa la possibilità di uno sciopero per i primi due giorni dei quiz  (la legge anti-sciopero impedisce di superare i due giorni  consecutivi). Ma fin d’ora dobbiamo impegnarci al massimo per far  circolare la più ampia informazione (compatibilmente con il divieto  dittatoriale ai COBAS di tenere assemblee nelle scuole in orario di  servizio, persino durante la campagna elettorale RSU) sulla  distruttività della scuola-quiz e del diabolico meccanismo INVALSI e  sull’autolesionismo di ogni forma di collaborazione con essi da parte di  chi vuole difendere e migliorare la scuola pubblica.
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